Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°12 - 1999 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Rassegna Bibliografica

LUCIA BORANGA, "Antonio Lazzarini pittore bellunese del Settecento" con Saggio introduttivo di Flavio Vizzutti, Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali, Serie "Arte N. 12" 1999.

Nella prefazione al catalogo della "Mostra di pittura del Settecento nel Bellunese" organizzata dal Valcanover nel 1954, il Fiocco scriveva che "gran parte del '700 veneto mosse da Belluno, dove sorsero i piloni della pittura di quel secolo" arrivando alla lusinghiera conclusione "che a Belluno è dovuto uno dei capitoli più vivi e nutrienti" della cultura figurativa di quel tempo
Nel programma di valorizzazione del patrimonio storico ed artistico del Bellunese, che l"Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali" persegue da anni sotto la direzione di Sergio Sacco, bene si inserisce la recente pubblicazione della serie "Arte N. 12" dedicata ad "Antonio Lazzarini pittore bellunese del Settecento" frutto di una diligente tesi di laurea della dottoressa Lucia Boranga, relatore il prof. Mauro Lucco dell'Università di Bologna.
L'opera è introdotta da un accurato saggio del prof. Flavio Vizzutti nel quale lo studioso, con la consueta competenza e cura, ci offre una panoramica abbastanza circostanziata dell' ambiente pittorico bellunese tra Sei e Settecento, basilare nella formazione artistica del Lazzarini e nel quale ha avuto un ruolo non certo di primo piano (alla pari, per intenderci, dei suoi più illustri conterranei, come Sebastiano Ricci ed il nipote Marco, il maestro Agostino Ridolfi ed Andrea Brustolon, universalmente noto come il più grande intagliatore barocco, oppure l'allievo Gaspare Diziani), ma non per questo meno importante nella storia dell'arte locale.
Il lavoro della neo laureata si articola in vari capitoli a partire dalla "fortuna critica" (per la verità di scarso interesse presso i contemporanei del pittore, la cui personalità artistica e stata rivalutata solo in anni recenti) e dalle notizie biografiche, che trovano puntuale riscontro nel regesto, ai cataloghi delle opere autografe (ben quarantasette, corredate da altrettante schede dettagliate), dei sette disegni preparatori finora rintracciati, delle opere erroneamente attribuite per le quali si avanzano nuove proposte, in base anche a dei precisi riscontri documentari, e di due opere disperse ( un "Sant'Antonio" della chiesa di S. Rocco a Belluno e un ritratto di Ferdinando Piloni), per finire con una appendice riservata ad alcune opere perle quali non è possibile avanzare con sicurezza una attribuzione a motivo soprattutto del cattivo stato di conservazione.
Il volume consta di 228 pagine con una ottantina di illustrazioni, di cui 53 a colori, che non solo ne arricchiscono la veste tipografica, ma sono quanto mai opportune nel definire il formulario figurativo del Lazzarini anche in vista di nuove acquisizioni al suo catalogo, che si presenta molto ampio, ma certamente non definitivo.
A questo proposito, si dovrà riconoscergli un più esteso intervento esecutivo nella decorazione del Palazzo Minucci-De Carlo di Vittorio Veneto, comprendente, oltre al "Trionfo di Eugenio di Savoia" dipinto nel 1719 nella camera degli ospiti, anche le quattro grandi tele del salone d'onore con "Storie di Alessandro" con la teoria di figure del ballatoio, le nove favolette tratte dalle "Metamorfosi" di Ovidio nel cosiddetto "salotto rosso" alternate con altrettanti busti di filosofi, e con tutta probabilità anche le telette ovali con le quattro stagioni della Stanza degli Arazzi, compresa la pala con l"Assunta ed estasi di San Francesco" ivi custodita, proveniente dalla cappella gentilizia del medesimo palazzo.
Affinità tipologiche e compositive si possono riscontrare in alcune altre opere del circondario, non presenti nel catalogo, come la "Madonna col Bambino e Santi" della parrocchiale di San Fior di Sotto, la notevole "Deposizione" della parrocchiale di Fontanafredda, ole quattro tele della parrocchiale di Lutrano, a conferma di una voce di un certo rilievo nel gran concerto della pittura bellunese del Settecento.
Dal punto di vista stilistico, non gli possiamo negare neppure un certo aggiornamento sugli esempi del nuovo gusto rococò, evidente soprattutto nelle pale d'altare della Cappella Vettori a Gera di S. Nicolò di Comelico, della Chiesa di 5. Giustina a Sossai e della Chiesa di San Michele Arcangelo a Salsa di Vittorio Veneto.

Giorgio Mies


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