GUERRINO MALAGOLA
OGGETTI D'ORNAMENTO ALTOMEDIEVALI A TARZO (TV)
Nella letteratura archeologica si trovano alcuni riferimenti a materiali
altomedievali recuperati nel territorio del Comune di Tarzo per i quali
mancava però una documentazione complessiva. Questa breve nota,
che non vuole e non può essere conclusiva, intende esaminare in
modo critico tutte le informazioni bibliografiche attualmente a nostra
disposizione.
Uno dei più significativi reperti attestati a Tarzo è una
fibula zoomorfa (fig. 1), rappresentante un uccello, che si trova al Museo
di Castelvecchio di Verona (1). Questo oggetto d'ornamento delle vesti
appartiene ad un tipo di fibula diffusa nell'italia altomedievale; esso
deriva da modelli di arte provinciale romana (2) e presenta una grande
varietà di forme: si trovano fibule modellate a cavallini, cani,
cervi, leoni, pavoni, e galli. Oltre che essere considerate simboli cristiani,
queste varietà di figure zoomorfe sono da mettere in relazione
con la cultura delle popolazioni autoctone romanizzate del VI-VII sec.
d. C. Ritrovamenti consistenti di questo ornamento sono avvenuti nell'area
bellunese (3). Nella pubblicazione di Otto von Hessen (4), la fibula zoomorfa
di Tarzo è citata come medita e per essa l'autore non riporta alcuna
indicazione d'inventano del museo in cui è attualmente custodita.
In seguito ad un'accurata indagine condotta inizialmente presso il Museo
di Castelvecchio, poi presso il Museo di Storia Naturale, dove un tempo
era custodita, si è accertato che non esiste nessuna documentazione,
forse perchè la scheda relativa alla fibula è andata persa
quando, durante l'ultimo conflitto mondiale, parte degli archivi furono
distrutti. Perciò la raccolta di testimonianze sembra debba rimanere
parziale.
Il Werner, archeologo germanico specialista dell'alto medioevo, cita "Tarzo
in provincia di Treviso" in una nota bibliografia relativa ad un
articolo apparso sui "Kdrtner Jahrbacher" a firma di Karl Dinklage
(5).
GUERRINO MALAGOLA, appassionato cultore di archeologia locale, socio del
gruppo archeologico veneto, sede di Vittorio Veneto, aderente ai gruppi
archeologici d'Italia.
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Il Dr. Dinklage è stato rintracciato ed egli gentilmente ci ha
fornito le fotografie e l'estratto dell'articolo citato dal Werner, che
riportiamo tradotto nelle parti più significative (6):
"Nel medesimo ordine cronologico (tarda età del regno ostrogoto)
si può collocare una fibula romboidale proveniente dal passo di
Piooocken (fig. 2), che agli angoli è ornata con occhi di dado
punzonati. Questa fibula ci testimonia dei traffici commerciali tra i
centri ostrogoti in Italia e la Carinzia. Ad essa è molto simile
una fibula proveniente dal cimitero ostrogoto di Tarzo in provincia di
Treviso. Al medesimo cimitero derivano numerose armilie bronzee piatte
ornate con stampigiiature e che terminano con teste di animali accennate
e punzonate. Si tratta perciò di ritrovamenti molto simili all'armilia
(fig. 3), ed all'orecchino (fig. 4) che sono stati trovati attorno al
1905, assieme ad una coppa in ferro, in una tarda tomba femminile ostro
gota nel già citato cimitero presso la fortezza di Lamprechtskogel
presso Trixen. Sono noti altri pezzi simili provenienti da sepolture della
regione confinante ad Occidente con la Carinzia: così Villalagarina
presso Rovereto e Ospedaletto presso Trento (fig. 5)".
A nostro avviso, stando alle più recenti ricerche è da escludere
l'appartenenza degli oggetti alla cultura ostrogota, secondo la sopracitata
analisi del Dinklage; interpretazione che del resto è comprensibile
tenuto conto che negli anni '40 i criteri di analisi e comparazione dei
reperti archeologici erano diversi dagli attuali. Inoltre è diffusa
in Austria, tra gli studiosi, una "corrente ostrogota" che tende
ad attribuire a questa cultura alcuni ritrovamenti dell'arco alpino orientale
risalenti al VI-VII sec. d. C.
Per confronto con gli oggetti provenienti dal Trentino, che risalgono
a popolazioni autoctone romanizzate, anche i reperti altomedievali di
Tarzo citati nel saggio, debbono essere attribuiti al medesimo orizzonte
culturale e collocati in un arco di tempo che va dal VI al VII sec. d.
C. (7). Dalla pubblicazione dell'articolo del Dinklage ad oggi, nell'arco
alpino orientale sono avvenuti altri rinvenimenti. Citiamo ad esempio
la tomba trovata nel 1958 ad Erto (PN) (8), all'interno della quale, tra
il corredo funebre, c'erano armille con ingrossamenti terminali simili
a quelle riportate dal Dinklage per le località di Villalagarina
presso Rovereto e Ospedaletto presso Trento.
Esaminando la descrizione, pur sommaria, degli oggetti di Tarzo e prendendo
in considerazione il riferimento a "numerose armille bronzee",
si è portati istintivamente a pensare a quelle che si trovano nel
Museo del Cenedese di Vittorio Veneto (fig. 6-7), per le quali non si
ha alcuna indicazione nè archivistica nè d'inventano. Esse
assomigliano a quelle descritte dallo studiodo austriaco: sono bronzee,
piatte, alcune hanno decorazioni stampigliate sulla superficie esterna,
terminano con protomi di rettili.
Sono quelle di Tarzo? È probabile che lo siano. Certo un esame
approfondito da parte degli specialisti potrebbe fornire indicazioni se
non esaustive almeno utili per risolvere il quesito.
Se la fibula zoomorfa (9) e le armille (10) sono in qualche modo note
e più volte descritte da autori locali, imprevista è viceversa
la notizia, sempre tratta dal Dinklage, del ritrovamento a Tarzo di una
fibula romboidale, decorata ad occhio di dado che egli purtroppo non riporta
nelle tavole annesse all'articolo, ma che cita come simile a quella ritrovata
al passo di Plòcken (fig. 2). Tra i materiali della raccolta archeologica
del Museo del Cenedese questa fibula non sembra esserci; invece un'altra
simile, proveniente da Voltago (BL), è esposto al Museo Archeologico
Nazionale di Cividale del Friuli (UD) (11).
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Sui ritrovamenti di Tarzo, infine, il breve saggio di Karl Dinklage ci
consente di correggere un errore fatto dal Werner (12), purtroppo ripreso
successivamente da molti autori. Egli, riferendosi al Dinklage, cita Tarzo
per gli orecchini a forma poliedrica, tralasciando gli altri oggetti.
Ma una attenta lettura del brano riportato precedentemente in questa nota,
ci fa capire come gli orecchini prove-fissero in realtà da Trixen
(Austria) e non da Tarzo. Certamente interessante èl'esplicito
accenno al ritrovamento di un cimitero a Tarzo dal quale sembrerebbero
provenire i reperti qui esaminati. Una conferma importante, in quanto
questa stazione cimiteriale assieme a quelle del Palù di Sarmede
(TV) (VI sec. d. C.) (13) e di Stevenà di Caneva (PN) (VI sec.
d. C.) (14) ci permette di delinare un quadro più chiaro della
diffusione degli insediamenti altomedievali nell'area cenedese. La documentazione,
seppur sommaria come quella di Tarzo, consente l'identificazione etnica
degli inumati, cioè di stabilire se essi fossero germanici o dei
"poveri" autoctoni, cioè "indigeni" romani
quali in realtà erano (15).
Gli oggetti ritrovati nei corredi funebri, di forme e ornamentazioni particolari,
sono una ulteriore viva testimonianza della cultura materiale di quel
periodo, che pur continua a mostrare per il Cenedese, ampi vuoti.
Guerrino Mala gola
NOTE
- OTTO VON HESSEN, I ritrovamenti barbarici nelle collezioni
civiche veronesi del Museo di Castelvecchio, Verona 1968, p. 34 tav.
26.
- OTTO VON HESSEN, Il materiale altomedievale nelle collezioni
Stibbert a Firenze, Firenze 1983, pp. 13-15.
M. BROZZI, Contributo per uno studio sulla cultura e sugli insediamenti
della popolazione autoctona romanizzata del VI-VII secolo con particolare
riguardo alle zone alpine, in "Quaderni ticinesi di numismatica
e antichità classiche", V, Lugano 1976, pp.
306-307.
- F. TAMIS, Ritrovamenti archeologici, in "Archivio
storico di Belluno, Feltre e Cadore", XXXI, Feltre 1960, pp. 119
e ss.
- OTTO VON HESSEN, Verona, 1968, op. cit.
- J.WERNER, Die Langobarden in Pannonien, I, Monaco 1962,
p. 128.
- K. DINKLAGE, Die germanische Kontinuitiit in Kiirnten
im Lichte der Bodenfunde, in "Kàrtner Jahrblicher",
35, Klagenfurt 1945, pp. 34 e ss.
- M. BROZZI, Oggetti di ornamento dei popoli alpini in
età altomedievale in "Antichità Altoadriatiche",
IX, Udine 1976, pp. 505 e ss.
M.BROZZI, A proposito delle fibule di tipo trentino, in "I Quaderni
della Face", 54, Udine 1979, pp. 11 e ss.
- M. BROZZI, Tracce di popolazione romana nel Friuli
Altomedievale (VI- VII secolo), in "Sot la Nape", 4, Udine
1972, pp. 45 tav. I.
- OTTO VON HESSEN, Verona 1968, op. cit..
- Reperti archeologici del Museo del Cenedese in Preistoria
e Storia tra Piave e Livenza,
4, cip. Vittorio V. 1983, a cura del GRUPPO ARCHEOLOGICO DEL CENEDESE.
A. MORET, Ritrovamenti archeologici nell'antico cenedese dal secolo
IV all'XI, Vittorio V. 1982, p. 223.
- F. TAMIS, Ritrovamenti archeologici, in "Archivio
storico di Belluno, Feltre e Cadore", XXXII, Feltre 1961, p. 21.
- J. WERNER, Monaco 1962, op. cit..
- M. BROZZI, Il ducato longobardo di Ceneda. Appunti
di storia e archeologia in "Forum lulii", 6, Udine 1982, pp.
85 e ss.
- Materiale inedito in corso di studio da parte di M.
Brozzi.
- H. BLAKE, Sepolture, in "Archeologia Medievale",
X, Firenze 1983, pp. 175 e ss. M. ROTILI, Necropoli di tradizione germanica,
in "Archeologia Medievale", X, Firenze 1983, pp. 143 e ss.
* Tavola disegni: le fig. 1-6-7 sono in
scala 1:1; le fig. 2-3-4-5 non sono in scala.
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