PIER FRANCESCO CoMIs
LE ACQUE MINERALIZZATE VITTORIESI
Nel 1984 l'Amministrazione Comunale di Vittorio Veneto ha
dato incarico allo studio GEOLAND di Padova di eseguire una ricerca sulla
resistività, sul chimismo e sulla portata delle sorgenti mineralizzate.
Lo studio fu realizzato nelle giornate del 20/21/22 Febbraio 1985.
I metodi di ricerca mineraria, fondati sull'utilizzazione di fenomeni
elettrici, sono i più numerosi fra i vari sistemi di prospezione.
I metodi elettrici si fondano essenzialmente sul fatto che i complessi
geologici possiedono conducibilità elettriche notevolmente differenti
tra di loro, per cui, immettendo una corrente elettrica nel suolo, questa
si ripartisce in modo diverso tra le varie rocce costituenti il complesso
geologico attraversato, sia in superficie che in profondità, dando
luogo a fenomeni elettrici ed elettromagnetici abbastanza facilmente rilevabili
in superficie.
Di norma il lavoro si compie mediante sezione trasversali parallele od
incrociate in modo da interessare una vasta superficie di terreno da esplorare.
Risulta in tal modo un'ampia serie di dati matematici che, opportunamente
trattati con un elaboratore programmato allo scopo, evidenzieranno profonde
sezioni stratigrafiche che nel loro insieme potranno offrire la lettura
di una porzione stratigrafica del sottosuolo della zona studiata.
Tale metodo di lavoro può aiutare a dare una parola definitiva
sulla problematica delle acque mineralizzate.
Certo le difficoltà non sono poche, dato il grande numero di cause
che concorrono a formare un acquifero mineralizzato, per cui è
necessario seguire tale fenomeno con uno studio diligente e particolareggiato
per poterlo identificare nelle sue reali dimensioni, risparmiando così
non indifferenti spese di ricerca, magari in zone del tutto sterili.
PIER FRANCESCO COMIS, di anni 61, geologo, vive e lavora
a Vittorio Veneto. Particolarmente interessato ai problemi geofisici di
questi luoghi, ha seguito la materia delle acque mineralizzate e ne ha
promosso gli studi più recenti nella sua veste di assessore comunale.
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Indagine di dettaglio
Dalla carta tettonico-stratigrafica del monte Altare (fig.
1) si possono ricavare le formazioni litologiche in dettaglio; e precisamente
dal Miocene medio (Langhiano) fino al Miocene superiore (Pontico inferiore)
compaiono le seguenti formazioni: arenarie grossolane-argille grige poco
stratificate - arenarie e sabbie con lenti congiomeratiche
- conglomerati con lenti arenaceo sabbiose - argille e marne giallastre
- marne argillose compatte grigio azzurre - conglomerati ad elementi calcarei
con intercalazioni di argille grige.
Tali formazioni sono facilmente evidenziabili con un profilo strati-grafico
che permette inoltre di osservare l'andamento tettonico degli strati.
La morfologia del monte Altare è oggi paragonabile ad un "pan
di zucchero" ove tutto il materiale lapideo, che trova il suo vertice
sulla cima del monte, realizza dei pendii degradanti secondo le quattro
direzioni cardinali; meglio ancora è confrontabile con un "pandoro"
molto costato, come sono costati i fianchi della collina che presenta
profonde incisioni in valli e vallette generate dalla diversa natura litologica
dei sedimenti.
La carta idrogeologica evidenzia le diverse caratteristiche idriche dei
sedimenti suddividendo gli stessi in tre categorie: a) formazione impermeabili
(argille e marne); b) formazioni permeabili (conglomerati arenarie); c)
zone di alternanza per la presenza di conglomerati, arenarie, marne e
argille.
In questa nostra collina c'è nel sottosuolo una circolazione idrica.
Da cosa dipende? Da dove viene quest'acqua?
L'acqua, e le ultime valutazioni lo confermano, lega la sua origine, come
fatto indiscusso, alle precipitazioni meteoriche; cioè è
acqua piovana. Già nel 1600 si era intuito che così fosse:
si pensi alla leggenda dei pastorelli Tirso e Licia(1), le lacrime (pioggia)
bagnando il cadavere incenerito (depositi salmi) creano l'acqua mineralizzata.
Il monte Altare di fatto è costituito da un accumulo di sedimenti
fortemente raddrizzati e che si immergono verso Sud, la cui composizione
litologica si estende dalle marne alle argille, alle arenarie fino ai
conglomerati, che si succedono in intervalli anche non regolari e diventano
così sedi di sorgenti affioranti lungo i versanti.
La ricerca geoelettrica ha portato a conoscere e a studiare, in maniera
valida, ben quattordici sorgenti.
Tre di queste sono ubicate sul versante Nord della collina e vengono indicate
(fig. 2) coi n. 1, 2, 3.
A quota superiore e più precisamente in prossimità della
isoipsa 240 è presente la sorgente n. 4. Lan. 5 e lan. 6 assieme,
e lan. 7 (le più conosciute) sono poste sul fianco Est della collina;
la n. 8 e la n. 9 si
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trovano sul lato di Sud-Ovest a quota dell'isoipsa 325.
Un gruppo di cinque sorgenti la 10, la 11, la 12, la 13, e la 14 interessa
la località Posocon.
Non va dimenticata la sorgente n. 15, detta del S. Gottardo, che non è
stata esaminata nei dettagli dallo Studio GEOLAND di Padova in quanto
nel momento dell'indagine tale sorgente non era ispezionabile.
E facile constatare che le fonti avvolgono il monte Altare occupando prevalentemente
l'isoipsa di quota 165, quindi lungo la quota più bassa del rilievo,
mentre nelle parti centrali non ci sono sorgenti, fatta eccezione della
n. 4, della n. 8, e della n. 9, che possono essere condizionate, per la
struttura tettonica del monte, da alcuni depositi mineralizzati presenti
a quote superiori.
L'indagine chimico-fisica ha evidenziato delle interessanti correlazioni
tra le 14 sorgenti, tanto che le stesse possono essere raggruppate in
tre settori: il settore Nord, il settore Nord orientale ed il settore
Sud occidentale.
In una apposita tabella si sono raccolti tutti i dati tecnici reperiti
dalle analisi, quali la durezza misurata in gradi francesi, i solfati,
i cloruri, i bromuri e gli ioduri in p.p.m., la conducibilità e
la resistività elettrica, la portata in litri per minuto e la portata
media dei tre settori.
Analizzando tutti questi dati si possono fare alcune considerazioni:
a) - le sorgenti di maggiore interesse sono ubicate nelle formazioni congiomeratiche
che hanno intercalato formazioni marnose. Le formazioni conglomeratiche
non contengono mineralizzazioni, per cui l'acqua, nel rispetto del principio
pliniano~2), non può variare la sua composizione. I conglomerati
non cedono sali né minerali. Però i conglomerati, in quanto
tali e perché anche fratturati, sono sede di intensa circolazione
idrica, per cui se si vuoi cercare acqua la si deve cercare dove questa
può circolare. Nelle argille l'acqua fa fatica a muoversi, anzi
l'argilla assorbe tutta l'acqua possibile e non la restituisce se non
con grande difficoltà, mentre il conglomerato, che è una
roccia rigida, se è fratturato, offre un comodo transito a tutti
i filetti fluidi. Questi, attraversando depositi mineralizzati, sciolgono
le sostanze solubili e diventano portatori di mineralizzazione.
b) - il monte Altare non è un unico bacino di uguale mineralizzazione.
Dalla lettura della composizione chimica dell'acqua delle diverse fonti,
si osserva che questa non è sempre la stessa. La presenza di diverse
composizioni chimiche ci permette di verificare una grande variabilità
del bacino, tanto che si riscontrano notevoli differenze anche tra sorgenti
vicine.
Si considerino ad esempio due fonti estremamente vicine, la n. 5 e la
n. 6. Esse, pur tuttavia, presentano un chimismo così differenziato
da dover ammettere due bacini di composizione differenziata e ubicati
in maniera nettamente separata ed indipendente. Questo è possibile
proprio per la particolare permeabilità dei conglomerati; per cui
un'acqua che scorre, in una certa zone trova una lente di certi mine
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rali, mentre, magari a pochi metri di distanza, incontra lenti mineralizzate
di altra natura e sgorga con una diversa composizione chimica anche solo
a qualche metro di distanza.
c) - La quota media delle fonti è a 175 sul livello del mare. Ciò
significa che l'acqua del bacino ha un prevalente movimento verso il basso,
di discesa. Non si riscontra il movimento suborizzontale tipico delle
falde di pianura ove i depositi sono impregnati d'acqua.
Tale considerazione ci spiega perché nella parte sommitale della
collina ci sia sempre poca acqua, in quanto questa scende per caduta verso
il basso e, una volta giunta alla quota media di mt. 175, incontra i depositi
impermeabilizzati che servono a trattenere l'acqua ed originare le sorgenti.
Solo in tal senso si può parlare del "bacino" del monte
Altare e l'ipotesi, che pure è stata avanzata, che sotto la formazione
montuosa ci sia un lago è del tutto infondata; il fenomeno potrebbe
essere paragonato all'azione di una spugna che, una volta assorbita e
trattenuta l'acqua, la può lentamente cedere ai livelli inferiori.
Tale serbatoio di ritenuta può così fornire acqua, anche
con portate minime, per tutto l'anno.
Dalla lettura della portata delle sorgenti, si osserva che quelle impostate
nelle rocce marnose hanno una minore portata, pari a circa 0,5 lt al secondo,
e quindi, rispetto ad altri valori, una quantità estremamente bassa.
d) - un'altra considerazione è che, a seconda della piovosità,
le fonti risentono, in un tempo relativamente breve, delle precipitazioni
ed in alcuni casi si intorpidiscono (segno di superficialità).
Se piove l'acqua è abbondante, se non piove l'acqua è scarsa;
però non va dimenticato che nell'arco dell'anno l'acqua è
sempre presente, il che convalida la tesi della ritenuta con il materiale
liquido ceduto un po' alla volta.
Una formula matematica permette di dare un valore numerico al fenomeno
e quindi una valutazione scientifica.
La valutazione della quantità d'acqua di un bacino idrogeologico
è data da:
P = ETR + Q + 1
Essa rappresenta un equilibrio tra le precipitazioni (P)
e una serie di grandezze come:
ETR = evaporazione - traspirazione reale
Q = deflusso superficiale
I = in filtrazione efficace
ETR si calcola conoscendo la temperatura media annua. Il
Magistrato alle acqua segnala nelle sue tabelle il valore medio di 110
C. Con la formula Turc l'ETR è uguale a 588 mm. E' noto che quando
l'acqua cade sul terreno, non tutta viene assorbita, infatti, a seconda
dell'andamento stagionale, ed in funzione della temperatura, molta
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di quest'acqua può evaporare e traspirare, per quei fenomeni fisici
che non si devono ignorare. I 1420 mm. di pioggia in un anno, parte diventano
ETR, parte costituiscono il deflusso superficiale, e una ultima parte,
quella che più interessa, costituiscono l'infiltrazione efficace.
E l'acqua che penetra nelle strutture litoidi; è quella che ha
la possibilità di mineralizzarsi.
Tutto ciò dimostra che la mineralizzazione è legata alle
precipitazioni.
Dalla misurazione effettuata nelle tre giornate di febbraio è risultato
che la portata totale delle sorgenti del versante meridionale del monte
Altare e cioè le sorgenti n. 5, 6, 7, 10, 11, 12, 13, 14, è
di 140 litri al minuto, che equivale ad un deflusso annuo di mc 73.584.
Dividendo quest'ultimo valore per la superficie del bacino di alimentazione,
che è di Kmq 0,506, si ottiene l'infiltrazione efficace, che risulta
di 144 mm. In questo calcolo si suppone che il deflusso sotterraneo delle
acque verso altri bacini sia trascurabile.
Riportando i parametri nell'equazione di bilancio si ottiene un deflusso
superficiale pari a 668 mm.
Questi risultati hanno un carattere esclusivamente qualitativo essendo
viziati da alcune imprecisioni nei dati di partenza:
- il deflusso alle sorgenti si riferisce ad un periodo di magra e quindi
l'infiltrazione efficace è probabilmente maggiore;
- nel valutare la superficie del bacino di alimentazione è stata
considerata la superficie di affioramento dei conglomerati nella loro
globalità, mentre tale superficie è certamente minore per
la presenza di numerose intercalazioni marnose-argillose impermeabili.
L'infiltrazione efficace è in effetti bassa e quindi andrà
verificata con ulteriori osservazioni se il valore ottenuto è più
o meno vicino a quello reale. Nel caso fosse confermata una infiltrazione
efficace intorno a 150 mm., essa sarebbe l'espresione della scarsa potenzialità
idrica sotterranea di questo bacino idrogeologico nel quale, probabilmente,
la intercalazione di terreni marnoso-argillosi impermeabili gioca un ruolo
determinante nella circolazione delle acque. Se la pioggia cade sugli
strati calcarei, l'acqua passa, penetra in profondità e si mineralizza,
se piove sugli strati impermeabili marnosi, questa viene trattenuta e
viene notevolmente falsato il valore della infiltrazione efficace. Di
qui la necessità di operare con nuove ricerche almeno nell'arco
di un anno.
Dal 1962 le sorgenti Coletti presentano una diminuzione di mineralizzazione.
Si rende necessario verificare se il regresso è dovuto allo stato
di abbandono delle fonti con il conseguente rimescolamento tra acque sotterranee
e superficiali, o per impoverimento della roccia mineralizzata.
Sulla base di queste considerazioni si è ricorsi alla indagine
geoelettrica.
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Analisi geoelettriche
La conducibilità elettrica di un terreno è
funzione della mineralizzazione. Una corrente elettrica che passa attraverso
acqua non mineralizzata trova resistenza al passaggio; e quindi la resistività
sale. Invece un'acqua mineralizzata, quindi più ricca di sali,
ha una conducibilità elettrica migliore.
Le prove vengono fate a distanze via via crescenti, a partire da una stazione
centrale di rilevamento, in modo da interessare strati sempre più
profondi; dai dati numerici letti sulla scala di un galvanometro, opportunamente
estrapolati su di una scala logaritmica, si può ricavare la resistività
dell'acquifero, cioè la sua opposizione al passaggio della corrente
elettrica.
Con questo metodo si sono realizzati dei profili tra loro ortogonali,
costituendo un reticolo di dati.
I valori più interessanti sono risultati i seguenti:
La sorgente n. 1 presenta una conducibilità pari a 2180, equivalente
ad una intensa mineralizzazione; la n. 2 ha un valore di 1500, quindi
di 600 unità più basso: minore mineralizzazione anche se
molto vicina alla n. 1. I risultati sopra il n. 1000 sono da considerarsi
decisamente apprezzabili; sotto, trascurabili. Le sorgenti n. 3, 4, 5
sono trascurabili perché i loro dati sono rispettivamente 740,
590, 560; alla n. 6 si ottengono i massimi valori di 2880, mentre la 5,
pur essendo vicinissima, ha 560. Fino alla fonte n. 13, la conducibilità
è sempre inferiore a 1000, la 13 e la 14 hanno invece una conducibilità
apprezzabile, con valori sui 1600 e 1020.
Concludendo, per quanto riguarda lo studio della conducibilità
e della conseguente interessante mineralizzazione, particolare attenzione
si deve porre alle fonti n. 1, 2, 6 e 13.
Le tabelle della resistività sono complementari a quelle della
conducibilità in senso inversamente proporzionale. Ad esempio,
al valore di conducibilità 2000 corrisponde una resistenza 40;
a 1000 fa seguito un 60.
Analisi chimiche
Sempre nel febbraio 1985 si sono fatte analisi chimiche
delle acque di tutte le sorgenti, come è riportato su di una apposita
tabella. (fig.
3).
DUREZZA: Tale grandezza è data dai carbonati, bicarbonati, solfati
e cloruri di calcio e magnesio; i valori medi sono di 26-28 gradi francesi
per cui le fonti numerate dal 3 al 14 presentano una durezza discretamente
superiore alla media, mentre la 1 e la 2 con 48 F° e 70 F°, sono
notevolmente dure. Tale fenomeno ha una sua giustificazione in quanto
le sorgenti sono impostate su terreni di tipo gessoso per la presenza
di solfati che concorrono alla formazione della durezza permanente, che
è parte della durezza totale. Si osserva che, a fronte
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di 200 e 400 p.p.m. di solfati nelle prime due sorgenti,
tutte le altre hanno valori medi inferiori a 50 p.p.m.
CLORURI: il massimo valore risulta alla fonte n. 6 con 634 p.p.m.; la
n. 5 che le è vicina, presenta il valore 8, 5 p.p.m. Tutte le altre
presentano valori molto bassi, fatta eccezione per la n. 1, con 149 p.p.m.
e la n. 13, con 290 p.p.m.. È importante ricordare che fino a tale
data queste ultime sorgenti non sono mai state prese in esame; oggi sono
di notevole interesse.
BROMURI: la presenza dei bromuri misurata in p.p.m. non ha alcuna relazione
con i cloruri. A fronte a dei valori medi compresi tra lo 0,45 e lo 0,79,
si sono trovati valori dii nella fonte n. 1; 1,05 nella fonte n. 12 e
poi, risultato del tutto eccezionale, 8,90 nella fonte n. 6.
IODURI: i valori intorno ai centesimi non si considerano, diventano più
interessanti dallo 0,3 in poi. Alla n. 1 gli ioduri sono 0,95 p.p.m.,
quasi 1; questo dato è importantissimo, visto che tale sorgente
non era mai stata studiata. Il valore massimo rilevato è alla sorgente
n. 6 con presenza di ioduri di 7,40 p.p.m.
Conclusioni
Dai risultati di tutte queste ricerche, è indiscusso
che l'origine delle acque minerali vittoriesi è di tipo lagunare
salmastro.
La sedimentazione di un mare poco profondo avvenuta in una laguna circa
70/80 milioni di anni fa ha permesso la formazione di litotipi ricchi
di sali tipici dei depositi lagunari.
Le acque si mineralizzano in "loco" e sono acque meteoriche.
La circolazione idrica sotterranea è molto modesta, per cui bisognerà
agire con molta oculatezza ed attenzione per aumentare il più possibile
l'afflusso dell'acqua. La permeabilità è abbastanza elevata
ed è legata alla porosità degli strati ed alla fratturazione
degli stessi. Il ricercatore dovrà cercare proprio le fratture
per privilegiare l'uscita di questa.
La distribuzione centrifuga della sorgenti, dal centro verso la periferia,
intorno al monte Altare, e la loro portata, fanno ipotizzare che una buona
parte dell'acqua piovana purtroppo vada perduta nel sottosuolo, andando
forse ad alimentare falde più a valle.
Le risultanze dell'interpretazione dei sondaggi geoelettrici, concorrono
a dimostrare che i terreni conduttivi hanno emergenze idriche mineralizzate,
ma per la loro natura argillosa sono a minor portata.
L'insieme di tali valutazioni conduce ad escludere la presenza di un consistente
deposito idrico sotterraneo, con conseguente possibilità di emungimento
di più cospicue quantità d'acqua.
Una nuova proposta operativa potrebbe essere quella di valutare la potenzialità,
separatamente, dei tre settori, quello di Olarigo, quello di Coletti e
quello dei Posocon. Si dovrà valutare, con opportuni studi, la
sfruttabilità degli stessi. In particolare, la proposta operati
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va più opportuna allo stato attuale, quella che forse è
più facile da realizzare, riguarda il settore dei Posocon. Perché?
Le altre sorgenti presentano un certo grado di inquinamento, che forse
è dovuto all'incuria ed allo stato di abbandono. Il terzo settore
non ha dato problemi di inquinamento.
Se tutto questo verrà realizzato sarà possibile permettere
a Vittorio Veneto l'utilizzazione di una risorsa di valore terapeutico,
e quindi con valenza anche turistica, differenziata a seconda della quantità
e della qualità delle acque presenti.
NOTE
1) La leggenda è narrata nel poemetto
in esametri latini "De the rinis cenetensibus" di Giovanni Stefani.
Vedi "Il Flaminio" n. 1, pp. 45-54.
2) Plin., Nat. Hist., "Tales sunt aquae,
qualis est terra per quam fluunt".
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