Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°9 - 1996 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane
La via Annia.

L'evoluzione degli eventi dunque e nuove prospettive avevano reso superfluo il proseguimento oltre Oderzo del rettifilo della Postumia, abbandonata sia per le mutate necessità strategiche, sia per concentrare lo sforzo nel difficoltoso completamento dell'Annia.
Questa via veniva tracciata attorno al 131 in prosecuzione della Popilia litoranea, partita dalla piazzaforte di Rimini nel 132. Il nome Annia, da quello del console T.Annio Rufo, compare su un'iscrizione della metà del I sec.a.C., che era conservata a Venezia(53), ed in epigrafi del 111-1V sec.d.C. trovate presso Aquileia(54); ne resta anche traccia toponomastica in Agna, una località del padovano, mentre l'anno di costruzione è stato accertato


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definitivamente dal Degrassi(55). Proveniendo da Adria, l'Annia collegava più velocemente i centri propulsori romani e gli scali marittimi di Rimini e di Ravenna, con Aquileia. In questo modo si poteva progettare un congiungimento stabile via terra con la Macedonia, e con le provincie d'oriente attraverso territori in via di normalizzazione, ottimizzando le grandi capacità e la potenza della flotta. Difatti dalla piazzaforte avanzata aquileiese, con la possibilità di ricevere velocemente truppe da Rimini lungo la via al margine delle lagune ed avvalendosi di un imponente supporto marittimo per i rifornimenti dai porti di Ravenna e di Aquileia, C. Sempronio Tuditano potè scatenare la grande offensiva contro i Taurisci, i Giapidi e gli Istri, che furono provvisoriamente sbaragliati nel 129(56).
Se la prosecuzione del percorso rettilineo della Postumia dopo Oderzo fu presumibilmente bloccata non solo dalle difficoltà di attraversamento dei terreni acquitrinosi e ricchi di sorgive ad Est del basso Livenza, ma anche dallo spostamento dei nodi strategici che avevano privilegiato la costruzione dell'Annia, un impegno troppo gravoso nel completamento di un inutile doppione stradale non aveva più senso. Ne avevano probabilmente approfittato i Galli Carni, che, con il declassamento strategico prima della via 'submontana' poi della Postumia (e dei territori circostanti), si erano spinti lungo le Prealpi fino al Livenza verso la fine del TI secolo; di qui si erano infiltrati verso il basso Livenza fino alle zone umide - che saranno loro attribuite, se è valida la testimonianza di Tolomeo(57) - su cui sarebbe sorta


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Julia Concordia.
Le reazioni dei romani non si fecero attendere e, non appena ebbero momentaneamente in mano la situazione lungo le coste adriatiche orientali(58), il console M.Emilio Scauro si spostava sul fronte alpino nord-orientale e nel 115 riportò il trionfo 'de Galleis Karneis', ricordato nei Fasti.
Questa vittoria lanciava gli eserciti romani in avanscoperta fino al Norico, con una modalità che richiama il primo inserimento romano nella Transpadana verso la fine del III secolo, o quello verso le prealpi venete ai tempi di Lepido. Poi le scorribande transalpine dei Cimbri e dei Teutoni a partire dal 113, anno in cui a Noreia fu sconfitto l'esercito del console Gn.Papirio Carbone, ridimensionavano le prospettive dell'espansione romana, riportando in prima linea i territori dei Veneti. Gli avvenimenti precipitarono nel 102, con la discesa dei Cimbri(59) verso la pianura padana. Questi nuovi invasori, proveniendo dal Norico, nella loro impetuosa incursione travolsero le difese di Q.Lutazio Catulo, forse attestate lungo il percorso prealpino dell'Adige(60, e si insediarono nel Veneto. Alla fine, nel 101, venivano annientati da Gaio Mario ai 'Campi Raudii', in una zona non ancora individuata.
La riforma dell'esercito da parte di Mario, che aveva arruolato i capitecensi e che praticamente trasformava i cives in mercenari, con la conseguente necessità di distribuire compensi e di assegnare terre ai veterani(61), rivoluzionava le modalità di inserimento sui territori "occupati", e portava sicuramente un nuovo impulso alla romanizzazione del Veneto. Questa prospettiva veniva propiziata dalla legge agraria del 100, proposta ai comizi dal tribuno L. Appuleio Saturnino. Questi si faceva forte della debellatio dei territori veneti da parte dei Cimbri e recuperati dai Romani, per riprendere una politica di colonizzazione. Il sistema era ancora quello sperimentato, sempre nel Veneto, con la fondazione di Aquileia, ora però non si trattava più di necessità strategiche. Saturnino fu eliminato e sembra che la lex Apuleia sia stata abrogata, ma non si conosce se nel frattempo questa norma abbia portato a disporre di alcuni territori veneti per l'assegnazione di terre ai veterani. Il Bosio è prudente quando collega la legge di Saturnino ad una


58) L.Cecilio Metello, console nel 119, aveva attaccato i Dalmati, riportandone un trionfo.
59) Da non confondere coi nostri Cimbri del Cansiglio, provenienti dall 'altopiano di Asiago,
colà stanziatisi circa mille seicento e più anni dopo gli avvenimenti in esame.
60) Parlano dell 'Adige, 'flumen Atisim', laperiocha LXVIII di Livio, e FLORO, epit. 3,3, 11-
12 (in GRILLI, cit., p.338, nota 59). Lo stanziamento dei Cimbri avvenne forse nel territorio
veronese, per CAPOZZA, 1987, p.21.
61) BRAUND D.C., 1989, L'eredità della repubblica, in WACHER J., a cura di-,1989, Il
mondo di Roma imperiale, vol.I, BA, p66.

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serie di centuriazioni nella valle d'Illasi a Est di Verona, a Cittadella, ad Asolo(62), e propone una sistemazione coloniaria sulla Postumia solo dopo la lex Pompeia dell'89 a.C.
Difatti la guerra sociale tra Roma e Italici, dal 91 all'88, per l'estensione dei benefici della cittadinanza anche ai socii, doveva rivoluzionare tutto l'assetto politico dell' ITALIA. Questo nome compare su alcune monete della confederazione dei socii; su altre si legge in caratteri osci 'viteliu', che corrisponde a 'italia', e nel verso viene spesso propagandato il toro italico che calpesta e incorna la lupa romana. La guerra finì con la vittoria di Roma, che però dovette capitolare sulla concessione della cittadinanza e si registrarono numerose leggi al riguardo: la lex Julia de civitate del 90 di L.Giulio Cesare, la lex Plautia-Papiria de civitate sociis danda nell'89 e la lex Pompeia de Gallia Citeriore (de Transpadanis), proposta nello stesso anno da Gn.Pompeo Strabone, padre di Pompeo Magno. Quest'ultima legge trasformava i centri più romanizzati del settentrione in communità di diritto latino, conferendo lo jus Latii. A queste città, secondo la testimonianza di Plinio, venivano aggregate le comunità non romanizzate circostanti, ma senza piena parità giuridica: 'civitates ... adtributae municipiis lege Pompeia'(63). Il Dorigo, come ipotesi alternativa, ritiene che proprio in base a questa legge, dopo l'89, molti territori veneti siano stati realizzati come limitationes e adsignationes dipendenti dalle colonie (caso Opitergium), oppure staccati dai nuovi municipia (caso Patavium) e organizzati in forma di praefecturae, rette da un praefectus iure dicundo(64).
Quanto alla lex Pompeia conferita alle popolazioni autoctone della Cisalpina, Q.Asconio Pediano parla di ius Latii, nel senso che si consentiva solo ai magistrati locali di ottenere la cittadinanza romana(65). Secondo il
Cessi 'resta comunque dubbio se anche ai territori veneti sia stata estesa la validità della legge'(66), e sarebbe pure incerta la deduzione, sempre nell'


62) CAPOZZA, cit., p.22.
63) PLIN., N.H.,III,138.
64) DORIGO,cit., p.22.
Da non confondere questo praefectus di epoca repubblicana che era un amministratore a carattere militare imposto al singolo cantone, con le praefecturae di epoca imperiale che riunivano ampi distretti, cfr. LAFFI U., 1976, Sull'organizzazione amministrativa dell'area alpina nell'età Giulio-Claudia, in Atti del Centro studi e documentazione sull'Italia romana (Ce.S.D.I.R.), vol.VII, 1975-76, MI, pp. 391-418.
65) ASCONIO PEDIANO, Orationum Ciceronis (...), contra L. Pisonem, 3: " (...) Cn Pompeius enim non novis colonis eas constituit sed veteribus incolis manentibus ius dedit Latii, ut possent habere ius quod ceterae Latinae coloniae, id est ut petendo magistratus civitatem Romanam adipiscerentur".
66) CESSI, p.2l4. Cfr. su diritto latino e ciitadinanza romana CAPOZZA, pp.22-24.

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89, di una colonia latina a Verona, attribuita a Pompeo Strabone da un panegirista gallico che scrive al tempo dell'imperatore Costantino(67). Che alcuni centri del Veneto fossero notevolmente romanizzati lo possiamo arguire dalla presenza di Opitergini dalla parte di Roma, nell'89, durante il bellum Italicum, documentata dalle ghiande missili marchiate 'OPITERG!N/ .o.ter.g' usate nell'assedio di Ascoli Piceno. Non sappiamo se vi partecipassero in qualità di ausiliari, di federati o di soci, ma che Oderzo gravitasse nell'orbita di Roma lo possiamo arguire dal fatto che da sessant'anni era caposaldo sulla Postumia, vero similmente con un suo agro centuriato a sud, tra la Postumia e l'Annia (Schulten, 1898). Lucano, raccontando l'episodio di Volteio, avvenuto quarant'anni più tardi, durante le lotte fra Cesare e Pompeo, cita i coloni opitergini al seguito di Volteio; Liv io, che è più vicino cronologicamente ai fatti, scrive invece di auxiliares. Non ci sono altri dati, ma è abbastanza ovvio che nel primo quarto del I sec.a.C. Opitergium sia stata organizzata quantomeno come comunità di diritto latino, similmente a quanto viene ritenuto per Asolo (Aquileia era diventata municipium per opera della lexjulia de civitate sin dal 90)(68).
Durante la successiva crisi sillana, tra l'86 ed il 78, ci sono ancora notevoli sconvolgimenti nell'assetto territoriale dell'Italia. Nell'83 Silla, vincitore in Asia contro Mitridate, ritorna a Roma e, parteggiando per la fazione senatoriale, si scaglia contro 'i nemici della repubblica', cioè i sostenitori del partito di Mario, facendo affiggere tavole di proscrizione e confiscando i beni degli oppositori. In quel periodo Appiano, che pone Piacenza al centro dell'azione fra Mariani e Sillani, registra la defezione dei Cisalpini a favore di Silla. Sempre da Appiano vengono tradizionalmente indicati come Galli 'quanti abitavano da Ravenna fino alle Alpi', ma non vengono specificatamente citati i Veneti, né le nostre zone, secondo il Cessi, appaiono toccate dalle deduzioni di colonie sillane né da assegnazioni viritane ai veterani(69).
Opitergium, già presente alla guerra sociale, conclusasi nell' 88 a Corfinium con la vittoria di Silla, dovrebbe essere rimasta dalla parte dei fautori del dittatore e non avrebbe avuto quindi nulla da temere dalle pro scrizioni, come viene confermato in negativo dalla mancanza nel territorium di "tesoretti" nascosti all'epoca di quelle tragiche vicende.


67) CESSI, p214. DORIGO, p19, nota 27.
68) RAMILLI G., 1973, Gli agri centuriati di Padova e Pola nell'interpretazione di Pietro
Kandier, Atti e Mem della Soc. Istriana di Arch. e St. Patria, Estratto, PD, p.54, nota 12.
69) CESSI, p.2l5.

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