Rassegna Bibliografica
AA.VV., Per una identità del Quartiere di Piave.
Il paesaggio agrario della pianura centro-occidentale. Quaderno n°
1, Ed. Gruppo "Romit", 1987, pp. 117.
L'opera è il frutto di una serie di ricerche condotte da un gruppo
di appassionati: "con le frequenti escursioni di studio e durante
le lunghe ore trascorse nel silenzio dei prati ad osservare, ad indagare
e a riflettere, il rapporto (tra gli Autori) è cresciuto non soltanto
sul versante conoscitivo ma anche sul piano del sentimento tra noi e verso
la nostra terra". Di questo "sentimento" sono permeate
tutte le pagine senza peraltro che ne escano offuscate l'oggettività
dei dati raccolti e la validità delle analisi affrontate. Non sono
rari, purtroppo, gli errori tipografici e il discorso non è sempre
lineare e limpido.
Dopo una disamina dei parametri fisici e antropici (Capitoli I, Il, III)
necessari alla comprensione della dinamica evolutiva del paesaggio agrario
preso in esame, si passa a descrivere il disegno strutturale e la logica
funzionale di ogni singola unità del territorio, così come
si sono venuti storicamente a delinearsi dal neolitico fino ad oggi. Le
unità analizzate sono tre: le Grave del Piave, la Piana di Moriamo
e i Palù di Moriago-Mosnigo.
La comprensione dei fenomeni è facilitata da un ricco
corredo di carte topografiche, di tabelle, di diagrammi, di disegni e
di numerosi rilievi erboristici.
Particolare attenzione è rivolta alla zona surtumosa dei Palù,
depressa rispetto alle aree contermini, e alla sua valorizzazione agricola
legata ad una originale sistemazione idraulica e vegetazionale che si
evidenzia nelle marcite e nelle famose "Piantate", un vero capolavoro
della cultura contadina. Il merito di un assetto territoriale così
tipico, razionale, equilibrato e redditizio, in un'area da sempre considerata
improduttiva, va attribuito ai monaci benedettini dell'Abazia di 5. Bona
di Vidor dove essi giunsero da Pomposa tra il 1106 e il 1107. La validità
di questa singolare tipologia agraria si è costantemente caratterizzata
per l'elevato rendimento, per l'equilibrato rapporto tra utilizzo economico
e rispetto ambientale e per la complementarietà nell'economia generale
del territorio.
Attualmente, con il diffondersi dell'industrializzazione e degli investimenti
speculativi, si assiste ad una "impietosa" aggressione, per
fortuna ancora circoscritta, a queste strutture agrarie ultrasecolari.
Non è solo, e potrebbe essere già grave e
preoccupante, un attentato ad una cultura ancora valida e vitale; si tratta
anche di una profonda alterazione del paesaggio agrario che si rivela
già negativa anche sul piano economico. "Ad un alto impatto
ambientale si fa corrispondere, all'opposto, una bassa rendita ed un minor
tasso d'occupazione, con poca aderenza alla logica del ciclo biologico,
alle naturali potenzialità dell'ambiente e, in definitiva, all'economia
globale del territorio".
Anche in questo settore emergono così le contraddizioni della nostra
società: alle rendite agrarie unitarie chiaramente deludenti si
dovranno inevitabilmente aggiungere i dissesti idrologici e i prevedibili
riflessi negativi sullo stesso microclima locale. È quindi lodevole
lo sforzo degli Autori che con questa fatica intendono battersi in difesa
della qualità della vita e dell'identità culturale di tutta
una popolazione. Restiamo pertanto in attesa degli altri quaderni programmati.
Antonio De Nardi
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