GIORGIO ZOCCOLETTO
GLI STATUTI DI TARZO NELLA EDIZONE DEL 1775
Con il decreto del 16 luglio 1768, i! Senato Veneto diede
inizio ad una complessa operazione volta ad integrare nel Dominio di San
Marco i territori di Ceneda e di Tarzo, ponendo fine alla secolare vertenza
con i! potere ecclesiastico che vi esercitava anche la giurisdizione temporale.
La prima fase dell'operazione fu rappresentata dalla nomina di un Vice
Gerente (nella persona dell'assessore Giovanni Gaiotti), cui furono demandate
provvisoriamente le competenze del governo civile. Assunta la responsabilità
dell'incarico, il Vice Gerente effettuò un controllo generale dell'
amministrazione e fornì a Venezia una relazione complessiva, dove
esaminò fra l'altro la gestione della Contea di Tarzo, che unitamente
a quella di Ceneda costituiva l'area del feudo vescovile. GIORGIO ZOCCOLETTO. Laureato in legge, già funzionario
di banca. Ricercatore attento soprattutto in tema di storia di Venezia
e del Veneto. Autore di numerosi saggi, pubblicazioni e apprezzati interventi,
anche relativi alla storia del vittoriese.
41 Conte era assistito da un proprio Cancelliere, pagato
dai locali.
La Contea, oltre ad avere un proprio statuto diverso da quello di Ceneda, aveva anche un proprio governo strutturato in forme autonome. I problemi locali interni erano trattati da un Corpo detto Regola di Quaranta, costituita da dieci rappresentanti eletti annualmente da una assemblea popolare in ognuno dei quattro Regolati. Nel rinnovo periodico restavano in carica due componenti (sempre per ogni Villa) della vecchia Regola; ne venivano eletti due di nuovi; ne venivano pure eletti altri quattro di nuovi con la qualifica di Deputati alle Strade; a questi otto spettava l'elezione di ulteriori due colleghi. Ogni Regolato nominava pure un Deputato per la costituzione dell'Ufficio di Sanità. La sede della Regola era collocata in un palazzo di Tarzo, chiamato la Casa Grande. Fiscalmente la Contea contribuiva per le rendite del Vescovado, ma aveva anche degli obblighi verso la Camera Fiscale di Treviso per i dazi macina, pestrino, grassa e doveva conferire agli ammassi veneziani le pelli dei bovini macellati. I contratti eseguiti nella Contea dovevano essere redatti da Notai riconosciuti ed abilitati d'autorità veneta, ma però residenti e contribuenti all 'interno della Giurisdizione episcopale. La popolazione godeva consortivamente di propri beni comunali, rappresentati da quattro molini a coppedello e da una sega. Era inoltre partecipativa in numerose Confraternite funzionanti nelle parrocchie di Santa Maria di Tarzo, dei Santi Gervasio e Protasio di Corbanese e di San Bortolomio di Arfanta. Tali associazioni, animate da finalità assistenziali oltre che religiose, erano gestite da Gastaldi, o Massari, assistiti da altri Bancali La presentazione degli statuti vescovili Appena delineatosi l'orientamento della politica veneziana,
che intendeva annettere al dominio diretto i territori, la Regola di Quaranta
di Tarzo rivolse al Serenissimo Principe una supplica perchè nelle
future decisioni fosse mantenuta la separazione da Ceneda e perchè
fossero rivisti in tal senso gli Statuti in vigore, di cui si provvide
all'invio in quanto non erano mai stati riconosciuti in precedenza dal
governo ducale. 42 concluse da un allegato.
L'allegato finale, strettamente unito per contenuto al proemio, rappresenta il fondamento giuridico delle oltre centoventi statuizioni, o articoli, particolari. Vi sono riportati gli accadimenti storici che sostenevano la legittimazione del potere vescovile.
Dopo aver recuperato i territori di Terraferma già
occupati da Sigismondo re degli Ungari, nel 1418 Venezia riconfermò
al vescovo Antonio Corraro la supremazia su Ceneda e Tarzo. Peri! Vescovo
il possesso non si mantenne però nella tranquillità a causa
di mai sopiti dissidi con il Consiglio della Comunità, specialmente
per le riforme introdotte autonomamente dai sudditi nell'amministrazione
comunale. 43 La prima edizione degli statuti di Tarzo
Il decreto vescovile di conferma dei primi Statuti di Tarzo
fu emesso dalla residenza del vescovo Corraro nella contrada di San Simon
Piccolo a Venezia il giorno 6maggio 1444. Furono presenti in quell'occasione
solenne il vice conte Antonio de Carni ed i rappresentanti delle Ville.
Per Tarzo: L'investitura di Antonio Dalla Corte Gli Statuti vescovili di Tarzo, spediti dalla Regola di
Quaranta con la supplica di approvazione, furono sottoposti all'esame
del Magistrato dei Conservatori ed Esecutori delle Leggi, ma la revisione
restò in sospeso, essendo ancora condizionata dalle scelte che
si stavano studiando per la riforma istituzionale da applicare al territorio. 44 nio del feudo una quantità di propri beni immobili
per il valore di 4.000 ducati: i capitali sarebbero stati conglobati definitivamente
nel bilancio del feudo, qualora il dalla Corte non avesse avuta discendenza
mascolina.
Ottenuto il parere favorevole dei Provveditori sopra Feudi, il Senato accolse in linea di principio la richiesta e demandò agli stessi Provveditori il compito di espletare le incombenze successive della pratica. Il dalla Corte fece identificare e valutare da un collegio di periti una massa di propri beni fino al valore pattuito, accettò su di essi l'ipoteca statale ed ottenne quindi l'investitura feudale con il titolo di Conte e Signore di Tarzo, di Corbanese e suo Distretto. Un rilevante atto amministrativo del nuovo Feudatario èrappresentato dal proclama emesso il 17 dicembre 1770. Trattasi sostanzialmente di una bozza di statuto (sostitutivo di quello vescovile) articolata in dieci punti: si stabiliscono, per esempio, il divieto e le condanne delle bestemmie, dei giochi e divertimenti durante le funzioni religiose; si precisano gli orari delle osterie e gli obblighi di segnalazione delle presenze alberghiere; si vieta l'uso delle armi; si impone le denuncia dei delitti e si condannano le connivenze con i delinquenti; si normalizzano il commercio e l'apertura di attività commerciali; si stabiliscono i pesi e le misure ufficiali. La scelta di assegnare in feudo la Contea di Tarzo venne però contestata dai Deputati ed Aggiunti alla Provision del Danaro, in quanto discorde dalla primitiva scelta di avocare sotto l'esclusiva competenza dello Stato i territori già amministrati dai Vescovi. La decisione di creare una amministrazione feudale aveva infatti scardinato il progetto concettuale che si andava elaborando per la nuova amministrazione. Il Senato riconobbe la validità delle obiezioni ed in data 16 marzo 1771 revocò l'investitura, fece estinguere l'ipoteca iscritta sui beni, lasciando però ad Antonio dalla Corte, a titolo di scusa, il diritto di mantenere il titolo onorifico di conte.
Lo studio delle varie soluzioni possibili si concluse il
29agosto 1771 con il decreto del Senato in base al quale il territorio
di Ceneda e quello di Tarzo(sempre da considerarsi del tutto separati),
venivano sottoposti al governo di un nobile veneziano che, con il titolo
e le mansioni di Podestà, sarebbe rimasto in carica per la durata
di sedici mesi. Al rappresentante sarebbe spettato il diritto di eleggersi
un Cancelliere. Fra gli obblighi, il Podestà aveva quello di portarsi
ogni mercoledì a Tarzo per svolgere le funzioni della carica. Primo
Podestà eletto risultò il nobiluomo Emanuel Michiel Venier,
che assunse la rappresentanza il successivo 5febbraio 1772. 45 o commissione paritetica, composta dalle Magistrature
dei Conservatori ed Esecutori delle Leggi e della Deputazione Estraordinaria
ad Pias Causas.
Mentre si effettuava il riesame del testo statutario, la Regola di Quaranta di Tarzo produsse in data 10 marzo 1772 un memoriale con tre richieste: si chiedeva di sopprimere la Regola Generale della Contea, di costituire un catasto autonomo e di confermare il diritto di nomina di un proprio Cancelliere di pari grado a quello in funzione a Ceneda. La Regola Generale era una assemblea legislativa aperta a tutta la popolazione. Si trattava di un istituto antichissimo, ma di ben limitata convocazione, perchè aveva sempre dato occasione a liti e disordini. Era consigliabile quindi riservare alla sola Regola di Quaranta ogni attività legislativa e ricorrere alla consultazione universale della popolazione per il solo rinnovo annuale delle cariche comunali. La creazione di un archivio immobiliare proprio, di un ufficio municipale e di un Cancelliere del tutto indipendenti da Ceneda erano diritti goduti dalla Contea già durante il dominio dei Vescovi. Il podestà Venier confermò la fondatezza delle richieste, per cui il Senato le approvò in data 7 maggio 1772, non decidendo però per la nomina del Cancelliere in attesa della revisione degli Statuti. L'approvazione dei nuovi statuti Mentre la revisione degli Statuti di Ceneda fu completata
prima dell'invio del podestà Venier, per quelli di Tarzo la conferenza
delle Magistrature completò la revisione verso la fine di settembre
del 1772. Intanto nel territorio di Tarzo trovarono applicazione le norme
vigenti a Venezia e sulle vertenze interne legiferarono i giudici della
Dominante. 46 Corressero, per esempio, sostituendo ogni riferimento
al nome del Vescovo e dei suoi funzionari con il nome del Podestà
e dei suoi funzionari. Modificarono alcuni termini di scadenza nelle rescissioni
dei contratti e comunque tutte quelle norme che presupponevano l'esistenza
di un confine di stato fra il territorio di Tarzo ed i paesi contermini.
Conessero alcune formalità relative alla nomina del Cancelliere.
Aggiunsero l'atto di dedizione a Venezia espressa dai Cenedesi nel 1388 ed i decreti emessi recentemente relativi alla Contea di Tarzo. Il testo dei nuovi Statuti venne approvato dal Senato l'il febbraio 1773 e fu consegnato in tipografia. Il podestà Venier si trovò quindi autorizzato a convalidare la nomina del Cancelliere, fatta dalla Regola di Quaranta nella persona di Giovanni Rossi figlio del notaio Girolamo Andrea. Giovanni Rossi s'era meritata la stima universale per il lavoro già svolto di Cancelliere, anche se non riconosciuto ufficialmente. Egli sarebbe rimasto in carica per quattro anni, avrebbe ricevuto annualmente uno stipendio di 58 ducati, due carri di legna e l'uso di un orto gratis. Prima incombenza che gli fu assegnata dal Podestà fu quella di riordinare l'archivio della Comunità, con l'ordine (tanto era stato autorizzato dal Senato anche per Ceneda) di eliminare tutte le carte ritenute inutili e comunque riferibili al passato governo vescovile. Il Consiglio dei Dieci autorizzò poi l'elezione di un Basso Ministro stipendiato dalla Comunità, confermando così un antico diritto concesso dai Vescovi. Le contestazioni del secondo Podestà Nel luglio del 1773 il podestà Emanuel Michiel Venier,
terminati i sedici mesi d'incarico, passò le consegne al successore
Piero Orio. Uno dei primi atti del nuovo rappresentante fu di scrivere
una lettera al Governo per contestare la struttura organizzativa data
alla Comunità di Tarzo. 47 disposizioni. Fu interpellato quindi il Podestà
uscito che giustificò il suo operato, dopo essersi documentato
per qualche mese.
Venier giudicò regolare l'elezione del Cancelliere, in quanto gli era giunta notizia della approvazione degli Statuti che prevedevano quella figura. Eventuali equivoci potevano esser sorti nelle opinioni del successore per il fatto che il testo non era ancora stampato e consegnato. Il vecchio Podestà confermò che la carica di Basso Ministro esisteva già da tempo immemorabile, seppure sotto la diversa denominazione di Saltano. Garantì infine, in base all'esperienza, sulla correttezza e fedeltà alla Repubblica dei sudditi di Tarzo. I Conservatori ed Esecutori delle Leggi condivisero le osservazioni del Venier. Giudicarono però utile di chiarire gli argomenti aggiungendo otto articoli al testo già approvato degli Statuti. Fu confermato il dovere del Podestà di recarsi ogni settimana a dar udienza a Tarzo. Se fosse stato impedito da cause di forza maggiore, avrebbe dovuto far le convocazioni dei sudditi a Ceneda, sempre servendosi degli uffici di Tarzo. Il Cancelliere di Tarzo doveva essere un notaio di autorità veneta. Le comunicazioni, provenienti dal governo centrale e riguardanti Tarzo, dovevano essere depositate in originale nella cancelleria di Tarzo. I sudditi di Tarzo potevano rivolgersi direttamente al Podestà solo in casi di provata urgenza. L'esecuzione delle condanne doveva essere demandata alla cancelleria di Tarzo ed i prigionieri dovevano essere mantenuti a spese di quella Comunità. La nomina del Basso Ministro doveva essere approvata dal Podestà. I processi dovevano essere istruiti in loco ed i relativi atti dovevano ivi essere custoditi.
Per superare formalmente le incomprensioni, la Comunità
di Tarzo dovette riformulare la supplica per essere autorizzata alla nomina
del Cancelliere. I Conservatori ed Esecutori alle Leggi ribadirono il
loro parere tecnico favorevole e quindi il Senato concesse finalmente,
il 10 dicembre 1774, L' imprimatur della riedizione. 48 abbracciano una vastissima casistica del vivere civile di una comunità.
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