Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°2 - 1980- Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigianae

Graffiate

Le fiabe delle origini

Il benevolo lettore ci perdonerà se continuiamo ad esercitare le unghie su chi ha scelto di scrivere di storia. Chi lo fa ? e gli esempi da queste nostri parti sono stati negli ultimi tempi assai numerosi ? indulge spesso alla tentazione di partire... da Adamo. Dovendo scrivere la storia, poniamo, di un paese, o di una parrocchia, o di una chiesa, l'autore deve cominciare, è ovvio, dalle origini. E le origini spesso si perdono nella famigerata notte dei tempi. Lì si cela la tentazione: che è quella di dar corpo ai fantasmi, di passar per storia le leggende, magari anche di inventare le leggende, in assenza d'originali. L'impressione è che sia come per le favole della nonna, che cominciano sempre con il canonico: "C'era una volta...". "Una volta", ma quale volta? L'autore potrebbe anche rispondere infastidito: "Chi lo sa?" ' Perché veramente, in molti casi, nemmeno lo può sapere. Ma spesso l'autore non se la sente, e teme che i lettori attribuiscano l'ignoranza a lui; oppure pensa che, in fondo, colorire di notizie la notte grigia dei secoli e dei millenni passati non siano gran colpa. E che comunque i lettori non si prenderanno mai la briga di verificare. E che in ogni caso, se è difficile dimostrare che un fatto è avvenuto, come si potrà mai dimostrare che non sia avvenuto? Di qui le 'fiabe" con cui frequentemente esordiscono molti dei libri di storia locale che abbiamo letto in questi ultimi tempi. Risparmiamo le citazioni al benevolo lettore che già per suo conto avrà trovato numerosi esempi di ciò di cui trattiamo. Ci permettiamo solo un'osservazione conclusiva, che non ci stancheremo di ripetere: un'opera di storia è vera solo se è basata su documenti e su fonti serie: inventare è bello nelle favole, ma nei libri di storia è solo mancanza di serietà.


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