Rassegna Bibliografica
DUE BIOGRAFIE DI DA PONTE:
Sono uscite in Italia, a pochi mesi di distanza l'una dall'altra,
due importanti biografie di Da Ponte. Due lavori pubblicati incredibilmente
prima all'estero che da noi: incredibilmente - dico - perchè trattano
di un personaggio italiano. Le ragioni ditale fatto sono molto diverse.
Per la biografia di Sheila Hodges si tratta di cosa abbastanza normale:
inglese, giornalista, curiosa di Da Ponte, accurata ricercatrice di documenti
relativi principalmente al soggiorno londinese del poeta di Ceneda, la
Hodges ha girato per qualche anno il mondo - Italia/Veneto, Vienna, Stati
Uniti - sulle tracce di Da Ponte ed ha raccolto con cura notizie e documenti,
visitato luoghi, respirato atmosfere. E ha pubblicato il tutto, com'è
ovvio, nella sua lingua, presso la Grafton Books di Londra e l'Universe
Books di New York (1985).
Fattasi così conoscere tra gli studiosi di Da Ponte, la Hodges
ha partecipato con sue relazioni ai convegni dapontiani di New York e
di Vittorio Veneto. E qui a Vittorio Veneto è nata l'idea di tradurre
il suo libro e di presentarlo al pubblico dei lettori italiani nell'ambito
delle iniziative editoriali promosse in occasione del 150° anniversario
della morte dell'abate cenedese.
La vicenda dell'opera di Lanapoppi è profondamente diversa. Steso
in italiano, il poderoso lavoro ha dovuto scontrarsi per qualche anno
con lo scetticismo, l'insensibilità e, diciamolo pure, la miopia
culturale che sembrano contraddistinguere tanta parte del mondo editoriale
italiano: al punto che gli è stato relativamente più facile
incontrare un traduttore (Denis Authier) e un editore (Liana Levi) francesi,
e far uscire la prima edizione dell'opera, in francese, a Parigi nel 1991.
Probabilmente anche questo fatto è servito a convincere l'editore
veneto Marsiho a dare spazio nella sua collana dei Saggi alla biografia
di Da Ponte, che ivi è uscita nella sua prima edizione italiana
nell'ottobre 1992.
SHEILA HODGES, Lorenzo Da Ponte, la vita e i tempi del librettista
di Mozart, Vittorio Veneto, H. Kellermann, 1992, pp. 292.
Quella della Hodges è una biografia-racconto che
evita rischiose escursioni nel territorio della critica e si propone essenzialmente
di presentare l'uomo Da Ponte e la sua storia. Un uomo complesso, Da Ponte,
e difficile da conoscere e da descrivere; un personaggio nel tempo variamente
travisato, anche perchè "colpevole" di avere scritto
le Memorie in cui egli racconta di sé quel che vuol raccontare.
Cosa che tutti i memorialisti fanno, beninteso, ma che su Da Ponte in
particolare ha attivato l'attenzione accanita e
- perchè no? - malevola di molti, che si son variamente dati da
fare per dimostrare l'infondatezza di certi episodi e di certi dati, non
perdonando a lapsus alcuno di memoria, e pervenendo inesorabilmente alla
conclusione dell'inaffidabilità delleMemorie. Da Ponte? Un bugiardo
pieno di sé, uno sprovveduto afflitto da manie di persecuzione.
A Venezia un donnaiolo, a Vienna poco più che un intrigante, a
Londra e in America spesso affarista mancato, sempre alle prese con i
debiti e i fallimenti. E via così condannando.
Sheila Hodges, se Dio vuole,non ha di questi complessi. Tra l'altro, ègiornalista,
e sa come scrivere sobrio, piano, chiaro, per interessare chi legge; ed
è inglese, quindi non incline alle accensioni e ai furori, e refrattaria
ai pregiudizi.
Interessata a Da Ponte, magari anche da lui affascinata, non è
però che provi per lui alcuna pregiudiziale simpatia. Ne segue
le vicende con britannico distacco, le racconta in forma lineare e garbata,
avvalendosi spesso di testimonianze, a cominciare da quella dello stesso
Da Ponte, che nel testo talora interviene con passi tra i più efficaci
delle Memorie. Un racconto abbastanza scarno ed essenziale, che rifugge
da dettagli superflui atti solo ad appesantirlo e ad annoiare il lettore
non particolarmente interessato, ma molto puntuale e sostanzialmente completo,
specialmente persuasivo nelle parti relative al Da Ponte londinese e americano.
Qualche inesattezza si coglie nel racconto del periodo veneto, in particolare
quello cenedese, che contiene un accenno troppo arrischiato, e troppo
fuori misura per essere accettabile, al fatto che Faustina - la sorella
per cui Da Ponte nutrì grande affetto e che ricorda con commozione
nell 'episodio del suo ritorno a Ceneda nel 1798 - potrebbe essere sua
figlia, nata da un rapporto da lui avuto con Orsola Pasqua - la matrigna
- nel corso della visita fattagli a Venezia da quest'ultima, col fratello
Luigi, agli inizi del 1779. Ipotesi strampalata, del tutto priva di prove,
da respingere senza esitazione). Inesatto, poi, il riferimento ai Saggi
Poetici, di cui comunque l'autrice non coglie il senso e l'importanza
di autentico "evento" nel corso del soggiorno viennese di Da
Ponte. Ma si tratta, tutto sommato, di piccoli rilievi, che non modificano
un giudizio d'insieme largamente positivo.
Il ritratto di Da Ponte che emerge dalla biografia della Hodges è
tra i più completi e obbiettivi che siano stati disegnati, per
cui si può ben dire col prof. H.C. Robbins Landon, estensore della
prefazione dell'edizione inglese, che l'opera "costituisce un essenziale
contributo alla conoscenza della figura di Da Ponte e della sua straordinaria
vita".
L'edizione italiana, curata da Vittorino Pianca, è presentata,
con un intervento particolarmente lucido e acuto, da Paolo Spedicato.
La traduzione è di Luigi Bolzan, rivista da Carmelo Sorge: un lavoro
molto curato e puntuale.
Un' iniziativa editoriale, nel complesso, largamente riuscita.
ALERAMO LANAPOPPI, Lorenzo Da Ponte. Realtà e
leggenda nella vita del librettista di Mozart, Venezia, Marsilio, 1992,
pp. 465.
Quello di Lanapoppi è certamente il contributo più completo,
che fin qui ci sia stato dato di vedere, alla conoscenza della storia
di Da Ponte. Sulla base di una documentazione molto ampia ed accurata,
spesso medita, raccolta con pazienza e tenacia eccezionali nel corso di
anni di ricerche, Lanapoppi ci propone, più che un racconto, un
lungo studio del percorso esistenziale dell'abate cenedese, che fa in
più luoghi giustizia di certi stereotipi superficiali dellapubblicistica
improvvisata che, su Da Ponte, ha in questi ultimi anni particolarmente
imperversato (si vedano, ad esempio: la storia dei tre anni "libertini"
a Venezia tra il 1776 e il 1779, del processo, e delle vere ragioni di
esso; la storia dei "grandi" anni viennesi, non riducibili al
pur fortunato incontro con Mozart; la chiara definizione del ruolo avuto
da Da Ponte negli Stati Uniti, di rivelatore colà della cultura
italiana e di autentico inventore degli studi di italianistica nel Nuovo
Mondo).
Un lavoro poderoso, quello dello studioso veneziano (dopo aver insegnato
in varie università americane, Lanapoppi è tornato da un
decennio a Venezia, dove opera anche come giornalista) che sarà,
riteniamo, per molti anni termine di riferimento degli studi su Da Ponte.
È questa la ragione, unita allo specifico interesse per la materia,
che ci induce ad alcuni rilievi.
Il primo discende dalla particolare "genesi" editoriale dell'opera
(prima la "versione", poi l"originale"), che ci ha
invogliato ad un esperimento che raramente (per non dire mai) è
dato di fare:
quello della lettura della versione con l'originale a fronte (che è,
ci si scusi la precisazione, ben altra cosa che leggere l'originale con
versione a fronte).
Una prima facile constatazione:
il testo dell'originale tradotto da Authier era abbastanza diverso dal
testo della prima edizione italiana. Quest'ultima è molto più
ricca di particolari e di dettagli (abbiamo contato non meno di sessantacinque
interventi, talora dell'ampiezza di più pagine, aventi lo scopo
di aggiungere osservazioni, sfumature, brani di testi dapontiani, che
non sempre, anzi, a voler essere sinceri, raramente appaiono necessari).
È difficile distinguere i brani "tagliati" in sede di
traduzione in francese, poi "rimessi al loro posto" nell'edizione
italiana, da quelli aggiunti toutcourt al testo italiano. Altra constatazione.
Lanapoppi ha messo a buon frutto il tempo intercorrente tra 1 'edizione
francese e quella italiana, e così ha provveduto ad eliminare in
quest'ultima alcune fastidiose inesattezze della precedente (evidentemente
nel frattempo ha letto con più attenzione i Saggi poetici) e a
rielaborare convenientemente alcuni capitoli di quella non del tutto convincenti
(vedi ad esempio la messa a fuoco più puntuale dell'episodio dell'Accademia
Poetica del 1776, che "contiene" molto più Da Ponte di
quanto in genere non si creda e non si dica). La prima edizione italiana
della biografia può, insomma, essere considerata come una seconda
edizione riveduta e corretta della prima francese. E la revisione è
fatta soprattutto di aggiunte, che sono in genere accettabili, ma spesso,
purtroppo, appesantiscono il testo e ne riducono l'efficacia.
Un'osservazione, a questo punto. Tra la "prima" e la "seconda"
edizione, dicevamo, Lanapoppi ha avuto modo di leggere attentamente i
Saggi Poetici. Ciò però non lo ha indotto ad attribuire
all'iniziativa editoriale di Da Ponte (1788: la prima della sua vita)
quell'importanza che riteniamo comunque indiscutibile - come più
su diciamo a proposito di analoga carenza nella biografia della Hodges
- non solo come "evento" della sua vita, ma anche come testo
- ci si scusil'autocitazione - in "connessione con le corrispondenti
pagine delle "Memorie", che da molti elementi si può
pensare che egli (Da Ponte) abbia scritto avendo davanti i volumi dei
"Saggi", a fargli da pro-memoria.., dei tempi di Vienna"
(A.T., Introduzione ai Saggi Poetici, Treviso, rist. an. 1988, p. XXIII).
Trascurando altri rilievi di dettaglio, cui per altro ci costringe, talora,
un lavoro che di dettagli è sovrabbondante, un ultimo appunto ci
sentiamo di fare: riguarda la qualità della parte "veneta"
della biografia, che è in genere inferiore alle altre, e ciò
con particolare riferimento al rilievo assai scarso dato al viaggio di
Da Ponte in Veneto nel 1798, da tutti i biografi analizzato e giudicato
come uno dei più significativi episodi del periodo europeo della
vita del cenedese.
Rilievi e appunti, questi, che comunque non mettono in dubbio l'eccezionale
rilevanza del lavoro di Lanapoppi, che può senz'altro essere considerato
uno dei più importanti dell'intera bibliografia su Da Ponte.
Una parola sulla veste tipografica: semplicemente splendida; come l'apparato
iconografico: il più completo che si sia visto in una pubblicazione
dapontiana.
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