Rassegna Bibliografica
MARIO ULLIANA,
Vecchio tinello, Rebellato, 1984.
Doveva chiamarsi originariamente la "cozzolesca compagnia".
Poi l'autore ha ripiegato su "vecchio tinello". . . forse perché
il termine meglio richiamava quel senso di domestico, di familiare, delle
cose care e degli affetti. E non a caso il libro di Mario Ulliana è
la rievocazione della figura del padre Giovanni, maestro, educatore, che
ha lasciato un'impronta non indifferente nel panorama cittadino dei primi
anni del novecento.
Il tema, per la verità non è nuovo, soprattutto se si pensa
alla numerosa pubblicistica degli anni ruggenti della lotta antiautoritaria.
Ma in Vecchio Tinello trova tutta una sua nuova ragion d'essere, e, perché
no, una sua autenticità.
Nelle vicende politiche a cui infatti è stato esposto (ha ricoperto
vari incarichi amministrativi: sindaco, vice presidente della provincia,
assessore all'urbanistica della Regione Veneto) l'autore ha spesso fruito
di un tacito consenso che gli derivava appunto dal fatto di esser figlio
di quel famoso Giovanni. Da qui la sua preoccupazione, una volta lasciato
l'impegno politico, di accertare la natura di questo tacito consenso e
di estinguere in qualche modo il debito morale nei confronti di chi gli
aveva lasciato, col suo nome, un patrimonio incommensurabile.
Ma si può scrivere una biografia su un personaggio che, pur pregnante
di tanta educazione e riconoscenza, presenta poche attrattive per il lettore
d'oggi?
Certamente sì, soprattutto se si coglie l'occasione da una biografia
per parlare di qualcos'altro, per richiamare alla memoria ricordi, emozioni,
sentimenti passati. Cosa che fa in questo caso M. Ulliana, inserendo sapientemente
nella cornice biografica un vero e proprio spaccato di vita vittoriese
a cavallo fra fine ottocento e primi del novecento.
Ne esce così, tra le righe, un'immagine di una Vittorio inconsueta
ma nondimeno affascinante, scandita da ritmi diversi da quelli attuali
(il tempo trascorreva senza grandi novità o evasioni. . .), con
modi di relazione (non c'erano automobili a disturbare per le vie . .
.), abitudini (ci si ritrovava nelle osterie, oppure si giocava a pirol
parol sui palasi . . .) sentimenti collettivi (erano momenti di spensieratezza
ed allegria. . .) che appartengono a una cultura popolare oramai in estinzione.
Il tutto senza alcuna concessione alla retorica o ritorni all'indietro,
ma solamente alla convinzione che "nel mutamento delle consuetudini
e delle situazioni, nel rifiuto dei vecchi principi e nelle difficoltà
di individuarne di nuovi, ci sono, dei valori che permangono, che ci seguono
per tutta la vita".
Un libro, quindi, di facile e piacevole lettura, ricco di utili notizie
e curiosità, che si rivolge un po' a tutti. Gli adulti, forse troveranno
la rievocazione di quel "piccolo mondo vittoriese" che appartiene
oramai ai loro ricordi. i più giovani, invece, un'occasione in
più per prendere coscienza, attraverso questo "viaggio all'indietro",
della propria identità collettiva.
Pier Paolo Brescacin
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