LOREDANA IMPERIO
UNA PAGINA INEDITA DI STORIA CAMINESE
Il recente ritrovamento di una serie di pergamene, sedici per l'esattezza,
all'Archivio arcivescovile di Ravenna, mi ha permesso di rinvenire alcuni
inventari di beni templari di precettorie del Veneto e di quella friulana
di San Quirino presso Pordenone.
Purtroppo il fascicolo, datato 1310|1|, non è integro sebbene la
numerazione delle pergamene, forse adottata in un secondo tempo, sia sequenziale.
Infatti mancano le pergamene iniziali e le prime due, delle sedici ritrovate,
sono talmente rovinate da essere leggibili solo in parte. Nelle successive
pagine si passa dal 23 febbraio 1310 di una pergamena, ad un non meglio
precisato giorno di marzo nel foglio successivo e ciò ci fa presumere
che le due pagine fossero, all'origine, separate da altre. Infine mancano
le pergamene conclusive poiché l'elencazione di beni dei dintorni
di San Vitale di Verona s'interrompe, mentre dal tono del documento si
ha la certezza che esso debba continuare.
Comunque, sebbene incomplete, queste sedici pergamene sono fonte di straordinarie
notizie non solo attinenti alla tematica templare, ma ad un più
ampio contesto politico e religioso della storia del Veneto Orientale
e del Friuli agli inizi del XIV secolo.
Sappiamo che in Francia i Templari furono arrestati il 13 ottobre 1307
e nello stesso giorno, su ordine del re, si compilarono gli inventari dei
beni e si procedette ai sequestri|2|, mentre negli altri stati europei si agì
solo a partire
dal 1308.
1) Archivio Arcivescovile di Ravenna n. 12579
a. 1310 fasc. 4.
2)13 ottobre 1307- Inventaire des biens de la Maison de Baugie, Archives
Nationales Parigi,
J 413, n. 29.
LOREDANA IMPERIO. Storica medievalista, la sua attività
di ricerca è rivolta, in special modo, allordine monastico cavalleresco
dei Templari. Autrice di numerosi saggi, pubblicazioni, interventi relativi
alla storia locale. È presidente del Circolo Vittoriese di Ricerche
Storiche.
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È probabile che la bolla di Clemente V del 22 novembre
1307, la "Pastoralisproeminentiae" |3|, con la quale egli ordinava
ai regnanti cristiani di seguire l'esempio del re di Francia e di arrestare
i templari presenti nei loro stati, ponendo sotto sequestro a favore del
papa i beni dell'Ordine in attesa del giudizio definitivo, abbia trovato,
in Italia, serie difficoltà di attuazione.
La penisola italiana non era uno stato unitario bensì un insieme
di regni, città-stato, repubbliche, liberi comuni e signorie più
o meno grandi. Il Sud era diviso in due regni governati: quello di Sicilia
da Roberto d'Angiò e quello di Trinacria da Federico d'Aragona
con i quali il pontefice poteva interloquire nell'affare templare. Ma
per il Centro-Nord dell' Italia a chi rivolgersi?
Forse la bolla inviata ai vescovi, arcivescovi e patriarchi lo fu con
l'ordine di notificarla ai vari signori e organi di governo comunali,
poiché non ci risulta dai documenti di Clemente V che essa sia
mai stata indirizzata ai capitani ovvero signori di Verona, Padova, Treviso,
Vicenza, o ai podestà dei liberi comuni o ai Dogi di Venezia e
Genova.
La scarsezza di documenti reperiti per gli anni dal 1308 al 1310, non
ci permette di comprendere appieno quanto accadde delle precettorie italiane
e dei loro occupanti. L'ordine di arresto dei templari nel regno di Sicilia
ebbe esecuzione il 12 marzo 1308 |4|, mentre già il 10 gennaio
precedente il domenicano frate Ottone da Milano, inquisitore in Lombardia
e Marca Genovese, aveva provveduto ad arrestare i templari di Casale Monferrato
|5|
Mentre in Puglia, Calabria e altri luoghi del meridione si procedeva alla
esecuzione degli ordini papali, nel Nord Italia vi erano ancora luoghi
ove nulla era mutato. Infatti, il 26 giugno 1308, fra' Oddino di San Giorgio,
precettore di Murello (CN) dirigeva ancora la sua precettoria e vi trattava
affari relativi alla vita della stessa |6| Sappiamo che sino al 17 dicembre
1309 i beni e le rendite templari di Milano erano state in mano a Guido
della Torre, capitano perpetuo del comune e del popolo milanese, "al
quale Clemente V aveva affidato le cure e l'amministrazione dei beni mobili
ed immobili templari" |7|
Nelle zone di Novara, Vercelli, Casale, Ivrea e Livorno Ferraris, i beni
"erano stati sottratti o usurpati da uomini ribelli e disobbedienti
|8|
3) Dupuy P.: "Histoire de la condamnation des Templiers",
ed. Parigi 1700, p. 222.
4) Capone B.: "I documenti italiani pubblicati da Hans Prutz"
in Atti del IV Convegno LARTI,
L'Aquila 24-25 maggio 1986, Capone F. Torino, p. 165.
5) Caravita R.: "Rinaldo da Concorezzo, arcivescovo di Ravenna al
tempo di Dante" Olscki
Firenze,p. 116.
6) Capone B.: "Quando in Italia c'erano i templari - Italia settentrionale"
F. Capone, Torino
1997, p.5'7.
7) AAR, caps. S. lit. E, n. 10. In questa data Guido della Torre autorizzava
Martino a
consegnare ai vicari degli arcivescovi di Ravenna e Pisa i beni e le rendite
templari di Milano.
8) Caravita R.: op. cit. p. 134-135.
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Il 7 agosto 1312, fra' Atto, precettore ospedaliere di Santa Maria del
Tempio di Bologna, si recò a Rimini, nel palazzo del signore Malatestino
Malatesta, e gli chiese che gli fossero consegnati i beni del Tempio di
cui egli si era appropriato |9| e lo stesso giorno, il medesimo fra' Atto,
dovette richiedere anche la restituzione della chiesa e del convento di
San Michele Arcangelo occupati abusivamente da prete Buono, rettore della
chiesa riminese di San Martino in Vite |10|
Il 12 agosto 1308 Clemente V inviava la bolla "Faciens misericordiam"
a tutti i prelati della Chiesa ordinando loro di inquisire sull'Ordine
del Tempio e i suoi appartenenti nelle varie parti della Cristianità|11|.
Nella stessa data il Papa dava mandato di inquisizione in Curia Romana
ai cardinali Landolfo, titolare di S. Angelo, e Pietro Colonna, perché
sovrintendessero all'arresto dei templari e facessero ricognizione dei
beni confiscati per informarne, quindi, il Papa|12|.
Nella medesima occasione il pontefice emanava altre tre bolle: la "Ad
omniumfere", la "Cum nos pro" e la " Deus ultionum"
|13| Nella prima il pontefice ordinava la restituzione, entro un mese,
dei beni templari sottratti e indebitamente posseduti, pena la scomunica
o l'interdetto; nella seconda egli specificava come la bolla e le lettere
papali dovessero essere rese pubbliche durante la celebrazione delle funzioni
solenni, non in latino ma in lingua volgare affinché nessuno potesse
ignorarle e fossero affisse in luoghi opportuni; nella terza infine Clemente
V elencava l'entità del patrimonio templare, composto da beni mobili,
precettorie, ospizi, case, chiese, fattorie, mulini, diritti e giurisdizioni,
che dovevano essere preservati. I curatori potevano demandare la gestione
ditali beni ad altre persone ritenute idonee, ma non erano autorizzati
né ad alienare né a dividere il patrimonio dell' Ordine,
anzi dovevano cercare di recuperare quanto sottratto anche con la forza
e l'ausilio del braccio secolare. Gli incaricati degli inquisitori avevano
l'obbligo di compilare un inventario redatto pubblicamente e sigillato,
da trasmettere alla Camera apostolica con un rendiconto annuale dei redditi
e profitti dei beni di ogni precettoria. Solo la Deus ultionum risulta
essere giunta ai dogi veneziano e genovese, al capitano di Milano e ad
altre simili autorità affinché recuperassero i beni templari
|14|
9) Atto di cessione dei beni templari in
Romagna ai Giovanniti. Bologna 21luglio 1312 in
"Pellegrini, crociati e templari" Caruso E. - Imperio L. - Mauro
M. Moderna Castrocaro
Terme 1994. p. 265.
10) vedi Nota n. 9.
11) Regestum Clementis Papae V (voi. Il - III) cura e studio monachorum
ordinis S. Benedicti
Anno MDCCCLXXXV - Romae, ex typographia Vaticana, MDCCCLXXXV, n. 3403
Pictavis 12 aug. 1308.
12) Portolan S.: "Sul processo per eresia dei Templari" Penne
e Papiri, Latina 1999, p. 14.
13) Regestum op. cit. n. 3400 "Ad omnium fere"; n. 3401 "Cum
nos pro"; n. 3515 "Deus
ultionum".
14) Regestum op. cit. n. 3515, p. 315.
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Come si può notare dal tenore di queste tre bolle,
la maggiore preoccupazione del pontefice era di carattere finanziario,
infatti egli dedicò ben tre bolle al problema del recupero e della
salvaguardia del patrimonio templare, mentre si limitò ad emettere
una sola bolla con le accuse contro l'Ordine dimostrando, ancora una volta,
che il processo non era altro che una spregevole montatura per impadronirsi
delle ricchezze e delle terre dei Templari.
Stranamente troviamo che in Toscana l'inventano dei possessi templari
fu stilato il 24 luglio 1308 |15|, cioè ben 20 giorni prima dell'emanazione
dell'ordine papale, mentre solo il 23 agosto dello stesso anno l'inquisitore
domenicano Egidio de' Prosperi, occupava a Parma la Chiesa e la casa di
Santa Maria del Tempio |16| e procedeva all'inventano dei beni. Seguivano
quindi tutte le altre case dell'Emilia e Romagna|17| e il successivo 2
gennaio 1309 iniziavano le visite e gli inventari di quelle lombarde e
piemontesi.
Nella Marca Trevigiana e nel Friuli gli inventari vennero compilati molto
tardi e precisamente quasi un anno e mezzo dopo l'ordine papale (1310).
Gli inviati degli arcivescovi di Ravenna e di Pisa incaricati di inventariare
le case della Marca Trevigiana e del Friuli erano: fra' Pietro detto Piccinino,
monaco di San Giovanni Evangelista di Ravenna dell'Ordine di San Benedetto,
Lino da San Miniato e Guinuccio da Firenze |18|
Delle precettorie da essi visitate, e menzionate nelle citate pergamene,
mi soffermerò su quelle di Santa Maria del Tempio di Oderzo (TV),
più conosciuta come Domus de Campagna e di San Quirino delle quali
mi ero già occupata in occasione dei precedenti Convegni di Ricerche
Templari della LARTI ad Ascoli Piceno e a San Quirino (PN) |19|.
La lettura dei documenti riguardanti queste due case templari evidenzia
una situazione alquanto sconcertante non riscontrata, sin ora, in alcuna
altra parte d'Italia.
L'inventano, parziale, della domus de Campagna venne stilato il 3 marzo
13 10 |20|, dopo che i procuratori avevano inventariato la Chiesa e i
possessi della casa templare di Breda, presso Treviso. Esso è piuttosto
disordinato, salta dai libri sacri ai paramenti, dai vasi sacri alla biancheria
e ad altri oggetti di uso comune, senza un filo logico, quasi fosse stato
redatto sotto dettatura da una persona che ricordava, disordinatamente
via via mentre parlava.
15) Archivio Segreto Vaticano. Instr. mise.
440.
16) Caravita R.: op. cit. doc. XLI, pp. 284-285.
17) Caravita R.: op. cit. doc. XXXVII e XXXVIII, p. 278.
18) AAR, n. 12579, foglio n. 4r.
19) Imperio L.: "La domus de Campagna" in Atti del VIII Convegno
LARTI . Ascoli Piceno
13-14 maggio 1989, Capone F. Torino 1990, pp. 24-42 e "San Quirino:
la donazione" in Atti
del IX Convegno LARTI, San Quirino (PN) 18-19 maggio 1991, Comune di San
Quirino
1991, pp 7-20.
20) AAR, n. 12579, foglio 5r e 5v.
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L'elenco inizia con i libri sacri; un messale, un libro chiamato ordinario|21|,
un altro libro per istruire i catecumeni e per i riti dei defunti. Poi
prosegue con la descrizione delle vesti sacre e corredo d'altare: un paramento|22|
di zendado azzurro |23| con i suoi ornamenti; tre pallii |24| di pignolato
|25| rosso; un piviale|26| di sciamito|27| antico e rosso, un panno di
lino tinto per l'altare; altri palii e piviali di altri colori e una pianeta
nera con i suoi ornamenti, due tendine in lino e due tovaglie di seta.
Poi dei vasi sacri: una pisside d'avorio per le ostie, due grandi pissidi
d'avorio, un'altra tovaglia per l'altare, un gonfalone di zendado con
lo stemma del Tempio. A proposito di questo gonfalone ci preme sottolineare
come sia la seconda volta in assoluto, almeno nei documenti italiani,
in cui viene menzionata la bandiera dell'Ordine, il famoso Baussant, che
da quanto sappiamo era bipartito bianco e nero. Anche qui, come a Santa
Maria del Tempio di Bologna |28|, lo si dice fatto di zendado, un drappo
sottile finissimo di seta, con lo stemma del Tempio. Peccato che il notaio
non descriva lo stemma. Era forse la croce dell'Ordine, i due cavalieri
su un solo cavallo o qualcosa di nuovo e a noi sconosciuto? Purtroppo
non lo sapremo mai, se non troveremo un nuovo e più completo documento
che lo descriva meticolosamente.
Segue l'elencazione di corporali, altre dodici tovaglie d'altare, camici|29|.
Quindi troviamo menzionato un altare portatile, due candelieri di bronzo,
bacili, una cassettina d'avorio, un calice d'argento dorato del valore
di sei o
21) Ordinario: libro che contiene le parti
fisse della messa, oggi contenute nel Messale
romano.
22) Paramentum: paramento, qualsiasi veste che il sacerdote indossa quando
celebra una
funzione religiosa. Sella P.: "Glossario Latino - Italiano; Stato
della Chiesa - Veneto Abruzzi". Biblioteca Apostolica Vaticana. Città
del Vaticano 1944.
23) Zendado: sottile drappo di seta, deriva dal greco Sindòn, Sindone.
24) Pallio liturgico. In uso fin dai secoli V-VI, è costituito
da una striscia di lana bianca, di
forma circolare, che gira intorno al collo, con due appendici della stessa
larghezza, scendenti
l'una sul petto e l'atra sul dorso, e ha sopra sei croci di tessuto di
seta nera.
25) pignolata: tessuto di lino e canapa o lana e canapa.
26) piviale: dal latino pluviale. Paramento sacro che il sacerdote indossa
in alcune funzioni,
ma non durante la celebrazione della messa. Ha forma di manto sino ai
piedi, aperto davanti
e fermato sul petto da una fibbia; di vario colore secondo il rito, è
ricamato e munito di un
pezzo rigido, della stessa stoffa, cucito alle spalle: I vescovi lo indossano
durante la
processione del Corpus Domini.
27) Sciàmito: tipo di tessuto di seta pesante, simile a velluto,
di colore rosso amaranto; è usato
per vesti e paramenti sontuosi.
28) AAR, caps. 5. lit. E, n.7; Bologna 12 ottobre 1309 - Giovanni di Castiglione
e Rainerio,
vicari degli arcivescovi di Pisa e Ravenna consegnano oggetti e libri
sacri appartenenti alla
precettoria templare di Bologna a Dondidio tra i quali c'è: "...
unam Banneriam de sendato
ad arma mansionis . . .". Nella domus de Campania è detto:"...
unum confalonem de cendato
ad armaturam templi. .
29) camice: latino alba, tunica di lino bianca, lunga sino ai piedi, con
maniche al po1so e strette.
È indossato dal celebrante e dai ministri superiori (diacono e
suddiacono) durante la
celebrazione eucaristica.
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sette soldi grossi veneziani, tre custodie per croci, un vaso di bronzo
dorato per il Corpus Christi e due stole |30| Seguono altri libri sacri,
quali un evangelario che inizia con le parole "Siccome Gesù
si avvicinava" |31|; un libro razionale (?) |32| che inizia "nella
domenica d'Avvento" e contiene le preghiere dei santi con l'ufficio
della Trinità cantato e quello degli angeli; antifonarii |33| di
notte e parecchi di giorno; un libro dei canti per le processioni; un
salterio |34| con gli inni; altri libri quali un altro ordinario, un umiliamo
|35| e per finire un libro antico che iniziava con le parole "commemorazione
di San Gerolamo prete".
Nel medioevo i libri erano una rarità, venivano scritti e miniati
a mano negli scriptoria dei monasteri e la grande quantità di libri
liturgici di ogni genere, una ventina, posseduta dai templari della domus
de Campagna ci indica come detta precettoria fosse ricca ed importante.
Ci chiediamo a chi furono destinati questi testi sacri e gli altri arredi
della chiesa?
Furono regalati a personaggi più o meno in vista come avvenuto
in Spagna? |36| Lo ignoriamo poiché non esistono inventari successivi
al passaggio della precettoria in mano Giovannita.
Nella prosecuzione dell'elenco apprendiamo che vi erano due buone campane
nel campanile, una piccola in chiesa e un' altra nel refettorio. In una
vecchia cassapanca erano custoditi tre panni di seta da utilizzare come
avanti altare |37|, due cotte sacerdotali, un turibolo dipinto e una campanella,
un piede di sostegno in ottone per una croce dorata. Un piccolo bacile
30) stola: (tardo lat. orarium) è formata da una
larga striscia di stoffa che gira intorno al collo e ricade sul davanti.
Il colore della stola si uniforma alla pianeta.
31) evangelarium (anche evangelistarium): evangelario, voce dotta latino
ecclesiastico, libro contenente i Vangeli di tutte le messe dell'anno
liturgico.
32) probabile errore dello scrivano, non razionale, ma libro orazionale
contenente le orazioni dei Santi, della Trinità, ecc..
33) Antiphonarium - Antifonario: voce dotta latino ecclesiastico, libro
che contiene le antifone con le relative note di canto fermo; antifona
= canto alternato, versetto cantato o soltanto recitato prima e dopo un
salmo o una preghiera.
34) Salterio ( ant. psalterio, psaltir, saltero, saltiero): libro biblico
che raccoglie i salmi e le relative notazioni musicali. Nella liturgia
delle ore è una raccolta dei 150 salmi distribuiti, secondo le
ore canoniche, nei giorni della settimana.
35) humiliarum: umiliario non è chiaro di che libro si tratti.
Nella casa di Bologna ne vengono trovati due. Vedi nota 28.
36) Sans i Travé J. M.: "E! procés dels Templers catalans
- Entre el turment i la glòria" Pagés Lleida 1991,
p. 310-311. Giacomo Il d'Aragona regalò i libri dei templari ai
suoi fedeli, ai cappellani reali, ai francescani, ai domenicani, ai principi,
ai conventi fondati dalla regina (sua quarta moglie) e a tanti altri.
Se davvero i templari fossero stati eretici, come si volle far credere
all 'Europa intera, sarebbe stato giusto distruggere i loro libri liturgici
e non farne dono ai cattolicissimi sudditi del re aragonese. Anche in
questo caso il profitto e l'opportunismo la fecero da padroni.
37) "tres pannos de seta antem altaribus": si tratta di paliotti
decorativi per coprire la parte anteriore dell'altare.
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vecchio, una crocetta d'ottone e due di legno.
A questo punto i procuratori ammisero di essere venuti a conoscenza che
a Venezia (forse nella casa templare di 5. Maria in capite Brolio) si
trovavano una croce d'argento e un grande calice dello stesso metallo,
un turibolo d'argento dorato e una pianeta di sciamito giallo con i suoi
ornamenti. L'inciso non è molto chiaro e ci sembra strano l'inserimento,
nell'elencazione di oggetti trovati nella domus de Campagna, di altri
presenti a Venezia a meno che questi, considerati di particolare valore,
non fossero stati inviati dal precettore di S. Maria del Tempio di Oderzo
alla casa veneziana templare considerata più sicura e sotto la
protezione della Serenissima. Infatti sappiamo che fra' Emmanuele, precettore
di Santa Maria in Capite Brolio di Venezia, governava ancora tranquillamente
la sua precettoria il 6novembre del 13 12 |38|.
L'elenco prosegue con un insieme di oggetti da cucina e da cantina: sei
botti della capienza di 300 conzi di vino circa |39|, una botte di rovere
da 14 conzi di vino, un'altra da 3 conzi e una da 5, due botti di rovere
da 30 conzi. Tre mastelli di rovere e due tini, madie da pane, imbuti,
quattro botticelle da un conzo, due catene da fuoco e una caldiera.
Nel refettorio fu rinvenuto tutto il necessario per preparare le mense,
inoltre scanni e tavoli nonché una lunga panca vicino alla chiesa.
Il verbale si conclude con il ritrovamento di 10 carri di fieno, 40 conzi
di vino, sei staia di frumento |40|, otto staia di miglio e altrettanti
di sorgo, parecchie assi ed altra legna da laboratorio. Tale distinzione
presuppone che nella precettoria vi fosse una falegnameria per la produzione,
in proprio, di manufatti in legno. Il bestiame era composto da otto mucche
e due scrofe con dieci porcellini. Se quanto suddetto ci dimostra l'importanza
ditale precettoria, l'esigua quantità di bestiame e di riserve
cereali ci inducono a credere che molto di quanto la casa possedesse fosse
già stato venduto o dilapidato.
Ma la parte più interessante di questo inventano è contenuta
nelle due righe conclusive ove è scritto: La stessa precettoria
con tutti i suoi possessi, diritti, giurisdizioni sullo stesso paese e
diritto parrocchiale e di mulino é, tanto in spirituale che in
temporale, tenuta dal signore Rizzardo da Camino, capitano di Treviso,
che lo fa per prudenza manifesta così come appare a tutti.
Dunque gli incaricati dovettero limitarsi ad elencare quanto fu loro detto
o permesso di vedere poiché non poterono inventariare i possessi,
le giurisdizioni e i mulini della precettoria poiché tutto era
nelle mani di
38) Capone - Imperio - Valentini: "Guida all'Italia
dei Templari" Mediterranee, Roma 1989,
p. 82.
39) 1 conzo = 77,98 litri
40) staio = lt. 86,81- Lo staio o sacco con il quale si misurava il grano,
si divideva in 4 quarte,
ogni quarta era formata da 4 quartieri ed ogni quartiere da 4 minelle.
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Rizzardo da Camino il quale se ne sarebbe impadronito, a suo dire, per
impedire sottrazioni indebite e guasti alla magione del Tempio e ai suoi
diritti.
Rizzardo IV apparteneva alla nobile e potente famiglia dei da Camino di
origine longobarda |41| Era figlio di Gherardo III, capitano e signore
di Treviso |42|, personaggio menzionato da Dante nella sua Commedia |43|
La potenza dei Caminesi, divisi nei due rami di sopra (Gherardo III e
Rizzardo IV) e di sotto, oltre a renderli, dal 1000 in poi, padroni del
Cenedese (oggi territorio di Vittorio Veneto), di Feltre e Belluno raggiunse
il suo massimo splendore con la nomina, da parte di un comitato cittadino,
nel 1283, di Gherardo quale capitano di Treviso, titolo che mascherava
quello effettivo di signore della città e del suo comitato.
Dalla lettura delle pergamene ravennati emergono due aspetti singolari
che riguardano la domus de Campagna:
1. l'appartenenza della stessa alla diocesi di Treviso, mentre sino ad
ora si è sempre sostenuto che essa dipendesse dalla diocesi di
Ceneda |44|;
2. la decisione personale di Rizzardo di acquisire il controllo della
magione, probabilmente con la scusa di impedirne la spoliazione.
Sappiamo che un diploma del 963 di Ottone riconosceva a Giovanni, vescovo
di Belluno, il possesso di Oderzo e dei paesi vicini. I diritti bellunesi
sull'Opitergino furono confermati in epoche successive dai diplomi degli
imperatori Enrico II(1016), Corrado II(1031) e Federico Barbarossa (1161)
|46| Anche i papi affermarono tale appartenenza con le varie bolle di
Lucio III (1186) e Gregorio VIII (l187)|47|
La zona di Oderzo era sempre stata, sin dall'epoca delle migrazioni barbariche,
un territorio di confine strategicamente importante, compreso all 'incirca
tra il Piave e il corso dei fiumi Monticano e Livenza. Oltre al vescovo
di Belluno, vi esistevano altre realtà signorili laiche ed ecclesiastiche
che talvolta si sovrapponevano, come il vescovo di Treviso, quello di
Ceneda, il patriarca di Aquileia (al quale apparteneva la vicina San Polo
del Patriarca), il comune di Treviso e i conti da Camino.
Vi furono spesso confusioni e interferenze tra i diritti diocesani cenedesi
e la giurisdizione vescovile bellunese.
41) Picotti G. B.:" I Caminesi e la loro signoria
di Treviso dal 1283 al 1312". Livorno 1905
(ristampa anastatica con aggiornamento di G. Netto) Multigrafica Roma
1975.
42) Picotti G. B.: op. cit.. Su Gherardo da Camino tutta la parte seconda
da p74 a p. 168. Vedi
anche Angella E. - Bongi P.: "Sulle terre dei da Camino" Pieve
di Soligo 1993,da p37 a 58.
43) Dante Alighieri: "La Divina Commedia, Purgatorio" XVI, 121-124
e 133-138. "Convivio"
capitolo XIV del quarto trattato.
44) Cagnin G.: Templari e Giovanniti in territorio trevigiano (sec. XII
- XIV) Treviso 1992, p.l 3.
45) Netto G.: "La Marca trevigiana", p. 31, 10.
46) Canzian D.: " Oderzo Medievale" Lint Trieste 1995, p. 6.
47) idem p. 6.
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Nel famoso processo di Oderzo del 1285 tra il comune di Treviso e i fratelli
Tolberto e Biaquino da Camino dei Caminesi di sotto, per chi dovesse avere
il controllo del castello e della curia di Oderzo, un testimone disse
che "il castello con la curia e le ville ad esso spettanti appartenevano
alla giurisdizione e al distretto di Treviso, ma facevano parte del territorio
dell' episcopato cenedese" |48| e anche nella seconda metà
del XIII secolo il beneficio della pieve di Oderzo era pertinenza del
vescovo di Ceneda. Ma nel 1263 troviamo ancora una volta Oderzo definita
"diocesi di Belluno" |49|
1112 febbraio 1211 Filippo vescovo di Feltre e di Belluno cedeva ai signori
da Camino i castelli di Costa, Missio, Fregona, Soligo ed Oderzo e nel
1215 i Caminesi vendevano Oderzo a Treviso |50|
Possiamo notare che i signori da Camino, inizialmente infeudati nella
zona di Oderzo dal presule bellunese cercheranno, con l'aumentare del
loro potere nella città di Treviso, di portare il territorio opitergino
nell'area, sia politica che religiosa, trevigiana. All'epoca in cui Gherardo
da Camino divenne capitano di Treviso (1283 - 1306) tale aspirazione era
divenuta realtà poiché nel documento dell'il marzo 1304
nel quale il caminese autorizzava Bertolino dei Baldacchini di Parma,
residente a Treviso, a permutare alcune terre situate in Ormelle e San
Giorgio con fra' Giovanni da Castellarquato, precettore della magione
del Tempio di Campagna, la permuta aveva luogo "actum Tarvisina diocesis
in mansione de Templo" con il consenso dei confratelli riuniti nel
chiostro |51| Come possiamo notare la casa di Tempio viene detta"
in diocesi di Treviso".
Lo stesso nell 314 quando laRe gola titolata de Templo risulta inserita
nel Quarterium de Ripa di Treviso |52|.
Il trovare, già nel 1304, la zona di Tempio di Ormelle inclusa
nella diocesi di Treviso potrebbe far pensare che questa avesse assunto
un ruolo preminente sulle diocesi bellunese e cenedese, anche favorita,
nella sua espansione, dalla signoria dei Caminesi sulla città e
il suo comitato.
Sarà solo in seguito, coni! decadere ditale signoria nella zona
di Oderzo, che la diocesi di Ceneda estenderà la sua giurisdizione
anche su Tempio di Ormelle.
I motivi che possono aver spinto Rizzardo IV da Camino, divenuto alla
morte del padre (1306) capitano di Treviso, ad impossessarsi della precettoria
templare e dei suoi beni possono essere i seguenti:
a) conferma di una mia precedente ipotesi |53| nella quale supponevo che
Santa Maria del Tempio di Oderzo potesse essere stata una fondazione
48) idem p6, nota 9.
49) idem p6, nota 9.
50) idem p9.
51) Cagnin G.: op. cit. p. 86 e 87.
52) Carrer R - Carnelos 5.: "Il Comune di Ormelle" Rebellato
1990 p. 61.
53) Imperio L.: "La domus de Campania" op. cit. pp. 24-42.
65
caminese donata alla Milizia del Tempio. In tal caso Rizzardo avrebbe
sentito il dovere di salvaguardarla in attesa delle decisioni papali.
Tra l'altro non sappiamo se egli l'avrebbe realmente consegnata ai cavalieri
di San Giovanni dato che venne assassinato il 5 aprile prima della bolla
di Clemente V che concedeva i possessi templari ai Giovanniti |55| Può
darsi, comunque, che egli abbia stornato dei beni dalle proprietà
templari per ricompensare i suoi fedeli e forse qualche sospetto, sulla
effettiva consistenza del patrimonio della casa templare alla consegna
ci fu, poiché copia del testamento di Rizzardo si trova, stranamente,
custodita nella Biblioteca Nazionale di Parigi, in un fondo ove sono contenuti
documenti dell'Ordine di San Giovanni |56|;
b) perché aveva bisogno di soldi. Sia Gherardo che Rizzardo furono
sempre oberati dai debiti e alla costante ricerca di prestiti.
Se, come sembra possibile, Rizzardo s'impadronì della precettoria
di Tempio agli inizi del 1308 e la tenne per ben quattro anni, poiché
appare evidente dalla pergamena che egli non intendeva consegnarla ai
procuratori degli arcivescovi di Ravenna e Pisa, possiamo comprendere
da dove egli ricavò parte della somma di sedicimila formi d'oro
con la quale, nel maggio dell 311, acquistò il diploma di vicario
imperiale. Nel diploma era scritto che tale somma era "de pecunia
sua" ma da vari documenti del 1308, 1310 e seguenti sappiamo che
Rizzardo era fortemente indebitato e chiese denaro a parecchi cittadini
illustri di Treviso, tra i quali ricorderemo anche le mille lire di Bertolino
de' Baldacchini |57|, lo stesso che nel 1304 aveva fatto una permuta con
i frati di Tempio col consenso di Gherardo da Camino.
Era stata questa un'operazione fittizia volta a mascherare un prestito
a Gherardo tramite i templari? Il fatto ci sembra più che una semplice
coincidenza, tenuto conto che da documenti, successivi alla morte di Rizzardo,
risulta che egli doveva parecchi altri denari al Bertolino in questione
e questi ne richiese la restituzione al Comune di Treviso |58| Anche quest'ultimo
particolare ci induce a credere che lo scambio di terre tra questo prestatore
di denaro e i templari potesse mascherare un'operazione di prestito o
di pagamento, cosa abbastanza comune in quegli anni.
E probabile che per quattro anni il caminese incassò quanto spettava
alla magione in affitti sui terreni, le case, le vigne, le coltivazioni,
tutti i proventi derivanti dai diritti feudali e dalla giurisdizione sul
paese di Tempio, i diritti
54) Il ferimento di Rizzardo avvenne il 5
aprile, mentre egli morì il 12 dello stesso mese.
Picotti G. B. op. cit. p. 218, 221.
55) Bolla "Nuper in generali" del 16maggio 1312.
56) Testamento di Rizzardo da Camino (7 aprile 1312) Biblioteca Nazionale
di Parigi, fondo
Colbert, ms. lat. 5155, f. 65 - 66r.
57) Picotti G. B.: op. cit. p. 207.
58) Picotti G. B. op. cit. p.2O7 nota 3.11 comune di Treviso deliberò
per il pagamento dei debiti
di Rizzardo il 19 dicembre 1313.
66
parrocchiali nonché quelli relativi al mulino ed esercitò
ogni potestà sia spirituale che temporale riscuotendo tasse, dazi
e proventi dell'amministrazione laica e prelevando le decime e gli altri
diritti in campo ecclesiastico.
Forse anche i suoi dipendenti si impossessarono di terre appartenenti
al Tempio e non le restituirono.
Siniscalco di Rizzardo era Duxio de Scoti di Conegliano, ricordato nel
suo testamento, e stranamente troviamo che nel 1518, quando venne redatto
un inventano dei beni e delle rendite parrocchiali di Ormelle e Roncadelle,
risultava che un messer Alvise Scoto possedeva diversi appezzamenti di
terra che confinavano con quelle di 5. Zuanne (Giovanni) del Tempio |59|
Anche in questo caso vediamo confermato quanto già emerso per altre
precettorie e cioè come sia i signori locali che gli ecclesiastici
usaronQ, a loro piacimento e beneficio, i beni del Tempio durante gli
anni dei processi e non solo non consegnarono ai Giovanniti quanto indebitamente
percepito, ma al momento della restituzione trattennero per sè
terre e diritti.
Non ci è dato sapere quale fosse il numero e l'estensione dei beni
templari della domus de Campagna perché Rizzardo da Camino ne impedi
l'inventario e, al momento, non ci risulta che i cavalieri di San Giovanni
ne abbiano fatto uno negli anni successivi, sappiamo solo che la precettoria,
in epoca giovannita, era talmente ricca da servire quale appannaggio del
priore di Venezia. L'importanza di questa casa era tale che il comune
di Treviso vi inviava i suoi ufficiali durante i tre giorni in cui si
svolgeva la festa della Vergine Assunta (15 agosto) alla quale era dedicata
la chiesa della precettoria. Negli Acta Comunitatis Tarvisii del sec.
XIII nella nota spese di luglio-settembre del 1298 troviamo menzionati
gli uomini inviati adfestum Sancte Marie de Campanea de Templo ad custodiendum
dictumfestum e le somme loro pagate (60)
Da un cabreo dell 'Ordine di San Giovanni, piuttosto tardivo (1614), apprendiamo
che la Mason del Tempio di Ormelle aveva beni, possessioni, case, mulini
e livelli nelle ville di Roncadelle, Ormelle, Foscadelle, Nogarolo, Fraine,
Faé, Villa Longa, Fontanelle, Rai, Colfrancini, Visnà e
Gazet. La descrizione di questo ingente patrimonio, occupa ben 93 pergamene.
59) Carrer R. - Carnelos 5.: op. cit. p.
129.
60) Gli Acta Comunitatis Tarvisi del sec. XIII a cura di A. Michielin,
Cittadella 1998. p. 969. Quaternus expensarum 1298 luglio - settembre:
"Et triginta solidos denariorum .Johanni de Clarello in solucione
trium dierum in quibus stetit cum Alexandrio de Pupo adfestum Sancte Marie
de Campanea de Tempio" "Et quadriginta quinque solidos denariorum
Aldovrandino in solucione III dierum in quibus ivit et stetit infesto
Sancte Marie de Tempio ad custodiendum dictumfestum". Ringrazio l'amico
Nicola Pezzella per avermi segnalato questo interessante documento. Forse,
come si usava allora, a questa festa di tre giorni in onore della Vergine
era abbinata una fiera di mercato alla quale era preposto un funzionario
comunale che ne controllasse il buon andamento. Tali fiere erano fonte
di grossi guadagni ed è documentato che in molti luoghi d'Europa,
i templari presso le loro precettorie, godevano del diritto di poter tenere
fiere e mercati in determinati giorni o festività.
67
Dopo aver stilato l'inventario parziale della domus de Campanea, i procuratori
si diressero verso la precettoria di San Quirino (PN), nella diocesi di
Concordia. Il documento precisa che essi non poterono accedere alla magione
a causa della guerra in atto e perciò si recarono al castello di
Pordenone governato dal conte di Magdeburgo, a nome del duca Federico
d'Austria, ove trovarono il suo vicario. A questi, il 14 marzo 1310 ,
lessero il mandato, le lettere papali e gli avvisi pubblicati in merito.
In questo caso i procuratori non poterono redigere alcun inventano né
della precettoria di San Quirino né della sua chiesa, bensì
solo quello delle terre e dei possessi poiché fra' Cristiano, precettore
della casa ancora in carica, si presentò innanzi a loro e mostrò
un inventano antico dei beni spettanti alla sua precettoria che al momento,
egli disse, era occupata con la violenza. A tale dichiarazirine segue
un lungo elenco di circa 60 mansi (ogni manso corrispondeva a circa 12
jugeri) e di prati con le loro rendite in staia di frumento, avena, miglio,
sorgo, conzi divino, spalle di maiale, polli, uova, nonché le cifre
da percepire in denaro. I mansi non si trovavano solo in San Quirino,
ma anche a Cordenons, Sedrano, Vigonovo e San Martino.
Forse il mansus parvum a Sedrano che fra' Cristiano disse essere stato
donato da Guiduzzo di Montereale, al suo predecessore fra' Albertino,
potrebbe essere quello concesso "il 12 agosto 1293 da domina Moza,
moglie di Guidone da Montereale, con il consenso del loro figlio Alcotti,
volendo essa essere sepolta nella chiesa di Santa Maria di San Quirino".
La donazione fu fatta affinché, con il ricavato, il precettore
templare mantenesse un prete nella chiesa |61| Come possiamo notare anche
la chiesa della precettoria di San Quirino era dedicata alla Vergine e
non a San Giovanni |62|
Dopo la lunga elencazione dei mansi il notaio annotava che nel documento
mostratogli da fra' Cristiano non c'era altro e che non v'era alcun mezzo
per accertare se vi fossero altri beni.
Fra' Cristiano però aggiunse che:
1. gli eredi del signore Endriguccio di Villalta e del signore Odorico
|63| e i figli del signore Mainardo di Villalta si erano impossessati
di 3 mansi di terre, uno ciascuno, a Collalto in Friuli, vicino a Tarcento;
2. gli stessi di qui sopra occupavano anche tre mansi di terra che lo
stesso Endriguccio aveva, in precedenza, donato alla precettoria e tali
appezzamenti si trovavano nel paese di Ruscletto presso Fagagna (vicino
a Villalta);
61) Joppi V.: "Summarium Notae Ailinorum
(1277- 1393) Biblioteca Civica di Udine, coll.
n. 108 Mss, classificazione C. G. Mor.
62) Begotti P. C.: "La Mason di San Quirino" Fiume Veneto 1991,
p. 85.
63) Già all'epoca in cui Gherardo da Camino era capitano di Treviso
i Villalta erano suoi alleati e per questo motivo, nel 1300, durante il
conflitto tra il patriarca Pietro Gera e il Caminese, il loro castello
di Villalta fu assediato e subì gravi danni. Anche nella guerra
friulana del 1305, che vedeva contrapposti Rizzardo da Camino e il patriarca
Ottobono de Razzi, i Villalta, i Cucagna, i Caporiacco, i Spilimbergo
e altri militavano per il caminese.
68
3. nel paese di Castions, la precettoria possedeva un manso e mezzo ed
un mulino a tre ruote. Il tutto rendeva alla magione 84lire di bagattini
piccoli, ma a causa della guerra il mulino era stato distrutto;
4. gli eredi del signore Walterpertoldo di Spilimbergo tenevano un manso,
in località Provesano, che era solito rendere 9 staia di biada,
una spalla di porco e venti bagattini piccoli.
Fra' Cristiano, dopo aver elencato questi ultimi possessi, ribadi che
i citati signori si erano appropriati di tutto ciò e l'occupavano
con la violenza.
Sia i procuratori che fra' Cristiano ci dicono che la precettoria era
irraggiungibile a causa della guerra. Il conflitto in questione opponeva
Rizzardo e i suoi alleati al Patriarca di Aquileia. Il Caminese, infatti,
a febbraio del 1308 |64|, era entrato nel Friuli con un grosso esercito
occupando, saccheggiando e dando alle fiamme Castions, 5. Daniele, Sedegliano,
e Orcenico congiungendosi, infine, sul Tagliamento con il Conte di Gorizia
suo alleato. In questa occasione avvenne la distruzione del molino del
Tempio di Castions menzionata da fra' Cristiano.
Tutti i signori che occupavano abusivamente laprecettoria di San Quirino
e i suoi possessi erano amici intimi ed alleati di Rizzardo da Camino
e li troviamo sia all'assedio di Maniago che in altre scorrerie, all'interno
del Friuli, talmente gravi da costringere il Patriarca a fuggire.
Federico, duca d'Austria, scrisse al Patriarca di Aquileia. Ottobono de'
Razzi, esortandolo a ritornare e promettendogli aiuti, ma in realtà
nessuno si oppose ai collegati che saccheggiarono le terre friulane sino
al 25 luglio del
1309.
Rizzardo era rientrato a Treviso prima del 22 luglio dello stesso anno
|65|. Sentendo che alcuni nobili erano ritornati all'obbedienza del Patriarca,
il Caminese si riappacificò con Ottobono de' Razzi e lo accompagnò
a Treviso e poi a Udine. Il 23 novembre 1309, irruppero in Udine a mano
armata i fautori di Rizzardo, trevigiani e friulani, e costrinsero Ottobono
a investire il loro capo dei feudi che suo padre Gherardo aveva avuto
dal Patriarca e a nominarlo Capitano Generale della Patria del Friuli.
Ma contro tale invasione il popolo si sollevò e parecchi amici
di Rizzardo furono uccisi, compreso quel Walterpertoldo di Spilimbergo
|66| i cui eredi, a marzo del 1310,
64) Picotti G. B.: op. cit. p. 178.
65) idem, p. 180.
66) Paschini P.: "Storia del Friuli" vol. lI, Libreria Editrice
"Aquileia" Udine 1954, p. 35. Walterpertoldo di Spilimbergo
era stato grande amico di Gherardo da Camino e già dal 1288 i due
compaiono assieme in alcuni documenti. A proposito di questo personaggio
è opportuno fare alcune precisazioni. Il Paschini, che lo dice
morto nel 1290, precisa che aveva un figlio, Ottobregonia, defunto nel
1293 senza discendenza. Chi sarebbe dunque il Walterpertoldo, alleato
di Rizzardo, che fu ucciso a Udine il 23 novembre 1309? Ci sembra alquanto
strano che il personaggio in questione compaia nell'alleanza con Rizzardo
come capo della sua casata anche perché non ci risulta che esistesse
un nipote con lo stesso nome. Forse si tratta di un errore nella data
di morte denunciata dal Paschini, mentre potrebbe essere la stessa persona
defunta ad Udine e i cui eredi vengono menzionati come usurpatori delle
terre templari.
69
occupavano abusivamente alcune terre della precettoria di San Quirino.
Con la nomina di Enrico di Gorizia, il 26 gennaio 1310, a capitano della
chiesa di Aquileia e del Patriarcato, le sorti della guerra cambiarono
e buona parte dei signori friulani ritornarono alla fedeltà patriarchina.
Odorico di Villalta, amico di Rizzardo, non si arrese e fu punito con
la presa e la distruzione del suo castello di Villalta; Lodovico da Caporiacco
fu fatto prigioniero, mentre Odorico da Cucagna dopo aver resistito, nel
suo maniero, all'assedio si rifugiò, nel giugno del 1310, a Treviso
da Rizzardo.
La politica del Caminese per impadronirsi del Friuli era fallita, perciò
furono aperte trattative col Patriarca, ma la pace con Treviso fu conclusa
solo nel 1313, dopo la morte di Rizzardo e la fine della signoria Caminese
su Treviso. Ancora nel 1314 Federico duca d 'Austria, chiedeva al Comune
di Treviso risarciménti per i guasti compiuti in territorio friulano
da Rizzardo e dai suoi congregati |67|
Dall'esame delle pergamene riguardanti queste due case templari, appare
evidente come Rizzardo da Camino avesse approfittato della situazione
venutasi a creare con la caduta del Tempio, per mettere in opera, dal
1308 in poi, un progetto di occupazione delle domus templari trevigiane
e friulane. Tale intendimento viene ulteriormente confermato nel veder
assegnata San Tommaso, precettoria e chiesa templare di Treviso, a Gillone
di Villalta, arcidiacono aquileiese, che partecipò, come partigiano
del Caminese, alla rivolta di Udine |68| Fu questa una ricompensa per
essere stato un suo sostenitore così come avvenne per tutti i suoi
parenti?
A tale proposito sembra di capire che qualcuno (forse Pandolfo, vescovo
di Treviso) avesse concesso la precettoria templare di Treviso ai monaci
del monastero di santa Bona di Vidor, in diocesi di Ceneda, anche se essa
era
67) Verci G. B.: "Storia della marca
trevigiana" vol. 7-8, doc. DCLXXIX, 7 luglio 1314.
68) Gilo o Gillone da Villalta era un illegittimo dei nobili Villalta,
nonostante la sua origine egli ebbe grande credito nel Friuli di allora.
Come arcidiacono di Aquileia egli compare per la prima volta in un documento
del 28 maggio 1293, all'epoca del patriarca Raimondo della Torre. Il 2
settembre dello stesso anno viene nominato quale intermediario per risolvere
le controversie fra il succitato patriarca e Tolberto e Biaquino da Camino
dei Caminesi di Sotto. Il 10marzo 1294 è presente a Padova con
lo stesso patriarca per le controversie con i Caminesi. Alla morte del
patriarca Raimondo Gillone fu eletto, l'8 aprile 1299, in Aquileia, vicedomino
della chiesa di Aquileia ed ebbe la stessa nomina al decesso del patriarca
Pietro Gera il 24 febbraio 1301. Durante il periodo di sede vacante patriarcale
si scontrarono per avere il ruolo di capitano generale del Patriarcato,
il conte di Ortemburg e Enrico conte di Gorizia. Gillone sostenne quest'ultimo
al fianco di Gherardo da Camino. Da questo momento (5 luglio 1301) l'arcidiacono
appare sempre legato ai Caminesi e partecipe delle loro vicende. Alla
morte del patriarca Ottobono (gennaio 1315) il Capitolo aquileiese elesse
Gillone da Villalta quale patriarca (16 febbraio 1315), ma essendo egli
di illegittimi natali aveva bisogno di una dispensa pontificia e perciò
si mise in viaggio per Avignone. La sede pontificia era vacante e ogni
decisione fu sospesa. Eletto Giovanni XXII, questi nominò patriarca
Gastone della Torre arcivescovo di Milano e Gillone rimase arcidiacono
(Aquileia nostra: Gli arcidiaconi di Aquileia p. 46-54).
70
occupata dall'arcidiacono di Aquileia il quale, a marzo del 1310, dichiarava
agli incaricati di compilare gli inventari che essa gli era stata assegnata
ma senza specificare da chi. In precedenza, il9 luglio 1308, l'arcidiacono
aveva presentato al vescovo di Treviso lettere del cardinale Pietro Colonna
|69|, purtroppo nel documento non è specificato il contenuto ditali
lettere né il motivo per il quale esse furono presentate. Possiamo
ipotizzare che si trattasse dell'affidamento della precettoria poiché
il tutto si svolse nel chiostro di 5. Tommaso di Treviso alla presenza
di " fratre Johanne de Bononia de Ordine templariorum" |70|,
Altra ipotesi potrebbe essere una possibile rivendicazione, da parte del
cardinale e a titolo personale, della precettoria da lui considerata beneficio
ecclesiastico vacante. Sappiamo che tra i molti privilegi concessi da
Clemente V a Pietro Colonna vi era anche quello di poter usufruire dei
redditi dei benefici ecclesiastici e delle prebende vacanti nel Patriarcato
d'Aquileia e nelle Marche. Un registro delle entrate provenienti da questi
due territori nel 1313-1317 |71| rivela che il Colonna sfruttava tali
entrate con un sistema di affitti annuali. Non sappiamo se la concessione
della precettoria trevigiana all' arcidiacono di Aquileia fosse spontanea
oppure caldeggiata da Rizzardo. Comunque quest'ultima ci sembra l'ipotesi
più plausibile in quanto ci è ben noto come il signore di
Treviso controllasse minuziosamente tutti gli aspetti della vita cittadina,
soprattutto quando essi erano fonte di reddito privilegiato. Non dimentichamo
che il Borgo di San Tommaso, che circondava l'insediamento tempI are,
era stato creato dall 'Ordine del Tempio ed era loro proprietà.
Essi vi avevano costruito case e botteghe, come si evince dal documento
del 1310, dalle quali percepivano rendite ed affitti considerevoli.
Controllare l'insediamento e il suo Borgo era non solo redditizio, per
l'incasso degli affitti e dei proventi delle botteghe, ma soprattutto
utile
69) Pietro Colonna, tra il 1303 e il 1325,
fu il più attivo dei cardinali Colonna e il capo degli affari di
famiglia. Da Clemente V ricevette numerose rendite, benefici, commende,
protettorati, il rettorato della Romagna, i redditi dei benefici ecclesiastici
e delle prebende vacanti del patriarcato di Aquileia e nelle Marche. Fu
a stretto contatto con la monarchia francese, fautore di Filippo il Bello.
Ebbe anche un ruolo, a fianco della corona d'oltralpe, nella lucrosa vicenda
dei templari; ci sembra significativo che il Colonna una volta sciolto
l'Ordine del Tempio, nel 1312, abbia ricevuto da Filippo il Bello la rendita
annuale delle saline di Carcassona, ammontante a 2000 fiorini l'anno.
È probabile che il cardinale abbia conosciuto Gillone da Villalta,
nel 1306, quando dovette rivolgersi all'arcidiacono per avere le prebende
vacanti nel patriarcato di Aquileia assegnategli da Clemente V e che la
mutua collaborazione sia sfociata nella concessione al Villalta dei beni
templari della precettoria di San Tommaso di Treviso. Il Colonna morì
ad Avignone il 7 gennaio 1326 e vi fu sepolto il giorno seguente; in seguito
i suoi resti furono trasferiti a Roma in Santa Maria Maggiore ove è
ritratto nei mosaici della facciata (DBJ, n. 27, p. 399 a 402).
70) ASTV, notarile I, b. 14. Non sappiamo se il fra' Giovanni da Bologna
citato nel documento fosse l'ultimo precettore templare di San Tommaso
di Treviso, ma la sua presenza al momento della consegna all'arcidiacono
ce lo fa credere.
71) Archivio Segreto Vaticano Collectoriae, n. 24.
71
perché, dipendente dalla chiesa templare, vi era una confraternita
artigianale molto importante, i cui membri godevano di prestigio e considerazione
tra i cittadini trevigiani.
A chi Rizzardo da Camino avrebbe voluto veder affidata una parte così
importante della sua città, se non ad uno dei suoi partigiani di
vecchia data, quel Gillone da Villalta arcidiacono di Aquileia che aveva
partecipato al suo fianco a tutte le guerre friulane? Il castello di Villalta
distrutto, le terre e i benefici confiscati, i da Villalta si rifugiarono
a Treviso dal loro amico e alleato; Rizzardo concesse loro dei feudi,
ma non potendo dare uno di essi a Gillone fece sì che egli avesse
una proprietà ecclesiastica: la precettoria templare di San Tommaso.
La conclusione del documento inerente San Quirino venne stilata a Pordenone
nell'aula o padiglione ove si amministrava la giustizia. I procuratori
dissero al signore Federico detto Tivinier, capitano della terra di Pordenone,
in nome del conte di Magdeburgo, che non potendo essi recarsi a causa
del pericolo della guerranella zona di Porcia, delegavano il priore di
Sant'Angelo di Porcia|72| affinché ricevesse la consegna e il possesso
della suddetta casa di San Quirino, a nome della Chiesa di Roma, dal suddetto
capitano.
Inoltre essi inviarono lettere di giurisdizione al vescovo di Concordia
e al priore di Porcia affinché quest'ultimo, in qualità
di procuratore, potesse assegnare la casa di San Quirino, libera e nella
pienezza dei suoi possessi, nei termini stabiliti dai signori arcivescovi
di Ravenna e di Pisa e dai loro procuratori. Se ci fossero stati impedimenti
alla consegna della casa il capitano sarebbe incorso nella scomunica,
mentre il luogo di San Quirino e i suoi abitanti sarebbero stati colpiti
da interdetto. Nella lettura del documento appare evidente un'anomalia
rispetto alle altre case italiane, eccettuate alcune precettorie venete,
in quanto troviamo che fra' Cristiano, era ancora, nel 1310, nel pieno
delle sue funzioni e in possesso dei rendiconti e attestati pertinenti
al suo incarico; pertanto crediamo che egli non fosse prigioniero, né
confinato da qualche parte.
Dall'esame delle pergamene si può facilmente comprendere il motivo
che spinse Rizzardo IV da Camino ad impossessarsi di ben tre precettorie
templari: Tempio d'Ormelle, San Quirino e San Tommaso di Treviso.
Tempio, la ricchissima domus de Campagna la tenne per sé come fonte
di introito, mentre San Quirino e San Tommaso furono usate per ricompensare
soprattutto i signori friulani suoi alleati.
Rizzardo aveva fatto bene i suoi conti, nessuno avrebbe osato ostacolarlo;
il papa era lontano e poco si interessava delle cose italiane, il Patriarca
non
72) Questo affidamento temporaneo dei beni templari di
San Quirino al priore di Sant'Angelo di Porcia, può essere stato
il falso indizio che ha fatto attribuire, da molti storici, Sant'Angelo
di Porcia ai Templari.
72
aveva ancora forze bastanti da scatenare una nuova guerra, i vescovi erano
creature del Caminese, suoi congiunti o suoi amici, ed egli fece delle
case del Tempio ciò che volle per ben quattro anni, rimpinguando
i suoi forzieri, come fecero in tutta Europa laici ed ecclesiastici che
banchettarono sulle spoglie dell'Ordine del Tempio, sebbene questo non
fosse stato né condannato, né sciolto.
In quegli anni la potenza del Caminese aveva raggiunto l'apice e difficilmente
un uomo di potere, desideroso di conquiste quale era Rizzardo, avrebbe
abbandonato i suoi piani di espansione territoriale.
Ma nelle pieghe della storia c'è spesso un qualcosa che interrompe
all'improvviso la linearità della trama; nel caso di Rizzardo fu
la roncola di un contadino che l'uccise in un pomeriggio d'aprile |73|.
73) Il 5 aprile 1312, Rizzardo da Camino
si trovava nella loggia del suo palazzo, in via Sant'Agostino, a giocare
a scacchi con i suoi amici quando, all'ora nona, un villano lo colpì
al capo con una roncola. Non sono chiari i motivi della congiura e gli
storici ne danno varie interpretazioni, chi politiche, chi amorose e persino
alludono ad un fratricidio ipotizzando come mandante il fratello Guecellone
(Picotti G. B.: op. cit. p.2l 8-221).
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