Ivo LORENZON
ŠTÉPÀN ZAVREL
Mi é stato chiesto di riportare dalla memoria alla parola scritta,
i ricordi di un'amicizia e di un'avventura di vita svoltasi nell'arco
di quest'ultimi vent'anni. Un caro amico mi disse, anni addietro, che
fortunato é colui che nella sua vita ha l'opportunità d'incontrare
dei buoni maestri. Capii allora il significato delle parole ma solo ora
ne afferro il senso profondo, mi rendo conto che anch'io ho avuto quest'opportunità.
Stepàn Zavrel é stato per me un buon maestro anche se quand'era
in vita mi sono sempre rifiutato di porlo su tale piedistallo avendolo
considerato, a dispetto della differenza d'età di quasi trent'anni
che ci divideva, "solo" un amico. Sapeva essere ragazzo talvolta,
ventenne altre, maturo o vecchio ancora, con tutti i difetti propri ad
ognuno di noi.
Di ritorno da un viaggio d'alcuni mesi a Londra e poi a Berlino, avevo
allora ventitré anni, passai a trovarlo prima ancora di passare
a casa dai miei, anche per portargli i saluti di suoi amici che m'avevano
aiutato in quelle città. Lo trovai all'opera con la costruzione
di un arco in pietra e subito gli raccontai gli entusiasmi di un viaggio
per certi versi anche avventuroso. Anche lui aveva vissuto per un certo
periodo a Londra ma non a Berlino, allora enclave nella Germania Orientale
comunista, e le notizie di prima mano che gli portavo lo interessarono
molto. Ma non potevamo porre limiti di tempo alla conversazione e perciò
decisi di fermarmi da lui, nella sua casa per qualche giorno.
Il giorno dopo avremmo attraversato in auto il mio paese natale e, poichè
non avevo ancora avvisato i miei genitori del ritorno, ciò avrebbe
potuto costituire un problema. Stepàn ebbe l'idea, che ancora oggi
mi sembra incredibile, di truccarmi per rendermi difficilmente riconoscibile.
Prese il
IVO LORENZON. Amico personale di Štèpàn
Zavrel è tra gli ideatori e gli organizzatori della Mostra di Illustrazione
per l'Infanzia
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pennello ed i colori che stava usando per delle illustrazioni e mi dipinse
sul viso un paio di baffetti tipo "ufficiale austriaco" disse
lui. Ed entrambi fummo molto soddisfatti dell'opera e ci convincemmo che
così combinato nessuno m'avrebbe riconosciuto.
Passai diverse volte per il paese, nei giorni che seguirono, nell'assurda
convinzione che due semplici baffetti filiformi sarebbero bastati a rendermi
irriconoscibile. Al mio ritorno a casa, mia madre, armata della comprensione
che solo le madri possono avere per i loro figli, affermò che non
si spiegava come mai fossi tornato a casa in quel momento, mentre già
da alcuni giorni in paese si diceva girasse un giovane che tanto assomigliava
a suo figlio!
Stepàn era un sognatore che però sapeva pensare in grande.
Fu lui che ci convinse a definire la Mostra d'Illustrazione per l'Infanzia
come Internazionale. Diceva: "Se non ci si pone e non si crede in
obiettivi lontani ed importanti non si riuscirà mai a raggiungerli".
La semplicità ditale affermazione é stata la prima pietra
della nostra attività nel campo dell'illustrazione per l'infanzia.
Ripensando ora all'avventura dei "baffetti da ufficiale austriaco"
mi rendo conto di quanto piccola essa dovesse sembrare a Stepàn,
eppure lui la visse come un gioco, sebbene avesse quasi cinquant'anni,
gioco nel senso etimologico del termine: gli piaceva scherzare anche se
in modo arguto, a volte teatrale, ma sempre elegante.
La battuta sempre pronta, l'intelligenza viva, la volontà profonda
di conoscere ed imparare erano caratteristiche del suo modo d'essere e
porsi, il pensare sempre in positivo o meglio in modo costruttivo non
l'ha mai abbandonato. Insegnava la sua arte ed il mestiere dell'illustratore
a quanti avevano la volontà e l'umiltà di apprendere. E
quanti illustratori ha formato!
La sorella Maruska, con la quale ho parlato ultimamente, mi ha raccontato
alcuni episodi dell'infanzia del fratello:
"I nostri genitori venivano dalla zona montuosa posta al confine
tra la Boemia e la Moravia. Mamma era nata nella città di Hliusko,
in Boemia e papà in un paesino non lontano, a Studnice. Papà
faceva il sarto e mamma la cucitrice.
Vennero a Praga ed aprirono un salone di sartoria.
Mio fratello Stepàn nacque la sera di Natale del 1932. Per mamma
e papà era ovvio che il loro figlio si sarebbe chiamato Vàclav
-Venceslao - come suo padre e prima ancora suo nonno. Il nome Vàclav
era molto diffuso nella famiglia Zavrel per devozione nei confronti del
patrono del nostro paese, il principe San Venceslao. La levatrice però
decise altrimenti. Disse: "Tra un paio d'ore sarà la festa
di un grande santo, 5. Stefano, primo martire cristiano; il bambino dovrà
chiamarsi Stepàn! ". Fu deciso. A quei tempi era un nome molto
insolito e nient'affatto usato.
Fin da bambino Stepàn amava disegnare dovunque fosse possibile.
Col gesso sul marciapiede, con la matita sul foglio. All'età di
circa tre anni
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disegnò una tigre in modo così realistico che poi lui stesso
ne ebbe paura.
Ma il carattere forte ed indipendente che lo contraddistinse durante tutta
la sua vita era già evidente nel fanciullo che cresceva. Eravamo
un pochino più grandi - continua la sorella nel suo racconto -
ed io avevo i capelli ricci e biondi. Stepàn decise che avremmo
giocato alle pecorelle e che lui sarebbe stato il pastore. Prese un paio
di forbici e tosò tutti i miei riccioli nel modo in cui si tosano
le pecore. La mamma ne fu terrorizzata...
Quando nella nostra famiglia arrivò la sorellina più piccola,
Ludmilla, le volevamo tutti un gran bene. Stepàn la stava portando
a fare una passeggiata in carrozzina a Vysehrad. Alcune vecchine curiose
si misero a sbirciare nella carrozzina e ad attaccare discorso: "Questa
bambina é piena di vita! " dissero e Stepàn: "Mi
pare chiaro, signore, un cadavere non me lo porterei a spasso in carrozzina...".
A Stepàn piaceva trovare le soluzioni ai problemi che si presentavano
nella vita di tutti i giorni ed una volta che la nostra sorellina più
piccola piangeva e non c'era verso di calmarla, la ficcò con tutta
la copertina nel forno elettrico spento. Un attimo dopo la bambina ammutolì
e subito Stepàn si terrorizzò all'idea che fosse rimasta
soffocata nel forno. La tirò fuori immediatamente. Non era rimasta
soffocata, si era solo addormentata!
La giovinezza di Stepàn si svolge a Praga, con la scuola, il liceo
e le vacanze estive con gli scouts, un periodo felice e pieno d'avventure,
com'ebbe a dirmi una volta.
La situazione politica della Cecoslovacchia però era cambiata e
la spensieratezza della giovinezza doveva lasciare spazio alla severità
del nuovo regime che si era fatto strada tra le pieghe della giovane democrazia
nata nel 1918.
Nel 1948 K.Gottwald forma un governo prevalentemente comunista e costringe
il presidente Benes alle dimissioni. Jan Masaryk, ministro degli Esteri,
muore misteriosamente ed il passo verso la collettivizzazione delle campagne
e la totale eliminazione del settore privato é definitivamente
compiuto. Si instaura un regime oppressivo e rigidamente stalinista.
Per Stepàn, dopo la licenza liceale, la facoltà d'Arti Cinematografiche
e poi il servizio militare. Lo presta in una caserma vicino Praga ma il
suo rapporto con questo mondo é alquanto conflittuale.
Il suo aspetto é trasandato e l'atteggiamento insofferente. Disattende
anche le regole più banali, quali il lavarsi ed il cambiarsi, ma
lo fa per provocazione e con ironia, e quando gli ufficiali lo mettono
al centro della piazza d'armi e gli fanno marciare attorno il resto della
compagnia additandolo quale esempio di soldato da non seguire assolutamente,
egli ride e si diverte. Gli ufficiali dell'esercito della caduta democrazia
sono stati tutti privati del comando ed al loro posto sono nominati ufficiali
dei fanatici "bolscevichi" che si infuriano per le trovate del
soldato Stepàn Zavrel.
E durante questo periodo che incontra l'artista Mirek, forse l'unica
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persona alla quale, anni dopo, confiderà l'intenzione di fuggire
dalla sua patria.
Dopo il servizio di leva e fino al 1959 Stepàn lavorerà
presso lo studio del film d'animazione "Bratri v triku" (-Fratelli
in maglietta-), diretto dal famoso maestro Jiri Trnka, dal quale apprenderà
il senso poetico delle immagini ed il metodo per realizzarle.
Il lavoro é interessante e stimolante ma il regime é soffocante,
insopportabile e nell'estate del 1959 la decisione é presa.
Un viaggio di quindici giorni in Albania, a Tirana, é l'occasione
cercata. Nessuno della sua famiglia deve sapere per non metterli in pericolo,
é chiaro che il non conoscere é la loro migliore garanzia
di sicurezza.
Le due settimane che seguirono l'atterraggio dell'aereo in territorio
albanese, vedono Stepàn e l'amico Milan K. compiere vari tentativi
di fuga ma nessuno che offra sufficienti garanzie di sicurezza e riuscita.
Arriva il giorno della partenza, sono all'aeroporto, ancora sperano che
si presenti loro l'opportunità agognata, ma non succede nulla.
Salgono sull' aereo sconfitti. Hanno fallito ed ora tornano nel paese
dal quale avrebbero voluto fuggire.
L'aereo, per un qualche motivo, forse un guasto od un rifornimento, écostretto
a fare uno scalo non previsto a Belgrado ed i passeggeri sono fatti scendere
e condotti in una sala d'aspetto dell'aeroporto dove attenderanno l'ora
della partenza.
Stepàn capisce che deve tentare ancora, cerca gli occhi del compagno
ma questi é scoraggiato, forse ha paura, insomma non ci sta.
Che fare?
Tra i passeggeri forse c 'é una spia o un collaboratore, degli
accompagnatori incaricati di sorvegliarli. Ma non c'é più
tempo, é il momento di rischiare.
Chiede di andare al bagno e così inizia la sua fuga. Da una porta
secondaria raggiunge l'esterno e senza correre cerca di raggiungere la
recinzione dell'aeroporto. E' visto ed inseguito dalla polizia jugoslava
ma riesce a dileguarsi.
Per gli altri giunge l'ora della partenza ma all'appello manca Zavrel
Stepàn. Gli accompagnatori non credono ai loro orecchi, richiamano
Zavrel, urlano, interrogano i compagni di viaggio, passano prima i minuti,
poi alcune ore, cercano ancora Zavrel ovunque, non riescono a credere
che uno di loro abbia potuto tradire. Chiamano ancora una volta Zavrel,
ma Stepàn Zavrel non risponde, non risponderà più
a loro, ha fatto la sua scelta di vita, ora, anche se solo, corre verso
la libertà.
Ma non sarà subito libero, verrà ancora una volta catturato
dalla polizia iugoslava e condotto in un campo di prigionia dal quale
fuggirà attraversando un fiume a nuoto come quando - mi disse -
con i suoi amici scouts nuotava nei torrenti e fiumi della Boemia.
Attraversa il confine italiano alla fine dell'estate del '59, nei pressi
di
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Trieste e chiede asilo politico a quel paese che poi sarà la sua
casa per tanti anni e fino alla sua morte (25 febbraio 1999).
Il Campo Profughi di San Sabba, a Trieste, lo ospita in questo primo periodo.
Scrive alla madre, priva di sue notizie, che riceve la lettera dopo tre
mesi dall'inizio di quel fatidico viaggio.
Lettera che la madre deve consegnare alla polizia che la interrogherà,
come diverse volte farà anche in futuro: "La sicurezza della
famiglia rimasta a Praga non sarà compromessa - le dicono - finché
suo figlio in occidente si occuperà solo dei suoi pennelli!".
Stepàn riprende a disegnare, ma in bianco e nero, a penna, cdi
suoi disegni esprimono la precarietà del momento.
Si trasferisce a Roma dove frequenta l'Accademia delle Belle Arti specializzandosi
nel film d'animazione ed entra nello studio del cinema d'animazione di
Emanuele Luzzati e Giulio Giannini. Qui lavora alacremente e questo lo
aiuta a ritrovare una serenità ed una sicurezza che lo renderanno
più disteso, anche allegro e con un futuro da uomo libero con tante
avventure da vivere.
Inizia a viaggiare in Europa, a Monaco di Baviera frequenta alla Kunst
Akademie il corso di scenografia e costume teatrale.
Realizza con R. Seifert alcuni cortometraggi pubblicitari e nel 1966 illustra
il suo primo libro "Der Zauberfisch" ("Il pesce magico")
di Mafra Gagliardi nell'edizione tedesca e poi in quella inglese.
Vive anche a Londra, dove per un periodo lavora nello studio di film d'animazione
di Richard Williams.
Il suo libro successivo dal titolo "Sie folgen dem Stem" ("Seguendo
la stella") del 1967, é premiato fra i dieci migliori libri
dell'anno in Germania.
Nel frattempo viaggia in vari paesi anche d'oltremare: amava molto viaggiare,
conoscere altre culture, persone nuove con le quali fare un po' di strada
insieme. Imparate lingue dei paesi dove vive e negli annidi gestazione
prima e di vita poi, della Mostra Internazionale d'Illustrazione per l'Infanzia
noi tutti avremmo avuto modo di stupirci nel vederlo e sentirlo parlare,
con gli amici attorno al fuoco del camino di casa o in giro peri! mondo,
oltre alle lingue s!ave, anche quelle europee e farci così venire
la voglia naturale di comunicare con tutti coloro che passavano per Rugolo,
ma nelle loro lingue. Apprendiamo così l'inglese, il tedesco, il
francese perché diventa troppo interessante conoscere le persone
che animano la vita di Rugolo. "Ogni lingua che impari - diceva -
é un nuovo mondo che conosci" e lo potevamo toccare con mano
quotidianamente. In quella casa ognuno di noi si sentiva a casa propria
e le feste che vi si svolgevano avevano sempre qualcosa d'epico, multietnico,
culturale, internazionale e molto divertente. Ognuno portava qualcosa
di suo che doveva servire a far "crescere" tutti. Chi la musica,
chi il ballo o il canto, altri i racconti di viaggi, di luoghi lontani
o del
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paese d'origine, oppure fatti di storia o politica da discutere ed analizzare
dal punto di vista di ciascuno. Il vino era sempre ridenominato "ad
hoc" in ricordo di un amico o amica, di una bella donna o di un fatto
importante o divertente, ed anche questo poteva essere elemento base per
una chiacchierata.
Ma andiamo per ordine. Il suo arrivo a Rugolo é dovuto al caso
e ad una complicata serie di eventi. Egli é stanco di stare a Roma
e cerca un luogo tranquillo dove vivere e disegnare.
Ad una mostra romana incontra Paola G. di Padova, entrambi sono interessati
all' arte, si parlano e dopo qualche tempo Stepàn viene a farle
visita nel Veneto. Paola é amica di Giuliana S. che possiede una
casa a Premaor, nei pressi di Follina. Decidono di passare a trovarla
per stare qualche ora in campagna. La casa di Giuliana é bella
ed il luogo é tranquillo e piacevole. Stepàn ci tornerà
ancora frequentemente e anche ci abiterà per due - tre mesi.
Un giorno Amelia B. di Vittorio V.to viene a trovare la sua amica Giuliana
e chiacchierando con Stepàn si sente dire: "Magari trovassi
in questa zona una casa come questa!". Amelia lavora in banca, chiede
in giro e viene a sapere che a Rugolo c'é una casa in vendita.
Vanno a vederla e Stepàn se ne innamora. E' abbandonata da tempo
e vi "alloggiano" le galline. Immediatamente Stepàn comincia
a pulire: "Si, é come la pensavo, quella che stavo cercando,
con le montagne alle spalle e le dolci colline come panorama".
Ma deve partire per Londra e chiede alla gentile Amelia d'occuparsi delle
pratiche necessarie. Prima di partire, a Vittorio V.to compera i piatti
e le posate ma si dimentica di passare dal notaio per la delega. Dovranno
pensarci poi l'Ambasciata italiana a Londra ed Amelia, ma ciò che
conta é fatto.
Era la fine del 1967.
Quando gli chiesi poi perché allora avesse deciso di fermarsi proprio
a Rugolo, mi rispose che l'avevano conquistato la dolcezza delle colline
e la disponibilità genuina della gente del posto. Gente forse un
po' rude, ma dal sorriso franco, che gli chiedeva come andavano le cose
della vita invitandolo a bere un"ombra" col vino sempre raso
all'orlo del bicchiere. Persone ospitali - diceva - come mai prima aveva
trovato nelle sue peregrinazioni per il mondo.
Nel 1971 fonda con Otakar Bozejovsky von Rawennoff, anch'egli praghese
e profugo, la casa editrice Bohem Press specializzata nei libri per l'infanzia
e ne diviene il direttore artistico. L'inizio é difficile, tutto
da costruire dal nulla, solo con la passione per l'arte e per il libro
illustrato per l'infanzia. Ma la formula é quella giusta ed il
successo arriverà negli anni che seguiranno.
Nell 975 fonda con M. Vigiak a Conegliano la galleria Quadragono Arte,
ma già dall'anno prima con la Casa Editrice Quadragono Libri, sempre
di Vigiak, illustra il meraviglioso libro "Il ritorno di Ano. Da
Ciro il Grande a
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Ciro il Piccolo" di Ranieri Carano.
Nel 1979 entra in scena il sottoscritto, scoprendo così un mondo
nuovo ed affascinante che si porterà dentro tutta la vita. Con
Stepàn, Leo P. ed Uber D. R. iniziamo a parlare dell'arte e dell'illustrazione
e tra una festa ed un incontro con i tanti amici artisti di quegli anni
nasce l'idea di creare una mostra con le opere dei compagni di quelle
estati meravigliose. La Pro Loco ci aiuterà poi a realizzarla nel
1983.
L'anno precedente 1982, Stepàn e la Bohem Press erano stati invitati
al Metropolitan Museum of Art di New York per presentare le tavole di
"Venezia domani". Fu il riconoscimento importante di un impegno
di anni e che continua tuttora.
Il resto della vicenda é cronaca recente. La Bohem Press diventa
un punto di riferimento mondiale per l'editoria per infanzia; la Mostra
Internazionale d'Illustrazione per l'Infanzia approda in varie città
e capitali europee, con l'aiuto di persone tanto meravigliose quanto volontarie
che collaborano da anni per la sua organizzazione. La Pro Loco ed il Comune
di Sàrmede, la Provincia di Treviso, la Cassamarca e per un certo
periodo la Stefanel SpA, contribuiranno a rendere la manifestazione il
principale evento culturale della nostra provincia ed unico caso in Italia
nonché punto di riferimento in Europa per un certo modo di intendere
l'illustrazione per l'infanzia, quella appunto, di carattere poetico.
La scuola estiva forma, come fa tuttora, decine e decine di giovani talenti
e Stepàn inizia, dal 1986, ad usare la tecnica dell 'affresco per
raccontare con immagini.
Ha continuato nel frattempo ad illustrare vari libri, alcuni su temi importanti
come l'ecologia ne "L'ultimo albero", oppure sul rapporto della
nostra società con gli anziani in "Grossvater Thomas"
("Il nonno Tommaso"), oppure ancora in "Die Kinderbrucke"
("Il ponte dei bambini"), dove éaffidato proprio ai bambini
il compito di superare le diversità che dividono gli adulti.
Disegna, illustra e viaggia. Ogni volta che ci rincontravamo dopo un suo
viaggio o che io tornavo da un periodo all'estero per lavoro, ci scambiavamo
le impressioni e le esperienze. Quanti paesi che non ho mai visto ho conosciuto
attraverso le sue parole, e quanti ho meglio capito dopo averli visti
e raccontati a lui ed agli altri amici, la sera, attorno al "larin"!
Fui a Praga diverse volte tra il 1984 ed il 1987: era in aria quello che
poi la caduta del muro di Berlino avrebbe reso evidente a tutti. Bisognava
cominciare a riallacciare i rapporti, c'era in lontananza la possibilità
per Stepàn di tornare.
Andai a trovare sua madre ormai anziana che attraverso le mie parole si
convinse che il figlio tanto amato quanto poco visto stava bene ed aveva
successo. Conobbi le sorelle e le loro famiglie. Andai anche a trovare
due suoi cari amici degli anni del liceo, Antonin B. ed Alexander N..
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era aperta. La madre venne a Rugolo con la sorella e fu veramente commovente
il loro incontro. Con alcuni amici ed amiche avevamo reso la rustica casa
di Stepàn, adatta ad ospitarle.
Quando il regime comunista si spense, Stepàn, felice e sempre preoccupato,
tornò a Praga ma non ho mai veramente capito cosa pensasse del
suo paese dopo tanti anni di esilio.
È bello ricordare, ora che ci ha lasciato, che nella sua casa hanno
sempre trovato ospitalità quanti passavano, perché lui,
che tanto ha dato alla nostra terra, riteneva di dover ricambiare quanto
aveva ricevuto nella sua vita di viaggiatore e di "cittadino del
mondo".
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