VERONICA BORSATO
FLORA E VEGETAZIONE DEL MONTE ALTARE
Tra gli elementi che caratterizzano il paesaggio geografico in generale
e soprattutto quello "sensibile o visivo" in particolare, va
senz'altro preso in considerazione il rivestimento vegetale. D'altra parte
è proprio questo che colpisce maggiormente anche l'occhio del turista
per quanto affrettato.
Le conoscenze in proposito, relativamente alle colline vittoriesi, sono
piuttosto scarse per cui può essere utile portare a conoscenza
del pubblico interessato i risultati emersi da un'indagine avviata recentemente
sul Monte Altare, quella tipica altura che domina il centro di Vittorio
Veneto, facilmente individuabile perché su uno dei suoi contrafforti
si erge una grande croce metallica. La presente indagine senza la pretesa
di essere esaustiva è certamente indicativa di un particolare assetto
floristico e può anche servire, forse, di orientamento per tutto
il territorio collinare vittoriese.
Il M. Altare, che si eleva fino alla quota di m 450 s.l.m., si sviluppa
nell'assieme in senso E-W. Dal punto di vista geologico si tratta di un
rilievo monoclinale, con gli strati molto inclinati, immergenti verso
Sud e costituiti da conglomerati, più esattamente puddinghe, alternati
a marne e arenarie, di età Tortoniana (Miocene superiore - Era
Terziaria). Si vengono così a distinguere nettamente due versanti,
diversi sia per la composizione litologica e la conseguente evoluzione
pedologica sia per l'esposizione ai raggi solari e ai venti: il versante
meridionale, prevalentemente congiomeratico e quindi più arido,
il versante settentrionale, invece, piuttosto marnoso-argilloso e perciò
più umido. Tale diversità è confermata dal diverso
popolamento floristico.
VERONICA BORSATO, laureatasi in Scienze Naturali con tesi in Botanica presso
l'università di Padova, attualmente insegna in una scuola vittoriese.
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Rapporti clima-flora
Il fattore ambientale che maggiormente influenza la vegetazione
di una regione è il clima. Nell'indagare sulle correlazioni tra
il clima e la flora è sempre molto illuminante la determinazione
della cosiddette forme biologiche. E noto che in questo settore della
ricerca ci si avvale della classificazione proposta dal Raunkiaer che
comprende sei categorie di forme biologiche, ciascuna rappresentata da
un simbolo tra parentesi (Cappelletti):
"Fanerofite" (P): alberi e cespugli con gemme poste a più
di cm 30 di altezza dal suolo;
"Camefite" (Ch): piccoli arbusti con gemme poste sopra il terreno,
ad altezza inferiore ai cm 30;
"Emicriptofite" (H): piante erbacee perenni con gemme situate
a livello del terreno;
"Geofite" (G): piante perenni con gemme contenute, durante la
stagione avversa, entro organi posti sotto al suolo (bulbi, tuberi, rizomi);
"Terofite" (T): piante erbacee annuali che superano le cattive
stagioni allo stato di seme;
"Idrofite" (I): piante acquatiche perenni con gemme sommerse.
Le piante presenti sul M. Altare rientrano in tutte le forme biologiche,
naturalmente in percentuali diverse, escluse tuttavia le idrofite. Ciò
appare chiaramente dallo "spettro biologico" che si può
ricavare e che è impostato su un totale di 282 specie:
La flora considerata risulta così essere costituita
per la maggior parte da cmicriptofite, per cui il clima della zona può
essere ascritto al clima delle emicriptofìte, temperato, ma certamente
più caldo di quello di altre zone limitrofe.
Il catalogo floristico
Le 282 specie raccolte e classificate non esauriscono certamente
la ricchezza floristica del M. Altare. Il catalogo va quindi aggiornato
e completato a mano a mano che verranno raccolti esemplari finora "inediti".
Va precisato, tuttavia, che le erborizzazioni sono state compiute in tutti
gli ambienti, da quelli più tipici e naturali a quelli più
o meno antropizzati, per cui il quadro generale che ne è emerso
appare sufficientemente attendibile.
Non è certo il caso di riportare in questa sede l'elenco completo
delle specie individuate. Mi limiterò a ricordarne alcune tra le
più significative per lo studioso di problemi vegetazionali e quelle
che maggiormente si fanno notare, anche dal profano, per la bellezza dei
fiori e per l'originalità delle forme.
Lo schema che ho seguito e che prende in considerazione i due consorzi
vegetali principali, non va preso rigidamente: molte specie hanno una
distribuzione che non è così rigorosa. E mi scuso subito
per le molte specie che necessaria
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mente non posso citare pur essendo importanti da vari punti di vista.
Va tenuto presente che dal punto di vista altitudinale il M. Altare rientra
nella fascia fitoclimatica "submontana" (fino a m 600-700 s.l.m.),
caratterizzata dalla presenza del castagno e delle quercie a foglia caduca.
Le aree boschive sono costituite appunto dal castagno (Castanea sativa
MILLER) e dalla roverella (Quercus pubescens WILLD.), a cui sono associati
abbondantemente il carpino bianco (Carpinus betulus L.) e il carpino nero
(Ostrya carpinifolia SCOP.). Oltre a queste specie arboree discriminanti
per il riconoscimento della fascia altitudinale, sono presenti anche l'ontano
(Alnus incana (L.) MOENCH), il farinaccio (Sorbus aria (L.) CRANTZ), l'acero
fico (Acer pseudoplatanus L.), l'acero campestre (Acer campestre L.),
l'orniello (Fraxinus ornus L.), il ciliegio selvatico (Prunus avium L.)
e il tasso (Taxus baccata L.). Altri alberi, pur non essendo indigeni,
sono diventati elementi normali e molto comuni della nostra flora arborea
e tra questi vanno annoverati la robinia (Robinia pseudacacia L.) e lo
spino di Cristo (Gleditsia triacanthos L.).
Sono inoltre frequenti alcune liane rampicanti quali la vitalba (Clematis
vitalba L.) e il lujpolo (Humulus lupulus L.).
Nel sottobosco delle aree boschive vivono numerosi arbusti che peraltro
prosperano anche al di fuori di esso, là dove il bosco è
stato smantellato come pure possono rappresentare gli elementi costitutivi
delle siepi: per esempio il nocciolo (Corylus avellana L.), il ginepro
(Juniperus communis L.), il rovo (Rubus ulmifolius SCHOTT), alcune rose
selvatiche (Rosa jundzilli BESSER, Rosa canina L.), il pero corvino (Amelanchier
ovalis MEDICUS), il cotognastro (Cotoneaster integerrimus MEDICUS), il
biancospino (Crataegus monogyna JACQ.), il prugnolo (Prunus spinosa L.),
il maggiociondolo (Laburnum anagyroides MEDICUS), l'emero (Coronilla emerus
L.), la sanguinella (Cornus sanguinea L.), il corniolo (Cornus mas L.),
il ligustro (Ligustrum vulgare L.), lo pseudocaprifoglio (Lonicera periclymenum
L.), la lantana (Viburnum lantana L.) e il pungitopo (Ruscus aculeatus
L.).
Nei luoghi aridi rocciosi e sassosi, la componente arbustiva è
caratterizzata dalla presenza del Rhamnus saxatilis JACQ. e di altre specie,
di dimensioni molto minori rispetto alle precedenti, quali il bosso strisciante
(Polygala chamaebuxus L.), l'eliantemo giallo (Helianthemum nummularium
(L.) MILLER), la fumana (Fumana procumbens L.), il timo (Thymus froelichianus
OPIZ) e l'erica (Erica herbacea L.), specie, quest'ultima, che può
fiorire sul M. Altare anche a gennaio-febbraio, dando luogo a deliziosi
cuscini rosa.
Nelle aree più umide il sottobosco si arricchisce di specie arbustive
igrofile quali il salice rosso (Salix purpurea L.), la salica (Salix caprea
L.) e altri.
Nel bosco (ma anche nelle siepi) vivono inoltre numerose specie erbacee,
alcune delle quali fioriscono ai primi tepori primaverili ed ingentiliscono,
con i loro tenui colori, l'ambiente ancora cupo, memore dei rigori invernali.
Tra queste la primula (Primula vulgaris HUDS.), diverse viole, l'elleboro
verde (Helleborus viridis L.), il dente di cane (Erythronium dens-canis
L.) e l'erba trinità (Hepatica nobilis MILLER). Successivamente,
alla fine della primavera, per tutta l'estate e fino all'inizio dell'autunno,
sbocciano i fiori di moltissime altre specie, tra cui le silvie (Anemone
trifolia L.), un certo aconito (Aconitum variegatum L.), l'aquile~ia (Aquilegia
vulgaris L.), la fragola (Fragaria vesca L.), la bocca di lupo (Melittis
melissophyllum L.), la pervinca (Vinca minor L.), il ciclamino (Cyclamen
purpurascens MILLER) e il colchico autunnale (Colchicum autumnale L.);
molto rara e perciò degna di nota è la rosa di Natale (Helleborus
niger L.).
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Non va dimenticato che tipiche specie del sottobosco sono le felci, come
la felce femmina (Athyrium filix-femina (L.) ROTH) e la felce aquilina
(Pteridium aquilinum (L.) KUHN IN DECKEN).
Un altro consorzio vegetale molto diffuso sul M. Altare è quello
dei prati-pascoli. Tra i fiori più vistosi, che attirano sicuramente
l'attenzione del profano, oltre ai comuni ranuncoli, alle varie leguminose,
alle numerose composite (pratolina, margherite bianche e gialle, astri)
e naturalmente alle graminacee, vanno citate le raffinate orchidee (Cephalanthera
rubra (L.) L.C.M. RICHARD, Orchis morio L., ecc.), il gladiolo spontaneo
(Gladiolus sp.), il raro giglio rosso (Lilium bulbiferum L.), una liliacea
dai piccoli tepali bianchi (Anthericum ramosum L.), la filipendula (Filipendula
vulgaris MOENCH) che dà luogo, in primavera ed in estate,a meravigliose
fonte che rivestono di bianco interi prati, il roseo citiso (Chamaecytisus
purpureus (SCOP.) LINK), le varie specie di gerani, di viole, di genziane
e campanule.
Le varianti erbacee xerofile, legate ad ambienti aridi, sono localizzate
sulle rupi e tra le rocce, come l'erba pignola (Sedum album L.) e la limonella
(Dictamnus albus L.), oppure in luoghi erbosi e sassosi, ma abbastanza
diffuse anche altrove, come per esempio il lino (Linum viscosum L. e Linum
tenuifolium L.), l'erba cipressina (Euphorbia cyparissias L.), la poligala
(Polygala amara L.), il cacciadiavoli (Hypericum perforatum L.), il calcatreppola
(Eryngium amethystinum L.), la delicata eufrasia (Euphrasia cuspidata
HOST), le globularie (Globulana punctata LAPEYR, Globularia cordifolia
L.), l'amello di color viola (Aster amellus L.), la carlina (Carlina acaulis
L.), il lino delle fate (Stipa eriocaulis BORBAS) e l'erba da spazzole
(Chrysopogon gryllus (L.) TRIN.).
Tra le specie idrofile, quelle cioè che prediligono i luoghi piuttosto
umidi, ricordo per lo meno un tarassaco (Taraxacum palustre (LYONS) SYMONS)
e la farfara (Tussilago farfara L.).
Un cenno particolare, infine, va fatto nei riguardi della Potentilla caulescens
L., una pianta erbacea perenne che prospera sulle rocce del versante settentrionale
del M. Altare, a una quota di circa m 350 s.l.m.. Attualmente questa specie
è tipica della zona alpina e subalpina (dai m 1200 ai m 2700 s.l.m.)
per cui la sua presenza su questo rilievo e a quota così bassa,
trova giustificazione nitenendola un relitto glaciale: una di quelle specie
che si diffusero da noi durante le glaciazioni e che non seguirono i ghiacciai
quaternari nel loro ritirarsi, ma rimasero confinate in oasi di rifugio,
dove le condizioni ecologiche o microclimatiche lo permisero.
Problemi di "inquinamento biologico"
Da quarant'anni a questa parte una notevole azione di rimboschimento,
attuata in più campagne dall'A.S.F.D., ha introdotto sul M. Altare
una certa varietà di specie arboree che in precedenza erano pressochè
assenti. Per tale ripopolamento sono state impiegate piante forestali
indigene ma anche esotiche, con interventi piuttosto discutibili sotto
vari punti di vista. Ne ha beneficiato senz'altro, però, l'aspetto
paesaggistico, e in modo molto sensibile, per cui il contrasto tra le
immagini attuali e quelle di appena mezzo secolo fa è fortissimo.
Secondo le indicazioni fornite dall'A.S.F.D. sono state messe a dimora
le seguenti specie:
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Ginkgo biloba L.,
abete bianco (Abies alba MILLER),
abete rosso (Picea abies (L.) KARSTEN),
pino silvestre (Pinus sylvestnis L.),
pino nero (Pinus nigra ARNOLD),
Chamaecypanis lawsoniana (A. MURRAY) PARL.),
ginepro (Juniperus phoenicea L.),
betulla (Betula pendula ROTH),
carpino bianco (Carpinus betulus L.),
carpino nero (Ostrya carpinifolia SCOP.),
faggio (Fagus sylvatica L.),
fannia (Quercus robur L.),
leccio (Quercus ilex L.).
corbezzolo (Arbutus unedo L.) e ligustro (Ligustrum japonicum THUNB.).
In tempi più recenti sono stati introdotti esemplari di abete greco
(Abies cephalonica LOUDON), lance (Lanix decidua L.), cedro (Cednus atlantica
(ENDL.) CARRIERE, Cedrus deodara (D. DON) G. DON FIL.), pino (Pinus strobus
L., Pinus wallichiana A.B. JACKSON), noce (Juglans regia L.), castagno
(Castanea sativa MILLER), quercia rossa (Quercus rubra L.), sorbo (Sorbus
aucupania L.), tiglio (Tilia platyphyllos SCOP.) e Pseudotsuga menziesii
(MIRBEL) FRANCO.
Dall'elenco qui riportato si rileva come sul M. Altare ora siano presenti
specie che, pur essendo utili per i rapidi nimboschimenti e per la qualità
del legname (Cednus atlantica, Chamaecypanis lawsoniana, Pseudotsuga menziesii),
sono estranee e incompatibili con la vegetazione e la flora locali. Oltre
a questo, l'introduzione massiccia di pino e cedro deodara è stata
accompagnata da una sempre maggiore diffusione della processionania, che
causa gravi danni alle piante sulle quali vive. Per questi motivi si può
parlare effettivamente di "inquinamento biologico".
Aspetti vegetazionali
La attuale vegetazione dell'area del M. Altare non esprime
una situazione completamente naturale e spontanea, in quanto essa risente
delle azioni dell'uomo che si sono protratte per secoli se non per millenni.
Possiamo pensare che la vegetazione potenziale fosse rappresentata da
un bosco mesofilo caducifolio, caratterizzato dal castagno (Castanea sativa
MILLER), da varie quercie, in particolare la roverella (Quercus pubescens
WILLD.), dal carpino nero (Ostrya carpinifolia SCOP.), dall'orniello (Fraxinus
ornus L.) e da altre specie tipiche della classe Querco-Fagetea e dell'ordine
Quercetalia pubescentis-petreae.
Entro questa struttura fondamentale si potevano esprimere delle varianti
termofile nelle zone più esposte al sole e delle varianti microterme
negli ambienti più umidi o comunque più freschi: quindi
un accentramento di specie eliofile e termofile sul versante rivolto verso
la pianura e un addensamento di specie microterme, legate anche, talora,
a fenomeni glaciali, nei punti più riparati del versante settentrionale.
In quest'ultima situazione il bosco si arricchisce in carpino bianco (Carpinus
betulus L.) avvicinandosi alla struttura caratteristica dei Carpiteti
(alleanza Carpinion).
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(Carpinion: con questa terminologia si indica quella particolare associazione
di specie tra le quali la più abbondante e significativa èil
carpino bianco).
Su questa situazione originaria (climax) è intervenuto l'uomo eliminando
il bosco per fare posto a pascoli, prati e coltivi. I resti di piantagioni
di olivo, viti, meli, peri, peschi, dimostrano che fino a tempi relativamente
recenti sul M. Altare era attiva una tradizionale coltura di collina simile
a quella di altre zone venete. Negli ultimi decenni l'abbandono delle
pratiche colturali ha portato all'instaurarsi in genere di vani tipi di
vegetazione erbacea che costituiscono un paraclimax di quello che era
il climax forestale precedente. L'origine antropica di queste cenosi erbacee
non permette una chiara identificazione fitosociologica.
Tuttavia, sulla base di specie presenti con maggiore abbondanza, si può
ritenere che grosso modo queste cenosi siano legate ai Mesobrometi (Mesobromion)
con spostamenti verso gli xerobnometi nei punti dove il terreno è
meno profondo ed affiora il substrato roccioso. Queste ipotesi di attribuire
ai Brometi la vegetazione erbacea della zona può essere sostenuta
per l'abbondanza di Bromus erectus HUDSON e di varie Festuche che indicano
appunto quel tipo di vegetazione. La presenza di Brachipodium pinnatum
(L.) BEAUV. indica un'origine strettamente legata al bosco mesofilo collinare
con una tendenza verso situazioni più xerofile, e ciò in
perfetto accordo con quanto esposto in precedenza.
Pare strano che non compaia, e abbondantemente, l'avena maggiore (Arrhenatherum
elatius (L.) J. & C. PRESL) legata normalmente ai prati-pascoli di
origine antropica e caratterizzati da un substrato originariamente pingue
oppure diventato tale in seguito alle attività dell'uomo (concimazioni,
sfalci, ecc.) o al fatto che questa vegetazione paranaturale si è
insediata su ex colture abbandonate e quindi, per almeno un po' di anni,
più ricche di sostanze organiche degli ambienti naturali. Ciò
può essere spiegato da una estrema povertà del suolo, che
non ha permesso la trasformazione dei Brometi in Arrenatereti, come avviene
nelle situazioni ottimali.
Allo stato attuale, se oltre all'abbandono delle colture avvenisse anche
quello delle pratiche di raccolta del foraggio, si potrebbe ipotizzare
una lenta ma graduale ricostruzione di un bosco mesofilo certamente più
povero in specie di quello preesistente.
Conclusione
Dovrebbe emergere, da quanto è stato detto sia pure
in modo assai schematico, come l'assetto vegetazionale del M. Altare sia
mutato nel tempo, a partire dall'inizio del Postglaciale, passando attraverso
tre fasi fondamentali di evoluzione: una prima fase di progressivo popolamento
naturale fino ad una situazione climax; una seconda di degradazione antropica,
in epoca storica; ed infine quella attuale, di faticosa ricostruzione
del mantello forestale, dovuta ancora all'azione dell'uomo, oggi certamente
più attento al suo rapporto vitale con la natura. Un rapporto certamente
non semplice nè facile, per la delicatezza dei vari equilibri che
sono coinvolti.
Si pensi solo agli incendi troppo frequenti che in pochi minuti compromettono
il lavoro e le fatiche di diverse generazioni, oppure alla diffusione
della processionania sui pini, od anche alla raccolta indiscriminata e
saccheggiatnice di specie flonistiche rare e protette, tra l'altro, anche
da una Legge Regionale (n.53, 15-XI-1974).
Anche in questo caso si tratta di un bene che va protetto mediante l'azione
responsabile e concorde di tutti.
Veronica Borsato
BIBLIOGRAFIA
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Prealpi venete, Lago (TV), La Photograf, Padova, 1975.
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