GINO BUTTAZZI
STORIA DI UN'AMICIZIA:
MICHELE COLOMBO E LORENZO DA PONTE
Un antico adagio dice che l'amicizia "o
fa uguali o trova uguali- (ae-quales aut facit aut invenit). Poi in
concreto l'amicizia non è mai solo af-finità di caratteri e di gusti,
ma è anche complementarietà. È il caso di due personaggi nostrani, vissuti
tra il 1700 e il 1800: due letterati, che nel Seminario di Ceneda si
trovarono d'accordo e, pur con un'esistenza diversa, si sentirono sempre
vicini. Essi sono Michele Colombo e Lorenzo Da Ponte: reciprocamente
il terminus a quo e il terminus ad quem. Sulla vita di Lorenzo Da Ponte
siamo sufficientemente informati (1). Ma il riflettore sui suoi rapporti
con il Colombo può gettare nuova luce sulla sua personalità (2). Invece
ai nostri giorni il Colombo è un po' meno di moda. Egli nacque a Campo
di Pietra, nel Comune di Salgareda di Piave, il 5 aprile 1747 e morì
a 91 anni il 17 giugno 1838, l'anno stesso in cui morì quasi nonagenario
Lorenzo Da Ponte. Percorse interamente a Ceneda i suoi studi dalla Grammatica
alla Teologia. Divenne prete e tenne fede alla sua vocazione. Dimorò
Il anni a Ceneda nella casa del conte Folco Leoni, del quale educò i
5 figli. Invece come precettore di un rampollo della famiglia Coronelli
a Conegliano non ebbe fortuna. Qui infatti non rimase molto tempo, sconfortato
dalle stravaganze dell'alunno, che più tardi si macchierà addirittura
di parricidio. Passò a Venezia nella famiglia del patrizio veneto Gianbattista
Riva e dal 1796 a Parma fu maestro del cavalier Giovanni Bonaventura
Porta. Viaggiò in Italia, Francia, Spagna, Inghilterra. Visse gli ultimi
anni nella famiglia del suo discepolo (3).
GINO BUTTAZZI, storico e studioso in particolar modo di
archeologia, ha pub-blicato vari saggi in tanti anni di attività e d'insegnamento
presso il Collegio "Darite Alighieri" ove attualmente vive.
75
"Filologoe bibliografo espertissimo ... fu riconosciuto come maestro
in fatto di lingua da alcuni accademici della Crusca, tra i quali G.B.
Niccolini e Gino Capponi. Dal Monti ebbe questo encomio: "GI'Italiani
non diventan classici che dopo morte, il Colombo è classico vivente"
(4).
Di lui furono più volte pubblicate soprattutto: Lezioni sulle doti
di una colla favella.
Ma in questa sede a noi interessa conoscerlo nei suoi rapporti di amicizia
con il Da Ponte.
1 due si conobbero e si incontrarono alla scuola di Gianandrea Caliari
(5).
A tale proposito nelle Memorie (6) il Da Ponte scrive:
"Inseminario frequentavano le sue lezioni due de' più colti
ingegni di Ceneda, Gerolamo Perucchini e Michel Colombo.
All'emulazione di questi deggio, più che a tutt'altro, la rapidità
de' miei avanzamenti nella poesia."
Il primo approccio tra i due nacque quindi da un sentimento di ammirazione
e di emulazione. Infatti scrive ancora il Da Ponte: "Avea fatto Michel
Colombo i suoi primi studi, avanti d'entrare nel Seminario di Ceneda,
sotto la direzione di ottimi istitutori. Scriveva bene in latino e componeva
versi italiani pieni di gentilezza e di grazia. Non disdegnava talvolta
di leggerli a me, cui amava sinceramente, per incitarmi, diceva, a fare
un saggio della vena poetica". (7).
L'occasione si presentò ben presto, quando il Da Ponte lesse al
Colombo i primi versi; ma questi canticchiò e rise maliziosamente,
tanto che "piansi di vergogna e di rabbia- scrive Lorenzo.
Però aggiunge: "Dopo avermi così tormentato per qualche
tempo fu il primo egli ad incoraggiarmi a novelle prove, ed io gli promisi
di fare ... finche ebbi speranza di potermi cimentare co' miei condiscepoli".
Tale speranza fu esaudita poco dopo, quando gli allievi furono invitati
ad un componimento per la partenza del rettore.
A dimostrare i progressi da lui fatti e il successo ottenuto Lorenzo riporta
il sonetto nelle Memorie. A pie pagina, in nota, pubblica anche quello
scritto per la stessa circostanza dal Colombo ed aggiunge: "Lo pubblico
qui sperando di fargli cosa gradita, nel provargli che sessantacinque
anni non bastarono a cancellare dalla mia memoria i versi d'un amico sì
caro".
Però il riconoscimento del suo valore non fu così facile.
Infatti scrive:"Comeprima di questo sonetto io non avea lasciato
vedere ad alcuno i miei versi italiani ... così nessuno voleva
credere che questi quattordici fossero miei. Il solo Colombò mostrò
di crederlo, e fece solenne giuramento di non iscrivere più in
italiano: giuramento che poi gli fe' rompere una leggiadra e bellissima
giovinetta, di cui eravamo ambedue innamorati e per cui verseggiammo a
vicenda".
Era certamente questo un amore adolescenziale, alieno da gelosie e seri
impegni.
Tuttavia ricordando quegli anni il Colombo scriverà: (8) "Due
erano gli scolari prediletti dall'abate Gianandrea Caliari.
Erano questi Lorenzo Da Ponte e Michele Colombo. Non tardarono questi
due giovani a contrarre amicizia assai stretta. Con tutto che il Da
76
Ponte superasse il Colombo in vivacità e il Colombo in sensatezza
il Da Ponte, erano tuttavia tanto conformi nei loro pensamenti, che
componevano spesso di soppiatto, durante la scuola un sonetto o qualche
altra bagatelluzza poetica scrivendone i versi alternativamente, senza
averne prima partecipato il soggetto. Scriveva uno di loro il primo
verso e lo passava tacitamente all'amico suo e questi ne scriveva il
secondo, e così si ripassavano l'uno all'altro ciò che
andavano aggiungendo, e in questa guisa formavano un picciol componimento
in cui ravvisavasi ed unità di pensiero e regolarità nella
condotta, talmente che si sarebbe creduto della stessa mano".
In altra circostanza, molti anni dopo, il Colombo ricordando ancora
quel periodo della sua vita, scriverà a Daniele Francesconi,
bibliotecario dell'Università di Padova: "Il Da Ponte è
stato mio compagno di scuola in Seminario a Ceneda. Non ebbi mai amico
che mi fosse più caro. Egli era me, ed io era a lui due pezzi
di nuovo conio. Le follie che abbiamo fatto là dentro sono incredibili.
Ne fummo cacciati entrambi ed indi accolti di nuovo: perché,
così pazzi, eravamo, valevamo quegli altri che eran più
saggi di noi. li Da Ponte aveva un prodigioso ingegno e valeva di cote
al mio". (9)
Con la morte di Lorenzo Da Ponte, Vescovo di Ceneda, il vero patrono
del nostro Lorenzo, che a suo tempo ne aveva ereditato il nome, le vite
dei nostri due poeti si separarono.
Nel 1769 Lorenzo Da Ponte passò al Seminario di Portogruaro,
ma il 10 gennaio 1770, per precauzione contro la malaria passò
alcun tempo a Ve-nezia. Il 29 gennaio, già tornato a Portogruaro,
relaziona il Colombo sulla stima che di lui avevano i superiori, i quali
l'avevano ammesso agli ordini. Però dice: "lo seguito ad
imparare sempre più per la poesia, ma il non aver compagni emmi
di sommo discapito" (10).
Sente cioè l'assenza del Colombo. Poi il 27 marzo 1773 sarà
ordinato sacerdote. Quindici gironi prima così scriveva all'amico:
'Tiacendo al Signore Iddio, Sabato Sitientes sarò ordinato da
Messa, ed avrò forse il piacere di venire costà ad abbracciarti"
(11).
Dalla secchezza della notizia e dal modo con cui sono poi andate le
cose vien da dire che nel profondo la vocazione di Lorenzo era quella
di diventare uno dei tanti abati, che ad un tempo erano letterati precettori
aedi nelle famiglie nobiliari del '700.
Infatti nell'autunno dello stesso anno egli si trasferisce a Venezia
da dove incomincia la sua vita avventurosa, tumultuosa e caotica.
Già inguaiato e senza impiego, il 19 gennaio 1774, ricorre alla
bontà del Colombo: "Michele Mio, ho impegnato quanto avevo
al mondo; son ricorso a tutti gli amici miei e or ricorro a te, ed in
te forse sono riposte le maggiori speranze. Ricordati che ogni indugio
sarebbe lo stesso che negarmi aiuto, e il negarmi aiuto è lo
stesso che la mia ruina" (12).
Vien da pensare che il Colombo l'abbia aiutato anche moralmente oltre
che economicamente, perché solo nell'ottobre del 1774 il Vescovo
di Treviso, Mons. Paolo Franceschini Giustiniani, informato sulle capacità
letterarie di Lorenzo, gli offre la cattedra di umanità nel seminario.
In città però circolavano voci non tanto lusighiere. Per
queste il Da Ponte, in data 8 Ottobre scriveva: 'To so, caro Colombo
mio, per qual motivo il tuo arciprete nudrisca tanto astio contro di
me, che pubblicamente ne parli
77
a Treviso a mio disonore ... Pensa, cara vita mia,
qual è di presente la mia confusione. Vedermi ruinato nel principio
delle mie speranze, sentir lacerata la mia reputazione ... Sei saggio
e intendi meglio il bisogno mio di quello ch'io sappia spiegare. Sovra
tutto ci vuole sollecitudine. Un giorno, un'ora e anche meno può
decidere del mio stato. Ti raccomando segretezza e ti dono un bacio-
(13). Da quanto scrive nelle -Memorie-, le voci avevano un fondamento.
Avrebbe potuto confidarsi fino in fondo con il Colombo, ma pensava di
ritornare da solo sulla buona strada. Certamente il Colombo garantì
per lui, se durante due anni assunse l'incarico di insegnante nel seminario
di Treviso.
Alla fine dell'anno scolastico 1775/76, come maestro di retorica, toccò
al Da Ponte preparare l'accademia poetica di conclusione. Fu la sua
buccia di banana, la sua pietra d'inciampo, la sua trappola.
Il Senato Veneto, indignato per le idee che professava, con proclama
reso pubblico il 30 dicembre 1776, lo interdisse dall'ufficio di maestro
nelle scuole del dominio Veneto.(14)
Lorenzo passò così di nuovo a Venezia, dove trovò
amici e nemici, sostenitori occulti e detrattori, ammiratrici e pettegole,
finché fu costretto ad allontanarsi.
Di questo periodo, che lo portò fino a collaborare con Mozart,
siamo bene informati, mentre nulla sappiamo dei suoi rapporti con il
Colombo. Probabilmente, come succede in casi dei genere, egli non volle
amareggiare o coinvolgere l'amico nelle sue vicende pubbliche e private.
Del resto non c'era più nulla da dire o consigliare.
Ad un certo punto, sempre nelle Memorie egli narra che era deciso di
abbandonare la corte di Vienna e di andare a Parigi dalla regina Maria
Antonietta. Quando però durante il viaggio seppe con certezza
di quello che stava succedendo in Francia in quel 1792, cambiò
idea ed andò a Londra.
Durante questo soggiorno ebbe modo di rincontrare il Colombo, che viaggiava
per l'Europa con il suo "giovin signore".
Una serie di lettere posteriori ci lasciano intravedere di che natura
fu l'incontro in questa nuova situazione.
Nel 1818, dall'America, il Da Ponte sentì il bisogno di motivare
all'amico il suo passaggio nel Nuovo Mondo. Tra le righe sembra di poter
leggere: "Setu mi fossi stato vicino, forse le cose sarebbero andate
diversa-mente!-
Ecco un brano del testo, datato a settembre:"Soche la vostra bella
li-breria va sempre crescendo: la mia è ita. Un anno dopo la
vostra partenza da Londra incominciarono le terribili calamità
della mia vita ... Per salvare la libertà fui costretto partire
da Londra e m'imbarcai per l'America, dove mal fondate speranze parevano
invitarmi" (15).
E c'è un riferimento a questo periodo anche in quella datata
9 giugno 1832: "Da due anni in qua par che la fortuna divertasi
a farmi piangere e s'io volessi narrarti le mie miserie, son certo che
farei spargere anche a te molte lagrime, e tu meriti gioie e non afflizioni.
Non ti parlerò se non d'una ... é l'immatura ed inaspettata
morte dell'angelica donna che tu a Londra vedesti. Tu sai ch'ella aveva
20 anni meno di me" (16). Questo parlare
78
schietto da parte del Da Ponte con il Colombo è
un ulteriore tocco che completa il quadro dei rapporti di fraterna amicizia
che intercorreva tra i due.
Infatti Naney, la donna a cui Da Ponte accenna, fu la compagna della
sua vita. Una compagna che la Chiesa cattolica non permetteva a lui
sacerdote.
Certamente il Colombo volle aiutarlo a sbrogliare la situazione. Sappiamo
che il 12 settembre 1831 il Card. Jacopo Mocenigo, Patriarca di Venezia,
tra le altre cose aveva scritto al Da Ponte: "... ch'ella possa
riordinare le cose sue in maniera che i suoi ultimi istanti non siano
amareggiati dal più rimorso" (7).
E il Da Ponte, nella citata lettera del 9 luglio 1832, scriveva al Colombo:
"All'ultima parte della tua lettera, non rispondo niente per ora.
È sullo stile di un'altra che mi scrisse l'anno passato il Patriarca
di Venezia. Risponderò a te e a lui quando avrete ambedue letti
i miei ultimi versi ... Anche le terzine a Dio ti prego di leggerle
attentamente. Mi vennero anche queste dal cuore. Avrei però delle
gran cose da dirti ..." (18). Non sappiamo altro. Certo è
che morendo il Da Ponte ricevette i Sacramenti, senza particolari dispense,
perché le autorità ecclesiastiche ignoravano il suo vero
stato.
È chiaro a questo punto che il Da Ponte s'era appassionato agli
studi poetici, che alla Teologia o al diritto canonico. Bisogna riconoscere
che tutta la sua vita fu una sconfessione di quella vocazione che aveva
abbracciato, e vien da pensare che al momento del passo decisivo non
era tutto chiaro.
Colombo, che lo conosceva più da vicino di tutti, capì
e rispettò il suo dramma, pur non rimanendo indifferente.
Il 4 agosto 1828 gli scriveva: "Mandami le tue belle opere col
tuo caro nome sul frontespizio e aggiungivi: Per la Biblioteca Italiana
di New York".
E l'1 agosto dello stesso anno: " Egli(mio fratello) non solo m'informò
che tu eri ancora tra i vivi, ma mi mandò il tuo ritratto, ch'io
incollai subito sul cartone d'un libro ch'apro ogni giorno (è
il libro delle spese domestiche), e se non fosse la paura che ho di
farti insuperbire, ti direi che ogni giorno lo bacio" (19).
E in un'altra lettera: "Sognai ch'eri venuto in America. S'avessi
io 10 anni di meno verrei a Parma solo per vederti" (20).
Ma a testimoniare l'attaccamento del Da Ponte al Colombo c'è
anche La Storia Americana ossia il lamento di Lorenzo Da Ponte quasi
nonagenario al nonagenario Michele Colombo, pubblicata a New York nel
1835 (21).
E l'ultima lettera di cui disponiamo è del Colombo: "Da
Parma 5 maggio 1836. Ti scrivo questa lettera lagrimando per tenerezza.
lo palpitava e tremava per te, e le notizie or avute di te e i tuoi
versi vivacissimi e graziosi mi furono un balsamo al mio cuore. lo sto
male e non sono più un uomo, ma un sacco di malanni ... Intanto
ti stringe affettuosamente al petto un decrepitaccio che ama te quanto
l'anima sua (22) ".
Concludendo non ci sembra opportuno intervenire con altri commenti o
illazioni.
I documenti di cui disponiamo dimostrano chiaramente che Lorenzo Da
Ponte fu sempre legato da stima ed affetto a Michele Colombo, il quale
lo ricambiò da vero amico. E ciò nel mondo dei letterati
non è cosa
da poco.
Gino Buttazzi
BIBLIOGRAFIA
1- DA PONTE L., Memorie, Milano 1960, B.U.R. Rizzoli, a cura di C. Pagnini
2 - BERNARDI J., Memorie di Lorenzo da Ponte compendiate da Jacopo Bernardi
e scritti vari in prosa e poesia del medesimo autore, Firenze 1871,
Le Monnier.
Qui è riportato l'epistolario superstite intercorso tra il Colombo
e il Da Ponte.
3 - MAESTRI F., Elogio di Michele Colombo, Lucca 1844, Bertini. VOLLO
B., Prose di Michele Colombo, Venezia 1855, Cecchin.
Introd. pagg. 5 - 13 4 ZANGIACOMI P., Storia dei seminario di Vittorio
Veneto, Vittorio Veneto 1954, Tip. del Seminario, pag. 56
5 - DA PONTE, op. cit. a pag. 13 scrive: "Il primo ... a introdure
tra gli alunni di quel collegio il buon gusto, indi una nobile gara
e predilezione per la toscana favella fu il coltissimo abate Cagliari,
giovane pieno di fuoco e di valore poetico, che uscito di fresco da'
collegi di Padova, dai quali non era escluso Dante e Pe-trarca più
che Virgilio e Orazio, cominciò a leggere, spiegare e far gustare
a un buon numero di giovinetti, alla sua educazione affidati, le prose,
i versi e le bellezze dei nostri".
6 - DA PONTE, op. cit. pag. 15 e segg.
7 - DA PONTE op. cit. pag. 14
8 - E. DI TIPALDO Biografie degli Italiani Illustri, Vol. VI, pag. 99
9 - BERNARDI, op. cit. pag. 180, nota.
10 - BERNARDI, op. cit. pag. 166 Il BERNARDI, op. cit. pag. 172 12 BERNARDI,
op. cit. pag. 177 13 - BERNARDI, op. cit. pag. 177
14 - MARCHESAN A., Della vita e delle opere di Lorenzo da Ponte, Treviso
1900, pag. 94 e precedenti, dove sono riportati i documenti dei vescovi
e della Repubblica Veneta riguardanti la causa.
15 - BERNARDI, op. cit. pag. 174
16 -BERNARDI, op. cit. pag. 196
17 - MARCHESAN, op. cit. pag. 168
18 - BERNARDI, op. cit. pag. 192
19 - BERNARDI, op. cit. pag. 183. Ci restano vari ritratti del Colombo.
ad esempio in Lezioni sulle doti di una colta favella Ed. Palma, Napoli
1836; oppure in Lezioni e Discorsi filologici dell'Ab. Michele Colombo,
Venezia 1832 Ed. Alvisopoli...
20 - BERNARDI, op. cit. pag. 196
21 - MARCHESAN, op. cit. pag. 338
22 - DI TIPALDO, op. cit. pag. 263 Vol. VIII
23 - Altra bibliografia riguardante Michele Colombo si trova nella biblioteca
del seminario di Vittorio Veneto ed è stata raccolta da A. Maschietto.
81
|