VIRRORINO PIANCA
SIPARIO!
I TEATRI PERDUTI DI VITTORIO VENETO
Non v'è ragione per dubitare che la commedia romana,
magari non la palliata ma più probabilmente l'atellana, abbia ottenuto
ospitalità nelle piazze dell'antica Ceneta.
Certo le strade e le chiese di allora videro le corali processioni che
seguivano i mysteria medievali, rievocanti insieme ad altre vicende agiografiche
forse anche la storia ed il martirio di 5. Augusta, ma non sono giunte
fino a noi notizie tali da poterne riferire.
Le case dei nobili cenedesi risuonarono sicuramente della musica e delle
rime dei trovatori provenzali come Uc de Saint Circ e Sordello il quale
cantava: "Mantoana e Verones lperdut l'ai, le Trevis'e Seneses /
atTesi sai, / e se.lperc Visentines / o.! menerai? / R.(1)
Per cogliere la prima notizia di rappresentazioni teatrali
in città bisogna arrivare all'età moderna. Si tramanda infatti
che la tragedia Merope di Scipione Maffei abbia esordito in pubblico proprio
nelle austere sale del Castello vescovile di S.Martino alla presenza del
vescovo Francesco Trevisan. Sembra che l'Autore, nel dedicare la sua opera
all'amico presule cenedese, abbia anche voluto declamarla di persona,
nello stesso anno 1713 in cui avrebbe poi debuttato sulla scena a Modena
il 12 agosto.
Senza dubbio non solo la letteratura drammatica ma proprio anche le luci
della scena non dovettero rimanere estranee alla formazione culturale
del librettista di Mozart: Lorenzo Da Ponte, nato a Ceneda nel 1749. E
fin troppo agevole supporre, invece, che quella passione per l'opera italiana
che lo
VITTORINO PIANCA, Direttore dei Musei Civici e della Biblioteca
Pubblica di Vittorio Veneto.
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accompagnò, tra rose e spine, fino alla morte, abbia avuto le origini
fin dalla sua infanzia cenedese, seguita poi dalle sue esperienze veneziane
e accesa dalle fiamme dei successi conseguenti al suo soggiorno viennese.
Tuttavia, a parte gli scrittori di Ceneda e Serravalle, che troviamo pubblicare
testi drammatici fin dal sec. XVI(2) le prime notizie documentate che
riportano memoria dei titoli delle rappresentazioni teatrali che ebbero
effettivamente luogo nelle due cittadine compaiono sull'ultimo scorcio
del secolo XVIII.
"In Ceneda avanti il principio del corrente secolo per qualche drammatica
rappresentazione si collocava da'dilettanti in certe circostanze un palco
scenico portatile nella sala maggiore del palazzo comunale. Ma nel 1800
il conte Marino Zuliani ne fece costruire uno stabile in una sua casa.
Non soddisfacendo poi questo a molte esigenze e comodità, alcuni
ne vollero fabbricare nell'interno della città uno nuovo di buon
gusto, a tre ordini di logge, con copia di ornamenti architettonici entro
efuori, capace d'oltre 600 spettatori, il quale ormai, da dieci anni e
più fu compiuto con notabile dispendio ed anche aperto(3)".
Così Renato Arrigoni, nel 1840, ricordava insieme: la primitiva
consuetudine di ospitare spettacoli nella Sala Maggiore della civica Loggia
Cenedese; la breve esistenza dell'aristocratico Teatro Zuliani e l'inaugurazione
del Teatro Sociale di Ceneda. Con il Teatro Sociale di Serravalle furono
quindi tre i Teatri pubblici che la città di Vittorio Veneto ebbe
nel passato. Ed il lungo arco della vicenda dei Teatri cittadini evidenzia,
fin troppo emblematicamente, anche il divenire della società civile
nei secoli, con i suoi splendori e cadute, con quel pizzico di ritardo
cronologico che da sempre ed ovunque la provincia comporta. Dalla cultura
del Castello, legata alla prestigiosa figura del Vescovo, signore feudale;
all'istituzionalizzarsi di una struttura civica; ai lustrini delle élites
illuministiche del Settecento; alla presa di potere della borghesia terriera
e mercantile; all'avvento di una certa imprenditorialità industriale,
che si affidava soprattutto al tessile, e di una vocazione turistica che
godeva ancora di un'età di scarsa mobilità generale del
pubblico e quindi, attraverso il treno, poteva accogliere i pionieri della
villeggiatura o il bel mondo minore della belle époque il quale,
affamato di svaghi, affluiva dai grossi centri della pianura veneta e
da Venezia in particolare.
Due di questi Teatri giunsero, quasi integri, fino a noi nella loro bella
veste, forse un po' consunta, mutuata dalle dorate forme di un settecento
veneziano lungamente poi vagheggiato.
Nel secondo dopoguerra furono entrambi ristrutturati in funzione delle
nuove esigenze del cinematografo che rendeva evidente la risalita all'orizzonte
della storia delle vaste masse popolari. Il loro muoversi indistinto ed
orientato, è storia recente, avrebbe impresso una nuova svolta,
nei tempi, nei modi e nelle quantità, non solo ai bisogni e consumi
di cultura e di spettacolo.
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Del primo periodo si ricordano le seguenti rappresentazioni tenute nella
Sala Maggiore della Loggia Cenedese, cioè del Palazzo Comunale
di
Ceneda.:
Nell'anno 1795: 11 fanatico in berlina (libretto G. Bertati, musica di
G. Paisiello)
Gli artigiani (1. Carlo Goldoni, m. P. Anfossi)
Nella primavera del 1796 agiva a Ceneda la Compagnia Comica Italiana diretta
da Luigi Mazzotti Malipiero.
IL TEATRO ZULIANI DI CENEDA
Sul finire del Settecento dunque il conte Marino Zuliani,
persona di grande sensibilità culturale, che si rese benemerito
ed acquistò una certa fama al suo tempo per l'erudizione e le ricerche
storiografiche sul Cenedese, volle costruire un Teatro pubblico stabile.
Oltre alle ambizioni sociali e culturali sue, e della moglie Giustiniana,
non dovettero essere estranee all'iniziativa anche le pressioni della
nobiltà e della ricca borghesia locale.
Il Teatro sorse ai piedi del Castello Episcopale, sull'area prospiciente
l'attuale Palazzo Ascoli (sede oggi della Curia Vescovile) "in Contrada
Cavertin o dei Zuliani, marcata col nuovo Civico n. 407, e descritta in
Estimo Ce(suario col n. 34 / .. ./fra i confini, a mattina via pubblica,
mezzodì N.H. Riva di Venezia, sera parte Riva, e parte Redivo,
monte via pubblica parte il detto Redivo, salvi lipiù veri confini
ch' esservi potessero con l'obbligo del transito per andare sul Palco
Scenico(4)
Il Teatro aveva almeno due ordini di Palchi distribuiti in numero non
inferiore a diciassette per ciascun ordine (diciassette palchi infatti,
apprendiamo dal contratto d'acquisto, appartengono a privati)(5) "E
composto pure diBottega da Caffè annessa, e di varie stanze sopra,
con granai sovrapposti, scale interne ed esterne, con cortile a monte,
e Porticale(6)
Il Teatro funzionò per una ventina d'anni poi fu giudicato piccolo
e perciò inadeguato.
1127 novembre 1822 nacque perciò in Ceneda una "Società
del teatro da rifabbricarsi" costituita appositamente per compiere
tutti gli atti necessari alla riedificazione di un nuovo Teatro, secondo
un programma già stilato il 10 giugno 1822 (il cui testo non ci
è giunto).
Furono eletti presidenti: Domenico Andreetta, Gio.Batta Segatti, Giovanni
Marini; Cassiere: Giacomo Rossi.
Con l'autorizzazione esplicita di questa Società i tre Presidenti,
in data 28 dicembre 1822 acquistarono dalla Contessa Giustiniana Beltrame
Zuliani, moglie di Marino, la casa che conteneva il vecchio Teatro Zuliani
per L. 4.000, non senza aver effettuato una stima dei Palchi di proprietà
il cui valore avrebbe poi dovuto essere posto in detrazione dalla spesa
per l'acquisto dei
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nuovi Palchi.
I Presidenti della Società dunque "all'oggetto di riedificarlo
informe più proprie, ed in più comoda, e regolarproporzione,fecero
demolire i/Teatro stesso e rimase il resto della Casa, dove era incluso
I.. .1 Soppravenuta una tale difficoltà per cui convenne dimettere
l'idea di rifabbricare il detto teatro nel locale suddetto, ed essendo
stato preso dalla Società di fabbricare il Teatro stesso di nuova
pianta a terreno e luogo dove sorge presentemente(7)"
i Presidenti vendettero il resto della casa ad Antonio Zilli, oriundo
di Polcenigo in data 23 luglio 1825, proprio alla vigilia dell'apertura
del nuovo Teatro Sociale.
Così intanto finiva il Teatro Zuliani di Ceneda.
Il cenedese Lorenzo Da Ponte viveva ancora a New York, dove si adoperava
per introdurre la cultura italiana e la musica lirica. A Ceneda niente
lo riportava alla mente dei suoi concittadini presso i quali forse la
memoria dei suoi trascorsi biografici pesava ancora più che i suoi
meriti letterari e la sua fama artistica; un'onda lunga che conservarono
in comune con la cultura italiana.
Il cartellone del Nuovo Teatro Zuliani ricorda le seguenti
rappresentazioni:
1803: Farse per musica: Pamela (libretto G. Rossi, musica G. Farinelli)
Teresa e Claudio (1. G.M. Foppa, m. M.A. Portogallo)
Che originali! (1. G. Rossi, m.S. Mayr)
Furberia e puntiglio (1. G.M. Foppa, m. da Capua)
Bandiera d'ogni vento (1. G.M. Foppa, m. G. Farinelli) Balli composti
e diretti da G. Gentili
1818: L'italiana in Algeri (1. A. Anelli, m. G. Rossini)
L'inganno felice (1. G. Rossi, m. G. Rossini)
1820: Clotilde (m. C. Coccia)
L'Adelina (1. G. Rossi, m. P. Generali)
L'inganno felice (1. G. Foppa, m. G. Rossini)
IL TEATRO NUOVO DI SOCIETÀ O NOBILE TEATRO DI CENEDA
Il Teatro Nuovo di Società o Nobile Teatro di Ceneda
fu costruito dal vittoriese Giuseppe Braido, un perito e capomastro di
grande esperienza, su disegno dell'architetto Giovanni Battista El1ero(8)
L'animatore dell'opera era il facoltoso cenedese Giovanni Battista Segatti(9).
Situato in Contrada Cenceniga('°) su un terreno acquistato da Gio.Maria
Salomon, il Teatro veniva inaugurato il 4 agosto 1825 (Fiera di Sant'Osvaldo)
con Tebaldo e Isolina di P. Morlacchi (Fig. 1) cui fece seguito Otello,
il
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Fig. 1 - Teattro
Sociale di Ceneda - La locandina dello spettacolo d'inaugurazione
Fig. 1 - Teattro Sociale di Ceneda - Sezione - Struttura
originale
Fig. 1 - Teattro Sociale di Ceneda - Pianta Platea
- Struttura originale
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moro di Venezia di G. Rossini(11)
Il nuovo Teatro aveva struttura all'italiana con tre ordini di palchi:
18 nel primo, 19 nel secondo e nel terzo; non aveva il Loggione ed offriva
una capienza di complessivi 600 posti. (Fig. 2-3). Senz'altro era dotato
anche di un piccolo Caffè, analogamente allo Zuliani, anche se
di esso si ha notizia scritta solo da documenti dei primi anni del Novecento.
Oltre ai citati proprietari di palchi anche la municipalità di
Ceneda aveva acquistato un Palco, il n. 10, a conclusione di una lunga
trafila burocratica. La deliberazione fu presa infatti dal Consiglio Comunale
il 13 novembre 1823 ma il relativo contratto fu stipulato solo il 31 dicembre
1829 dopo che il Comune era ricorso, in ultima istanza, direttamente a
"Sua Altezza Imperiale il Serenissimo Arciduca e Vicerè che
col Suo Riverito Dispaccio 10 aprile 1828, n. 2899 si è degnato
di autorizzare il Comune di Ceneda ad acquistare la Loggia di prospetto
fatta erigere appositamente(12) Alle autorità, che avevano in precedenza
ripetutamente bocciato la deliberazione d'acquisto, Ceneda aveva invano
ricordato "l'esempio dei limitrofi paesi di Conegliano e Sacile nei
quali la pubblica Rappresentanza possiede in proprio la Loggia di prospetto".
Più che l'orgoglio municipale spingeva allora il Comune all'acquisto
la consapevolezza che la Società per il Teatro aveva bisogno di
reperire i fondi necessari al saldo del grosso impegno finanziario sostenuto,
senza altri aiuti pubblici.
Nel 1839 furono costruiti i camerini intorno al palcoscenico.
Nel 1866 le due città finitime di Ceneda e Serravalle si riunirono
nell'unica municipalità di Vittorio. Un nuovo orgoglio percorse
le vene civiche per cui, in omaggio ai superati campanilismi, nel momento
in cui si inaugurava finalmente il Teatro Sociale di Serravalle si pensò
anche a rifare il trucco al Sociale di Ceneda. Fra il 1871 ed il 1874
infatti il Teatro fu oggetto di un intervento di restauro diretto dal
capomastro vittoriese Domenico Braido il quale intervenne avendo negli
occhi e nel cuore il modello de La Fenice di Venezia, alla quale volle
mirare nei risultati architettonici ed artistici.
Nei primi anni del '900 fu nuovamente restaurato ed in questa occasione
il terzo ordine di palchi fu trasformato in Loggione, il che testimonia
bene l'ampliarsi della base sociale di utenti del teatro. Fu interamente
decorato ad affresco, dal pittore vittoriese Pietro Pajetta (Ceneda 1845
- Padova 1911), figlio d'arte e buon esponente di quel realismo pittorico
che caratterizzò il secondo Ottocento italiano. (Fig. 4-5).
A lui si devono probabilmente anche le pitture sul sipario. (Fig. 6).
In realtà non conosciamo la data esatta di compimento di tutta
questa decorazione pittorica ma la coerenza stilistica dell'intero progetto,
quale ci appare dalle foto, sembra già presuppone l'esistenza del
Loggione. Il che ci porterebbe ai primi del secolo anche se non si riesce
ad escludere del tutto l'ipotesi che Pietro Pajetta abbia semplicemente
completato ed arricchito
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quello che potrebbe anche essere stato un progetto paterno(13) Nel 1903
Jacopo Rossi scriveva che il Teatro era "bene decorato" forse
spinto ad alludere a questi affreschi proprio perché recentemente
eseguiti(14)
Alla fine il Teatro doveva essere un piccolo gioiello, curato per un secolo
da artisti e maestranze locali: stucchi, specchi, affreschi, luci a più
fuochi, pavimenti mosaicati alla veneziana o in lucido rovere, tendaggi,
prospettive che fingevano i grandi spazi, sale da riunioni, foyer, fumoirs,
caffè, tutto vi era studiato per un'aristocrazia cittadina sazia
ed ansiosa di esibire in pubblico il proprio benessere, come dovunque
ugualmente avveniva nell'età contraddittoria della Belle Epoque.
È a questo Teatro che ci rimanda la memoria storica popolare, quando
parla dei suoi tempi d'oro, ed è questa l'immagine che ci viene
restituita dalle poche fotografie rimasteci, scattate fra gli anni Trenta
e Quaranta. (Fig. 7).
La Grande Guerra, e soprattutto l'anno dell'invasione austro-ungarica,
ha visto il Teatro, com'era ovvio, requisito dalle forze di occupazione
ed usato per spettacoli a beneficio della truppa o per intrattenimento
dei prigionieri italiani internati provvisoriamente nella zona, ma, in
sostanza, la struttura non sembra aver riportato gravi danni.
Accoglienze trionfali ebbe anche Ettore Petrolini quando debuttò,
nell'agosto del 1924, sul palcoscenico del Teatro: "il successo fu
pieno e
incontrastato", scrisse allora il corrispondente locale de "Il
Gazzettino" (24 agosto 1924).
Se nel corso del terzo e quarto decennio del Novecento la Società
per il Teatro reggeva bene la gestione normale di alcune iniziative durante
l'anno, non era però in grado di assicurare la manutenzione ordinaria
dello stabile né, tanto meno di affrontare grosse spese per il
rilancio dell'attività. Inoltre non era in grado di far fronte
ad un passivo di bilancio, accumulatosi nel tempo, di L. 55.000 per cui
fu costretta a vendere il Teatro al Comune di Vittorio Veneto. Era allora
Podestà Camillo De Carlo il quale deliberava l'acquisto, in data
15 settembre 1934, con trasferimento della proprietà dal 1 gennaio
1935(15).
Venendo così a dissolversi la Società il Teatro
cambiò il nome intitolandosi a "Giuseppe Verdi", nome
che tuttora conserva.
Ma alle prime luci dell'alba di un tragico 18 ottobre la terra tremò
lungamente e sparse per le strade dei nostri paesi pallide folle di gente
spaventata che tramanderà poi per anni la memoria di quelle ore
di tenore. Il terremoto azzerò ogni progetto di rilancio del Teatro.
Il Comune, qualche anno dopo, nel 1939, accolse l'idea di darlo in concessione
all'impresario teatrale Pietro Abriani il quale si impegnava ad effettuare
i necessari lavori di restauro a titolo di anticipo sul canone d'affitto:
"Visto che i due Teatri Comunali Rossini e Verdi siti rispettivamente
in via Regina Margherita e via Girolamo Lioni sono da vari anni inattivi
e le cessate amministrazioni non hanno mai ritenuto di aprirli allo spettacolo
sia per non esporsi all'alea che
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una simile gestione presenta sia perché dopo l'ottobre del 1936
presentarono la necessità di costosi restauri in dipendenza dei
danni prodotti dal terremoto I...! Il sig. Abriani si impegna di adibire
il Teatro "Verdi" a spettacoli teatrali e a trattenimenti danzanti
impegnandosi a dare almeno venti spettacoli all'anno con compagnie diprim'ordine(16)
Gli anni della Seconda Guerra Mondiale non hanno lasciato memoria
particolare ma non è difficile immaginare quanto abbiano pesato
allora sulle strutture per lo spettacolo collettivo i coprifuoco, i frequenti
allarmi, la guerra civile... Questa si portò via tragicamente l'Abriani
e il "Verdi" rimase in gestione alla Pro Vittorio. 1110 novembre
1941 infatti, visto che l'Abriani non rispettava gli accordi, il Podestà
Aldo Marinotti affidava la gestione del Teatro "Verdi" alla
Pro Vittorio, di cui era anche Presidente, e spendeva di tasca propria
50 mila lire per lavori di ripristino.
Nel luglio 1943 la Pro Vittorio chiede alla Prefettura di poter trasformare
il Teatro in cinematografo.
Dal settembre 1943 vi si ospitarono spettacoli organizzati dal Dopolavoro
Repubblichino, dai Comandi Militari Tedeschi e dai Comandi di Battaglione
della X MAS.
A guerra finita fu sede di conferenze e riunioni di tutti i Partiti politici
del C.L.N., dell'ANPI, dell'UDI e di varie altre Associazioni. Ospitò
Veglioni e spettacoli delle Forze Armate Polacche, Inglesi e via di seguito.
Due volte fu sede della Commissione di Leva.
Passata la bufera; partito il nuovo ordinamento statale; risolte le più
immediate necessità di approvvigionamento alimentare, venne anche
il momento di dare volto alle rinnovate ambizioni cittadine. In quest'ottica
un posto particolare era dedicato al vagheggiamento di grandi sale per
ricevi-menti, tipo Kursaal o Kursaallin, per citare espressioni dell'epoca.
Nel 1949 il Comune chiese alla vedova dell'Abriani, che ancora gestiva
il Teatro "Rossini", ed al sig. Luigi Zampieri, proprietario
del Cinema "Varietà", del cinema all'aperto "Giardino",
del Cinema-Teatro "Fassetta", un progetto per "L' utilizzazione
dei locali teatri comunali 'Verdi' e 'Rossini' previa trasformazione degli
immobili ed adattamento a 'Politeama'(17) Al comune rispondeva solo lo
Zampieri dichiarandosi disposto all'acquisto del "Verdi" e pronto
ad impegnarsi per una completa riduzione dello stabile "tale da farne
un moderno elegante cinemateatro". Egli proponeva al contempo di
sistemare il "Rossini" senza intervenire sul fabbricato ma sostituendovi
l'arredamento esistente con quello che si sarebbe ricavato dalla ristrutturazione
del "Verdi". Il 22 marzo del 1950 precisava la sua offerta finanziaria
ed argomentava sui comportamenti sociali cittadini nel tempo libero con
una serie di osservazioni di gustosa lettura, non solo, ma tuttora suscettibili
di suggerire validi elementi di riflessione agli attuali operatori socio-culturali(18)
Il 21 aprile 1951 fu siglato il contratto di vendita del Teatro alla Società
93
VISES, facente capo allo stesso Zampieri.
Il Progetto di Riforma del Teatro "Verdi" in Cinema-Teatro,
del 5 ottobre 1951, era firmato dagli ing. Pietro Fontanin di Mestre e
Ferruccio Gambini di Venezia. Al posto dei seicento posti complessivi
precedenti si prevedevano 492 posti in Platea e 384 in una nuova Galleria
che avrebbe preso il posto di Palchi e Loggione, protendendosi a mezz'aria
nella sala.
Non tutto filò liscio perché il Progetto incontrò
subito qualche difficoltà a Treviso, dove la Commissione di Vigilanza
non voleva concedere il richiesto numero di posti. Questo veniva considerato
troppo elevato rispetto alla popolazione residente ed ai posti già
esistenti in città, tenuto conto che nello stesso periodo richiedeva
la licenza di cinema industriale anche l"Impero". A Vittorio
Veneto le difficoltà nacquero dal fatto che il nuovo Piano Regolatore
prevedeva la realizzazione di una bretella stradale che partiva da piazza
5. Francesco, sfiorando proprio il Teatro, per proseguire fino a Salsa
parallela alle attuali vie Garibaldi e Manin. (Fig. 8). Si dovette far
luogo a questa strada e provvedere ad una modifica del progetto che alla
fine fu firmato dall'arch. Luigi Robusti di Trieste, il quale in città
aveva già costruito altri palazzi come il Lux e l'Union.
La nuova strada non fu mai realizzata.
Il progetto di ristrutturazione del Teatro invece fu finalmente approvato
a ferragosto del 1954.
Tra il 25 e il 30 settembre l'impresa Poldelmengo affondò il piccone
e diede rapidamente inizio ai lavori con la deprecatissima demolizione
interna.
1110 ottobre 1954 il Nobile Teatro Sociale di Ceneda non esisteva praticamente
più. "Finiva con esso un'epoca!" E frase conforme a copione,
ma molti dovranno convenire che furono proprio quegli anni a segnare per
la città l'avvio di una progressiva perdita di ruoli che doveva
farsi ancora più evidente in seguito.
Scomparvero nel gran polverone tutti i ricordi, le vecchie affiches, ogni
oggetto d'arredamento. Anche gli affreschi, staccati da un antiquario,
furono venduti a pezzi, poco per volta, (Fig. 9-10) medaglione per medaglione(19)
Si mise tuttavia buona cura a conservare al Teatro un palcoscenico con
tutta l'attrezzeria connessa e quindi fu mantenuta, se non la struttura
originaria, almeno la capacità di servire alla grande la funzione
teatrale proprio grazie allo Zampieri che, come abbiamo detto, era un
grande appassionato di Teatro.
Oggi questo palcoscenico rimane ancora il più ampio della provincia,
dopo quello del Comunale di Treviso e dopo la recente scomparsa del "Garibaldi".
Il nuovo Cinema-Teatro "Verdi" riaprì i battenti il 22
marzo 1956 con il film Un dottore in alto mare con Dirk Bogarde. Era giovedì
e la proiezione ebbe inizio soltanto dopo le ore 22. Prima infatti si
dovette fare spazio al travolgente successo di Lascia o Raddoppia? attraverso
una televisione pomposamente collocata, per l'occasione, al centro del
palcoscenico. Il nuovo Cinema-Teatro nasceva, in maniera palesamente paradigmatica,
già contagiato dal virus televisivo responsabile del suo successivo
decadimento. Ma questa sarà un'altra storia.
Il cinema stava proprio in quegli anni registrando i suoi massimi succese
sulla scena tornava ancora il Gran Teatro d'Opera: nell'aprile 1956
andò in scena il Rigoletto con Tagliabue; subito seguito da Cavalleria
rusticana e I Pagliacci; nel 1957 si rappresentava Madame Butterfly...
Si aprivano i recenti anni Sessanta.
Il Teatro Sociale di Ceneda venne dunque costruito in origine
per ospitarvi rappresentazioni in prosa, opere liriche, concerti e feste
pubbliche soprattutto nel periodo di Carnevale; nei mesi estivi, in particolare
durante la Fiera di 5. Osvaldo che si teneva il 4 agosto sulla Piazza
principale di Ceneda, e "straordinariamente in altre stagioni dell'anno
ad arbitrio della presidenza".
Ecco un elenco, ovviamente soltanto parziale, delle rappresentazioni di
cui abbiamo rintracciato memoria:
1825: Tebaldo e Isolina (libretto di G. Ricci, musica di F. Morlacchi)
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Otello, il Moro di Venezia (1. F. Berio, m. G. Rossini)(21)
1828: Semiramide (1. G. Rossi, m. G. Rossini).
1830: IBaccanali di Roma (1. G. Rossi, m. P. Generali)
Tebaldo e Isolina
1835: Belisario (1. L. Marchionni, m. G. Donizetti)
1836: La Sonnambula (1. F. Romani, m. Bellini)
1838: Belisario (1. L. Marchionni, m. G. Donizetti)
1840: Marin Faliero (1. E. Bidera, m. G. Donizetti)
1841: La Vestale (1. S. Cammarano, m. S. Mercadante)
1845: Parisina (1. F. Romani, m. G. Donizetti)
1846: Nabucco (1. T. Solera, m. G. Verdi)
Linda di Chamounix (1. G. Rossi, m. G. Donizetti)
1859: Giosuè Guardiacoste ossia il marinaio pescatore di balene.
Serata a favore dell'attore padre-promiscuo Antonio Brambilla.
Fuori abbonamento (17 febbraio).
Maria de Rohan serata a favore dell'attore brillante Luigi Beseghi.
Fuori abbonamento (24 febbraio).
Le pecorelle smarrite, commedia in quattro parti di Cicconi e lo
scherzo comico:
I peccati delle serve in carnovale presentati dalla Drammatica
Compagnia Giovanni Pisenti. (1 marzo)
1903: 11 Trovatore (1. 5. Cammarano, m. G. Verdi).
1909: La Traviata (1. F.M. Piave, m. G. Verdi) con la cantante vittoriese
Eleonora Fiorin
1910: Tosca (1. L. Illica, G. Giacosa, m. G. Puccini) con la cantante
vittoriese Raccanelli)
1923: Concerto e balletto: violinista: Johann Koncz; ballerina: Anna
Nelson (Stefanowa). Musiche di: Corelli, Paderewsky, Delibes, Sarasate,
SaintSaens, Kreisler, Paganini (18 aprile).
1925: Madame Butterfly (1. L. Illica, m. G. Puccini) Per il centenario
del
Teatro: 4 agosto.
1926: Andrea Chenier (1. L. Illica, m. U. Giordano)
1935: Casa delle ragazze. Operetta (su m. F. Schubert).
NOTE:
ACVV: Archivio Comunale Vittorio Veneto,
Municipio
ASCVV: Archivio Storico Comunale Vittorio Veneto, Biblioteca Civica.
1) G. FOLENA Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città
venete in Storia della cultura veneta. 1. Dalle origini al Trecento. Vicenza,
Neri Pozza, 1976. p. 513
2) Vennero pubblicate in città, ad esempio, le seguenti opere di
cui non abbiamo nessuna certezza che siano state anche qui rappresentate:
PierGiovanni BRUNETTO David Sconso97
lato Tragedia. Serravalle, M. Claserio, 1603; Corona ovvero Ghirlanda
di candidi gigli di verginità. Serravalle, Per Marco Claseri, 1605.
Contiene, in 3 volumi, ben 19 testi per sacre rappresentazioni; Porta
MALATESTA I Santi Innocenti. Tragedia. Serravalle, Per Marco Claseri,
1605. Anche il più grande poeta Serravallese del Seicento, Guido
CASONI, scrisse per le scene: Il gioco difortuna. Comedia... Venezia,
T. Baglioni, 1623. Francesco TROYER pubblica, nel 1934: L'Augusta Santa.
Tragedia. Vittorio Veneto, Tip. Armellin. Nell'avvertenza introduttiva
il Troyer accenna ad un'altra tragedia, in endecasillabi, sul medesimo
argomento, del settecentista serravallese Giovanni PIAZZONI. Di tale opera
il Troyer afferma di aver visto un esemplare a stampa e parla di un testo
manoscritto della medesima, scomparso nel corso dell'invasione austro-ungarica
del 1917-18.
3) R. ARRIGONI, Op. cit.
4) Istrumento d'Acquisto degli Associati per riedificazione del teatro
I. . .1 28 Xbre 1822. ASCVV, Busta "Teatro.l"
5) Ibidem Risultavano proprietari: Marco Trevisan, Famiglia Rossi di Ceneda,
Tommaso Doro, Fratelli Ton di Codognè, Giustiniana Beltrame Zuliani,
Bortolo Panigai, Grazioso Zuliani, Andrea Bastanzi, Nicolò Raccanelli,
Eredi Valencin, Pietro Pestazzi, Prospero Fontanelli, Gio.Batta Vettoretti,
Giacomo Franceschini, Giuseppe Marini, La Società, Giovanni Coletti.
6) Ibidem
7) Oltre ai citati proprietari di Palchi parteciparono allora alla Società:
Agostino Graziani, Antonio Meneghini, Gio.Batta Fontebasso, Giuseppe Pincherle,
Ettore Doglioni, Isacco Copio, Francesco Fabbris, Pietro e Matteo d'Altan,
Ascanio Giustiniani, Stefano Marson, Matteo dal Ponte, Gio.Batta Gei,
Gio.Batta Segatti, Domenico Andreetta, Giuseppe Braido. Assenti: Fontanelli
e Ton. Bortolo Panigai era rappresentato da Tiziano Tirindelli, Abramo
Valencin da Tiziano Fabbris e Marino Zuliani sostituiva la moglie Giustiniana.
E' forse interessante notare come Copio, Pincherle, Valencin fossero famiglie
ebraiche di agiata condizione, e come le persone semplicemente facoltose,
ma non di antica nobiltà, fossero, in quest'occasione, maggiormente
rappresentate che fra i Palchettisti del Teatro Zuliani.
8) L'ing. arch. Ellero, nato ad Aviano (PN), "progettò molti
palazzi, chiese, teatri" (D. BALDINI, Commemorazione del Centenario
del Teatro Verdi, prima...1925).
9) "Quest'uomo, indubbiamente e simpaticamente ambizioso, nel 1825
aveva quarantun anni ed era ormai un pezzo grosso; insieme col fratello
Giacomo commerciava in vino e grano; era il maggior commerciante di Ceneda,
e i suoi magazzini e la sua casa erano a Salsa dove poi passarono gli
Asteo; era, naturalmente, ricco anzi fra i più ricchi della città;
era presidente del consiglio comunale, ed era già stato "deputato"
cioè assessore; ma in seguito divenne "primo deputato"
e poi, nel 1846 toccò ifastigi del potere amministrativo coprendo,
primo fra tutti i cenedesi, la carica di podestà. Tanto egli ottenne
e tanto meritò, perché la sua presenza fu contrassegnata
da una operosità e da uno spirito di iniziativa davvero superiori."
Così affermava Emilio ZANETTE nel Discorso per il centenario dell'inaugurazione
del Teatro Sciale di Ceneda: 4agosto 1825- 4agosto 1925, di cui si conserva
il testo, gustoso per aneddoti ed atmosfere.
10) Così si chiamava, fino al 1886, l'attuale via Girolamo Lioni.
11) Con la stessa opera di Morlacchi si inaugurerà nel 1828 anche
il Teatro di Cittadella (R. ARRIGONI, op.cit. p.53).
La Deputazione Comunale di Ceneda in data 14ottobre 1825 approvava anche
l'elenco delle rappresentazioni proposte a partire dal 26 del mese dalla
"Comica Compagnia Bandino Ferroni, Bonsembiante, Frassoldazzi".
12) ACVV. Pos.Spec. 76. Ranieri Giuseppe di Absburgo-Lorena (Pisa 1783-Bolzano
1853), fratello dell'Imperatore Francesco I, fu Vicere' del Lombardo-Veneto
dal 1818 al 1848.
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Proprio in quell'anno 1825 Ranieri, l'Arciduca Francesco Carlo e l'Imperatore
Francesco I erano stati ospiti a Ceneda per tre giorni, con grandi accoglienze.
13) La formula dubitativa resta purtroppo d'obbligo perché non
si conserva documentazione alcuna dell'incarico affidato al Pajetta per
questi lavori anche se in proposito la tradizione locale è sempre
stata unanime e concorde. Non si può comunque escludere a priori
nemmeno l'intervento del fratello Mariano (Serravalle 1851-Verona 1923)
e del padre Paolo (Serra-valle 1809-1879) entrambi pittori, i quali, non
raramente si sovrappongono, nella memoria cittadina, al più famoso
Pietro.
14) J. ROSSI L'indicatore della città di Vittorio e notizie storiche.
Feltre, 1903 p.53 "La Presidenza - ricorda Rossi - è composta:
Cav. Pasqualis prof. Giusto - De Mori Alessandro
- Costantini ing. Carlo - Segretario, Fassetta Domenico. E' in via di
ristabilirsi con buon andamento il Corpo Musicale per Banda e Orchestra
sotto la zelante cura del prof. Cornacchia Angelo, valente Maestro e Concertista.
Viene diretto dai signori Cav. Marchetti Luigi - Spagnol Giuseppe - Gava
Raffaele.
15)11 Podestà comunicava nell 'occasione alla Regia Intendenza
di Finanza di Treviso, in data
8.5.1934: "... gli atti originali costitutivi del teatro sociale
di Ceneda ed il registro delle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione
sono andati dstrutti durante l'anno dell'invasione nemica".
La perizia di stima effettuata dell'Ufficio Tecnico Comunale, in data
22 settembre 1934, ci descrive il Teatro di allora. Il fabbricato era
costituito "da due corpi in muratura in pietrame. Uno principale
e comprendente l'atrio di ingresso dalla via Girolamo Lioni, direzione
e biglietteria, scale e corridoio d'accesso ai palchi, due ordini di palchi
e loggione, sala delle riunioni, platea, palcoscenico e sottoscena con
relatvi locali per i vari servizi, un corpo secondario a ridosso del fabbricato
principale lungo i lati ovest e Nord e comprendente il corridoio e n.
12 camerini... Il fabbricato in buone condizioni di stabilità,
come pure in buono stato di conservazione sono gli intonaci, i pavimenti
in legno della platea e palcoscenico, i terrazzi alla Veneziana degli
altri locali compresi i palchi e la sala superiore..." (ACVV Pos.
spec. 162).
16) Deliberazione del Podestà Aldo Marinotti n. 349 del 15 novembre
1939.
17) Lettera del Sindaco. 31 maggio 1949. (ACVV Pos. spec. 162)
Il piccolo palcoscenico del Fassetta ospitava da tempo spettacoli di operetta,
varietà ... per merito dell'appassionata gestione dello Zampieri.
18) "... in quanto sono molto modeste sulla piazza le possibilità
finanziarie per il settore spettacolo, sia perché la popolazione
non è molto abbiente, sia perché bisogna far calcolo, per
la gestione, solo sulle possibilità del centro urbano e quindi
in un ristrettissimo numero di abitanti, non consentendo certo l'ubicazione
a molte popolose frazioni per es. 5. Lorenzo, Carpesica ecc. di intervenire
agli spettacoli, per poi tornare a casa magari di inverno con brutto tempo
dopo mezzanotte, e dover fare un'ora di strada a piedi. 5. Giacomo stesso
che crediamo sia la maggior frazione di Vittorio non dà (e Ve lo
garantiamo per esperienza trentennale) più di qualche gruppo di
ragazzi in bicicletta alla sola domenica o in qualche eccezionale caso,
sia per distanza, sia per mancanza di mezzi di comunicazione, sia perché
già vi esiste un cinema, un circolo, una sala da ballo.
Nella stagione estiva poi gli incassi declinano molto, e non è
certo il turismo o villeggiatura che può risolvere nulla al riguardo
in quanto i pochi ville ggianti turisti che vengono a Vittorio, non equilibrano
certo l'esodo di molte famiglie vittoriesi al mare e ai monti, tutti i
cicli e motocicli in gita e tantissimi altri che si recano al vicino lago
di 5. Croce in corriera, treni e perfino a piedi"
19) Gli attuali proprietari conservano ancora due tondi dipinti sull'intonaco
originale ancora aderente ai rispettivi pezzi di parete in graticci di
legno. Essi provengono dal soffitto della sala da riunioni del primo piano.
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Gli affreschi interni raffiguravano ritratti di vari musicisti e allegorie
delle arti dello spettacolo. Del grande sipario dipinto non ci rimane
altra memoria che quella della fotografia allegata.
20) Interessante è questa statistica, raccolta dal Comune, che
registra le presenze nelle sale cinematografiche vittoriesi durante il
1953:
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Posti a sedere
|
Presenze
(Punta max.)
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Giorni di apertura
|
CINEMA-TEATRO "FASSETFA |
Permananete
|
633
|
|
360
|
CINEMA GIARDINO (alFaperto) s Il 860
Lavora alternativa monte con il (FASSETFA" |
Saltuario
|
860
|
|
|
CINEMA-TEATRO (IMPERO" |
Saltuario
|
390
|
46.973 (7.892)
|
224
|
CINEMA ESTIVO (IMPERO" (atFaprrto(
500
Lavora alternativamente con I' 'IMPERO |
Saltuario
|
500
|
|
|
CINEMA VARIETÀ |
Saltuario
|
535
|
77.622 (8.211)
|
288
|
CINEMA-TEATRO "ROSSINI" |
Saltuario
|
600
|
59.145 (7.760)
|
258
|
CINEMA-TEATRO "VERDI" |
Permananete
|
550
|
|
|
Cinema Parrocchiale COSTA |
Saltuario
|
n.c.
|
3.808 (493)
|
n.c.
|
Cinema Parrocchiale 5. GIACOMO |
Sabato & Domenica
|
n.c.
|
6.480 (983)
|
n.c.
|
Cinema Parrocchiale S. GIUSTINA |
Saltuario
|
n.c.
|
2.067 (983)
|
n.c.
|
Cinema Parrocchiale S. ANDREA |
Saltuario
|
n.c.
|
471 (208)
|
n.c.
|
Cinema Oratorio MESCHIO |
Saltuario
|
n.c.
|
6250 (1737)
|
n.c.
|
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Posti totali: 4.068
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Presenze: 384.337
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a) Chinso dal 10aprile aI 3! dicembre
per lavori di ampliamento, Chiuso ovviamente era anche il "Verdi".
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21) La Compagnia era
retta da "Gallo, e socj Impressarj" , del Teatro di S. Beneto,
la Prima
Donna si chiamava Santina Ferlotti, Primo Basso Antonio Bertozzi; Pietro
Tonazzi era il
Primo Violino e Direttore dell'orchestra composta da 15 elementi fissi
mentre "Il resto della
Orchestra sarà composta di altri scelti Proffessori forestieri,
e di alcuni Dilettanti della
città". Il prezzo del biglietto d'ingresso per i tre giorni
della Fiera era fissato ad Austriache
L. 1:50. ASCVV, Ceneda b.l87 (1825).
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