Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°4 - 1985 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigianae

GUERRINO MALAGOLA

OGGETTI D'ORNAMENTO ALTOMEDIEVALI A TARZO (TV)


Nella letteratura archeologica si trovano alcuni riferimenti a materiali altomedievali recuperati nel territorio del Comune di Tarzo per i quali mancava però una documentazione complessiva. Questa breve nota, che non vuole e non può essere conclusiva, intende esaminare in modo critico tutte le informazioni bibliografiche attualmente a nostra disposizione.
Uno dei più significativi reperti attestati a Tarzo è una fibula zoomorfa (fig. 1), rappresentante un uccello, che si trova al Museo di Castelvecchio di Verona (1). Questo oggetto d'ornamento delle vesti appartiene ad un tipo di fibula diffusa nell'italia altomedievale; esso deriva da modelli di arte provinciale romana (2) e presenta una grande varietà di forme: si trovano fibule modellate a cavallini, cani, cervi, leoni, pavoni, e galli. Oltre che essere considerate simboli cristiani, queste varietà di figure zoomorfe sono da mettere in relazione con la cultura delle popolazioni autoctone romanizzate del VI-VII sec. d. C. Ritrovamenti consistenti di questo ornamento sono avvenuti nell'area bellunese (3). Nella pubblicazione di Otto von Hessen (4), la fibula zoomorfa di Tarzo è citata come medita e per essa l'autore non riporta alcuna indicazione d'inventano del museo in cui è attualmente custodita.
In seguito ad un'accurata indagine condotta inizialmente presso il Museo di Castelvecchio, poi presso il Museo di Storia Naturale, dove un tempo era custodita, si è accertato che non esiste nessuna documentazione, forse perchè la scheda relativa alla fibula è andata persa quando, durante l'ultimo conflitto mondiale, parte degli archivi furono distrutti. Perciò la raccolta di testimonianze sembra debba rimanere parziale.
Il Werner, archeologo germanico specialista dell'alto medioevo, cita "Tarzo in provincia di Treviso" in una nota bibliografia relativa ad un articolo apparso sui "Kdrtner Jahrbacher" a firma di Karl Dinklage (5).


GUERRINO MALAGOLA, appassionato cultore di archeologia locale, socio del gruppo archeologico veneto, sede di Vittorio Veneto, aderente ai gruppi archeologici d'Italia.

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Il Dr. Dinklage è stato rintracciato ed egli gentilmente ci ha fornito le fotografie e l'estratto dell'articolo citato dal Werner, che riportiamo tradotto nelle parti più significative (6):
"Nel medesimo ordine cronologico (tarda età del regno ostrogoto) si può collocare una fibula romboidale proveniente dal passo di Piooocken (fig. 2), che agli angoli è ornata con occhi di dado punzonati. Questa fibula ci testimonia dei traffici commerciali tra i centri ostrogoti in Italia e la Carinzia. Ad essa è molto simile una fibula proveniente dal cimitero ostrogoto di Tarzo in provincia di Treviso. Al medesimo cimitero derivano numerose armilie bronzee piatte ornate con stampigiiature e che terminano con teste di animali accennate e punzonate. Si tratta perciò di ritrovamenti molto simili all'armilia (fig. 3), ed all'orecchino (fig. 4) che sono stati trovati attorno al 1905, assieme ad una coppa in ferro, in una tarda tomba femminile ostro gota nel già citato cimitero presso la fortezza di Lamprechtskogel presso Trixen. Sono noti altri pezzi simili provenienti da sepolture della regione confinante ad Occidente con la Carinzia: così Villalagarina presso Rovereto e Ospedaletto presso Trento (fig. 5)".
A nostro avviso, stando alle più recenti ricerche è da escludere l'appartenenza degli oggetti alla cultura ostrogota, secondo la sopracitata analisi del Dinklage; interpretazione che del resto è comprensibile tenuto conto che negli anni '40 i criteri di analisi e comparazione dei reperti archeologici erano diversi dagli attuali. Inoltre è diffusa in Austria, tra gli studiosi, una "corrente ostrogota" che tende ad attribuire a questa cultura alcuni ritrovamenti dell'arco alpino orientale risalenti al VI-VII sec. d. C.
Per confronto con gli oggetti provenienti dal Trentino, che risalgono a popolazioni autoctone romanizzate, anche i reperti altomedievali di Tarzo citati nel saggio, debbono essere attribuiti al medesimo orizzonte culturale e collocati in un arco di tempo che va dal VI al VII sec. d. C. (7). Dalla pubblicazione dell'articolo del Dinklage ad oggi, nell'arco alpino orientale sono avvenuti altri rinvenimenti. Citiamo ad esempio la tomba trovata nel 1958 ad Erto (PN) (8), all'interno della quale, tra il corredo funebre, c'erano armille con ingrossamenti terminali simili a quelle riportate dal Dinklage per le località di Villalagarina presso Rovereto e Ospedaletto presso Trento.
Esaminando la descrizione, pur sommaria, degli oggetti di Tarzo e prendendo in considerazione il riferimento a "numerose armille bronzee", si è portati istintivamente a pensare a quelle che si trovano nel Museo del Cenedese di Vittorio Veneto (fig. 6-7), per le quali non si ha alcuna indicazione nè archivistica nè d'inventano. Esse assomigliano a quelle descritte dallo studiodo austriaco: sono bronzee, piatte, alcune hanno decorazioni stampigliate sulla superficie esterna, terminano con protomi di rettili.
Sono quelle di Tarzo? È probabile che lo siano. Certo un esame approfondito da parte degli specialisti potrebbe fornire indicazioni se non esaustive almeno utili per risolvere il quesito.
Se la fibula zoomorfa (9) e le armille (10) sono in qualche modo note e più volte descritte da autori locali, imprevista è viceversa la notizia, sempre tratta dal Dinklage, del ritrovamento a Tarzo di una fibula romboidale, decorata ad occhio di dado che egli purtroppo non riporta nelle tavole annesse all'articolo, ma che cita come simile a quella ritrovata al passo di Plòcken (fig. 2). Tra i materiali della raccolta archeologica del Museo del Cenedese questa fibula non sembra esserci; invece un'altra simile, proveniente da Voltago (BL), è esposto al Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli (UD) (11).

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Sui ritrovamenti di Tarzo, infine, il breve saggio di Karl Dinklage ci consente di correggere un errore fatto dal Werner (12), purtroppo ripreso successivamente da molti autori. Egli, riferendosi al Dinklage, cita Tarzo per gli orecchini a forma poliedrica, tralasciando gli altri oggetti. Ma una attenta lettura del brano riportato precedentemente in questa nota, ci fa capire come gli orecchini prove-fissero in realtà da Trixen (Austria) e non da Tarzo. Certamente interessante èl'esplicito accenno al ritrovamento di un cimitero a Tarzo dal quale sembrerebbero provenire i reperti qui esaminati. Una conferma importante, in quanto questa stazione cimiteriale assieme a quelle del Palù di Sarmede (TV) (VI sec. d. C.) (13) e di Stevenà di Caneva (PN) (VI sec. d. C.) (14) ci permette di delinare un quadro più chiaro della diffusione degli insediamenti altomedievali nell'area cenedese. La documentazione, seppur sommaria come quella di Tarzo, consente l'identificazione etnica degli inumati, cioè di stabilire se essi fossero germanici o dei "poveri" autoctoni, cioè "indigeni" romani quali in realtà erano (15).
Gli oggetti ritrovati nei corredi funebri, di forme e ornamentazioni particolari, sono una ulteriore viva testimonianza della cultura materiale di quel periodo, che pur continua a mostrare per il Cenedese, ampi vuoti.

Guerrino Mala gola


NOTE

  1. OTTO VON HESSEN, I ritrovamenti barbarici nelle collezioni civiche veronesi del Museo di Castelvecchio, Verona 1968, p. 34 tav. 26.
  2. OTTO VON HESSEN, Il materiale altomedievale nelle collezioni Stibbert a Firenze, Firenze 1983, pp. 13-15.
    M. BROZZI, Contributo per uno studio sulla cultura e sugli insediamenti della popolazione autoctona romanizzata del VI-VII secolo con particolare riguardo alle zone alpine, in "Quaderni ticinesi di numismatica e antichità classiche", V, Lugano 1976, pp.
    306-307.
  3. F. TAMIS, Ritrovamenti archeologici, in "Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore", XXXI, Feltre 1960, pp. 119 e ss.
  4. OTTO VON HESSEN, Verona, 1968, op. cit.
  5. J.WERNER, Die Langobarden in Pannonien, I, Monaco 1962, p. 128.
  6. K. DINKLAGE, Die germanische Kontinuitiit in Kiirnten im Lichte der Bodenfunde, in "Kàrtner Jahrblicher", 35, Klagenfurt 1945, pp. 34 e ss.
  7. M. BROZZI, Oggetti di ornamento dei popoli alpini in età altomedievale in "Antichità Altoadriatiche", IX, Udine 1976, pp. 505 e ss.
    M.BROZZI, A proposito delle fibule di tipo trentino, in "I Quaderni della Face", 54, Udine 1979, pp. 11 e ss.
  8. M. BROZZI, Tracce di popolazione romana nel Friuli Altomedievale (VI- VII secolo), in "Sot la Nape", 4, Udine 1972, pp. 45 tav. I.
  9. OTTO VON HESSEN, Verona 1968, op. cit..
  10. Reperti archeologici del Museo del Cenedese in Preistoria e Storia tra Piave e Livenza,
    4, cip. Vittorio V. 1983, a cura del GRUPPO ARCHEOLOGICO DEL CENEDESE.
    A. MORET, Ritrovamenti archeologici nell'antico cenedese dal secolo IV all'XI, Vittorio V. 1982, p. 223.
  11. F. TAMIS, Ritrovamenti archeologici, in "Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore", XXXII, Feltre 1961, p. 21.
  12. J. WERNER, Monaco 1962, op. cit..
  13. M. BROZZI, Il ducato longobardo di Ceneda. Appunti di storia e archeologia in "Forum lulii", 6, Udine 1982, pp. 85 e ss.
  14. Materiale inedito in corso di studio da parte di M. Brozzi.
  15. H. BLAKE, Sepolture, in "Archeologia Medievale", X, Firenze 1983, pp. 175 e ss. M. ROTILI, Necropoli di tradizione germanica, in "Archeologia Medievale", X, Firenze 1983, pp. 143 e ss.

* Tavola disegni: le fig. 1-6-7 sono in scala 1:1; le fig. 2-3-4-5 non sono in scala.

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