GIAANPAOLO ZAGONEL
FELICE DA PONTE, IL FIGLIO NATURALE CHE IL LIBRETTISTA DI MOZART EBBE
A VIENNA
È generalmente noto, anche a coloro che hanno poca dimestichezza
con la vita del librettista di Mozart, che Angela Bellaudi, convivente
a Venezia del sacerdote Lorenzo Da Ponte, ebbe a partorirgli, nello spazio
di un anno, due figli, il primo nell'estate del 1778 ed il secondo il
24 agosto dell'anno successivo.
Com'era consuetudine dei tempi per i frutti degli amori extraconiugali
e non riconosciuti, essi finirono alla Pietà, istituzione creata
a Venezia fin dal quattordicesimo secolo, per accogliere orfani, illegittimi
e figli abbandonati. Il fatto non è particolarmente eccezionale
o smisuratamente scandaloso se visto con gli occhi di allora!(1)
Al tempo del secondo parto era in pieno svolgimento, a carico del cenedese,
l'ultima sessione del processo inquisitorio, messo in moto dalla denuncia
anonima imbucata, nei suoi confronti, verso la fine di maggio del 1779.
Per evitare una sicura incarcerazione Da Ponte, su suggerimento di qualche
amico influente, era nel frattempo riparato in territorio austriaco, raggiungendo
la città di Gorizia.
Sulla relazione con la Bellaudi, ed i figli da lei avuti, gran parte dei
1) Valga a dimostrarlo un solo esempio. Jean-Jacques Rousseau, il filosofo
e pedagogista ginevrino, ebbe dalla sua convivente-amante Teresa Levasseur,
ben cinque figli che non esitò a porre nell'ospizio dei trovatelli,
senza mai curarsene o rivederli. Lo racconta senza reticenze, nel suo
libro autobiografico "Le confessioni". Eppure nessuno studioso
dell'autore dell"Emile" e de "La nouvelle HéloYse"
ha mai gridato allo scandalo per questo comportamento.
GIAMPAOLO ZAGONEL. Laureato in Economia e Commercio, dirigente
industriale. Appassionato di studi letterati, ha al suo attivo numerose
ricerche di letteratura italiana pubblicate in diversi periodici. Ha curato
la riedizione delle lettere di L. Da Ponte a Casanova.
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biografi del nostro secolo ricamarono l'immagine di libertino
ed avventuriero che Da Ponte si trovò appiccicata sulle spalle
fino ai nostri giorni(2). Quello che invece non è noto agli studiosi
dapontiani moderni è l'esistenza di un figlio naturale, avuto e
riconosciuto nei suoi primi anni di permanenza a Vienna. Prima dunque
del "matrimonio" con Nancy Grahl a Trieste nell'agosto dle 1792.
Che Da Ponte non avesse nessuna intenzione di rendere di dominio pubblico
la notizia è perfettamente comprensibile, e opportuno non fame
cenno nelle Memorie. Che fosse poi riuscito così bene a mascherarla
per tutti gli anni trascorsi a Vienna senza suscitare sospetti, ha veramente
dell'incredibile!(3)
Solo un'attenta lettura di ciò che rimane delle lettere, assieme
ad un accurato riesame delle Memorie, ci lascia intravedere una labile,
ma inconfutabile traccia della presenza di questo figlio.
Cominciamo dalle lettere. Sono due. La prima è scritta da Bologna
il 29 novembre 1798 al fratello (fratellastro) Paolo, durante il suo viaggio
in Italia. Non è compresa nel gruppo di lettere dapontiane raccolte
da Jacopo Bernardi(4), ed è pertanto quasi sconosciuto(5).
Qui Da Ponte riassume le sue dolorose vicissitudini con l'altro fratellastro
Agostino. Vi compare inoltre un fanciullo, di nome Felice, che egli dovette
riscattare, poichè si era fatto tamburino delle truppe francesi,
"per sfuggire alle barbare percosse di Agostino", dice Da Ponte.
Nella seconda lettera, scritta da Londra il 18 febbraio 1800, e sempre
2) L'apice dell'immagine negativa, fondata
in gran parte su preconcetti moralistici, che confinava Da Ponte fra i
libertini ed avventurieri del Settecento, venne raggiunta da Fausto Nicolini
(1879-1965). Il critico napoletano, amico e allievo di Benedetto Croce,
diresse dal 1910 al 1926 la collana "Scrittori d'Italia" dell'editore
Laterza di Bari, curandone diversi volumi. Mentre il suo lavoro nei confronti
di altri autori (Giambattista Marino o Pietro Aretino) è ineccepibile,
la pubblicazione delle Memorie dapontiane nel 1918 è accompagnata
da un commento caustico e denigratorio sulla vita e l'opera di Da Ponte.
Critica che ha fatto purtroppo cattiva scuola fino ai nostri giorni. Lo
smantellamento della distorta visione nicoliniana - dura per la verità
a morire - è merito sopra tutto delle appassionate ricerche compiute
da Aleramo Lanapoppi, raccolte nella sua monografia: "Lorenzo Da
Ponte, realtà e leggenda nella vita del librettista di Mozart",
Venezia, Marsilio, 1992.
3) Stupisce che tutti i nemici e detrattori viennesi del D.P., in maggioranza
italiani, non fossero a conoscenza di questo suo segreto. Se noto, lo
avrebbero senza dubbio utilizzato per metterlo in cattiva luce agli occhi
dell'imperatore Giuseppe TI, ed ancor di più del suo successore
Leopoldo Il.
4) "Memorie di L.D.P. compendiate da Jacopo Bernardi e scritti vari
in prosa e poesia", Firenze, Le Monnier, 187 1. Nel volume vengono
per la prima volta raccolte cinquanta lettere dapontiane. (Cfr. pp. 147-240).
5) È stata pubblicata da Domenico Giurati nell 'articolo: L.D.P.
a proposito del Don Giovanni "L'Illustrazione Italiana", Milano,
Treves, 10gennaio 1897.
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indirizzata a Paolo si legge: "Felice mi portò
il malanno seco. È un vero perfido! Ha tutti i vizi di chi l'ha
educato gli ultimi anni, senz'alcuna buona qualità. Oh che mostro!
È in una scuola, è pieno d'ingegno, ma temo che non farà
mai bene".
Non è azzardato, dal tenore delle due lettere, accogliere Felice
tra i membri della numerosa e variegata famiglia Da Ponte, anche se non
traspare il rapporto che lo lega ai due fratelli.
La seconda lettera fa parte di quelle incluse dal Bernardi nel suo epistolario
dapontiano, ma è stranamente censurata. Porta solo la frase:
"Felice mi portò il malanno seco..." senza il periodo
che abbiamo letto poco sopra(6). La scoperta di questo taglio non può
che incuriosire e insospettire. Divenne pertanto giustificato ripassare
le carte e gli autografi di chi, nel secolo scorso, aveva compiuto i primi
seri studi, intorno alle opere ed alla vita del cenedese. E dal Bernardi
approdare ad Angelo Marchesan(7) il tragitto, oltre che breve, è
obbligato. Com'è noto egli pubblicò nel 1900 a Treviso,
un accurato lavoro su Lorenzo Da Ponte(8). Non mi consta però che
lo studioso trevigiano, a partire da quella data e fino all'anno della
sua morte, avvenuta a Treviso nel 1932, si fosse più occupato del
cenedese(9). Gli autografi e le carte rimaste a disposizione degli studiosi
sono ben poca cosa, poichè sembra che gran parte del materiale
sia andato distrutto o disperso con gli eventi del secondo conflitto mondiale.
Resta - sul fronte dapontiano - qualche biglietto postale scrittogli da
Pompeo Molmenti(10) e un foglio da lettera, vergato dal Marchesan, senza
6) Cfr. Bernardi, op. cit., p. 227. L'originale
o, meglio, il testo ricopiato dall'originale si trova nel fondo Bernardi
(busta n. 55) alla Biblioteca del Museo Correr di Venezia.
7) Angelo Marchesan (1859-1932) studiò nel Seminario di Treviso,
dove venne ordinato sacerdote nel 1884. Si iscrisse all'Università
di Padova, laureandosi in lettere nel 1889. Insegnante al ginnasio-liceo
del Seminario di Treviso fin dal 1885, nel 1909 venne nominato bibliotecario
del capitolo e archivista vescovile. Sulla sua figura Cfr. Angelo Marchesan,
tesi di laurea di Maria Moro, relatore prof. Paolo Sambin, Università
di Padova, facoltà di Magistero, Anno Accademico 1976-77 e Luigi
Pesce, Commemorazione di Mons. Angelo Marchesan, in: "Atti e Memorie
dell'Ateneo di Treviso", nuova serie n°2, Anno Accademico 1984-85,
pp. 153-166.
8) Angelo Marchesan: "Della vita e delle opere di L.D.P., con la
giunta della famosa Accademia poetica per la quale dovette esulare da
Venezia e di altri versi inediti", Treviso, Turazza, 1900 (Biblioteca
del Seminario di Vittorio Veneto). Ricordiamo, in quanto poco noto, che
lo studio su D.P. venne prima pubblicato a puntate sulla rivista "Cultura
e lavoro" negli anni 1898-1900.
9) Le sue attenzioni furono rivolte quasi esclusivamente alla storia locale
e produssero il ponderoso: "Treviso Medievale", uscito in due
volumi, nella sua città, nel 1923.
10) Pompeo Gheraldo Molmenti (1852-1928) veneziano, fu professore al liceo
Foscarini di Venezia, poi all'Accademia di Belle Arti, quindi deputato
e senatore del Regno dal 1909 ed infine sottosegretario di Stato alle
Belle Arti. Studioso di storia ed arte, in particolare di quella
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data, che riporta stimolanti notizie su questo Felice, non
nominando purtroppo l'archivio dal quale le ricavò e ricopiò(11).
La lettura dell'autografo del Marchesan ci informa della presenza a Venezia
- durante la prima occupazione francese - di Felice Da Ponte, figlio naturale
di Lorenzo e di una certa Annetta, donna di servizio o di compagnia di
qualche dama viennese.
Per scoprire la fonte del Marchesan ci sembrò scontato indirizzarci
all'Archivio di Stato di Venezia, fiduciosi di ritrovare i documenti originali
o comprovare almeno indirettamente la loro autenticità. Ma ogni
ricerca per il primo caso si dimostrò vana. Si ebbe solamente una
indiretta conferma della veridicità di quanto riportato dal Marchesan
in un registro nel quale sono trascritti gli atti processuali afferenti
al periodo dell'occupazione francese(12).
Vale la pena di riassumere brevemente i fatti esposti negli scritti di
cui sopra, tutto sommato tra loro coincidenti.
Siamo a Venezia tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre del 1797,
durante il primo periodo dell'occupazione francese (15 maggio 1797 - 18
gennaio 1798), subito dopo il trattato di Campoformido (17 ottobre) che
sanciva il passaggio del territorio veneto dalla Francia all 'Austria.
Rammentiamo che in quei mesi venne creata in città la Municipalità
provvisoria. Truppe francesi rimasero stabilmente in Venezia instaurandovi
la "democrazia", applicando le leggi rivoluzionarie e introducendo
il nuovo calendario negli atti pubblici.
I documenti raccontano che verso la fine di novembre (1797) un ragazzo
di nome Felice Da Ponte, non ancora quattordicenne (nato forse nei primi
mesi del 1784) fugge dalla casa dello zio Agostino (fratellastro di Lorenzo)
asportandogli alcuni monili d'oro. Egli va a depositarli da un certo Luigi
Masi, affittacamere in calle lunga a 5. Moisè. L'intenzione di
Felice Da
veneziana, è ricordato per i tre monumentali
volumi sulla: "Storia di Venezia nella vita
privata, dalle origini alla caduta della repubblica". (Edizione definitiva
1927). I casanoviani,
e per contro i dapontiani, lo ricordano invece per i due volumi dei "Carteggi
Casanoviani" il
primo dei quali: "Lettere di Giacomo Casanova e di altri a lui"
(1916) contiene tra le altre
quattordici lettere di Lorenzo Da Ponte a Casanova. Il secondo: "Lettere
del Patrizio Zaguri
a Giacomo Casanova" (1919) comprende 120 lettere del nobile veneziano
indirizzate al
famoso avventuriero tra il 1772 ed il 1798. Gran parte di questo materiale
il Molmenti lo aveva
già pubblicato, con poche note o commenti, nell'Archivi0 Storico
Italiano negli anni 1910-
11.
11) Il documento ricopiato dal Marchesan, assieme ai biglietti postali
del Molmenti ed a poche
altre carte, è contenuto in una busta allegata ai volumi (purtroppo
non completi) delle
"Memorie" dapontiane dell'edizione 1829-30, nella Biblioteca
del Seminario di Treviso. Lo
riproduciamo in appendice con il titolo di DOCUMENTO I.
12) Archivio di Stato di Venezia, Democrazia-Municipalità Provvisoria,
Busta 153, fascicolo
2. Lo riproduciamo in appendice con il titolo di DOCUMENTO II.
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Ponte era quella di arruolarsi nelle truppe francesi, i
gioielli servivano per pagare le prime spese e forse per corrompere l'addetto
all'arruolamento, vista la sua minore età.
Le denuncia di Agostino al preside della polizia per il furto subito,
porta all' arresto del ragazzo ed al suo successivo interrogatorio in
data 2dicembre. Fatti comparire alcuni testimoni il 5 dicembre, l'imputato,
ancorché minorenne, dopo essere stato redarguito a dovere, viene
avviato al convento dell'isola di Santo Spirito(13) e affidato al priore
per un periodo di detenzione. Il convento fungeva anche da casa di correzione
per i minori ed i parenti dovevano anticipare il pagamento della retta,
in decadi stabilite dal tribunale e Agostino, come risulta dagli atti,
corrispose puntualmente per almeno tre volte.
Durante l'interrogatorio di polizia il fanciullo dichiarò di chiamarsi
Felice Da Ponte, di essere figlio di Lorenzo, poeta di teatro a Londra,
e di una certa Annetta, donna di servizio di una dama viennese. Affermò
di trovarsi in Italia da cinque anni, da quando lo zio Agostino venne
a prenderlo a Vienna, promettendogli un giorno o l'altro di condurlo dal
padre in Inghilterra.
Per tutto questo tempo stette con lo zio, visitando diverse città
d'Italia. Andò anche a Ceneda, dove Agostino aveva moglie e due
figli. Ma lo zio sempre seguendo il racconto del ragazzo alla polizia
- si invaghì nel frattempo di un'altra donna, con la quale finì
per convivere a Venezia. La coppia cominciò a maltrattarlo e la
donna, per umiliarlo, lo obbligò a farle da servitore. Perciò
tentò più volte di fuggire da casa e di arruolarsi nelle
truppe francesi. Dichiarò inoltre che i gioielli sottratti allo
zio dovevano servire come pegno, per entrare nell'armata francese.
Dal racconto del ragazzo, non smentito dai successivi testimoni, abbiamo
accertato, senza ombra di dubbio, come costui fosse proprio un figlio
naturale di D.P. e scoperto che i due primi studiosi dapontiani, Bernardi
e Marchesan, vollero di proposito occultare questa verità(14).
13) L'isola di Santo Spirito, a metà
strada tra Sacca Sessola e il Lido, era nei secoli scorsi sede di uno
dei più importanti conventi della laguna.
La chiesa riedificata da Jacopo Sansovino custodiva dipinti di Palma il
Vecchio e Tiziano. Abolito il convento da Napoleone nel 1806, l'isola
venne trasformata in arsenale militare e quindi in polveriera. Oggi, come
tante altre isole della laguna, è abbandonata e in completa rovina.
14) Le reticenze dei due studiosi trevigiani non sono certo ammissibili,
ma, indagando, il loro atteggiamento trova delle attenuanti. Jacopo Bernardi
- lo dimostra la sua corrispondenza dovette combattere non poco, e maggiormente
nei confronti dei conterranei, per far riemergere dal silenzio l'opera
del librettista di Mozart. La vita di Da Ponte, considerata non proprio
esemplare per uno che aveva vestito l'abito talare, era un ostacolo insormontabile
alla diffusione tra un vasto pubblico delle sue Memorie, se non degli
altri lavori letterari. Bisogna
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La dissimularono così bene che fino ai nostri giorni - e questo
ci sorprende non poco - nessun altro biografo dapontiano riuscì
a riportar alla luce un'informazione, non proprio trascurabile, riguardante
la vita del librettista di Mozart.
Rimane ora da vedere se le pagine delle Memorie lasciano in qualche modo
trapelare, magari camuffata o trasfigurata, la stuzzicante notizia.
non dimenticare il clima culturale della metà del
nostro Ottocento, dominato dall'imperante disprezzo di tutto ciò
che era vecchio Settecento e legato spesso ad una "pruderie"
moralistica dai risvolti meschini. Il progetto originario del Bemardi
era quello di dare alle stampe le opere di Da Ponte in tre volumi: i primi
due contenenti le Memorie integrali ed il terzo con una scelta di prose
e poesie. Così scrive in una lettera da Pinerolo (il 1° giugno
1861) al tipografo cenedese Domenico Cagnani. Ma la cosa non andò
in porto per mancanza di un numero consistente di sottoscrittori iniziali,
necessario per non uscire con una perdita commerciale. Per dire in quale
concetto era tenuto Da Ponte dai propri concittadini ricordiamo un episodio.
Un certo Jacopo Serravallo - un cenedese che aveva studiato a Padova e
poi aperto una farmacia a Barcola (Trieste) - che si dilettava di lettere,
si oppose strenuamente e pubblicamente all'idea di un busto di Lorenzo
Da Ponte, che Ceneda voleva commissionare allo scultore Luigi Borro. Scrive
Jacopo Serravallo nel "Tempo" di Treviso il 16marzo 1865 che
"Da Ponte è una gloriuzza da campanile e nulla più".
Il Bernardi gli ribatte pochi giorni dopo (19 marzo) e, contestandogli
questa affermazione, gli comunica che Le Monnier pubblicherà tra
breve il suo studio-volume sul Da Ponte. Ma anche l'editore fiorentino
non era evidentemente molto convinto dell'operazione, poichè il
libro uscì sei anni più tardi! In questo lavoro il Bernardi
fa di tutto per accreditare al Da Ponte un'immagine accettabile vista
da un'angolazione moralistico-religiosa. Ne sottolinea la finale riappacificazione
con la fede cattolica, allegando docomenti e testimonianze atti a comprovare
una fede sopita, ma mai rinnegata. Trascrive con una certa enfasi la lettera
che il patriarca di Venezia Jacopo Monico invia al Da Ponte nel settembre
dle 1831.
Compie una vera e propria operazione di "maquillage", nascondendo
verità scabrose ed edulcorandone l'opera di poeta e letterato.
Oseremo dire meno deontologico, per uno studioso, la scoperta (risalente
all'inizio del secolo) del Marchesan e la gelosa custodia del segreto
per tutto i resto della sua vita, senza mai renderne edotti i biografi
dapontiani, con alcuni dei quali era in contatto epistolare. Forse giocò
qui il suo habitus mentale di sacerdote, che prese il sopravvento sullo
studioso, quando vide, attorno agli anni 1910-1920, la figura di Da Ponte
oggetto di critiche demolitorie culminate nelle acrimonie del Nicolini.
Se resa di pubblico dominio, la notizia avrebbe ulteriormente confermato
la figura negativa che Da Ponte stava assumendo, collocato oramai tra
gli epigoni minori, e quindi maggiormente detestabili, di Giacomo Casanova.
La visione stucchevole, racchiuse nella nicchia che il Nicolini lapidariamente
aveva confezionato, così recitava: "... persisto a ritenere
il Da Ponte un vanitoso avventuriero senza scrupoli, punto diverso dal
Casanova, con l'aggravante che in lui, mentre non c'erano l'ingegno smagliante
e le deliziose qualità del Casanova, c'erano invece un'untuosità
e ipocrisia ebraico-pretesche e una spiccata tendenza alla perfidia."
(Cfr. Fausto Nicolini, La vera ragione della fuga di Lorenzo Da Ponte
da Venezia, in "Archivio Storico Italìano", Firenze,
Serie VII, vol. XIV, 1930, p. 129). Inoltre in più occasioni il
Nicolini rimproverò al Marchesan di aver nella sua opera avuto
"una grande commiserazione" per aver creduto a quello che Da
Ponte "chiamava sventure mentre erano molto spesso, bricconate".
Non era quindi il caso di gettare benzina sul fuoco!
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Sul finire del 1781 Da Ponte, arrivato a Vienna da Dresda, non pensa di
dover far economia e va ad abitare nel centro di Vienna. Cominciando ben
presto a scarseggiargli i mezzi scrive: "Invece di seguitare a tenere
un alloggio in città, che mi costava assai caro, presi una cameretta
nella casa d'un sarto nel sobborgo di Vidden(15)." Allora il centro
città era delimitato dalle mura del Ring - abbattute negli anni
1857-65 - e Wieden(16) si trovava all'esterno delle stesse. Il sobborgo
orbitava attorno al Theresianum, residenza estiva degli imperatori e la
sua popolazione si componeva in prevalenza di artigiani e operai.
Nella casa del sarto avvenne quell'inesplicabile - quanto strano - episodio
che fece saltare dalla bocca del Da Ponte quasi tutti i suoi denti.
Dalla confusa narrazione non risulta evidente quale fu il vero motivo:
se per rivalità amorose, e quindi se fu conseguenze di una vendetta,
o piuttosto per mascherare, proteggere una donna da lui amata che abitava
o solo frequentava la medesima casa(17).
Che fosse la madre di Felice? Si possono fare solo congetture, ma cronologicamente
ci siamo: la perdita dei denti e la nascita di Felice si collocano rispettivamente
dopo la metà del 1783 ed entro la prima metà del
1784.
Durante la permanenza viennese le Memorie dapontiane contengono pochi
accenni intorno ai familiari di Ceneda e sempre per far risaltare il suo
apporto al loro mantenimento. Sappiamo che a Vienna fece arrivare il fratellastro
Paolo (nato nel 1770) e che lo tenne con sè per istruirlo nel canto.
Parla di tre fratelli, ma se escludiamo Agostino, all'epoca già
sposato con prole, non rimane, oltre a Paolo, che Enrico, nato ai primi
del 1783, quindi di solo un anno più anziano di Felice. Anche nel
colloquio di Treviso, con l'imperatore Leopoldo Il, del luglio 1791, è
sottolineato il continuo sostegno economico a favore di tre fratelli.
Siamo nel campo delle illazioni se sposiamo la tesi che egli abbia fatto
credere Felice, agli occhi degli estranei, figlio del proprio padre?
È certo in ogni modo, dal contesto delle due lettere e dalle Memorie,
che abbandonando Vienna, in seguito al licenziamento dall'impiego teatrale,
si vide costretto a consegnare temporaneamente il figlio alla madre.
In seguito incaricò Agostino, dopo la sua partenza con Nancy da
Trieste, di recarsi a Vienna, prendersi Felice, portarlo in Italia, in
attesa di una diversa
15) Memorie p. 89. Per le citazioni delle
Memorie cfr. l'edizione Garzanti, Collana i Grandi Libri, 1991 (4).
16) La città di Vienna è oggi divisa in 23 distretti: e
Wieden, interamente inglobato nel Centro Storico, è contrassegnato
dal numero 4.
17) Memorie, pp. 99-101. L'episodio è confermato inoltre da alcuni
versi trovati nelle carte di Casanova a Dux.
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sistemazione. E per quasi sette anni il mantenimento e l'educazione
del bambino ricadde - volente o nolente - su Agostino.
Conoscendo i fatti poc'anzi esposti si può leggere in un'ottica
diversa il viaggio in Italia che Da Ponte (con Nancy) inizia da Londra
il 2 ottobre 1798(18). La ricerca di cantanti per il Teatro dell'opera
italiana di Londra è sempre stata considerata il motivo ufficiale
del viaggio, legato alla nostalgia di rivedere, dopo quasi vent'anni di
lontananza i parenti di Ceneda.
Ma l'apprensione - e, perché no? l'affetto - per Felice, in mano
ad un tutore dello stampo di Agostino, non sarebbe di per sè un
movente sufficiente per sospingerlo in patria a riprendersi il figlio?
La prima lettera citata (del 29 aprile da Bologna),unica rimasta fra quelle
scritte durante il suo ultimo soggiorno italiano, ci parla del riscatto
pagato per Felice, arruolato con le truppe francesi. È trascorso
quasi un anno da quando lo abbiamo lasciato confinato a Santo Spirito,
nel collegio di correzione. Congedato e fuggito di nuovo dalle grinfie
dello zio (e della sua amante) eccolo tamburino dei francesi, non soldato
combattente, chè la minore età non lo avrebbe permesso.
In questa lettera, stracolma di amarezza, egli confida a Paolo le scelleratezze
di Agostino: dissipazioni di ogni genere e debiti contratti al gioco,
che egli si sente obbligato di onorare, oltre ai soldi spesi per riscattare
e rivestire il povero Felice.
È anche vero - aggiungiamo noi - a discolpa di Agostino, che il
ragazzo non è proprio uno stinco di santo, un carattere docile
e remissivo, come se ne accorgerà più tardi il padre!
Ecco la sorpresa nel viaggio di ritorno: Da Ponte si lascia sfuggire -
ma sarà proprio così? - un episodio che apre uno spiraglio
sulla presenza di Felice. Questa volta la compagnia è più
numerosa. Comprende Lorenzo, Nancy, Felice (senza nominarlo direttamente),
la cantante Maddalena Allegranti con il marito Harrison e un loro figlio,
infine un figlio della cantante Brigida Banti, che Da Ponte aveva l'incarico
di portare a Londra per ricongiungerlo alla madre.
Il gruppo è appena arrivato ad Augusta (Augsburg) e, narra Da Ponte
nelle Memorie: "Il figlio della Banti, che non era ancor giunto all'anno
duodecimo, e un giovanetto di pari età, ch'era meco, per un fanciullesco
capriccio, mentre eravamo a pranzo con Williams, partirono dall'albergo
dove fatti restare gli avevamo, e, pigliando molti effetti di valore,
presero la fuga. Non fu che dopo molte ricerche, fatte da alcuni soldati
spediti dal signor Williams, che ci fu possibile ritrovarli nella casa
d'un contadino, che lor diede ricovero per una notte in grazia di molte
favole che gli raccontaro. Sembra la ripetizione di cose già lette
nelle carte del processo di Venezia
18) Memorie, pp. 199-232.
19) Memorie, p. 229.
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ed in linea con il carattere ribelle del giovane Felice.
Ma che motivo aveva Da Ponte di narrare questa vicenda, così secondaria,
insignificante e trascurabile se non viene illuminata dai fatti che conosciamo?
È comunque il segno più trasparente ed indelebile, in tutta
la narrazione delle Memorie, dell'ingombrante presenza di questo figlio.
A Londra, lo sappiamo dalla seconda lettera a Paolo del 18 febbraio 1800,
il ragazzo viene collocato in una scuola-collegio. Il padre, ex insegnante,
perfettamente in grado di valutarne le capacità, lo descrive pieno
d'ingegno, ma perfido, addossandone la responsabilità del carattere
a chi (Agostino) avrebbe dovuto educarlo in sua vece.
Dopo di ciò Felice sparisce nel nulla!
Ci sarebbe solo un barlume - che ci consente di fare ulteriori ipotesi
- in una postilla che Da Ponte consegna nelle ultime pagine delle Memorie,
scritta dopo la metà del 1830. "Si vuole che un altro fratello
mio viva in America; ma s'ancora vivesse, avrebbe risposto alle lettere
che gli scrissi. Non avendolo fatto, o non vive più, o non deve
essere mio fratello(20)".
Quando stende queste righe il fratellastro Agostino, con la figlia Giulia,
è già sbarcato a New York e Da Ponte non può essere
a conoscenza dell'esatto stato anagrafico dei familiari.
Del resto, da quando intorno al 1825 riallaccia i rapporti epistolari
con Agostino, egli non smette in ogni circostanza, e senza titubanze,
di chiamarlo unico fratello rimastogli. Il più giovane Enrico -
pur non possedendo noi notizie di prima mano - sembra quindi giò
morto da anni.
Che la postilla costituisca un altro vago e circospetto riferimento al
figlio Felice?
Avventuriamoci in altre supposizioni. Non troviamo nessun appiglio nelle
Memorie per sostenere che Da Ponte si sia portato il figlio in America.
A vent'anni - tanti ne avrebbe avuti nel 1805 - e con il suo temperamento
sarebbe sicuramente stato in condizioni di provvedere da solo a sè
stesso.
Supponiamo che il padre lo abbia convinto più tardi ad attraversare
l'Atlantico - perché no? - dopo la morte di Paolo nel 1808.
Una volta sbarcato nel Nuovo Continente, insofferente com'era di ogni
costruzione, quanto ci avrà messo a lasciare il padre, partire
all'avventura e a poco a poco a non dare più notizie di sè?
Se operiamo la sostituzione, nella chiosa dapontiana, della voce fratello
con figlio, la nostra congettura appare più verosimile di quella
che potrebbe essere di nuovo una verità maldestramente mascherata
del vecchio Da Ponte.
Ed anche un estremo tentativo, approfittando della diffusione delle Memorie,
di riagganciare i contatti con il figlio, stabilitosi in chissà
quale angolo del nuovo paese.
20) Memorie, p. 383.
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Documento I
Libertà - Eguaglianza
Anno secondo della Libertà italiana
12 Brinoso = 2 dicembre 1797: V. (ecchia) d. (ata)
Fatto condurre al Burò del Preside alla Polizia l'arrestato
fanciullo dell'età, per quanto disse, e all'aspetto dimostra, di
12 anni circa fu Interrogato: del suo nome, cognome, padre, patria ecc.
Rispose:
Mi chiamo Felice Da Ponte figlio di Lorenzo e di Annetta. Mio padre si
trova a Londra, ove fa il poeta stipendiato: mia madre sta presso una
dama in Vienna, anzi in un casino di campagna in quelle vicinanze. Mio
zio Agostino Da Ponte, fratello di mio padre mi condusse seco da Vienna
ove son nato, e levandomi dal seno di mia madre cinque anni fa promettendole
di condurmi da mio padre in Inghilterra, mi condusse in Italia, e mi tenne
seco, conducendomi a Lodi, a Milano e a Mantova, e poi anche in questa
città. Per due anni mi trattò sempre bene, conducendomi
anche a Ceneda ove ha moglie e due figli, uno maschio e l'altra femmina.
Da tre anni poi a questa parte, essendosi invaghito esso mio zio di una
femmina, che conobbe in Verona, la condusse qua seco, ed accasatosi con
lei, fu da allora in poi ch'io divenni lo scopo delle sue collere, e de'
suoi mali trattamenti, atteso l'odio e l'aborrimento che incontrai di
detta femmina, che pretendeva ch'io le facessi il servitore. Ciò
m'indusse a fuggir di casa tre volte: la prima per collocarmi in una bottega
da parrucchiere, e le altre due per mettermi fra le truppe francesi. Quest'ultima
volta trafugai dalla casa un piccolo spillone ed un cordon d'oro che serviva
per avallo, ed essendomi inteso con sergente francese sperava di trovar
luogo di impiegarmi presso della loro armata. Riuscì vano il mio
disegno poiché fu (i) arrestato dai medesimi francesi, presso i
quali gode tutto il favore la femmina di mio zio, e fui da esso imputato
di mille cattiverie, che non commisi e delle quali non sono capace.
Interrogato a nominare il parrucchiere presso cui voleva collocarsi -
Rispose:
Egli è il parrucchiere in Campiello a S. Maria Formosa.
Interrogato se conosca alcuna persona - Rispose: Conosco Pietro Barbini,
che abita in Salizzada a S. Luca.
L. Confermò alla presenza.
A 4 dicembre suddetto.
Chiamato il cittadino Pietro Barbini quondam Paolo abitante
a S. Luca no 6 -Salizzada.
Interrogato sopra quanto fu introdotto disse: che praticando in casa del
cittadino Agostino Da Ponte ebbe occasione di conoscere il ragazzo Felice:
che lo trovò fornito di molto talento, ma proclive al vizio e alla
cattiveria: che fuggì più volte di casa; e che il suo carattere
si manifestò torbido e inquieto: che per quanto intese la in casa
egli è figlio naturale di Lorenzo Da Ponte fratello di detto Agostino
e di una di lui serva nato in Vienna.
L'interrogato confermò.
60
Lettere di Agostino Da Ponte
fratello di Lorenzo.
Libertà Eguaglianza
L'uomo che tiene nelle mani il manino, e la zifra d'oro
si chiama Luigi Mari che affitta stanze in calle Lunga a San Moisè
in cale da quello della Latte. L'umile sotto scritto suplica il cittadino
Preside di fare quella giustizia più oportuna e col più
umile rispetto sono
Di Voi (?) cittadino
Umilissimo servitore
Agostino Da Ponte
Lì 28 novembre 1797 - Venezia.
Libertà - Eguaglianza
Cittadino Preside alla Polizia
Il dubbio solo di non essere sicuro della mia vita, e molto
meno della mia robba è necessario ch'io ricorri alla giustizia
Felice Da Ponte mio nipote d'anni quasi quattordici e l'oggetto di tutto
questo e della disperazione di tutta la mia famiglia, tali e tanti sono
i suoi falli che ad ogni costo deve allontanarlo da mia casa, però
impetro dalla Giustizia a stabilire quello che più gli agrada fino
a tanto avrò riscontri da suo padre. Salute e rispetto.
Il primo dicembre 1797 - Venezia
Agostino Da Ponte.
Libertà Eguaglianza
27 novembre 1797 v. (ecchia) d.(ata)
Anno 2do della Libertà Italiana
Cittadino Ufficiale
Riceverete dal Capo della Pattuglia delle due contrade di S. Luca S. Caterina
l'arresto del cittadino Felice Da Ponte: abita in calle stretta S. Luca
al n° 2, come disturbattore della propria famiglia.
Tommaso Paganoni
presidente
61
Armée d'Italie Liberté Egalité
Division à Venise
Le 8 frimaire
L'an. 6 de la Rep. Francaise
une et indivisible
Girardon Chef de la 12 demi-Brigade d'Infanterie de Bataille
commandant la place de Vinise.
Au president de la Policie
Citoyen
Je vous envoje unjeune homme qui a fait quelque etourderie a sos parents
et le Rapport qui m'en a eté fait
Salut e confidantion
Girardon
Sull'esterno de' documenti: 8 Brinoso mandato alla casa d'arresto
n° 7 d'ordine del Preside Felice Da Ponte come perturbatore dlla quiete
di sua famiglia. Chiamato avanti il preside il cittadino Luigi Mari. Consegnato
manin e zifra. 2 dicembre97 v.(ecchia) d.(asta). (Rimesso alla presidenza
del tribunale correzionale per essere dalla stessa definito con manin e
zifra - Queste parole fra parentesi sono cancellate).
Felice Da Ponte relegato nell'isola di S. Spirito sulle vicende di suo zio
- vedi Decreto e relative carte in data 7 e 8 dicembre 1797 esistenti presso
il segretario provinciale.
L'indirizzo è: Au president de la Policie
Queste copie furono tratte, come i suddetti e gli altri documenti tutti
dagli originali con tutti i loro errori da me
A. Marchesan.
Documento II
Democrazia - Municipalità Provvisoria
Busta 153, fascicolo 2 Processo verbale del Preside alla Polizia
10 Agghiacciatore 1797
Dietro ricorso prodotto dal cittadino Agostino da Ponte, in cui asseriva
che un di lui Nipote fuggì dalla di lui casa asportandogli un prezzo
di manino d'oro, ed altra bisuteria, e si era ricovrato in quella di certo
Luigi Masi: che partito da colà il d.to Da Ponte fu dalla pattuglia
arrestato.
Il preside invitò il cittadino Luigi Masi a comparire al suo Burò;
e comparso depositò il manino, e la bisuteria d'oro che aveva avuto
in consegna dal detto da Ponte.
e fatto inoltre comparire il da Ponte arrestato fu consegnato all'ispettore
di polizia.
11 Agghiacciatore
Comparve il cittadino Agostino da Ponte e s'impegnò di contribuire
soldi 25 al giorno, perchè sia mantenuto nel recinto di S. Spirito
il di lui Nipote Felice, che trovasi ora in arresto.
14 Agghiacciatore
Fu invitato il cittadino Luigi Mari a prodursi domani a questo Burò
per essere presente a consegna di deposito da farsi al Cittadino Agostino
Da Ponte.
15 Agghiacciatore
Comparve il cittadino Agostino da Ponte a cui fu consegnato il manino
e la bisuteria d'oro depositata in quest'Offizio dal cittadino Luigi Mari;
il quale si trovò presente alla consegna.
16 Agghiacciatore
Comparve il cittadino Agostino da Ponte e s'impegnò di provvedere
per domani il di lui nipote di un strapassino per farlo passare nel recinto
di S. Spirito, e di somministrare allo stesso il di lui mantenimento in
ragione di soldi 25 al giorno pagabili di decade in decade.
Fu decretata la reclusione a S. Spirito, e rilasciato l'ordine opportuno
a quel priore per custodirlo.
Fu fatto comparire innanzi al Preside il cittadino Felice Da Ponte, e
fu allo stesso fatta un' ammonizione.
19. Agghiacciatore
Furono consegnate al priore del Convento di S. Spirito le L. 12:10 depositate
dal cittadino Agostin da Ponte per il mantenimento d'una decade del di
lui Nipote ivi recluso dovendo contarsi la detta decade dal giorno di
jeri.
27. Agghiacciatore
Il cittadino Da Ponte depositò L. 12:10 da esser passate al prior
di 5. Spirito per il mantenimento del di lui Nipote.
28. Agghiacciatore
Furono consegnate al priore di S. Spirito le L. 12:10 depositate dal cittadino
da
Ponte.
29. Nevoso
Il cittadino Da Ponte depositò L. 12:10 da esser consegnate al
priore di 5. Spirito
per il mantenimento del di lui Nipote.
Per miglior lettura dei documenti alleghiamo la concordanza del calendario
gregoriano con quello rivoluzionario francese per gli ultimi mesi del
1707. Anno VI
ANNO VI 1797 ANNO VI 1797
FRIMALE/BRINOSO NOVEMBRE NEVOSO DICEMBRE
O AGGHIACCIATORE
Anno VI Frimale/Brinoso
o Agghiaccitore
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1797
Novembre
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anno VI nevoso
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Gennaio 1798
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indice generale
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