FEDERICO VELLUTI
LA CHIESA DI SAN GIORGIO A MANZANA DI FORMENIGA:
ANALISI DELLE FASI COSTRUTTIVE E DEI CICLI DECORATIVI.
La chiesa di S. Pancrazio di Formeniga ha origini molto
antiche(1) anche se le prime notizie del paese sono del XIII secolo. Fu
eretta a parrocchia dal vescovo Nicolò Trevisan (1473-1498) intorno
al 1477 e fu per un certo periodo filiale della Pieve di S. Pietro di
Feletto(2).
Non si sa in quale rapporto urbanistico e cronologico la chiesa fosse
anticamente coni! castello che sul colle di Formeniga sorgeva dalla seconda
metà del XIII al XIV secolo. Questo castello fu posseduto, per
periodi più o meno brevi, durante tali secoli, dai Castelli di
Treviso; dai Caminesi di Sopra; dai Trevigiani; dagli Scaligeri; dai Collalto;
dai Carraresi. Nel 1337, alla morte di Rizzardo VI da Camino, il vescovo
di Ceneda Francesco Ramponi concesse anche Formeniga, insieme con tutto
il territorio di Serravalle del quale continuò tuttavia a far parte
fino al 1797, in feudo alla Repubblica di Venezia.
Una volta distrutto il Castello nel 1436, il luogo doveva aver conservato
in qualche modo l'aspetto curtense medievale poichè si legge nel
libro dell'estimo del clero di Serravalle dell'anno 1542, f.2.: "Il
Vescovado de Ceneda ha de proprio el Castel de Formeniga con case de pagia,
stale, cortivo...".
La dedicazione della chiesa a S.Pancrazio martire non è delle più
diffuse nella diocesi di Ceneda e forse è in qualche modo significativo
che sia analoga a quella di Montaner, località dalla quale sono
orginari i Caminesi, dove esisteva, prima dell'attuale chiesa ottocentesca,
un Oratorio dedicato a S. Pancrazio, di incerta origine.
FEDERICO VELLUTI, diplomato allIstituto Centrale per il
Restauro di Roma, guida una delle più note équipes di restauro
del Veneto.
39
Dai documenti noti si intuiva l'antichità della vicina, vecchia chiesa
di S. Giorgio di Manzana, fin da tempi remoti congiunta a Formeniga. Ambedue
debbono forse la loro origine all'importanza strategica o cultuale di questo
crinale di collina su cui sorgono e che consente di spingere profondamente
lo sguardo verso la pianura friulana orientale, sorgente millenaria di migrazioni.
Già moris. Maschietto ne faceva risalire le origini al 1400 ma, come
vedremo, i recenti lavori di restauro architettonico e pittorico hanno confermato
una datazione ancora più antica. Fino al 1860 era circondata anche
da un cimitero (segnale di un rango particolare nella struttura organizzativa
delle comunità cristiane più antiche) proprio come quello
che ancora conserva, ad esempio, per restare nella zona, la chiesa di S.
Giorgio di Rugolo, anch'essa molto antica e in area Caminese. La dedica
ad un santo soldato come S. Giorgio fa risalire l'intitolazione, e forse
la sua cristianizzazione come luogo di culto, ad una assai probabile età
barbarica, forse longobarda.
L'antichità della chiesetta emerge comunque con tutta evidenza proprio
dai lavori di restauro avviati fin dal lontano 1982 e tuttora in attesa
dei necessari finanziamenti per il completamento dell'opera. Questa è
la prima presentazione del lavoro, eseguito sotto la direzione delle Soprintendenze
ai Beni Artistici e Storici ed Ambientali ed Architettonici per il Veneto.
Abbiamo voluto mantenere a questo testo un carattere tecnico perché
si èancora in una fase intermedia, a completamento della quale ci
auguriamo possano concorrere presto nuovi dati. Resta tutta nostra la responsabilità
delle ipotesi tecniche e la realizzazione dei disegni e grafici che illustrano
il lavoro.
Sulla base delle indagini murarie eseguite e della stonacatura generale
degli strati di malta otto-novecenteschi sovrastanti, si sono potuti individuare,
anche se in condizioni più o meno frammentarie, quattro cicli pittorici
sovrapposti l'uno all'altro, nell'arco di vari secoli.
Le strutture murarie dell'edificio sacro denunciano a loro volta una crescita
per ampliamenti abbastanza chiara, anche se la datazione di ogni trasformazione
meriterebbe una ricerca storico-iconografica approfondita.
Sicuramente individuabile è il perimetro murario di un primitivo
luogo sacro di cui sono conservate in tutta la lunghezza e nell'altezza
le due pareti laterali.(Fig. 1)
I corsi di sassi che formano il paramento sono fugati con malta di impasto
piuttosto scuro e le stilature simulano i conci di pietra quadrangolari.
Non si è reperita alcuna traccia di apertura sulle mura perimetrali
che misurano in altezza m. 1,80 dal livello del pavimento attuale e in lunghezza
m. 10,40, con uno spessore approssimativo di 83 cm.
La zona presbiteriale sembrerebbe conservare anch'essa parte delle antiche
murature fino all'imposta dell'abside circolare che si ammorsa ad esse in
modo disomogeneo, denunciando di appartenere ad una fase succes
40
siva.
Ulteriori chiarimenti del primitivo assetto deriverebbero certamente da
una indagine archeologica al di sotto dell'attuale pavimento per individuare
con sicurezza il primitivo piano di calpestio e lo sviluppo della facciata
e dell'abside.
Non si esclude la possibilità di reperire testimonianze di un precedente
luogo di culto pagano, essendosi scoperto tra le pietre di riutilizzo
un frammento di sarcofago con tabella scolpita e con l'iscrizione non
completamente decifrata "Ianuarius..."; è apparso inoltre
un mattone romano di impasto giallastro reimpiegato nelle murature dell'altare.
Ad una fase costruttiva successiva, ma sempre altomedioevale, circoscrivibile
ipoteticamente al sec. XII, appartiene il rialzamento della chiesa e la
costruzione dell'abside. (Fig. 2)
Le pareti perimetrali vennero rialzate fino a quota m. 4,23, conservando
comunque l'originario sviluppo in lunghezza e lo stesso spessore; le fugature
di malta tra sasso e sasso, pur differenziandosi leggermente nell'impasto,
ripresero la stessa tecnica di stilatura più antica, anche se in
modo più sommario e discontinuo.
La fiancata destra della chiesa è illuminata da una serie di tre
monofore rettangolari a doppia strombatura; probabilmente la quarta venne
distrutta dall'apertura di una finestra successiva.
Le monofore sono fiancheggiate da conci regolari di arenaria strigilati
e lo scarico delle stesse è formato da un concio unico a sesto
ribassato.
La fiancata sinistra della chiesa si presenta compatta, senza alcuna apertura,
secondo un schema diffuso che non prevedeva aperture nella parete di tramontana.
Il perimetro della chiesa è interrotto all 'altezza dell'antica
facciata che fu abbattuta per dare luogo ad un ampliamento forse cinque-seicentesco.
È tuttavia ancora possibile rilevare lo spessore del muro di facciata
nei monconi dell'edificio sopravvissuto.
L'abside ha perduto l'originaria calotta, probabilmente a causa di un
evento sismico da collocarsi tra la fine del cinquecento e gli inizi del
sec. XVII, come sembra essere testimoniato dalla ubicazione della vecchia
pala, che con la sommità della cornice occupava lo spazio del catino
crollato.
Sopravvive invece l'antico muro semi circolare con la monofora centrale
a tutto sesto e i resti della primitiva stilatura che profila i conci
di arenaria.
Nella zona presbiteriale, la rimozione dell'altare ottocentesco ha consentito
di scoprire l'antica mensa di pietra recante la rastrematura dove si impostava
il pilastro di sostegno.
Si sono ritrovati inoltre i conci di arenaria strigilata che componevano
il sostegno, nonché i resti di un vecchio battuto, forse quattrocentesco,
che indicano l'esatta imposta dell'antico altare discosta dal muro.
All'esterno della chiesa, nella zona dove la torre campanaria venne
41
successivamente ad addossarsi alla chiesa più antica, sfruttandone
un brano di parete, si scorge il vecchio paramento di sassi a malta stilata
perfettamente conservato.
Il primo ciclo pittorico che decorò la chiesa, sembra essere il
più estesamente conservato, anche se la completa lettura delle
raffigurazioni è momentaneamente impedita dalle pitture sovrastanti.
(Fig. 3)
L'abside reca su di uno strato di intonaco bianco di calce, tre figure
incedenti, una nel lato di destra, isolata ed identificabile come santo
aureo-lato, e due nel lato di sinistra a distanza ravvicinata, uno dei
quali in abiti di tipo cortese, con guarnizioni di pelliccia di vaio.
(Fig. 4)
I dati iconografici delle raffigurazioni più antiche sembrano potersi
riconnettere all'ambito culturale profano del tardo duecento trevisano
degli affreschi del Palazzo dei Trecento e della casa Coghetto in via
Pescheria.
Sempre appartenente allo stesso ciclo è una raffigurazione di San
Giorgio, sulla parete sinistra della chiesa (Fig. 5), e due figure collocate
sui due pilastri dell'arcone trionfale, una delle quali identificabile
con l'Arcangelo Michele intento a trafiggere il demonio con una lancia,
mentre nell'altra mano tiene la bilancia. (Fig. 4)
La rimanente superficie della chiesa conserva soltanto sparsi brani di
intonaco bianco intervallati da rosse croci di consacrazione.
Un successivo rinnovamento decorativo dell'edificio sembra potersi ascrivere,
in via ipotetica, al primo trecento, per la notevole analogia che esso
mostra con la tradizione miniatoria veneta degli ultimi anni del secolo
precedente. (Fig. 6)
L'ideazione di questo ciclo si presenta più complessa del precedente
e più rispondente ad un contenuto iconografico canonico.
Nell'abside si scorge, seppur gravemente frammentaria, una teoria di santi
entro riquadri, che costituiscono la fascia basamentale del catino absidale
nel quale doveva troneggiare il Cristo in gloria con i simboli degli Evangelisti.
(Fig. 7).
Nell'arcone trionfale, profilato da girali fitomorfe, si scorgono esigui
brani dell'Annunciazione, ancora ricoperti dallo strato sovrastante.
La parete sinistra della navata doveva presentare una successione di riquadri
con figure di santi, dei quali perfettamente leggibile è l'immagine
di un santo vescovo, mentre un'altra è ancora ricoperta da posteriori
pitture. (Fig. 8)
La parete destra della navata, benché a sparsi lacerti, rivela
i resti di una Crocefissione e altri riquadri con figure di santi.
Al periodo tardo-gotico, forse verso la metà del sec. XV appartengono
gli estesi frammenti del ciclo pittorico, per ora più visibile,
e che ripetono nell'abside lo schema delle raffigurazioni precedenti,
la teoria di Apostoli entro archeggiature, il Cristo in gloria entro la
mandorla nell' arcone trionfale, l'Annunciazione con l'angelo annunciante
in veste di giovine dama nel
42
verziere, e la Vergine descritta nell'amabile cornice di un'elegante alcova,
il tutto rappresentato con un tono squisitamente cortese. (Fig. 9)
La parete di sinistra reca un riquadro con la cavalleresca scena di San
Giorgio e il drago affiancato da uno scomparto racchiudente i Santi Pietro
e
Giovanni Battista, acefali per un'estesa caduta dell'intonaco. Il dipinto
è
attribuibile a quel Giovanni Antonio Da Meschio che dipingeva nella Chiesa
di 5. Pietro a Ceneda (1450) e dentro e fuori l'Oratorio dei SS. Lorenzo
e
Marco a Serravalle, sempre alla metà del Quattrocento. (Figg. 10-11)
Nelle rimanenti superfici non sussistono ulteriori tracce pittoriche del
periodo quattrocentesco.
L'unico brano di affresco appartenente forse al sec. XVI è collocato
nella frammentaria imposta del catino absidale a testimoniarci l'esistenza
del vecchio assetto fino a tale epoca; il lacerto raffigura il busto di
un santo martire.
L' addossamento della sagrestia, per le caratteristiche della volta a
botte e del coronamento esterno di cotto a dentelli, sembrerebbe potersi
attendibilmente ascrivere al sec. XV come il contorno affrescato a finti
marmi della porta che immette nella navata.
Il notevole ampliamento della chiesa di San Giorgio, che ha comportato
la demolizione della vecchia facciata e un disarmonico prolungamento dell'edificio,
sembra datarsi al sec. XVI; esso conserva una intonacatura stesa a cazzuola
rovescia con grassello di calce.
In corrispondenza della facciata una sovrapposizione di scialbo di calce
reca due decorazioni a tempera, simulanti dei vasi baccellati di gusto
ancora seicentesco.
L'esterno della chiesa ampliata mostra ancora negli spigoli una profilatura
a finte pietre d'intonaco graffito sovrapposte ad una malta più
antica.
Gli elementi fino ad ora analizzati in termini piuttosto sommari, sono
soltanto un tentativo di indagine che può trovare più serie
ed attendibili conferme da una più attenta ricerca storica ed archeologica.
Fig.1 - Resti in muratura
di età altomedievale e ipotesi ricostruittiva
Fig.2 - Resti e ipotesi di ricostruzione della fase
anteriore al sec. XIII
Fig.3 - Resti e ipotesi di ricostruzione della fase
Duecentesca
Fig.4 - Gli affreschi dell'abside di fine Duecento
Fig.5 - Affresco della fine del Duecento con l'immagine
di S.Giorgio
Fig.6 - Resti e ipotesi di ricostruzione della fase
trecentesca
Fig.7 - Il ciclo pittorico degli inizi del Trecento.
Fig.8 - Un santo Vescovo, resto della parete sinistra
della navata, di epoca trecentesca.
Fig.9 - Il ciclo pittorico della metà del
sec. XV.
Fig.10 - I SS. Pietro e Giovanni Battista e S.Giorgio
e il drago, affrescati probabilmente da Giovanni Antoni da Meschio (metà
sec. XV). Disgeno per una migliore lettura.
Fig.11 - Gli affreschi attibuiti a Giovanni Antoni
da Meschio (sec.XV)
NOTE
1) L'Olivieri, Toponomastica veneta, p. 18,
cita per Forminica documenti del sec. XII.
2) A. MASCHIETTO, Toponomastica vittoriese, Vittorio V., TIPSE, 1913,
p. 60.
B. SARTORI, La diocesi di Vittorio Veneto. Parrocchie, chiese, santuari,
tra il Piave e il
Livenza, 1986, Dattiloscritto, p. 244. Ricorda che Formenica e Manzana
nel 1279 sono tra le
villae incluse nel secondo Centenario di Conegliano.
3) Restiamo ancora sul probabile data la non autenticità del placito
di Liutprando del 739 che
nomina Formeniga.
I dise gni e le ipotesi ricostruttive che illustrano l'articolo sono di
F. Velluti.
|