Rassegna Bibliografica
E. DALL'ANESE, P. MARTOREL, Vecio Parlar. Il dialetto
della Valle del Soligo, 2000, pp. 218.
Enrico Dall'Anese e Paolo Martorel da più di vent'anni
dedicano il loro impegno di studiosi alla storia del Quartier del Piave,
all'analisi delle sue connotazioni culturali, e alla raccolta dei relativi
documenti. Frutto ditale impegno, una bella serie di pubblicazioni, che
ormai superano la dozzina, accolte sempre con grande simpatia non solo
dagli abitanti del Solighese e della Pedemontana.
L'ultimo libro è dedicato alla parlata dei luoghi ed è,
a mio parere, il più importante di tutti. "Vecio parlar"
(definizione del dialetto usata da Zanzotto in Filò) è una
trattazione sistematica e abbastanza originale del dialetto della Valle
del Soligo, in cui attraverso le parole, normalmente accompagnate dai
loro abituali contesti del parlare quotidiano, si analizzano gli usi,
i significati cangianti del dialetto, gli stessi sinonimi, aggiungendo
perfino, nei capitoli relativi alla zoologia e alla botanica, i corrispondenti
termini scientifici.
La materia è divisa in 25 capitoli, in cui l'intero universo delle
parole dialettali è insieme pretesto e guida per chi voglia percorrere
lo spazio complesso della natura e della cultura del territorio, per conoscerne
la storia e l'anima.
I libro, come detto, è soprattutto una raccolta di parole, ma si
fa leggere di seguito, come un piacevole racconto. E, alla fine, nell'indice
dei lemmi, recupera anche la funzione e l'efficacia di un dizionario.
Dei singoli capitoli vanno segnalati il 1°, "11 dialetto, una
lingua viva", e il 20, "Il dialetto della Valle del Soligo",
per la chiarezza e la correttezza con cui impostano il tema del dialetto,
dei suoi pregi, dei suoi limiti, della sua evoluzione, e dei modi giusti
di difenderlo e valorizzarlo. Particolarmente accattivante, e puntuale
nelle definizionidi significati non sempre facili, il 24°, "Locuzioni
proverbiali". L'unico appunto riguarda la veste editoriale: bella,
ma forse non del tutto adatta ad un libro che vorremmo normalmente presente
nella cartella di scolari e studenti (e anche dei loro insegnanti) come
utile sussidio per lo studio della cultura di questi luoghi.
Ma è una difficoltà che, con la buona volontà di
tutti, si può superare. In tempi in cui, sul dialetto, e sul suo
uso, e sull'opportunità di insegnarlo a scuola (~) si fa un sacco
di confusione, portare in classe "Vecio Parlar", per soffermarsi
magari una volta al giorno su di un solo lemma di esso, per approfondirlo,
commentario, confrontarlo con l'esperienza di ciascuno (scolaro, studente,
insegnante), potrebbe essere efficace antidoto contro il superficialismo
e le approssimazioni di chi, perfino dichiarandosi difensore del dialetto,
confonde la necessità di conoscerlo con 1 'opportunità di
parlarlo. Che se alla prima si può (anzi, si deve) rispondere a
scuola, alla seconda si risponde solo in famiglia, dove, se Dio vuole,
si parla la lingua che si preferisce e, nel caso in cui si parli il dialetto,
il bambino lo imparerà nei modi e per la legge stessa per cui imparerà
a mangiare, a camminare, in una parola: a vivere.
Fossi insegnante elementare, o di scuola media, o anche, in certi casi,
di scuola superiore - beninteso, soprattutto nella terra del Soligo -
non perderei l'opportunità di far uso di un sussidio così
chiaro ed efficace.
Aldo Toffoli
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