La via Postumia.
Questa strada venne tracciata ex-novo solo a partire dal
148 a.C. sotto il console Spurio Postumio Albino, e doveva collegare rapidamente
da Ovest ad Est i centri romani o di romanizzazione avanzata della Transpadana,
da Genua ad Aquileia. Tale collegamento era fondamentale, per la possibilità
di spostare velocemente le truppe dallo scacchiere alpino occidentale
a quello orientale, e viceversa, dato che ancora una volta, nel nostro
settore, Aquileia si poneva come baluardo contro le pericolose minacce
provenienti dai popoli balcanici, sobillati dai Cartaginesi. Siamo ai
tempi della terza guerra punica (150-146), e come era già avvenuto
nei conflitti precedenti, Cartagine trovava alleati tra i Macedoni e i
Greci. Difatti nel 149, un sedicente figlio di Perseo di Macedonia, Andrisco,
radunato un esercito in Tracia aveva invaso la Macedonia(46), e gli eventi
nel settore non erano facilmente prevedibili. Nello scacchiere occidentale
era contemporaneamente in corso la seconda guerra celtiberica (154-133),
e Roma poteva aver
44) LIVIO, XLIII, 17,1: 'postulantibus Aquileiensium legatis,
ut numerus colonorum augeretur..' (in DORIGO, p18, n.22). L'inserimento
venne affidato ai triumviri T.Cassio Lusco, P.Decio Sabulo e M.Cornelio
Cetego.
45) CESSI, 1957, p202: "Livio parla di principes, di seniores, di
publicum consilium, lasciando intravvedere l'esistenza di organi, che
ad un certo momento assurgono alla funzione di governo comune". Questa
considerazione può essere estesa anche ai Veneti, se puri! brano
di Livio riguardi i Cenomani di Brescia (in CAPOZZA M., 1987, La voce
degli scrittori antichi, p16).
46) Andrisco (quarta guerra macedonica) era quindi nipote del famoso Filippo
V, già potente alleato dei Cartaginesi nella seconda guerra punica,
ma che aveva preferito intervenire finanziariamente nella lotta, e solo
alla resa dei conti durante la seconda guerrra macedonica aveva dato del
filo da torcere.
Sia dopo la vittoria su Filippo V del 197, a Cinoscefale, sia dopo la
disfatta del figlio Perseo nella prima battaglia di Pidna del 168 (terza
guerra macedonica), Roma rimase ferma nel proposito di non occupare territori
greci, ma solo favorì i suoi alleati elleni.
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necessità di spostare velocemente i suoi eserciti dall'uno all'altro
fronte.
La via Postumia era dunque una via di arroccamento, come enuncia il Fraccaro,
cioè di interesse "militare"; toccava Placentia, Cremona,
Verona, e, dopo Vicetia, con un lungo rettilineo, ad una certa distanza
dalle Prealpi, dirigeva su Opitergium. Qui il rettifilo della strada "inspiegabilmente"
si interrompeva ed il percorso deviava su direttrici che sono ancora controverse(47).
L'improvvisa interruzione dell'impegno massiccio per la via rettilinea
è immediatamente comprensibile, se si considera che l'area da Oderzo
ad Aquileia è ricca d'acque sorgive e di paludi, con torrenti e
fiumi impetuosi nella brutta stagione e, ad Est del Livenza, si allineano
Sile, Longon, Lémene, Tagliamento, Stella, Cormor, Zellina, Ausa.
L'adozione dopo Oderzo del percorso sulla "circonvallazione delle
risorgive" eliminava ad un colpo un tratto alluvionale problematico,
allungando la strada di soli 25 chilometri (XVII milia), ma aumentando
la velocità di percorrenza(48). La Postumia difatti, secondo il
Fraccaro ed il Grilli, superato Opitergium volgeva a Nord-Est, in direzione
di Settimo (Portobuffolè) sul Livenza; si alzava ancora verso i
Camoi 'Campimolli '(49); quindi sui terreni solidi vicino alle Prealpi
(ecco ancora una concordanza con la strada indicata da Strabone), puntava
verso il Tagliamento, sui terreni pianeggianti a valle della "submontana"
collinare. Da Codroipo I quadruvium (dove avrebbe incrociato la 'Julia
Augusta', ma nel 2 a.C.), sempre al di sopra della linea delle risorgive,
scendeva verso Aquileia, al capolinea(50).
Tornando al percorso rettilineo, una volta raggiunto Opitergium faticosamente
- dove si intende il difficile guado sul Piave - e stabilito colà
un nuovo caposaldo con uno scalo portuale, l'evolversi degli eventi nel
Mediterraneo aveva rivoluzionato ancora una volta la strategia romana
di intervento nei territori nord-orientali. Con la normalizzazione della
Macedonia,
47) 11 proseguimento dopo Oderzo del lungo
rettifilo verso Aquileia era teoricamente possibile, anzi sarebbe stato
meno problematico, su terreni relativamente più asciutti, rispetto
alla diversione verso Sud, dopo Annone Veneto, secondo alcune ipotesi
recenti. Inspiegabilmente e contro le aspettative, la Postumia si sarebbe
inoltrata proprio sui terreni umidi presso il litorale (come risulta dalle
foto da satellite, e la situazione pedologica nell'antichità non
era molto diversa). La deviazione comunque pare assodata, ma sembra piuttosto
un raccordo fra la Postumia e l'Annia, dopo la costruzione di quest'ultima
via, e addirittura il collegamento con Oderzo apparirebbe attuato solo
dopo la fondazione sull 'Annia di lulia Concordia.
48) Grazie a Luigi Fabbris di Conegliano per i numerosi suggerimenti e
per!' incoraggiamento.
49) VERCI, Cod.Ecel., doc.n.84 dell' a.1214, p159.
50) SCARPA BONAZZA, Concordia, cit., p.l 20, nota 362 (CIL, V, 7313; dal
DEGRASSI, Inscriptiones): '... de via Postumia in /forum pequarium / meisit
lata p(edes) XXX / de senatous sente(ntia)'.
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costituita provincia assieme all'Illiria meridionale ed all'Epiro, dopo
la sconfitta del rivoltoso Andrisco, nella seconda battaglia di Pidna
del 148, nonché dopo la distruzione di Cartagine del 146 e di Corinto,
Roma forse ritenne irrilevante il completamento del progetto originario
della Postumia. Preferiva invece mantenere il diverticolo pedemontano
della consolare sul tratto Settimo - Camoi - Codroipo, e progettare una
nuova via altoadriatica litoranea, l'Annia, che doveva collegarsi alle
strade illiriche.
Sull'esperienza della via costiera in Africa, che era stata decisiva contro
Cartagine, un itinerario lungo il litorale veneto appariva strategicamente
più efficace per debellare definitivamente Taurisci, Istri e Dalmati,
che ancora minacciavano i commerci marittimi. La via, munita quindi per
l'appoggio costiero e per il rifornimento dalla flotta impegnata contro
i pirati, era punteggiata da adeguati scali presso le foci dei numerosi
fiumi ed era agibile "ogni tempo" rispetto ai trasporti transmarini.
Il tracciato definitivo su terreni umidi doveva essere molto oneroso,
ma le necessità logistiche della flotta erano evidentemente preminenti,
non sottacendo che le guerre in Africa e in Macedonia avevano fornito
schiavi e manodopera a basso costo.
Tornando alla Postumia, il Dorigo ipotizza una sistemazione di presidi
colonici a Cittadella, Bassano e Ceneda a guardia degli sbocchi alpini
ed a protezione delle urbes venete: a partire dal 148 quei territori sarebbero
stati centuriati per le necessità dei presidi. La limitatezza delle
fonti non permette di chiarire la questione, comunque la datazione di
queste limitationes sembra assolutamente precoce e negata sia dall'evolversi
degli eventi sia dalla documentazione archeologica (anche il Dorigo infatti
propone un'alternativa alla sua prima ipotesi). La Postumia stessa era
una strada di sbarramento, fungeva quindi da 'limes', e l'opera poderosa,
supportata da Aquileia con qualche presidio a Vicetia e Opitergium, era
più che sufficiente per tener a freno eventuali velleità
'a bassa intensità' dei popoli a Nord della via.
A parte la colonia di Aquileia, i territori dei Veneti antichi appaiono
ancora autonomi nel Il secolo a.C., ed eventualmente solo i centri toccati
da percorsi stradali, quali Este, Padova, Altino, Vicenza o Oderzo, dovevano
subire una pressione romana più pronunciata ed una graduale assimilazione.
Non a caso il Cessi scrive che alla metà del Il sec.a.C. i Romani
non avevano ancora piena disponibilità dei territori, né
il progetto di colonizzazione del Veneto era ancora in elaborazione(51).
Ciò viene confortato dal fatto non secondario che non c'era penuria
di terre nell'Italia peninsulare, dove molti terreni risultavano coltivati
a fatica dai piccoli proprietari terrieri, impegnati com'erano nelle frequenti
imprese militari in Oriente ed in Occidente. Del resto la strategia espansionistica
di Roma, in quel periodo impegnata su molti
51) CESSI, 1957, cit., p.2O7.
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fronti, privilegiava ancora i trattati di alleanza, associati a massicci
e puntuali interventi ove necessario. Veniva sicuramente evitata in massimo
grado l'occupazione diretta o la colonizzazione estensiva dei territori,
e questa politica era seguita con successo in Grecia e in Oriente. Come
controprova, il fatto che la Postumia venisse munita su percorsi a debita
distanza dalle Prealpi è indizio che Roma non voleva impegnarsi
in onerose opere di presidio o di colonizzazione in zone a rischio, avendo
ben altri fronti aperti altrove. Contava in parte anche sulle capacità
difensive e di tenuta da parte degli autoctoni contro i limitati pericoli
locali. Difatti nel Venetorum angulus, in quegli anni o poco dopo, per
quel che risulta dalle fonti storiche, l'intervento straordinario di proconsoli
romani si limitava ancora a dirimere le controversie confinarie fra Patavini
ed Atestini nel 141(0 nel 119), nonché quelle fra Atestini e Vicentini
nel I 35-36(52). Erano atti che imponevano sicuramente una aperta supremazia
romana - e difatti '...STATVI. IVSIT' compare nelle epigrafi, benché
nei confronti di popolazioni tradizionalmente amiche ed alleate - ma che
si inquadrerebbero in ogni caso, come si accennava, entro un accordo di
protettorato.
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