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(A. C. DI GIAMPAOLO ZAGONEL)
LETTERA DEDICATORIA DEL CITOLINI AD ALVISE CORNARO PREMESSA AL DIAMERONE.
AL CHIARISSIMO SIGNOR LUIGI CORNERO(1)
E par quasi, che la morte sbigottita dal terrore di quella
acuta spada de la sobrietà, che vi vede in mano, tanto più
da voi s'allontani, quanto più agi 'altri s'avvicina. E invero
cosa rara e meravigliosa è il dire, che voi con quest'arma sola
v'habbiate, già tanto tempo tenuta lontana così forte e
potente nemica, se però nemica è da chiamar la morte. Questi
nostri affetti carnali sono di tanta forza, e le tenebre de l'ignoranza
nostra sono tanto folte e palpabili, che
1) Quando Alessandro Citolini firma questa lettera dedicatoria (il 10
luglio 1564) Alvise Comaro aveva già pubblicato ed aggiornato per
ben tre volte il suo "Trattato de la Vita Sobria". Nella terza
ristampa del 1563, dedicata al patriarca di Aquileia, Daniele Barbaro,
premette di avere 91 anni e tale età la conferma nel prosieguo
del suo discorso. Quindi il Citolini si rivolge con deferenza ad un personaggio
circondato da una proverbiale fama di operosità e longevità,
quest'ultima ottenuta in particolare con il sacrificio a tavola, al punto
da incutere timore e rispetto anche alla morte. È pertanto sotto
questa luce che va letta la lettera dedicatoria. La verità è
che il Cornaro barava con la sua anagrafe, avendo preso via via con gli
anni l'abitudine di aumentarsi l'età, vezzo a cui non sapeva resistere
neppure il suo contemporaneo Tiziano. Nel 1565, in occasione dell'uscita
della quarta aggiunta al suo trattato, dichiarava di averne 95, quindi
in due anni se ne era caricati sulle spalle ben quattro! Quando morirà,
nel maggio del '66 qualcuno lo reputa addirittura centenario. Invece,
secondo gli ultimi studi, Alvise Cornaro nacque a Venezia tra il 1482
e il 1484; alla sua morte avvenuta a Padova aveva quindi un'età
compresa tra gli 82 e gli 84 anni, bel numero ancor oggi, ma non del tutto
eccezionale neppure ai suoi tempi! Visse quasi sempre in campagna fondando
la sua fortuna sulla bonifica di terreni paludosi nel comune di Codevigo.
Scrisse libri di idraulica e di agraria ed inoltre fu in relazione con
i maggiori letterati veneziani del suo tempo: Bembo, Aretino e Speroni.
Di lui esiste un ritratto (alla Galleria Pitti di Firenze) dipinto dal
Tintoretto poco dopo gli anni '60. Tradotto in tutte le lingue il trattato
"La vita sobria" ha visto numerosissime edizioni italiane lungo
i secoli. L'ultima a cura di Arnaldo Di Benedetto èuscita nella
collana TEA nel gennaio del 1993.
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noi molte volte habbiamo il mal per bene, e '1 ben per male, il vero per
falso, e 'I falso per vero. E molti miseramente vivono solo per l'angoscia
che sentono dal pensiero di dover morire. A consolazion di questi tali,
ed a chiarezza de la verità, sendomi per sorte venuto a le mani
il presente trattato, stato già quattr'anni sepolto, ho voluto
mandarlo in luce, inviandolo prima a Voi, come a valoroso combattitore,
e sprezzator de la morte. Non l'invio a quel gentil'huomo, a cui richiesta
egli è stato composto, perché lo veggo a lui da l'autore
essere stato consagrato a le tenebre, ed io voglio dedicarlo a la luce.
Ne anche voglio che di ciò l'autore se ne tenga punto offeso, perché,
si come una madre non può, né deve uccidere, e sepelir vivo
il figliuolo da lei partorito, con dire: egli è mia creatura, io
posso farne quel che mi piace; né potrebbe, né dovrebbe
dolersi, se chi che sia il cavasse di sepoltura e rendesselo a la vita,
così non può, ne dee l'autore dolersi, che questo suo primogenito,
da la sua modestia tenuto già tanti anni sepolto, sia stato da
me tratto di sepoltura e mostrato a la luce, e tanto meno, dovendo questa
sua resurrezzione esser di tant'utile ad ogniuno.
Due cose in questo trattato degne di meraviglia scorgerete: l'una, che
la morte sia tanto buona, utile, commoda, e desiderabile, quanto da tutti
si tiene il contrario; l'altra, che così fatta opera sia uscita
da l'inteletto d'un giovinetto, tutto occupato per gli altrui intrighi
ne i continui, e noiosi travagli del palazzo. Ove per mostrarvi quale
egli sia per riuscire, non istarò già io a dirvi, quanto
honoratamente, per fino ne l'età di diciott'anni, contra uno de'
maggiori causidici de la città, nel Consiglio di Quaranta, egli
vincesse una quasi disperata causa, oltre l'altre infinite, che dinanzi
ogni maniera di magistrato, di giorno in giorno valorosamente ottiene
a suo favore, perchè lo potrete da questa lezione assai ben comprendere,
quantunque maggior dono da natura egli dimostri haver ne la lingua, che
ne la penna. Con la quale non di meno quante alte materie, e di filosofia,
e de l'immortalità de l'anima, e d'altre cose naturali, e sopra
naturali egli habbia spiegato, leggendo conoscerete. Leggete adunque,
e consolatevi di quello, di che gli altri s'attristano.
Di Venezia, a lì 10 di Luglio MDLXIIII
Servitore
Alessandro Citolini
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