Rassegna Bibliografica
MARCANTONIO FLAMINIO, Carmina, (a cura di Massimo Scorsone),
Edizioni RES, 1993, pp. 343.
A quasi cent'anni dall'ultima edizione dei Carmina di Marcantonio
Flaminio e ad oltre duecentocinquanta dalla grande edizione cominiana
(Padova, 1743: ancora la più valida a tutt'oggi, sul piano critico),
le Edizioni RES di San Marco Torinese ripropongono i carmi latini del
poeta di Serravalle, nell'ambito della Collezione "Parthenias",
Biblioteca Poetarum Latinorum recentioris aetatis. Il volume, curato da
Massimo Scorsone, contiene gli otto libri dei Carmina, seguiti da una
Nota biografica, una Nota bibliografica, una appendice dei sei Carmina
non compresi nelle edizioni cominiane (curate da Francesco Maria Mancurti),
un Indice dei metri e un Indice dei nomi di persona.
I rilievi positivi, innanzitutto. Il lavoro è serio, il testo corretto,
le note in genere puntuali, la stampa nitida, la veste editoriale dignitosa.
Per i vittoriesi, l'uscita ditale volume è stata (o potrebbe essere)
un evento: l'occasione di nutrire di qualche dato di conoscenza quel nome
che oggi è a Vittorio Veneto, ai più, noto solo per aver
dato il titolo alla più bella piazza e al Liceo della Città.
Ma non mancano i rilievi negativi, che motivano un giudizio, tutto sommato,
di delusione.
Sorprendono innanzitutto la scarsità e la asistematicità
delle note.
Una novantinadichiose su 351 carmi, quasi tutte brevissime e variamente
motivate, qualche rinvio a fonti classiche; qualche osservazione di stile,
anche di sintassi; notiziole editoriali (i carmi della prima edizione,
Fano 1515; quelli espunti dal Mancurti; quelli volgaizzati in metrica
"barbara" da Claudio Tolomei...). Qualche notizia intorno a
personaggi. E poco altro.
Cioè, nell'insieme, troppo poco. Si veda, ad esempio, la Nota al
libro V. Il commentatore fa una osservazione: il libro, "di mediocre
interesse dal punto di vista poetico, è tuttavia un documento di
notevole importanza storica e biografica, utile soprattutto a lumeggiare
la qualità dei rapporti intercorrenti tra il Flaminio e i destinatari
dei suoi "biglietti verseggiati" (Cuccioli), integrando entro
certi limiti le notizie deducibili dalla parallela corrispondenza in volgare"
(p. 141). Giusta osservazione: ma perchè poi non richiamare con
chiose opportune le forme, le ragioni, le occasioni dei rapporti del Flaminio
con i singoli destinatari dei carmi, fornendo su di essi almeno un minimo
di informazione? E questo stesso rilievo si estende all'Indice dei nomi,
che non si vede perchè, tra l'altro, sia limitato ai soli nomi
di persona.
Sostanzialmente corretta, ma troppo scarna, la nota biografica. Inspiegabilmente
interrotta all'edi- zione cominiana dell 743, e limitata ai Carmina, la
nota bibliografica. Del tutto assente la bibliografia degli studi su Flaminio.
C'è poi un'osservazione che ci
sentiamo di fare, pur ammettendone l'opinabilità. Poiché
questa dei
Carmina è edizione dignitosa, ma non propriamente critica, perchè
non si è scelta la formula che ormai la
grande maggioranza delle collezioni di autori classici ha adottato, cioè
del
testo con traduzione a fronte? Perchè pensare che un testo come
quello dei
Carmina flaminiani possa interessare solo i "cultores latinitatis"
, come mostra di ritenere Massimo Scorsore nella simpatica nota latina
con cui presenta la Collezione "Parthenias", e/o che comunque
non sia gradita e utile anche a detti "cultores" la versione
a fronte?
Al tirar delle somme ci accorgiamo di un fatto curioso: che i giudizi
sulla qualità del contenuto del volume relativi alla correttezza
del testo, alla puntualità delle note, alla proprietà della
veste editoriale, sono tutti positivi e che semmai le riserve riguardano
l'eccessiva limitatezza dell'apparato, delle note biografica e bibliografica,
l'assenza di un indice dei nomi di luogo, l'eccessiva "nudità"
dell'indice dei nomi di persona, l'assenza della traduzione a fronte...
Insomma: apprezzamento per quello che c'è, lamento per quello che
non c'è.
Di tutto ciò è immaginabile la ragione, che non può
non essere il criterio editoriale, che probabilmente ha rispettato la
legge delle risorse disponibili. In altre parole, si può ben pensare
e capire come, dati i tempi, in un'edizione dei Carmina di Flaminio non
si potesse investire più di tanto. E come, dati i limiti, il curatore
abbia fatto il possibile, attento a che l'impresa rispettasse, come ha
rispettato, la misura della dignità.
Nozze con i fichi secchi, allora? No: entro i limiti di cui si è
detto, la nuova edizione dei Carmina è un buon lavoro, che fa onore
a chi l'ha curato.
Il resto (ci si perdoni la civetteria, ma stiamo pur parlando di un poeta
latino) desideratur.
Il pensiero va aI 1998, al cinquecentesimo anniversario della nascita
- a Serravalle - del Flaminio. Tra le varie cose auspicabili per allora,
ci permettiamo di inserire l'edizione flaminiana integrale, compieta di
tutti gli elementi di cui si è detto.
Che ci sia qualcuno che ci pensa,
o è già buon segno ma, a tener conto dei risvolti economici
dell'impresa, fatto non sufficiente.
Che sia la Città che si è formata dall'unione di Serravalle
con Ceneda, cioè Vittorio Veneto, a farsi carico di ciò,
ci sembra perfino ovvio.
Aldo Toffoli
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