Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°4 - 1985 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigianae

Graffiate


ARCHEOLOGIA VITTORIESE

Il 4 maggio 1985 è stato inaugurato il nuovo allestimento del reparto archeologico del Museo del Cenedese, e raramente una pubblica cerimonia ha avuto un 'impostazione e un andamento più indovinati. Poche parole introduttive del Sindaco e della V. Sopraintendente; quindi presentazione delle diverse vetrine da parte degli esperti ordinatori delle medesime: e sono state autentiche lezioni di archeologia, esposte in tempi necessariamente brevissimi ma in forma esemplarmente corretta e chiara.
Tutto bene, insomma e complimenti agli organizzatori.
I nostri lettori, invece, ci scuseranno se dedichiamo all'argomento un paio di graffiate.

La prima.
In buona parte i reperti archeologici esposti al Museo del Cendedese sono stati rinvenuti da gruppi archeologici operanti nel territorio vittoriese. Tra questi un merito particolare va al Gruppo Archeologico del Cenedese, per la qualità e la quantità dei ritrovamenti.
Non ci sarebbe che da complimentarsi con tali gruppi e col loro lavoro, se non emergessero anche ragioni di rammarico.
Si sa che spesso, in materie come questa, l'entusiasmo del volontariato si traduce in improvvisazione, in iniziative personali, talora anche in gelosie di singoli e di gruppi. Non solo. La particolare natura della ricerca archeologica sembra favorire forme di appassionamento e attaccamento al lavoro e ai suoi risultati, tali da tradursi spesso in sentimenti quasi morbosi di "paternità" nei confronti dei reperti. Per cui il ritrovatore sente l'oggetto ritrovato un po' come suo. E magari ci lavora su senza pensare che lo potrebbe rovinare.
Mentre ogni reperto archeologico è proprietà dello Stato. E chiunque ricerca deve sapere che lo fa sempre per conto dello Stato. E quando ha trovato ha il dovere di consegnare subito il tutto alla competente Sopraintendenza, possibilmente senza manometterlo, cioè senza modificarne le condizioni, nemmeno per ragioni di pulizia.
Non si può dire che tutti i cennati inconvenienti siano stati evitati dai gruppi archeologici della zona.
Cui tra l'altro non si può non attribuire una vivacità inquieta e un regime di rapporti reciproci movimentato, che si traducono in un andirivieni di pre

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senze che tutto può produrre, salvo che una crescita ordinata e proficua. L'augurio è che l'archeologia, oggetto indiscusso dell'impegno appassionato di tutti coloro che fanno parte dei gruppi di cui si è detto, diventi anche il punto di riferimento per un accordo di lavoro che consenta il positivo procedere delle cose.

La seconda.
Una importante parte del settore archeologico del Museo del Cenedese brilla, se così si può dire, per la totale mancanza di notizie circa la data, il luogo, le condizioni del ritrovamento dei singoli reperti esposti.
Varrà la pena di dire che un reperto archeologico può anche avere importanza in sè, ma acquista significato pressochè solo in riferimento al luogo e alle condizioni in cui è stato scoperto: solo così infatti esso diventa fonte di storia. Altrimenti, come escludere che venga da chissà dove? I reperti privi di indicazioni di provenienza potrebbero venire da luoghi distanti centinaia di chilometri, come centinaia di metri, e avere quindi significati storici i più diversi.
Chi ha trovato i "pezzi" che fanno bella mostra di sè nel Museo del Cenedese - posto che sia ancora vivo - veda di fornire gli opportuni elementi documentali. Senza di essi, infatti, i reperti in questione possono magari suscitare curiosità, ma non molto di più.

AUTOGRAFFIATA
(Ad uso interno, perché, ogni tanto, occorre anche "graffiarsi").
Riuscirà il Flaminio nei prossimi numeri a comporre la rubrica "Rassegna bibliografica" in modo tale - per numero e contenuto dei saggi ivi ospitati
- da non dar a pensare che si tratti di un colloquio di famiglia (io faccio la recensione a te, tu fai la recensione a me, e così via. .

IL PEZZO DI CARTA E UN'ASSOCIAZIONE AUSPICATA
Possibile che resista l'idolatria del "pezzo di carta" anche di fronte alle opere dell'in gegno?
Possibile.
Possibile che ci sia chi arriccia il naso di fronte a certi lavori, solo per il fatto che sono di autori non provvisti di titolo accademico, unico valido -a dire di qualcuno - a dichiararne la competenza?
Possibile.
Possibile che si dimentichi a lunga lista di geni e di grandi personaggi della cultura sprovvisti di laurea?
Possibile.

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Tant 'è vero che anche dalle nostre parti, e di questi tempi, si son sentiti giudizi, diciamo così, riservati, su opere di letteratura, o di ricerca storica, o di pittura, solo e semplicemente perché di autori non sufficientemente provvisti di titoli scolastici o accademici.
La cosa va denunciata con forza.
Si tratta di razzismo bell'e buono.
Chi esprime giudizi del genere si dimostra innanzitutto privo di capacità critiche, poi un imbecille.
Ché solo gli imbecilli trascurano la sostanza per la forma.
E, forti dei loro titoli chissà come arraffati, incapaci di fare alcunché, si limitano a malignare su quel che fanno gli altri. Anzi, puramente e semplicemente sugli altri, per la ragione che gli altri "fanno".
Verrebbe la voglia di combatterli, gli imbecilli, ma poi pensi che non ne vale la pena.
Ma\dichiararli tali è necessario.
Tra le tante associazioni, possibile che non nasca la "Associazione di uomini comuni impegnati a dichiarare - nelle più diverse forme consentite -imbecilli gli imbecilli"?

Malabocca

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