PIER PAOLO BRESCACIN
LA RESISTENZA NELLA MEMORIALISTICA.
IL RASTRELLAMENTO DEL CANSIGLIO (1944)
E LE RAGIONI DELLA SCONFITTA
NELLA POLEMICA CLOCCHIATTI-SPAGNOL
Introduzione
"La mia permanenza in Cansiglio è stata fin
troppo breve luglio 1944 al 10 settembre] per consentirmi di raccogliere
tutti gli elementi necessari ad un ponderato giudizio sulle responsabilità
di quanto è accaduto. le dichiarazioni che faccio (...) non possono
aver altro valore all'infuori di quello che si può accordare alle
impressioni personali e soggettive di un testimone che ha potuto osservare
alcuni aspetti delle cose.
La mia prima impressione che andò di giorno in giorno trasformandosi
in convinzione è che i Comandi si fossero lasciati sedurre dalla
prospettiva di dar vita ad una unità di prima grandezza, quale
un corpo d'armata, basandosi unicamente sulla disponibilità degli
effettivi reclutabili, senza calcolare quelle essenziali di quadri e armamento
(...)
un afflusso di uomini, sovente disarmati o male armati, non contribuì
se non a moltiplicare i problemi logistici e tattici, per il Comando,
che alla loro realizzazione appariva impreparato per mancanza di dottrina
ed esperienza", portando inevitabilmente alla disfatta il movimento
partigiano.
Così scriveva il 16settembre 1944 al CLN di Vittorio Veneto |1 |,
all'indomani della conclusione degli avvenimenti accaduti in Cansiglio,
lo scrittore vittoriese Tito Antonio Spagnol |2 |, classe 1895, già
partigiano del Gruppo
1) Cfr. Relazione di Tomasi al CLNdi Vittorio
Veneto del 16. 9. 1944, f. 1
2) Tito Antonio Spagnol (Tomasi) nacque a Vittorio Veneto nel 1895. Giornalista
e inviato
speciale al Nuovo Giornale di Firenze, collaboratore da Hollywood di riviste
specializzate
come Il Tempo di Roma, fu autore di romanzi polizieschi di grande successo,
più volte
ristampati e tradotti in più lingue. Dopo 18 settembre 1943 partecipò
alla resistenza come
PIER PAOLO BRESCACIN. Laureato in lettere, insegnante. Direttore scientifico
dell'Ufficio per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea
del Vittoriese. Su questo tema è autore di varie pubblicazioni.
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Brigate Vitorio Veneto in qualità di vice commissario del Battaglione
Trentin.
Parole attendibili le sue - tenuto conto del fatto che chi le aveva espresse
era stato testimone e protagonista in prima persona di tutti i fatti accaduti
nell'Altopiano - e per un certo verso scomode, che Spagnoi non mancherà
di ribadire e precisare successivamente e in più occasioni, suscitando
le rimostranze e le feroci repliche di alcuni diretti protagonisti della
lotta partigiana, in primis del commissario della Divisione Nannetti Amerigo
Clocchiatti (Ugo) |3 |, uno dei padri della lotta partigiana in Cansiglio.
Ma per meglio intendere le affermazioni di Spagnol e la furibonda polemica
che ne seguì con l'onorevole Clocchiatti, vai bene ripercorrere
brevemente le vicende del rastrellamento in Cansiglio dell'estate 1944,
nella sua genesi, nei fatti che lo determinarono e nelle conseguenze che
esso ebbe nei movimento partigiano nel suo complesso.
Il grande rastrellamento in Cansiglio dell'estate 1944
Il rastrellamento in Cansiglio dell'estate 1944 |4 | non fu
un fatto isolato, che riguardò unicamente il Vittoriese e il Bellunese,
ma tutto il Nord Italia.Esso va quindi letto e collocato nell'ambito della
strategia nazifascista tesa ad eliminare sistematicamente quelle zone
franche controllate dai partigiani e collocate nei contrafforti della
pedemontana.
Le zone libere - soprattutto quelle del Nord-Est - erano una autentica
spina nel fianco dei tedeschi, sia in caso di tenuta della linea Gotica,
in quanto impedivano il controllo di importanti vie di comunicazione con
la Germania, sia in caso di cedimento, perchè vietavano la loro
utilizzazione come estrema difesa e baluardo, a ridosso delle Prealpi
e del greto dei fiumi, del Terzo Reich.
Giocoforza era necessario eliminarle, qualunque fosse stato l'esito finale
della guerra.
membro del CLN di Vittorio e come partigiano combattente
nel battaglione Trentin. Morì a Vittorio Veneto nel 1979.
3) Amerigo Clocchiatti (Ugo), classe 1911, nativo di Udine, iscritto al
Partito Comunista, fu prima attivo antifascista, passando clandestinamente
la frontiera fra Francia e Italia; poi fu uno degli organizzatori del
movimento partigiano nel Veneto. Primo Commissario politico della Divisione
Nino Nannetti, divenne dopo il rastrellamento del 1944 fino alla Liberazione
Commissario della Piazza di Milano e vicecomandande del CVL del Nord Emilia.
Deputato nel dopoguerra per tre legislature nel Partito Comunista, fu
anche fortunato scrittore (cfr. il libro Cammina Frut del 1972) e vivace
polemista. Morì alla fine degli anni Ottanta.
4) Per tutte le informazioni sul rastrellamento si vedano i volumi: Sui
Sentieri della Resistenza in Cansiglio e Immagini della Resistenza nel
Vittoriese.
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1. Rastrellamento del Cansiglio. Le diretttric dell'attacco.
I primi assaggi di questa imponente opera di bonifica del
territorio da parte tedesca si ebbero nella pedemontana vittoriese a partire
dal 10 agosto, quando reparti tedeschi attaccarono il Solighese.
In tale occasione i tedeschi distrussero 90 abitazioni circa tra Pieve
di Soligo, Solighetto e Soligo. Nei giorni successivi venne investita
tutta la zona libera della Vallata e del Quartier del Piave, e in particolare
i comuni di Miane, Combai, Follina, Valmareno, Tovena, Revine, roccaforti
delle brigate Mazzini, Piave e Tollot, che furono costrette ad abbandonare
le posizioni e a sfollare in pianura o in direzione dell'Altopiano del
Cansiglio.
Indi, a partire dalla fine di agosto-primi di settembre, i tedeschi, forti
di seimila uomini e mezzi pesanti, attaccarono le formazioni stanziate
sul Cansiglio.
"Il CLN di Vittorio Veneto aveva avvertito con diversi giorni di
anticipo il Comando Divisione che i tedeschi stavano organizzando un massiccio
rastrellamento. Questa informazione era pervenuta con diversi giorni di
anticipo al CLN di Vittorio Veneto mediante una staffetta del CLN di Venezia,
ed essa venne da me confermata arrivando in Cansiglio ai capi del Gruppo
Brigate Vittorio Veneto, che furono i primi che incontrai. Probabilmente
non si prestò fede ad essa, né mi risulta che fossero state
prese misure difensive precauzionali nemmeno nei luoghi di più
agevole transito attraverso i quali si poteva raggiungere l'Altopiano
(...) Si confidò nell'idea dell'inaccessibilità del (Cansiglio),
profondamente radicata in chi di guerra aveva una limitata esperienza"
|5 |.
Così si diede asilo ai garibaldini della Tollot e della Mazzini
provenienti dal Cesen e dal Visentin, e venne dato l'ordine di mobilitare
il battaglione Trentin, che stava per essere inquadrato, di avviarsi in
Cansiglio. "Ne rimanemmo stupiti, ma quella non era la sola perpiessità
che ci aveva preoccupato in questi ultimi tempi nei nostri rapporti con
il Comando di Divisione. In Cansiglio - dirà Spagnol - c'era qualcuno
che forzava la mano un po' troppo, ma non sapevamo chi fosse e sopra ogni
cosa non riuscivamo a capirne la ragione" |6 |.
Il primo attacco tedesco si registrò all'alba del 31 di agosto
in località Prese di Mezzomiglio, quando provenienti dall'impervio
sentiero del Gaviol del Fadalto un reparto tedesco entrò in contatto
con un reparto di partigiani della brigata Fratelli Bandiera, che vennero
sopraffatti e uccisi.
I rinforzi prontamente spediti, tra cui un nucleo del battaglione Trentin,
permisero di contenere l'infiltrazione e di ricacciare i tedeschi dall
'Altopiano. Intanto, anche nel settore orientale, venivano investiti in
località GaiardinCol Tambol i battaglioni Manara, Manin e Nievo.
Nei giorni successivi furono interessati invece i settori dell'Alpago
e del
5) Tito Spagnol, Memoriette Marziali e Veneree,
Milano, Spagnol Editore, 1970., p. 314.
6) Ibidem
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Pizzoc. E proprio sulla dorsale esterna del Pizzoc si concentrò
l'azione tedesca che, forte del fuoco dei cannoni da 149 mm che i tedeschi
avevano piazzato a Vittorio Veneto, Fregona e sul Fadalto, riuscì
a sfondare l'8 di settembre in località Zuel e Monte Croce il dispositivo
garibaldino.
Un contrattacco alla baionetta operato nel primo pomeriggio dal Gruppo
Brigate Vittorio Veneto comandato daGiobatta Bitto e da Amerigo Clocchiatti
permise di contenere l'avanzata dei nemici ai campi di Cadolten. Ma l'accesso
al Piano era oramai solo questione di tempo.
"A sera - ricorda Spagnol - tutte le macchie di ceduo che pezzano
i dorsali esterni di questo Altopiano erano in fiamme, e i loro riflessi
illuminavano sinistramente il Piano del Cansiglio" |7 |.
Per tutta la giornata del 9 di settembre si continuò a combattere,
ma oramai la situazione era assai compromessa. "Loro - ricorda sempre
Spagnol
- avevano cannoni e mortai, noi poche mitragliatrici pesanti, conte quali
non si poteva certo combatterli. Per quanto il maggiore Tilman avesse
promesso di adoperarsi, gli Alleati ci avevano rifornito di molto esplosivo,
di armi automatiche leggere ma di nessun mortaio (...) Dieci giorni di
combattimento poi avevano quasi esaurito le munizioni di cui si disponeva |8 |.
L'unica speranza erano i lanci promessi da Radio Londra. In effetti, quella
stessa notte due aerei sorvolarono il campo di lancio allestito in Pian
Cansiglio. " Li individuammo - ricorda Spagnol - da Levante, tra
gli squarci delle nuvole basse che parevano impigliate alle vette, e subito
attizzammo i grandi fuochi di posizione disposti a croce sul piano" |9 |.
Inevitabile dunque il ripiegamento, che venne ordinato dal Comando di
Divisione la sera del 9 settembre 1944.
La tabella di marcia prevedeva l'ammassamento dei reparti presso il Palazzo
di Pian Cansiglio, il ricongiungimento con le formazioni del settore orientale
in località Candaglia, e lo sganciamento in direzione Piancavallo,
per congiungersi alle formazioni dell'Osoppo.
Ma la notizia che i tedeschi si stavano dirigendo in Ceresera e Pian Cavallo,
per stringere in una morsa fatale le formazioni partigiane, costrinse
il Comando della Nannetti a modificare i piani iniziali, e ad ordinare
ai reparti di filtrare autonomamente, per piccoli gruppi, tra le maglie
del nemico, e guadagnare successivamente la pianura, ove sarebbe stato
più facile sfuggire al nemico. Solo il Comando di Divisione decise
di rimanere sull'Altopiano, in una zona inaccessibile, finchè fosse
passata la bufera.
E così avvenne. Quando i tedeschi arrivarono la mattina del 10
sul Piano, non trovarono alcuna traccia dei partigiani. Timorosi di entrare
nel folto del bosco, sfogarono così la loro rabbia sulle casere
e sulle malghe, che vennero
7) Ivi, p. 332.
8) Ibidem
9) Ivi, p. 335.
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in gran parte danneggiate e distrutte.
La manovra di sganciamento, sia pur operata all'ultimo minuto e non sempre
con ordine, ebbe quindi esito positivo, e costò al movimento partigiano
solo la perdita di dodici uomini. Ma sarebbe potuto andar ben peggio,
se la fortuna avesse abbandonato i garibaldini.
Le polemiche sulla sconfitta del Cansiglio.
La battaglia del Cansiglio - o meglio la sconfitta del Cansiglio,
perchè di ciò si trattò, al di là di ogni
eufemismo - nonostante le esigue perdite subite dai partigiani, non mancò
di suscitare vasta impressione e scoramento nel movimento partigiano e
nella popolazione tutta. "Per il credito accumulato (nel tempo) e
per il fatto che ci credevano invincibili - dirà Clocchiatti -
fu uno schianto nei Comandi Superiori e nelle sedi politiche" |10 |.
L'orrore, lo sgomento e la rabbia per le distruzioni e i lutti subiti,
se scavarono un fossato di odio nelle popolazioni e nei resistenti nei
confronti dei nazifascisti, non riuscirono nei più a vincere sentimenti
di paura. Tanto che le formazioni fecero fatica a ricostituirsi, e ripresero
una piena funzionalità operativa solo a partire dalla primavera
successiva.
Inevitabili le polemiche, che si accesero a caldo subito dopo il rastrellamento
e che si protrassero per tutto il dopoguerra, riaccendendosi ad intermittenza
in occasione di convegni, commemorazioni o presentazioni di libri sull'argomento.
Erano le stesse proporzioni della disfatta in qualche modo a suscitarli:
ci si chiedeva infatti come mai un rastrellamento, anche di grande dimensioni
come quello avvenuto in Cansiglio, avesse comportato l'abbandono e la
liquidazione del movimento partigiano, come mai la sconfitta avesse assunto
le proporzioni di una vera e propria disfatta, e soprattutto di chi fossero
le responsabilità dell'accaduto.
Tra le varie voci che cercarono di far chiarezza sui fatti ed di accertare
in qualche modo le responsabilità della sconfitta, va annoverata
anche quella di Tito Antonio Spagnol.
Lo scrittore vittoriese, che aveva partecipato come abbiamo visto in prima
persona alla battaglia del Cansiglio ed era sfuggito alle truppe tedeschi
discendendo nottetempo, in moda assai rocambolesco, con altri dieci sbandati
lungo i pendii di Pian de la Pita e del Faffon, già all'indomani
del rastrellamento aveva inviato all'allora presidente del CLN vittoriese,
Giovanni Gandin (Maso) |11 | 1), una relazione dettagliata degli eventi
che aveva
10) Amerigo Clocchiatti, Il Commissario della Divisione
"Nannetti" replica al Partigiano
Tito A. Spagnol, in "Sette Giorni Veneto", 30 ottobre 1973,
p. 8.
11) Giovanni Gandin (Maso), classe 1919, di Vittorio Veneto, fu negli
anni 1943-1945 uno
dei più attivi organizzatori del movimento partigiano a Vittorio
Veneto, e ricoprì la carica di
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Gava], il quale a sua volta lo aveva ricevuto da Piero Dal
Pozzo |15 |, che in quei giorni era presente in Cansiglio dove stava lavorando
con Ugo
Clocchiatti]ormare la Divisione in Corpo D'Armata" |16 |. Tale iniziativa
"era stata taciuta al Comando Gruppo Brigate Vittorio Veneto, che
ne risentì palesemente quando io assieme a Italo, vice comandante
del battaglione, ci presentammo al Comando Gruppo Brigate, che aveva sede
alla Crocetta. Tra l'altro il nostro arrivo non era stato preannunciato
dai posti di blocco situati lungo la carrozzabile FregonaCansiglio, attraverso
i quali eravamo prima passati" |17 |.
Ma perché tale gioco
di gonfiare gli effettivi delle formazioni? Spagnol non ha dubbi. Aveva
mancato di precisarlo nella prima relazione a Maso, lasciandolo però
intravedere tra le righe. Lo fa ora, e in modo esplicito, sgombrando il
campo da ogni fraintendimento.
Si tratta - secondo Spagnol - di "criteri, finalità, intendimenti
che nulla avevano a che fare con la lotta di liberazione, ma che miravano
piuttosto a promuovere un utopistico movimento insurrezionale a sfondo
15) Piero Dal Pozzo, classe 1898, nativo di Ponte di Piave
(Treviso), antifascista, volontario nelle Brigate Internazionali nella
guerra civile spagnola, fu uno dei maggiori organizzatori durante la Resistenza
delle brigate garibaldi in Veneto nonché coordinatore delle varie
formazioni partigiane del vittoriese e del coneglianese. Primo segretario
nel dopoguerra della sezione comunista di Treviso, fu deputato per diverse
legislature sempre per il Partito Comunista. Morì nel 1979.
16) Tito Antonio Spagnol, Vittorio Veneto e la Divisione "Nannetti",
in "Sette Giorni Veneto", 25 settembre 1973, p. 9.
17) Ibidem.
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comunista" |18 |. a sottolineatura è nostra] Questa
la ragione per cui si faceva affluire in Cansiglio quanti più uomini
possibili.
"Ignoro - dirà Spagnol - se il disegno fosse frutto d'ambizione
personale del commissario politico o rientrasse in quello dei comunisti
di servirsi, a liberazione avvenuta, del CLN come strumento per impadronirsi
del potere. L'episodio può interpretarsi nei due sensi, e non lo
riferisco per diminuire in alcun modo la prevalenza, l'ardore e il sacrificio
di sangue che i comunisti hanno dato alla lotta di Liberazione, ma sia
in un senso che nell'altro, per chiarire l'incongruità dell' arroccamento
sull'altipiano di così ingenti forze, in contrasto con la dottrina
e la pratica della guerriglia, argomento che più volte avevo discusso
con Gandin" |19 |.
La replica di Clocchiatti
L'analisi di Spagnol sulla sconfitta del Cansiglio costituiva
in realtà un vero un vero e proprio atto di accusa nei confronti
di quella frazione della Resistenza - la componente comunista - responsabile,
a suo dire, di aver utilizzato la lotta di liberazione a fini politici,
per una ipotetica rivolta insurrezionale comunista, senza tener conto
dei costi materiali e umani che essa avrebbe comportato.
Inevitabile la risposta dalle stesse pagine del giornale Sette Giorni
Veneto |20 |, per bocca di uno dei protagonisti più autorevoli della
Lotta di Liberazione, quasi un padre della resistenza in Cansiglio e cioè
l'ex commissario, poi deputato del Pci, Amerigo Clocchiatti.
"La battaglia del Cansiglio - dirà Clocchiatti - è
una delle pagine di gloria del movimento partigiano, che non potrà
essere scalfita da scribacchini con il veleno in corpo" |21 |.
Premesso questo, Clocchiatti liquida le affermazioni di Spagnol come puro
parto di fantasia, frutto di disinformazione e di ingiusta e sterile polemica
"Sgombriamo subito il terreno - esordisce Clocchiatti - da fantomatici
piani e finalità che miravano ad un utopistico movimento insurrezionale
comunista. Per me, comunista di antica data e di studi moscoviti, era
chiarissimo che non si lottava per una soluzione comunista, e non ci voleva
molto a capirlo. Dal Sud non risalivano le armate sovietiche apportatrici
di idee sociali e politiche avanzate, ma bensì le armate inglesi
e americane, e
18) Ibidem.
19) Tito Antonio Spagnol, Memoriette cit., pp. 330-331.
20) Amerigo Clocchiatti, Il Commissario della Divisione Nannetti replica
la partigiano Tito
A. Spagnol, in "Sette Giorni Veneto", 30 ottobre 1973, pp. 8-9.
21)Ibidem.
101
tempo che conducevamo quella guerra" |26 |.
"E solo dopo l'attacco del Cansiglio io e Filippo Filippo Albertelli,
comandante della Divisione Nannetti durante il rastrellamento del Cansiglio
traemmo l'insegnamento che s'imponeva" |27 |.
E la polemica continua
Dialogo tra sordi, dunque, che registrò a distanza
ancora uno strascico, e cioè una replica di Spagnol, seguita a
ruota da una nuova precisazione di Clocchiatti.
Spagnol, in particolare, ribadiva sostanzialmente le posizioni già
avanzate in precedente, mettendo in evidenziava anche "la dissennatezza
delle disposizioni superiori CLNAI e CVL per la guerra ad oltranza",
chiaramente imposte - secondo Spagnol - dalla frangia comunista in essi
maggioritaria.
Non mancò tuttavia di scindere le responsabilità dei Comandi
superiori da quelle personali di Clocchiatti, di cui riconobbe l'onestà
e la buona fede, e il cui "unico torto fu quello di seguirle CLN]
anzichè ignorarle, come fecero invece altri comandanti che dimostrarono
meno osservanza agli ordini ma più buon senso" |28 |.
Per quanto riguarda l'unitarietà della conduzione militare sbandierata
da Clocchiatti, Spagnol ribadì che l'invio del Trentin "fu
accolto con improperi, e l'esito ditale accoglienza fu tale che il vice
comandante si dimise sul momento e nemmeno Maine, che ne era il comandante,
volle conservare la carica, e il battaglione venne disciolto e i suoi
elementi aggregati ad altri battaglioni (...) Altro che bandiera al vento
e accordo tra Pagnoca |29 | e Ugo su tale questione" |30 |. Di contro
Clocchiatti si limitò a sottolineare l'anno successivo, in occasione
dell'anniversario del rastrellamento in Cansiglio, la "grandezza
e onorabilità della nostra storia politico e militare, "la
solennità dei documenti riportati che non dovrebbe lasciar dubbi
sul nostro agire", liquidando ogni polemica, alimentata anche da
libri usciti ultimamente, sterile e pretestuosa, in quanto basata su "documenti
disinformati e cuciti con spago grosso e molta fantasia" |31 |.
"Il detrattori di ieri e oggi - concluderà Clocchiatti - guardano
solo a un obiettivo: spegnere una grande fonte di forza per le forze democratiche
che
26) Ivi, p. 8.
27) Ivi, p. 7.
28) Tito Antonio Spagnol, Spagnol risponde al Commissario 'Ugo', in "Sette
Giorni Veneto",
13 novembre 1973, p. 6.
29) cfr. Giobatta Bitto, comandante del Gruppo Brigate Vittorio Veneto.
30) Ibidem.
31) Amerigo Clocchiatti, Come andò quel tremendo 8Settembre sul
Pian Cansiglio, in "Sette
Giorni Veneto", 10 settembre 1974, p. 5.
103
hanno fatto proprio la Resistenza, quella Resistenza che
diede all'Italia la Costituzione e la Repubblica |32 |.
L'allusione a Spagnol era fin troppo evidente.
Un bilancio conclusivo
La polemica finì tutta qui, e andò stemperandosi
negli anni a seguire sia per la scomparsa dei diretti interessati, ma
anche di buona parte dei protagonisti di allora.
La memorialistica e soprattutto la storiografia, chiamate anch'esse a
dar lumi in materia, hanno sempre dimostrato una certa reticenza ad affrontare
l'argomento, e quando non hanno glissato sulla questione hanno sempre
preferito mettere l'accento sul sacrificio eroico di tanti giovani garibaldini
o sulle atrocità commesse dai nazifascisti, più che sugli
errori commessi dai resistenti.
La collocazione poi della battaglia del Cansiglio nel contesto più
ampio della lotta resistenziale, e le analisi comparate effettuate in
ordini ad analoghi rastrellamenti avvenuti in altre zone, hanno fatto
passare la sconfitta del Cansiglio come un evento quasi fisiologico del
movimento partigiano, cancellando o quanto meno minimizzando ogni eventuale
responsabilità in merito alla sconfitta |33 |.
Così, a distanza di 50 anni e più, rimane paradossalmente
ancora tutto aperto il bilancio conclusivo di quella polemica che contrappose,
talvolta in modo civile, talvolta in modo aspro e acceso, lo scrittore
vittoriese Tito Antonio Spagnol e il commissario della Nannetti Amerigo
Clocchiatti.
Fu quella del Cansiglio una sconfitta - come suggeriva Spagnol - dovuta
a ragioni politiche (leggi: gonfiamento dei reparti finalizzati a una
successiva insurrezione comunista), che nulla avevano a che fare con la
Resistenza, oppure una sconfitta dovuta a circostanze tattico militari
(leggi: errata valutazione degli elementi in gioco, inesperienza e così
via), come invece asseriva Clocchiatti?
Difficile stabilire patenti di ragione e torto... Probabilmente la verità,
come in altri casi, non sta nè da una parte né dall'altra,
ma nel mezzo.
La sconfitta del Cansiglio dipese sì per un verso - come è
stato messo ben in evidenza dallo stesso Clocchiatti - da un'errata considerazione
della dinamica degli eventi bellici, da una certa inesperienza e sottovalutazione
del nemico.
32) Ibidem.
33) Si veda per esempio, tra gli altri, il giudizio espresso da Giuseppe
Landi, Rapporto sulla
Resistenza Zona Piave, Milano, La Pietra, 1982, p. 104 e ss.
104
Ma dipese fors'anche - e qui Spagnol ne suggerisce una lettura
illuminante - dal gonfiamento dei reparti e dall'ostinazione di una difesa
ad oltranza, che moltiplicarono a dismisura i problemi logistici. Difesa
e gonfiamento dei reparti operati surrettiziamente per fini prettamente
politici, ma non già -come suggeriva Spagnol - per una "ipotetica
rivoluzione comunista", cosa che in una rigida spartizione del mondo
in due blocchi di fatto era impossibile, ne' era nei programmi a breve
termine del Comunisti, ma nel senso di un'occupazione di tutti quegli
spazi politici e amministrativi possibili prima dell'arrivo degli Alleati,
in modo da condizionare le future forze politiche liberamente elette e
controbilanciare eventuali progetti di normalizzazioni che erano già
nell'aria. Cosa questa che era nelle legittime intenzioni del Partito
Comunista, e che nessuno può negare.
Al di là della bontà delle ragioni dell'uno e dell'altro
e delle eventuali considerazioni retrospettive che si possono trarre sull'argomento,
soprattutto con il senno del poi, il carteggio Spagnol-Clocchiatti ha
il pregio di evidenziare in modo preciso ed inequivocabile le due differenti
anime che hanno connotato la Resistenza, e non solo nel Vittoriese. La
prima, alla quale può essere avvicinato lo scrittore vittoriese
Tito Antonio Spagnol, coagulata attorno ad un fronte moderato, formato
per lo più da ufficiali del disciolto esercito e solcata da venature
anticomuniste, che teorizzava l'attività partigiana prevalentemente
come attività di intelligence e sabotaggio; una seconda, quasi
antitetica, rappresentata da Clocchiatti, che si stringe intorno al Partito
Comunista, secondo la quale la guerra partigiana doveva caratterizzarsi
per l'incisività dell'azione militare, il coinvolgimento delle
popolazioni e per una spiccata caratterizzazione politica delle bande.
Si tratta di due componenti della Resistenza, come si può ben vedere,
che si divisero non soltanto durante la lotta, ma anche successivamente,
nella valutazione e nel significato da assegnare alla stessa esperienza
resistenziale.
A sinistra lo scrittore vittoriese Tito Antonio Spagnol
in una foto d'epoca,
a destra Amerigo Clocchianti, commissario della Divisione 'Nino Nannetti'
BIBLIOGRAFIA
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e la Divisione Nino Nannetti, Atti del
Convegno svoltosi a Vittorio Veneto il 23 ottobre 1966, a cura della Segreteria
del Comitato
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29 itinerari storico-naturalistici sulle orme del
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della Resistenza e della
Società Contemporanea del Vittoriese, 1998, pp. 276.
- CLOCCHIATTI, Amerigo, Cammina Frut, Milano, Vangelista,
1972, pp. 469.
- ID., Il Commissario della Divisione 'Nannetti'
replica al Partigiano Tito A. Spagnol, in" Sette Giorni Veneto",
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del Cansiglio del 16settembre1944, ff. 5 in Archivio storico della Resistenza
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- ID, Memoriette Marziali e Veneree, Milano, Spagnol
Editore, 1970, pp. 369.
- ID, Vittorio Veneto e la Divisione 'Nannetti',
in "Sette Giorni Veneto", anno III, n. 39, 25 settembre 1973,
p. 9.
- ID., Spagnol risponde al Commissario 'Ugo', in
"Sette Giorni Veneto", anno III, n. 46, 13 novembre 1973, p.
6.
REFERENZE FOTOGRAFICHE E DOCUMENTI
- 1. AA.VV., Note su Fascismo, Antifascismo
e Resistenza in Provincia di Treviso, a cura della Federazione Provinciale
del Partito Comunista di Treviso, Treviso, c.i.p., aprile 1975.
- 2. Amerigo Clocchiatti, Camina Frut, Milano, Vangelista,
1972
- 3. Archivio Privato Silvia Strazzer, Vittorio
Veneto
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indice generale
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