Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°3 - 1984 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

EUGENIO TRANCHINI

UN VOLONTARIO CENEDESE NELLA DIFESA DI VENEZIA
:
IL PATRIOTA COLONNELLO DANIELE FRANCESCONI

Sulla storia, più o meno recente, di Ceneda, Serravalle e in seguito di Vittorio Veneto sono stati scritti ormai molti libri e fatti ripetuti richiami in tante altre illustri opere, pubblicate fra il periodo moderno e quello contemporaneo. Una pubblicazione che ci interessa è quella dal titolo "A Vittorio Veneto nel 1848 " del prof. Emilio Zanette. Nelle sue pagine si narrano tumultuose vicende della Ceneda dei vescovi, centro famoso della nostra diocesi, e del Veneto, le quali sono ambientate fra gli inizi dell'800 e la prima guerra d'indipendenza. Vi si fa speciale riferimento ad episodi accaduti tra l'episcopato di mons. Squarcina e di mons. Bellati, il regno dell'arciduca Ferdinando 1 d'Austria, il papato di Gregorio XVI e di Pio IX. Vi é ricordata una Ceneda pressoché pacifica, tradizionalista, ordinata e, ancor più, colta ed attiva per le fiorenti industrie e per le buone comunicazioni. Tra gli avvenimenti e i personaggi tramandati nel libro, lo Zanette cita anche la benemerita figura dell'ing. DANIELE FRANCESCONI. Lo nomina per la prima volta, quando ricorda una sua arringa tenuta il 21 marzo 1848 alla folla di Ceneda, a causa di sommosse, provocate dalla guarnigione croata, che si risolsero poi, grazie a lui, pacificamente. Il 23 marzo ebbe l'incarico, mentre si trovava nella metropoli veneta, di portare ai Cenedesi la notizia della liberazione di Venezia dagli austriaci. Egli fece parte del nuovo Comitato Provvisorio insieme ad altri sei membri. Bene o male Ceneda, in quel giorno, aveva le due istituzioni necessarie: Guardia Civica e Comitato. Ed è proprio in questo comitato che il Francesconi mise in luce le sue qualità migliori. Egli fu il vero capo della rivoluzione cene


EUGENIO (ENNIO) TRANCHINI nato a Coneghano, vittoriese da decenni, è autore prolifico di saggi di storia locale. Di lui si ricordano i volumi: Ceneda, Serravalle, Vittorio Veneto. Cenni storici e docum. postale (1975); Gli Ebrei a Vittorio Veneto dal sec. XV al XX sec. (1979); Le antiche fonderie di campane e di bronzi artistici a Ceneda (1983); Le antiche fabbriche di armi bianche a Ceneda e Serravalle (1983). t consigliere del Circolo Vittoriese di Ricerche Storiche e sociorelatore dell'Istituto per la Storia del Risorgimento.

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dese, il futuro presidente del Comitato e comandante distrettuale della Guardia Civica. I giorni che intercorsero tra il 25 marzo ed il 7 aprile 1848, sono ricordati nel libro come tra i più emozionanti delle nostre zone: l'Autore definisce movimentate quelle giornate per il Francesconi, sempre occupato dal lavoro e preoccupato per la fornitura delle armi al Corpo di Guardia, tanto da essere indotto a correre nuovamente a Venezia ed incontrarsi con alcuni ministri, dai quali sentì che non c'era più tempo da perdere per l'organizzazione militare. Intanto gli Austriaci stavano riunendosi sull'Isonzo, richiamati dalla rivoluzione in Italia. A Ceneda (come in altre parti, per esempio a Treviso e a Venezia) non si perdette tempo: Francesconi, assunti i pieni poteri del Comitato e della Guardia Civica, pensava alla guerra ed al suo sostentamento e scriveva lettere esortatorie alle deputazioni, sulla necessità di perseverare nella lotta fino alla vittoria decisiva. Egli era l'anima dell'organizzazione del reclutamento dei giovani dai vari Comitati periferici, nei diversi Comuni. Frattanto si preoccupò del reperimento di somme per equipaggiare ed addestrare le reclute della Guardia Civica. Chiese, a nome del Comitato, un prestito di lire 1.500 da prelevarsi dal fondo 'Malanotti' (Casa di Riposo) e gli fu concesso. In questo frangente si sparse purtroppo l'allarme (.11 uno sfondamento di truppe austriache, provenienti da Verona, intenzionate ad occupare Treviso. Venne subito radunato sulla piazza del duomo di Ceneda, il Corpo della Guardia Civica composto da 210 cittadini e lì furono deliberate le cariche: Daniele Francesconi ne fu acclamato comandante! Questo accadde il 9 aprile 1848. Nel mese di luglio, la Legione, sotto il suo comando, si batté prima a Treviso e poi a Marghera. Con il grado di Maggiore, egli comandò il secondo dei due battaglioni ("Cacciatori del Sile") ed ebbe come subalterni, ufficiali cenedesi e serravallesi: tra questi Giacinto Pellatis, Antonio Burri, Giacìnto Spagnol. Al fatto d'arme della Cavanella, solo una Compagnia del suo Battaglione prese parte, mentre lui con le altre dovette rimanere a Mestre per difendere la linea del Brenta. Nella rievocazione, il libro conclude che l'ingegnere Francesconi usciva dalla memoranda lotta, il 20 agosto, coi grado di tenente colonnello. In correlazione a certi episodi narrati dal prof. Zanette sull'attività svolta soltanto a Ceneda e dintorni dall'illustre patriota, per una sua completa e giusta presentazione personale, è utile affiancare un opuscolo finora dimenticato, dal titolo : "Iprigionieri di Josephstadt Daniele Francesconi" scritto nel 1909 da G. Battista Comello. Eccone le parti più significative che riguardano la vita del personaggio. "DanieleFrancesconi nacque nel marzo dei 1810 a Villa Belvedere fraz. (allora) di S. Cassiano di Meschio in Cordignano (Distretto di Ceneda) da Pietro e Teresa Mazza. Accolto giovanissimo da un suo zio, I' Abate Daniele Francesconi che gli lasciò poi il nome, cominciò con amore i primi studi a Ceneda, che condusse a termine nell'Università di Padova, laureandosi ingegnere civile".
In Ceneda il giovane Daniele trovò ben presto da occuparsi, guadagnandosi la stima e la simpatia di quanti lo circondavano e sincere amicizie. Pieno di vigore, di un intelletto non comune, egli seguiva con ansia le vicende politiche d'Italia, sempre fidente nella rigenerazione del Paese; così aveva saputo stringersi intorno un nucleo di giovani ardimentosi, pronti a

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servire la Patria con tutte le loro forze. Venuto il '48, l'infaticabile attività del Francesconi si rivolse tutta al bene della Patria; seppe fare del dovere un culto. Alla maschia sua bellezza egli univa la forza e il coraggio, poteva combattere e vincere. Si arruolò nella Legione Trevigiana, aiutando nello stesso tempo quelli che non potevano, ed incitando quelli che esitavano ad essergli compagni. Il 20 aprile, il presidente del Comitato Provvisorio di Treviso, Olivi, nominò il cittadino Francesconi, Maggiore del 2' Battaglione del "Corpo Franco".
Dopo la capitolazione di Treviso, la Legione Trevigiana passò a Venezia, trasformandosi nel reggimento dei 'Tacciatorì del Sile". Il I' settembre venne riconfermato nel grado di maggiore in tale reggimento, dal colonnello comandante la 5' Legione Veneta, David Amigo, che lo additava alla pubblica ammirazione e riconoscenza pei " ... servizi in pro della Patria, prestati
con zelo distinto Infatti il 7 luglio egli aveva preso parte al combatti
mento Cavanella, contro gli avamposti austriaci che avevano colà, nello stringere d'assedio Venezia, fortificato una vecchia testa di ponte. Il generale Pepe aveva affidato al generale Ferrari il non lieve compito di sloggiare il nemico. Cavanella era difesa da 500 austriaci e da 3 pezzi di artiglieria. Il generale Ferrari finse un attacco dal lato meridionale del forte, mentre dal centro spingeva la colonna composta dei "Cacciatorì del Sile", che doveva essere opportunamente sostenuta da un'altra colonna, ma per ostacoli imprevisti ciò non si verificò, per cui i 'Cacciatori' rimasero soli all'attacco. Guidati dal colonnello Amigo, dai maggiori Francesconi e Radonich, dopo un vivo ed ostinato combattimento, poterono superare le fortificazioni nemiche e penetrarvi. Mirabile fu lo slancio di quei giovani soldati, quantunque più di 50 di essi rimasero uccisi prima che la vittoria coronasse i loro sforzi.
li Francesconi prese anche parte alla sortita di Cavallino, che preludiò quella di Mestre. Gli Austriaci s'erano spinti sino a Cavallino, borgata posta dove il Piave sbocca nella laguna; era necessario per i nostri spingerli oltre il fiume; a tale impresa furono designati i 'Cacciatori del Sile'. Il colonnello Amigo diede il comando dell'avanguardia al maggiore Francesconi. Gli Austriaci furono sbaragliati e fatti prigionieri con armi e munizioni. Il valore dimostrato in questa nuova azione fu premiato due giorni dopo (23 ottobre) a Venezia. 1 vincitori furono lodati ed applauditi da tutta la cittadinanza, mentre sfilarono in parata innanzi al generale in capo Pepe, che in un suo ordine dei giorno fece notare alla pubblica riconoscenza il coraggio del maggiore Francesconi. Lo stesso giorno, con decreto del governo provvisorio di Venezia (Dipartimento della Guerra), Francesconi veniva nominato "Capitano della Fanteria di Linea Veneta" mentre conservava il grado e le funzioni di Maggiore nella 5' Legione dei "Cacciatori del Sile ". Con altro decreto (25 marzo 1849), firmato da Manin, da Cevedalis e dal generale Sanfermo, egli veniva promosso al grado di Maggiore nella 'Tanteria di Linea" al servizio del Governo Veneto.
Nel maggio 1849 lo troviamo a Marghera, alla testa dei suoi 'Cacciatori' sugli spalti di quella fortezza la cui eroica difesa il generale Thurn invidiava agli italiani. Nella seconda linea di difesa, Francesconi seppe meritarsi col suo coraggio non poche lodi. Con altro decreto egli veniva nominato Te-

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nente Colonnello. L'intelligenza pronta e superiore, la meravigliosa attività, gli fruttarono la stima dell'intera Venezia e l'amicizia di Manin. D'una rara bontà, di una modestia senza pari, alle amicizie giovanili (ch'egli seppe mantenersi fino agli ultimi anni della vita) unì quelle di uomini il cui nome resterà eterno nella storia del Risorgimento Veneziano. Daniele Manin lo stimava per il suo alto valore; gli furono amici anche Nicolò Tommasco, Cevedalis ed Enrico Cosenz (il prode artigliere napoletano, comandante i bastioni dei fronte d'attacco di Marghera).
All'entrata degli Austriaci, Daniele esulò volontariamente; ma poi richiamato dagli interessi privati, ritornò alle sue prime occupazioni, non cessando d'essere di aiuto soccorrendo gli esuli e cospirando per la libertà d'Italia. Fu durante l'esecrato dominio austriaco che Daniele incontrò la giovine che doveva essergli compagna della vita. Non si sa come egli entrasse in relazione con la nobile famiglia Michiel, forse incontrò la contessina Clara in uno dei molti ritrovi dell'aristocrazia veneziana; forse la vide in qualche salotto, in quelle sere memorabili in cui non pochi patrioti, chiamati dal mite chiarore di una lampada di una finestra socchiusa, si radunavano per scambiare le tristi impressioni del momento, i sogni di libertà e di indipendenza. La contessina Clara, figlia del conte Domenico Michiel e della contessina Paolina Mosconi, d'animo generoso, acceso di sentimento patrio, possedeva tutte le doti di cuore e d'intelletto che la fecero amare da quanti la conoscevano. Abitava con la madre, anch'essa fervente patriota, che aveva aperto i suoi salotti, nel '48 / '49, ai prodi soldati della difesa; e continuò poi ad accogliere intorno a sé i più noti personaggi dell'Italia letteraria e politica.
Fu a fianco della madre che Clara conobbe il Tommaseo, il Carrer e molti fra gli ufficiali superiori della difesa di Venezia. Sposò il Francesconi nel marzo del '59; così l'antico nome, portato già dai dogi della Repubblica, si univa a quello di Francesconi, nome giovane, appena sorto, ma già coperto di lustro.
Le vittorie di Montebello, di Palestro, di Magenta furono salutate con grida unanimi di gioia. Correva voce che tra breve si sarebbe trattata la resa. Alcune manifestazioni di euforia venivano ferocemente represse. In una di queste incappò il Francesconi. Fu prelevato con altri undici cittadini dalla propria abitazione e condotto alla stazione ferroviaria per essere destinato a Josephstadt. Partirono quasi tutti senza denari, senza bagaglio alcuno.
Un tenente, due commissari e soldati croati formarono la scorta dei prigionieri. Il 22 giugno, il mesto corteo entrava in Josephstadt già occupato da molti altri Italiani. A Daniele Francesconi fu assegnata la cella n. 8, coi conte Morosini, col conte Capello, col Liparacchi, col Lombardini e col conte Guerra. Daniele soffriva meno per se stesso che per la sua Clara; la sapeva in ansia, eppure non poteva inviarle nessuno scritto, perché era proibita qualunque corrispondenza. Passava le giornate un po' con tutti, si intratteneva spesso con il poeta Aleardi dei quale seppe guadagnarsi l'amicizia carissima, che conservò sino all'ultimo istante della sua vita.
L'Aleardi si lagnava spesso, anche con lui, d'aver perduto nella tristezza del carcere il suo estro poetico: i suoi versi avrebbero saputo confortare un po' tutti i suoi compagni. Il 23 agosto i reclusi lombardi venivano messi

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in libertà; il 30 dello stesso mese anche i veneti venivano liberati. Daniele Francesconi, dopo i trattati che seguirono l'armistizio di Villafranca, rientrò a Milano, dove rimase fino al 1866. Più tardi, a Monza, nella piccola villa dove abitava, lo raggiunse la notizia del riscatto di Venezia. Vi fece subito ritorno con l'unica figlioletta Teresina. Ma la felicità e la pace furono brevi. La bimba tanto amata scomparve. A questa perdita, a questa profonda, insanabile ferita, seguirono altri lutti in famiglia. Egli si ammalò e si ritirò a vita privata. Nel 1870, ebbe ancora uno scatto di energia; si interessò a fondo e sostenne la candidatura dell'onorevole Varé, suo intimo amico, convinto che Venezia non ne potesse trarre che del bene. Ma la progressiva malattia non gli permise di continuare l'opera; cercò pace nella quiete campestre, in una villa, a Lancenigo, sempre seguito dalle cure amorose di Clara.
Purtroppo nessuna cura, nessuna sollecitudine, per quanto attenta, valse a tenergli lontana la fine. Il 27 dicembre 1875, Francesconi moriva a Venezia: la sua vita di abnegazione, di sacrificio al dovere, di amore familiare terminava fra l'unanime compianto.
Nel palazzo comunale di Caorle, venne eretta una lapide in sua memoria; egli infatti, nel 1851, per conto della direzione dell'Istituto Assicurazioni Generali, aveva trasformato la tenuta di Ca' Corniani da incolta maremma palustre, in una vasta e fertile campagna. Nel dicembre 1878 la moglie donò al Museo Civico di Venezia i seguenti documenti appartenuti al marito: 'Togli di trattenuta dei 'Corpi franchi' e dei 'Cacciatori del Sile'; Fogli di prestito dei 'Cacciatori del Sile' "e altri documenti relativi al blocco di Chioggia.
Lo scopo di questa sia pur modesta rievocazione è stato quello di riscattare dall'oblio la vicenda di un nostro illustre conterraneo, figura di fervente patriota, di prode militare, uno dei tanti sconosciuti protagonisti del glorioso Risorgimento Italiano.

Eugenio Tranchini


BIBLIOGRAFIA
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