GIANCARLO FOLLADOR
UOMINI, ZATTIERI E CRIMINALI NEL SEICENTO I PROCESSI DI
CISON
La zattera scendeva lungo il Piave, era carica di legname,
spesso di merci varie, di popolani e non, che desideravano raggiungere
la Serenissima per la via più breve, quella del fiume. Al timone
delle piatte imbarcazioni di pali, c'erano degli uomini.
Ma quali uomini? I cosiddetti zattieri che la storiografia contemporanea,
vicinissima ai nostri giorni, gran festaiola e con lo spirito prettamente
folcloristico, è riuscita a trasformare questi "eroi"
in fantocci impeccabili e smaglianti di sorrisi.
Ma quelli veri erano altri "eroi" di carne e spirito, in tutti
i sensi: temerari delle acque, costruttori delle zattere, conoscitori
del fiume Piave in ogni meandro, in ogni ansa, della matereologia, ovvio
delle piene, dei cosiddetti sghirli, soprattutto quello presso l'abbazia
di Santa Bona a Vidor, delle correnti, dei canaloni per non andare a secco.
Lo zattiere è uomo corpulento, muscoloso, barbuto, insofferente
al freddo ed alla fame, gran bevitore in occasione del ritorno nelle tante
osterie disseminate lungo il Quartier del Piave.
Ha famiglia, figli da mantenere, genitori da tenere anche perché
il padre è sempre il "maestro", visto che la pelle l'ha
salvata navigando lungo il Piave.
Prima di partire dalle lontane località bellunesi, egli invoca
il santo protettore, prega, saluta, abbraccia, dichiara che il fiume è il
pane quotidiano e che Dio volendo, a piedi, da Falzè, attraverso il Praderadego,
farà ritorno a casa con in tasca qualche lira o soldo.
Ma quando è sulla zattera, l'uomo si trasforma, quando intraprende
la via
GIANCARLO FOLLADOR. Laureato in lettere, giornalista pubblicista,
insegnante, autore di numerose pubblicazioni su temi storici interessanti
prevalentemente il trevigiano, curatore e coordinatore di importanti testi
di storia locale.
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del ritorno l'uomo della partenza non è più lo stesso. Non
è un caso ed una invenzione.
Diventa attaccabrighe, bestemmiatore, spesso ladro nei campi che attraversa
e violento, con uno stilo alla mano, in osteria, dopo una solenne ubriacatura(1).
Anche se non si intende generalizzare, questo è purtroppo un aspetto
o una delle tante coreografie reali di questo singolare personaggio, immagini
che scaturiscono dai documenti.
Spesso, a dir il vero, i villici hanno paura di questi uomini che vagabondano
per le terre al di là del Piave. Sono sempre armati e I' anghiero
è sempre pronto per colpire. Altra arma è il manarino.
La prova, soprattutto nel Seicento, viene offerta dalle numerose sentenze
a carico degli zattieri bellunesi o cadorini che fossero, quando attraversavano
a piedi il contado di Cison.
Certamente, una ricerca sistematica in merito a questo aspetto potrebbe
fornire risultati sorprendenti, anche perchè, fino ad oggi, questa
indagine èstata completamente emarginata e va il merito a Danilo
Gasparini aver aperto una nuova strada per la ricostruzione storica della
figura dello zattiere.
È un peccato che neppure Giovanni Caniato, curatore dell'opera
La Via del fiume dalle Dolomiti a Venezia, abbia avvertito questa esigenza
di scavare nei meandri delle personalità di questi uomini(2).
Premesso questo, sono sufficienti, al momento, alcuni esempi per illustrare
il tema, nella speranza che un giorno venga affrontato con sistematicità,
lavorando sui materiali criminali esistenti presso l'archivio di stato
di Treviso.
È il venerdì 17 febbraio 1645. Mattio Zaccaron,
meriga della Regola di Mareno, si presenta al cancelliere di Cison per
denunciare un omicidio: "... qualmente hieri sera, circa le due hore
di notte, fu ucciso un zattaro appresso l'hosteria Dei Prati, in strada
pubblica del cui non so il nome, nè cognome,
1) Cfr. in merito D. GASPARINI, Brentane vino.., e vetriolo.
Documenti perla storia degli zattieri nel Quartier "Di là
da Piave" e nella Contea di Valmareno in Zattere e zattieri e menadas.
Lafluitazione del legname lungo il Piave a cura di D. Perco, Feltre 1988.
Gasparini cita un proclama contro gli zattieri, nel quale è fatto
esplicito riferimento al loro passaggio attraverso le vie pubbliche, i
sentieri e i campi senza "ruinar li frutti et biave, et anco portarne
via a loro piacer et far danni grandissimi". E "se... alcuno
fusse tanto presontuoso che volesse resistere a chi se li opponesse per
impedir tal passazo, vogliamo che tali resistenti possino esser offesi".
2) "La via del fiume dalle Dolomiti a Venezia" a cura di G.
CANIATO, Verona 1993.
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nè meno da chi sia stato ucciso(3)".
L'azione è repentina ed il cancelliere si reca all'osteria Dei
Prati: "et pervenuto, discosto dall'hosteria predetta sei passi in
circa lontano verso sera, pur in strada pubblica ho veduto et ritrovato
un cadavere di huomo maschio, prostrato a terra con il ventre in su, con
il capello sopra il volto, incrociante le gambe, di statura longa, vestito
con braghesse di panno verdone, giuppone di panno beretino, con una gonella
di panno beretino, con camisolla di panno rosso, con calze di panno beretino
et sopracolo, senza scarpe... li fu levato dal meriga il capello che teniva
sopra la faccia et ritrovato di faccia rossa, barba non molto grande rossa,
con capelli negri et bassi d'una età, all'aspetto d' ani 40 in
circa".
Questa è una delle tante figure dello zattiere.
Il cadavere, da parte del chirurgo, viene "voltato e rivoltato"
per una sorta di autopsia visiva. Riscontra sul corpo ben sette ferite:
una percossa alla testa, sopra l'orecchio destro, una ferita con arma
da taglio di larghezza di tre punte alla parte sinistra del corpo, mortale,
un'altra dalla stessa parte, larga due punte, due sulla "cossa"
sinistra, altra su quella destra e la settima sotto il ginocchio sinistro.
Il malcapitato è stato veramente massacrato.
Da Andrea Bortolino viene riconosciuto essere lo zattiere Bernardino Losa.
Dal sopralluogo a quanto ha in tasca, il cancelliere annota che l'uomo
ha con sè "un libretto da recevute, una corona, una borsa
con lire una, soldi 12, un bolettino scritto di mano di messere Bastian
De Conti, un anghiero et un paro di scarpe". Dalle deposizioni di
Andrea Bortolino e Bernardo Sartor, la matassa si dipana.
Bernardino Losa, "zattaro", sembra essere un "uomo da bene"
e timorato di Dio, tanto che porta con sè la corona del Rosario.
E dalle deposizioni dei presenti e da altri testimoni inquisiti, viene
subito chiaro al giudice che a commettere l'omicidio è stato l'oste.
Questi aveva aggredito un famiglio del Losa ed il Losa era intervenuto
per difenderlo, ma uscendo dalla contesa, cadavere.
Questo è un processo, e come si sa, i processi sono sempre dettagliati
nelle informazioni e lasciano spazio a tante considerazioni.
La raspa, ossia la sentenza, è invece la parte finale dell'iter
inquisitorio e perciò fornisce solo alcuni dati, ma non per questo
meno interessanti, almeno per avere una visione globale del fatto.
In questo veloce ecursus vengono proposti solo alcuni dei tanti episodi
accaduti nella Valmareno del secolo diciasettesimo e nel tentativo di
capire chi fosse veramente l'uomo, lo zattiere ed il bandito.
3) Archivio Stato Treviso, Contea di Cison, b. 330, Processo
contro Lorenzo Cason hoste ai Pradi per la morte di Bernardin Losa, zattaro,
ff. 551 e seg.
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Siamo nel 1665, anno della sentenza. Antonio Salemo figlio di Francesco
e Cesare Angella, "zattari" sono denunciati dal meriga di Tovena,
Nicolò Favro, perchè un giorno i due hanno avuto "1'
ardire" di mettere mano alle armi per mole stare violentemente Francesco
Zardetto di Nadal. Quel giorno, lo Zardetto si trova a transitare con
il suo carro per il canale di san Boldo. Appesa al carro c'era una zucca
piena divino. Sulla stessa strada camminano anche i due inquisiti. La
vista della zucca è un abbaglio per i due zattieri. C'è
il tentativo di strappare la zucca e dall'altra parte l'opposizione dello
Zardetto. Violenza, per violenza, il Salemo, con l'anghiero dimena al
Francesco un tale colpo tanto da fargli uscire del sangue. Dopo di che,
incontrato il fratello dell'offeso che con tutta probabilità è
arrivato in soccorso, cerca di fare il resto. Non riescono i due a dileguarsi,
tanto che sono condotti alle carceri di Cison. Il processo si conclude
a loro favore, tanto che Cesare Angella, avuta la rimozione degli offesi,
se la cava con le sole spese processuali e Francesco viene condannato
in lire6 soldi 4 di piccoli, da esser consegnati all'offeso ed altrettante
lire e soldi alla Magnifica Corte(4).
Ed è il giovedì 24 dicembre, manca un giorno
a Natale. Il podestà di
Cison, Paolo Cassamatta, alla presenza di tutti i merighi della valle,
sotto la
loggia del paese e con la partecipazione straordinaria di Marc'Antonio
Fabris e dell'eccellentissimo dottor Benaglia, fa leggere al commandador
Antonio Gironcolo l'ennesima sentenza contro gli zattieri.
Imputati e colpevoli sono Zan Batta Ros e Zaunne Fantel. Sono stati denunciati
a suo tempo dal meriga di Mareno, perchè all' osteria in località
ai Pradi, luogo solito del ritrovarsi degli zattieri, i due erano entrati
in furibonda contesa, tanto da uscirne feriti e malconci. La solita osteria.
Luogo ideale per il gioco delle carte, per una buona mangiata e bevuta
fuori dell' ordinario e per dimenticare le fatiche. Fra zattieri vige
anche il senso della reciproca perdonanza: oggi accoltello io, domani
tu, ma aspettiamo, e così con la rimessa e la pace tutte le traversie,
per il Maleficio di Cison, s'acquietano per divenire ad una sentenza patteggiata.
Viste le difese scritte degli imputati, il Zan Batta se la cava con cinque
ducati e Zuanne con le spese processuali(5).
Il 22 dicembre 1666 viene emessa un'altra sentenza contro
lo zattiere Paolo Pola. Era stato denunciato dal meriga di Tovena, perché
una notte aveva offeso con percosse un altro zattiere, Andrea di Gerolamo
Pedicastello. Invitato a presentarsi alle carceri per sostenere il processo,
il Pola, da buon
4) Ibidem, Contea di Cison, b. 372, Raspa,
f. lOOr.
5)Ibid.,f. 116r-v.
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Siamo nel 1665, anno della sentenza. Antonio Salerno figlio di Francesco
e Cesare Angella, "zattari" sono denunciati dal meriga di Tovena,
Nicolò Favro, perchè un giorno i due hanno avuto "l'ardire"
di mettere mano alle armi per molestare violentemente Francesco Zardetto
di Nadal. Quel giorno, lo Zardetto si trova a transitare con il suo carro
per il canale di san Boldo. Appesa al carro c'era una zucca piena divino.
Sulla stessa strada camminano anche i due inquisiti. La vista della zucca
è un abbaglio per i due zattieri. C'è il tentativo di strappare
la zucca e dall'altra parte l'opposizione dello Zardetto. Violenza, per
violenza, il Salerno, con 1' anghiero dirnena al Francesco un tale colpo
tanto da fargli uscire del sangue. Dopo di che, incontrato il fratello
dell'offeso che con tutta probabilità è arrivato in soccorso,
cerca di fare il resto. Non riescono i due a dileguarsi, tanto che sono
condotti alle carceri di Cison. Il processo si conclude a loro favore,
tanto che Cesare Angella, avuta la rimozione degli offesi, se la cava
con le sole spese processuali e Francesco viene condannato in lire 6 soldi
4 di piccoli, da esser consegnati all'offeso ed altrettante lire e soldi
alla Magnifica Corte(4.
Ed è il giovedì 24 dicembre, manca un giorno
a Natale. Il podestà di
Cison, Paolo Cassarnatta, alla presenza di tutti i merighi della valle,
sotto la
loggia del paese e con la partecipazione straordinaria di Marc'Antonio
Fabris e dell'eccellentissimo dottor Benaglia, fa leggere al commandador
Antonio Gironcolo l'ennesima sentenza contro gli zattieri.
Imputati e colpevoli sono Zan Batta Ros e Zaunne Fantel. Sono stati denunciati
a suo tempo dal meriga di Mareno, perchè all'osteria in località
ai Pradi, luogo solito del ritrovarsi degli zattieri, i due erano entrati
in furibonda contesa, tanto da uscirne feriti e malconci. La solita osteria.
Luogo ideale per il gioco delle carte, per una buona mangiata e bevuta
fuori dell'ordinario e per dimenticare le fatiche. Fra zattieri vige anche
il senso della reciproca perdonanza: oggi accoltello io, domani tu, ma
aspettiamo, e così con la rimessa e la pace tutte le traversie,
per il Maleficio di Cison, s'acquietano per divenire ad una sentenza patteggiata.
Viste le difese scritte degli imputati, il Zan Batta se la cava con cinque
ducati e Zuanne con le spese processuali(5).
Il 22 dicembre 1666 viene emessa un'altra sentenza contro
lo zattiere Paolo Pola. Era stato denunciato dal rneriga di Tovena, perchè
una notte aveva offeso con percosse un altro zattiere, Andrea di Gerolarno
Pedicastello. Invitato a presentarsi alle carceri per sostenere il processo,
il Pola, da buon
4) Ibidem, Contea di Cison, b. 372, Raspa,
f. lOOr.
5) Ibid., f. 116 r-v.
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suddito della Serenissima, fa la sua comparsa davanti al giudice, presentando
"in scrittura articolata" le sue difese.
Dal gesto volontario e dalla rassegna dei testimoni a suo favore se la
può cavare con il solo pagamento delle spese(6).
Un ladro è invece Mattio del fu Zuanne Dal Pont,
zattiere bellunese, condannato con sentenza del 18 aprile 1667, sempre
dal Maleficio di Cison.
La sera dell'8 marzo viene arrestato per essersi presentato all'osteria
di Cison con una "Brachetta" considerata rubata al canonico
Pilon. Dal processo è poi emerso che lo zattiere, oltre il suo
abituale lavoro, èconosciuto come ladro in zona, tanto che ha asportato
valori all'oste di Maren, una manezza a Maria detta Ambrosa. Il Mattio,
intimato, ha avuto il coraggio di non comparire. Verso di lui la Giustizia
ha calcato la mano tanto da condannano a servire sopra le galere veneziane,
"per huomo da remo", con i ferri ai piedi per 18 mesi. Il ladro
ha una delle pene non certo invidi abili. Poi il retroscena: in caso di
inabilità deve restare in prigione "chiusa alla luce"
per tre anni, "dalla qual preggion o galera fuggendo, sie e s'intenda
bandito da Valmareno e Gastaldia di Solighetto e quindesi miglia oltre
li confini per anni dieci contiguii", con taglia di lire 400. Il
reo non si èpresentato al processo, ha preferito darsi alla latitanza.
Ma per il giudice le difese scritte non sono state sufficienti a provare
la sua presunta innocenza(7).
E si arriva alla raspa del 19 novembre 1675. La situazione
è capovolta. Ad essere offeso con sassi, questa volta da parte
dell'oste di Tovena è lo zattiere Zuanne Fantus. Le sassate prese
sul capo gli hanno procurato "effusione di sangue". E di più,
l'oste ha infierito contro il Fantus con "spontone" ed alla
presenza di testimoni.
Il giudice è magnanime. Sa chi sono gli zattieri, conosce ormai
la reazione degli osti e condanna il Poletta "stante le cose come
in processo, vitius agendo, in lire quattro d'oglio alla chiesa di Tovena,
alli danni dell'offeso e nelle spes(8)".
Altri zattieri vengono invece condannati a Cison il 14marzo
1671. Essi sono Giovanni Pedicastello di Bardies, Lorenzo Bacchetto da
Feltre, abitante in villa di Burban, teritorio di Cividale, Baldissar
Galante del fu Andrea di Cividale e Giovanni Maria figlio di Pasqual De
Mm. Sono stati denunciati dal rneriga di Mareno e dietro relazione del
chirurgo. Il "chiodo" ha potuto
6)Ibid.,f. 130v.
7) Ibid. ff. n.n.
8) Ibid., Raspa 1667 sino 1673, if. n.n.
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accertare le ferite nelle persone di Lorenzo figliolo di Francesco Lorenzone
e del di lui fratello Antonio.
I due Lorenzoni, una mattina si trovavano nel loro campo a lavorare. Improvvisamente
passa la compagnia degli zattieri, capeggiata da Giovanni Pedicastello.
Forse il gruppo entra nella loro proprietà per rubare qualche frutto.
Alla vista, i due fratelli tirano fuori le armi ed aggrediscono il Pedicastello,
ferendolo alla testa, alla spalla e ad un "gomio" con pericolo
di "privarlo della vita" e cadendo a terra "gridando sono
morto, son morto". Al che gli zattieri sono immediatamente addosso
ai due fratelli, inseguendoli fino a casa, tirando sassate e bestemmiando
furiosamente.
Citati a discolparsi gli zattieri negano ogni loro colpa, anzi qualcuno
confessa al giudice di non esser stato presente al fatto. L'unico a non
presentarsi è il De Min, consapevole di aver iscenato la caccia
ai Lorenzoni. Alla fine se Antonio Lorenzoni viene assolto. Lorenzo è
costretto a pagare le spese processuali, come assolto è il Pediscastello,
mai! De Mi latitante, si prende il bando da Valmareno per 6 anni con una
taglia di lire 200, Mattio Testa, Lorenzo Bacchetto e Baldissar Galante
un mese di carcere, più le spese(9).
Interessante è la sentenza emessa il 17 luglio 1677
a carico di altri due zattieri. Merita riportare ciò che in quel
giorno il commandador ha pubblicamente letto sotto la loggia di Cison.
"Iseppo lodo quondam Pietro et Zuanne Festariol, ambi della città
di Belluno, processati... sopra la denuntia delli massari del Commun di
Solighetto, 9 febraro 1677, denuntia di Zuanne Dall' Oglio, chirurgo,
constituto di Valentin, figliolo di Pietro Dei Rossi et etiam et offitio,
per quello che la mattina delli 7 febraro... ritornando li antedetti processati
da Falzè, ove havevano condote aiquante zatte di legname, si portassero
in villa di Pieve, nostro distretto, all'hostaria di Tiberio Lana, ove
serve per famiglio il detto Valentin, nella quale havendo mangiato e bevuto
a loro piacere, doppo li fumo fatti li conti da esso Valentin. Invece
di soddisfare il loro debito d'allirnenti, principiassero con dannata
prepotenza maltratarlo con parole di strapazzo e da quelle passando a
fatti lo ferissero Iseppo loso con il stillo di cui era armato sopra l'occhio
destro et Zuanne Festariol col manarino, che seco haveva, sopra della
spalla sinistra, inseguendolo fino alla cucina, dove l'haverebbero privato
di vita se non si fosse preposto esso Tiberio, la di lui moglie et altri
ancora, che accorsero alle voci lamentevoli d'esso Valentin.
9) Ibid., Raspa criminale. Principia l'anno
1676 sotto il reggimento del clarissimo et eccelentissimo signor Giovanni
Antonio Lotti et il signor Ranzatto Ranzatti, cancellier, ff. 32r-34r.
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Havendogli con multiplichevoli colpi lacerate le vestimenta, restando
intata da questi la di lui vita per miracolo del Cielo, accompagnando
il lodo particolarmente, sì detestanda operatione, con horibili
bestemie di cospetazzo, cospeton e sanguinazzo di Dio, ne quali vive habituato
proferendo le stesse avanti e doppo il fatto, tanto contro la persona
del prefatto Valentin, quanto contro l'hosto et altri ancora".
Una vera e propria scena di panico e di violenza, facilmente immagina-bile.
Ma al momento di venire a discomparsi i due si danno alla macchia tranquillamente.
Gran poco servono le intimazioni fatte leggere a Belluno.
Il processo si chiude con la condanna al bando dei due per sette anni.
Se dovessero rompedere i cosiddetti confini e presi dovranno scontare
la pena in una galera veneziana per diciotto mesi come uomini da remo
e con "ferri ai piedi". La taglia posta è di lire 300.
La loro carriera di zattieri sembra terminata per sempr(10).
E per concludere questa rapida rassegna, merita riportare
un' altra pagina di questa incontrollata e pur affascinante storia di
uomini, quella di Francesco Olivotto, la sentenza è del 7 settembre
1680, accusato dal meriga di Tovena di aver assalito l'oste di Tovena,
Domenico Boscador, sua moglie Maria e Zanetto suo figlio.
Il luogo non cambia: l'osteria. "Portatosi lui inquisito all'hosteria
di detti giugali et ivi, per causa ingiusta, offendesse di pugno nella
faccia esso Domenico Boscador, facendoli in oltre, con temerario ardire
lecito d' offender anco Maria di lui moglie con inghistara sopra la testa,
con rotura della stessa et efusione di sangue, per qua! effetto fu obligata
alletto per più giorni, ne di ciò contento, seguì
anco con un langhiere alla mano Zanetto, loro figliolo, con espressioni
odiose et dettestanti".
Anche l'Olivotto se ne lava le mani della Giustizia cisonese e non mostra
la faccia ai giudici e restando consapevole di essere condannato al bando
per tre anni e con la taglia di 100 lire dei suoi beni(11).
Si è dunque visto che oltre l'odierno folclore, quello
degli zattieri è tutto un mondo da scoprire proprio nella loro
quotidianità.
10) Ibid., Sguazzo della raspa criminale.
Podestà et clarissimo et eccelentissimo Sebastian
Bonaldi, dottor Podestà, cancelliere il signor Bernardin Vendramini,
ff. n.n.
11) Ibid., ff. n.n.
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