Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°6 - 1993 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Rassegna Bibliografica

GINA PICCIN DUGO, Filanda, addio, Vittorio Veneto, Editore H. Kellermann, 1991, pp. 145

Gma Piccin Dugo è conosciuta nel Veneto, sua terra d'origine e in Italia come poetessa dalle grandi risorse stilistiche, la sua una poesia della memoria, una poesia sociale che colpisce e piace per sintesi e semplicità. Decine di premi letterari vinti, numerose raccolte poetiche pubblicate, hanno fatto di questa scrittrice un simbolo di rara modestia e bravura.
Insegnante in pensione, con il libro Filanda, addio, sua prima esperienza narrativa, ricostruisce alcuni episodi drammatici, determinanti e inediti della sua adolescenza, con stile personale e godibile. Racconta i momenti difficili della vita provinciale veneta, terra d'emigranti, di privazioni, di lavoro in filanda. Già per l'inedito Filanda, addio nel 1989, aveva vinto la medaglia d'argento all'importante premio letterario di Pieve S. Stefano; quest'anno è stato finalista al Premio "C. Pavan" di S. Donà di Piave, classificandosi poi al secondo posto. Filanda, addio è un breve romanzo di vita vissuta, rigorosamente autobiografico, ambientato nel Veneto poverissimo dell' anteguerra nella zona della Vai Lapisina a Nord di Vittorio Veneto, nell'entroterra contadino.
L'ambiente di vita è ricordato con grande efficacia, una terra spesso abbandonata a se stessa, lavoro poco remunerato, continue ingiustizie e un pane troppo spesso amaro. C'è nella Piccin una sfida continua per le avversità della vita, a superare il dolore e l'angoscia. E nel suo mondo di adolescente così disumano, il coraggio per non dimenticare e non dimenticarsi, per non lasciarsi andare, per credere in un avvenire migliore, consapevole che la cultura e lo studio le daranno la forza per vincere i silenzi della malinconia. Malgrado la vita difficile, l'autrice è una bambina serena, anche se nasce con i capelli rossi e a quel tempo c'era la convinzione che i "rossi" fossero brutti e cattivi. La bambina cresce dolce e buona, poi conosce il primo dolore della vita. La morte del fratellino Bruno di tre anni, che gli era stato affidato e per disattenzione finisce in un canale. Questa tragedia, "quel grembiulino celeste scorto nell'acqua" resterà per sempre nel cuore della piccola Gina. Poi la scuola, l'amore per lo studio e il dolore per dover lasciare la scuola, l'amarezza della famiglia per un padre disoccupato, le prospettive della fame e l'insicurezza che dolorosa s'insinua nella sua piccola esistenza. A undici anni, Gina entra in filanda, uno stabilimento nel quale viene eseguita la trattura della seta avvolgendola dal bozzolo sugli appositi aspi. La vita in filanda è pesante, per una bambina è drammatica. Un'umidità incredibile al caldo insopportabile o al freddo pungente, all'acre odore delle brune crisalidi che i bozzoli già utilizzati, liberano.
Un lavoro duro, senza soddisfazioni, senza avvenire. Con accanto le filatrici povere donne stanche, deluse, abituate fin da piccole a subire la violenza della fatica fisica. Molti sono gli episodi e i personaggi raccontati nel libro: dal terremoto del 36 ai momenti lieti del Natale e del Carnevale, dal racconto delle sue amiche all'emigrazione del padre in Germania e al miglioramento delle condizioni di vita della famiglia. Poi la svolta e il desiderio a venti anni di riprendere lo studio. L'incontro determinante con un professore di una scuola privata, colpito da distrofia muscolare che con amore e benevolenza la prepara a superare gli esami da privatista.
Filanda, addio la storia vera e incredibile della forza della volontà, dell'amore per lo studio e la cultura, una storia antica che intenerisce e fa riflettere.

Gino Giannini

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