Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°5 - 1990 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane


Rassegna Bibliografica

AA.VV., Per una identità del Quartiere di Piave. Il paesaggio agrario della pianura centro-occidentale. Quaderno n° 1, Ed. Gruppo "Romit", 1987, pp. 117.


L'opera è il frutto di una serie di ricerche condotte da un gruppo di appassionati: "con le frequenti escursioni di studio e durante le lunghe ore trascorse nel silenzio dei prati ad osservare, ad indagare e a riflettere, il rapporto (tra gli Autori) è cresciuto non soltanto sul versante conoscitivo ma anche sul piano del sentimento tra noi e verso la nostra terra". Di questo "sentimento" sono permeate tutte le pagine senza peraltro che ne escano offuscate l'oggettività dei dati raccolti e la validità delle analisi affrontate. Non sono rari, purtroppo, gli errori tipografici e il discorso non è sempre lineare e limpido.
Dopo una disamina dei parametri fisici e antropici (Capitoli I, Il, III) necessari alla comprensione della dinamica evolutiva del paesaggio agrario preso in esame, si passa a descrivere il disegno strutturale e la logica funzionale di ogni singola unità del territorio, così come si sono venuti storicamente a delinearsi dal neolitico fino ad oggi. Le unità analizzate sono tre: le Grave del Piave, la Piana di Moriamo e i Palù di Moriago-Mosnigo.

La comprensione dei fenomeni è facilitata da un ricco corredo di carte topografiche, di tabelle, di diagrammi, di disegni e di numerosi rilievi erboristici.
Particolare attenzione è rivolta alla zona surtumosa dei Palù, depressa rispetto alle aree contermini, e alla sua valorizzazione agricola legata ad una originale sistemazione idraulica e vegetazionale che si evidenzia nelle marcite e nelle famose "Piantate", un vero capolavoro della cultura contadina. Il merito di un assetto territoriale così tipico, razionale, equilibrato e redditizio, in un'area da sempre considerata improduttiva, va attribuito ai monaci benedettini dell'Abazia di 5. Bona di Vidor dove essi giunsero da Pomposa tra il 1106 e il 1107. La validità di questa singolare tipologia agraria si è costantemente caratterizzata per l'elevato rendimento, per l'equilibrato rapporto tra utilizzo economico e rispetto ambientale e per la complementarietà nell'economia generale del territorio.
Attualmente, con il diffondersi dell'industrializzazione e degli investimenti speculativi, si assiste ad una "impietosa" aggressione, per fortuna ancora circoscritta, a queste strutture agrarie ultrasecolari. Non è solo, e potrebbe essere già grave e
preoccupante, un attentato ad una cultura ancora valida e vitale; si tratta anche di una profonda alterazione del paesaggio agrario che si rivela già negativa anche sul piano economico. "Ad un alto impatto ambientale si fa corrispondere, all'opposto, una bassa rendita ed un minor tasso d'occupazione, con poca aderenza alla logica del ciclo biologico, alle naturali potenzialità dell'ambiente e, in definitiva, all'economia globale del territorio".
Anche in questo settore emergono così le contraddizioni della nostra società: alle rendite agrarie unitarie chiaramente deludenti si dovranno inevitabilmente aggiungere i dissesti idrologici e i prevedibili riflessi negativi sullo stesso microclima locale. È quindi lodevole lo sforzo degli Autori che con questa fatica intendono battersi in difesa della qualità della vita e dell'identità culturale di tutta una popolazione. Restiamo pertanto in attesa degli altri quaderni programmati.

Antonio De Nardi

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