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GIANCARLO FOLLADOR
FATTI E MISFATTI DI UNA GUARDIA CAMPESTRE UNA NON STRANA STORIA VALDOBBIADENESE
Al tempo della Serenissima, boschi, prati e pascoli erano salvaguardati,
in ogni comunità, da un saltaro o più di uno eletti dalle
rispettive Regole. Aveva il compito preciso di vigilare che i comunisti
non commettessero reati contro il patrimonio comune, cioè nei beni
comunali e pure in quello privato. Quello comune era di estrema importanza
per i villici sempre affamati di terra da zappare e furtivamente da strappare
al bosco "vizzato". Era facile sfamare una capra nel non consentito,
era facile, per il pascolo, spostare un confine tra un luogo alto e basso,
era facile lasciare gli animali divagare in terre altrui. I saltari tornano
spesso alla cronaca criminale o per non aver obbedito agli ordini imposti
dalla comunità o per aver chiuso troppi occhi nei confronti dei
trasgressori, dietro lauto compenso.
Dalla caduta della serenissima, queste figure non scompaiono di scena,
anche se le consuetudini sono cambiate.
Anzi ritornano attuali che mai e con compiti ben più precisi, essendo
la Civica Amministrazione impegnata a fornir loro il salario, il vitto,
l'alloggio ed il vestiario.
Certamente il saltaro o guardia campestre non è sempre la persona
dalla fedina penale trasparente. Il mestiere non è facile e ci
vuol "fegato". Ognuno si arrangia. Un bracconiere viene perdonato
dietro compenso, una intrusione in un bosco scappa dopo una buona forma
di formaggio. La divisa fa paura ed i soldi fioccano e tutto va nel dimenticatoio.
Ed in questo contesto un fatto merita di essere riportato a verifica di
un costume assai consolidato. È quello della guardia campestre
Andrea Arman.
È una sera del sei maggio 1879. Il consiglio comunale di Valdobbiadene
è seduto quasi al completo nei propri scanni.
Sono presenti: Dalla Costa dottor Alessandro, sindaco; Vettoretti Matteo
fu Vittore; Fabbris Antonio fu Giovanni Battista; Arrigoni dottor Renato
fu dottor Francesco; Renaldini Severino fu Filippo; Dal Zio Luciano fu
Cesare; Cambruzzi dottor Giacomo fu Vittore; Faccini Antonio fu Francesco;
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Vettoretti Marco fu Vittore; Tramarollo Giovanni Battista fu Giovanni;
Fornari Girolamo fu Giovanni; Reghini dottor Giuseppe fu dottor Adriano;
Vanzin Gaetano fu Domenico e Persiani Filippo fu Domenico.
Risultano assenti: Miozzi Lodovico fu Giovanni; Geronazzo Giovanni di
Carlo; Reghini Angelo fu Luigi; Boghetto Fortunato fu Domenico; Dall'Armi
dottor Luigi di Floriano e Bello Felice fu Francesco, defunto.
In quella occasione, il sindaco, invertendo l'ordine del giorno, su richiesta
del notaio Arrigoni, invita lo stesso a relazionare in merito ad una interpellanza
presentata "sulla biasimevole condotta della guardia campestre Arman
Andrea".
In modo concitato l'Arrigoni prende subito la parola e fa presente al
consiglio che già nella seduta del 18 ottobre 1878 il problema
era stato affrontato e l'Arman era stato messo sotto accusa da diversi
consiglieri, i quali avevano fatto espresso invito al presidente di provvedere.
Ma il tutto si era risolto con una ripresa verbale, viste "le accusazioni
generiche".
Ora i fatti sono cambiati e le prove per accusare l'Arman ci sono.
E così interviene l'Arrigoni: "Certi Antonio Tonella, Vettorello
Benedetto e Felice Buffon gli confessarono di aver dovuto esborsare italiane
lire 11 a detto Arman, perchè egli non gli avesse a dichiarare
in contravvenzione per pascolo abusivo; Ostet Giovanni, in due diverse
circostanze, fu costretto dall'Arman ad esborsargli italiane lire 6 e
la seconda lire 8 per esonerarsi da essere accusato per contravvenzioni
in genere e la seconda volta dovette pagargli da mangiare e da bere per
l'importo di italiane lire3, coll ' aggravante che esso Arman si fece
pagare dette lire 8 coll'intervento del cursore comunale, Bortolomiol
Giovanni, simulando che dovessero essergli pagate per condanna del Giudice
conciliatore. Simili estorsioni vennero perpetrate anche a danno di De
Nardi Angelo, Vettoretti Angelo fu Giovanni e Bisol Natale di Saccol,
i quali tutti ebbero a lagnarsene con esso esponente direttamente e indirettamente".
L'Arrigoni prosegue che "Vettoretti Gedeone ebbe ad incontrare un
figlio dell'Arman in freagrante furto di legna, che rimproveratolo, questi
ricorse al padre, il quale, a sua volta, invece di redarguire e punire
il figlio, somministrò dei pugni al Vettoretti". E per finire,
informa il consiglio che la guardia suddetta passa la propria giornata
all'osteria, gozzovigliando e non curandosi minimamente del proprio compito.
Sa pure che i carabinieri lo stanno sorvegliando, perchè indiziato
in furti di galline dal pollaio del signor
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Miozzi e Dalla Costa Francesco. Ma molte persone, per paura, non hanno
sporta denuncia. L'Arman fa paura.
Il consiglio ha sentito la relazione del notaio ed unanimemente è
convinto di prendere nei confronti di Andrea seri provvedimenti.
Il presidente, coinvolto un po' in questa storia, ribadisce che è
stato ripreso più di una volta e che non gli è stata più
consegnata la divisa da guardia campestre.
Rincalza il consigliere Fabris che è giunto il momento di licenziarlo.
Ribatte l'Arrigoni affermando che ladri sono il padre ed i figli. Il Reghini
conferma "che il servizio dell'Arman è ora assai cattivo,
perchè esso si fa vedere sempre sui mercati e nelle osterie e quindi
se una volta lodava il servizio ditale guardia adesso non può che
censurarla".
Dalla accesa discussione il consiglio diviene alla votazione per scrutinio
segreto di congedare definitivamente Andrea Arman e consegnare la denuncia
ai carabinieri.
Il responso è unanime. Mentre le schede cadono nell'urna i consiglieri
tacciono. L'Arman, forse in quel momento si trova ancora in osteria, oppure,
per sfuggire alla "ridda", ha tagliato la corda. Certamente
l'Arrigoni in quel momento ha sfoderato la sua irreprensibile grinta.
Quale sarà stata la sorte di Andrea Arman? I documenti presso l'Archivio
di Stato di Treviso nella sezione Commissariato Distrettuale di Valdobbiadene,
tacciono. La soluzione bisognerà cercarla forse altrove.
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