MAURO DE OSTI - DINO MASETTO
CAPITELLI VERDI NELLA COMUNITÀ MONTANA DELLE PREALPI
TRE VIGIANE E IN PROVINCIA DI TREVISO
Per non disperdere conoscenze e valenze culturali che aiutano a comprendere
la storia delle nostre zone e che permettono la loro valorizzazione, sta
assumendo sempre maggiore importanza la tutela delle tradizioni popolari.
Gli alberi sacri, decorati con icone mariane, da nicchie di santi e crocifissi,
arricchiti da tanti altri segni della religiosità popolare, sono
stati e costituiscono elemento caratterizzante del paesaggio naturale,
divenendo in situazioni ad elevata antropizzazione ultimi "relitti"
testimoni dell'antica ruralità del territorio della Marca Trevigiana.
Spesso, infatti, questi "verdi capitelli" sopravvivono a disboscamenti,
malattie ed inurbazioni, grazie alla cura, all'attaccamento, alla devozione
dei fedeli che abitano vicino ad essi. In quest'ottica, per dar continuazione
ad un'idea del Presidente della Comunità Montana delle Prealpi
Trevigiane Gianantonio Geronazzo, è iniziato nel valdobbiadenese
(successivamente esteso a tutta la Provincia da parte dell'Associazione
Dottori in Agraria e Forestali) un lavoro di censimento e un primo progetto
di salvaguardia e recupero di questi capitelli mettendoli all'attenzione
della gente prima che l'incuria e la disattenzione li abbandonino irrimediabilmente
al loro destino.
MAURO DE OSTI. Dottore Forestale, dipendente regionale
presso la Direzione Foreste ed Economia Montana - Servizio Forestale Regionale
di Treviso.
DINO MASETTO. Agronomo, consigliere Associazione Provinciale Dottori in
Agraria e Forestali
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Magia e mitologia dell'albero sacro
Uno dei temi simbolici più diffusi nella mitologia
classica ma anche tra i popoli primitivi dell'America e dell'Asia è
sicuramente l'albero. Simbolo di vita in continua evoluzione, in ascensione
verso il cielo, evoca con grande forza il simbolismo della verticalità.
L'albero mette anche in comunicazione i tre livelli del cosmo: quello
sotterraneo, per le radici che scavano le profondità in cui affondano;
la superficie della terra, per il tronco ed i primi rami; e i cieli,
per i rami superiori e la cima attirati dalla luce del sole. Esso riunisce
tutti gli elementi: l'acqua circola con la linfa, la terra si integra
al suo corpo attraverso le radici, l'aria nutre le sue foglie, il fuoco
si sprigiona dal legno se lo si strofina.
Si incontrano alberi sacri nella storia di tutte le religioni, nelle
tradizioni popolari del mondo intero; mai, comunque, un albero viene
adorato unicamente per se stesso ma sempre per quel che si rivela per
suo mezzo, per quel che l'albero implica e significa. Esso porta frutti
e perciò viene visto come segno di fertilità, di abbondanza
e di vita; con la sua rigenerazione periodica (soprattutto le latifoglie),
evoca un ciclo, manifesta la potenza sacra nell'ordine della vita.
La Bibbia, gli autori medievali si richiamano spesso alla simbolicità
dell'albero, ma anche al di fuori del mondo cristiano e prima della
venuta di Cristo troviamo continui riferimenti al culto dell'albero
sacro.
Alla divinità principale dei Paleoveneti, Raetia, erano offerti
doni e bronzetti che venivano appesi agli alberi.
Nelle maggiori città dell'Impero romano, in prossimità
degli incroci esistevano edicole sacre (compitum - evidente l'assonanza
con capitello) per il culto dei Lares, divinità protettrici di
un luogo, rappresentate dall'immagine di due giovani accompagnati da
un cane. Altre testimonianze dell'uso dell'albero quale ricovero di
immagini pagane sono riscontrabili in Plinio. L'arrivo del cristianesimo
portò alla sostituzione dei simboli pagani con immagini della
vergine e dei Santi, ma non veniva meno la funzione di sacralità
dell'albero, che rappresentava per la gente del luogo la presenza benefica
della divinità stessa, posta a proteggere il contadino da ogni
avversità.
L'immagine raffigurata aveva sulle grandi masse una presa immediata:
essa era in grado di diventare uno strumento didattico di diffusione
del cristianesimo, alternativo e più efficace della predicazione
orale, dell'istituzione di scuole o dell'assunzione diretta del potere
da parte delle gerarchie ecclesiastiche.
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Alberi sacri e rogazioni nel trevigiano
Tracciare una storia degli alberi sacri nella tradizione
cristiana è quasi impossibile, se non addirittura proibitivo, poiché
non esiste una documentazione archivistica sull'argomento. Le fonti scritte
su capitelli e alberi sacri sono scarse perché non benedetti dal
Vescovo e quindi non censiti negli inventari dei beni ecclesiali. C'era
probabilmente da parte della Chiesa il timore che sulle forme ufficiali
del culto liturgico prendessero il sopravvento pratiche religiose che
sfociavano nel magico e nella superstizione. Ciò non significa
che l'esistenza dei capitelli verdi fosse limitata: anzi, la lunga tradizione
orale, iconografica e la datazione di alcuni alberi ci confermano il contrario.
Le misere condizioni di vita spingevano a cercare soccorso nell'aiuto
soprannaturale, in Dio certamente, ma più ancora nei santi, presenze
più accessibili e consolatrici.
Il santo a cui sono dedicati la maggior parte degli alberi sacri è
S. Antonio da Padova, da otto secoli invocato dal culto popolare come
"taumaturgo". Accanto a S. Antonio, la figura più invocata
nel Trevigiano è la Vergine, onorata sotto diversi titoli: delle
Grazie, della Salute, di Lourdes, di Pompei, del Carmelo, del Covolo in
Crespano del Grappa (invocata fino dal 12° secolo), del Caravaggio,
delle Vittorie (originaria dell' Ungheria, è la patrona di Maserada
sul Piave).
Le pratiche devozionali si succedevano numerose durante tutto l'anno con
novene, tridui, processioni, digiuni e penitenze. Tra le manifestazioni
più tipiche della Pietà popolare contadina trevigiana, sopravvissute
fino agli anni '60, ricordiamo le Rogazioni; consistevano in processioni,
accompagnate da preghiere propiziatorie, praticate dal 25 aprile (S. Marco)
e nei tre giorni precedenti la festa dell'Ascensione (il giovedì,
40 giorni dopo Pasqua) e prevedevano un percorso a tappe lungo i confini
della parrocchia in aperta campagna. I cortei si fermavano davanti ai
capitelli, agli alberi sacri, alle croci e in corrispondenza di altari
allestiti per l'occasione. Il parroco benedicendo invocava il Signore:
"Afulgure et tempestate, apeste,fame et bello..." ed otteneva
la corale supplica "Libera nos, Domine", e poi "Ut fructus
terrae dare et conservare digneris...", "Te rogamus, audi nos!".
Le rogazioni rappresentavano la preghiera del contadino contro i malanni
del tempo e contro le calamità che potevano attaccare il bestiame
e i prodotti della campagna, in particolare la grandine, la siccità,
ma anche le malattie delle piante coltivate. Ancor oggi gli anziani ricordano
che davanti agli alberi sacri e alle edicole venivano allestiti degli
altari per le preghiere o per le messe durante il percorso rogatorio,
e si invocava con particolare devozione la Madonna o il Santo a cui l'albero
era dedicato. L'albero diveniva quindi tappa obbligata di un cammino spirituale
che si concludeva nella chiesa parrocchiale. Significativa la ricerca
effettuata dalla parrocchia di Caerano San Marco nel 1996, che ha pubblicato
l'elenco delle località toccate dal tragitto delle tre giornate
di rogazioni e delle case dove veniva predisposto un altarino chiamato
"carega" perché veniva preparato con una sedia addobbata
con il copriletto della famiglia, sulla quale venivano deposte le offerte
al sacerdote con generi della campagna (uova, salami, asparagi...). Anche
il Gruppo Ricerca Storica del collegio Astori di Mogliano Veneto ha pubblicato,
nel 1986, gli itinerari delle rogazioni predisposti nelle parrocchie di
quel Comune.
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Primi risultati del progetto di recupero e del censimento
svolto in provincia di Treviso
Il progetto che ha interessato il territorio della Comunità
Montana delle Prealpi Trevigiane, in seguito esteso a tutto il territorio
provinciale da parte dell'Associazione Dottori in Agraria e Forestali,
ha avuto lo scopo di individuare in modo puntuale i "capitelli verdi"
identificando dove possibile anche quelle piante che un tempo ospitavano
immagini sacre. Attraverso la compilazione di un'apposita scheda sono
stati rilevati gli aspetti topografici (ubicazione), botanici (specie),
dendrometrici (diametro, altezza, ecc.), fitosanitari e religiosi (immagine
sacra ospitata, eventuali iscrizioni, collocazione dell'edicola) di tutti
gli alberi sacri individuati.
Si tratta di piante, situate il più delle volte in corrispondenza
di crocicchi campestri, sentieri montani o al centro di contrade, che
ospitano un'immagine sacra, spesso custodita in un'edicola (capannetta
lignea molte volte chiusa frontalmente da un vetro), dedicata alla Sacra
Famiglia, alla Madonna o a un Santo. Fissati ad un'altezza visibile all'occhio
umano, i quadri, le immagini, le icone di origine orientale o le statuette
sono protetti da una nicchia formata con le stesse fronde degli alberi.
Altra tipologia è rappresentata da alberi che ospitano immagini
come ex voto o come gratitudine per grazie ricevute o per scampato pericolo
di disgrazie, o di morte, evitato invocando i Santi. Nelle zone montane
e sul Montello, inoltre, restano alberi sacri in prossimità dei
luoghi di lavoro dove si sfalciavano pendii pericolosi, si battevano le
castagne (bacchiatura) rischiando la vita per cadute dalle chiome, si
scavava nelle cave in pendio, si lavorava faticosamente nei boschi.
Fino ad oggi sono stati censiti nella provincia di Treviso 220 capitelli
verdi dislocati in 58 comuni; nel territorio della Comunità Montana
delle Prealpi Trevigiane sono stati rinvenuti 32 alberi sacri di cui 16
nel Comune di Valdobbiadene. Le immagini sacre più frequenti, la
Madonna (116), 5. Antonio da Padova (56), Crocifisso (16) e la Sacra Famiglia
(14).
Le specie arboree maggiormente rappresentate sono naturalmente quelle
in grado di formare chiome dense e serrate e sopportare potature intense.
Tra queste la migliore, e per questo la più diffusa, è il
Carpino bianco (Carpinus betulus L.). Questa specie, dotata di notevole
capacità pollonifera, produce virgulti cedevoli e flessibili che,
intrecciati, consentono di costruire bellissime siepi, spalliere, viali
e naturalmente capitelli verdi (foto n. 1). Le immagini sacre all'interno
delle nicchie sapientemente ricavate con accorte potature di diradamento
e selezione dei ricacci, rimangono protette per tutto
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Foto n. l: Capitello verde in loc. Roccolo a San Pietro di Barbozza (Valdobbiadene).
Da notare come la chioma del Carpino bianco (Carpinus hetulus L.) siplasmi
ed assecondi la volontà del potatore. I rami si anastomizzano e
formano nicchie idonee alla collocazione delle immagini sacre.
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l'anno; le foglie del Carpino, infatti, rimangono tenacemente attaccate
alla chioma per tutto il periodo autunnale ed invernale, cadendo al
suolo solamente in primavera quando le gemme emettono la nuova vegetazione.
Oltre che per questa peculiarità, la diffusione ditale specie
è dovuta ad una sua grande "flessibilità ecologica":
pur essendo specie tipica delle zone submontane e montane (si spinge
fino a 1.000 m di quota) può occupare anche zone di pianura,
preferendo naturalmente terreni freschi e ricchi di humus. In Veneto
allo stato naturale troviamo il Carpino nella fascia collinare, in suoli
relativamente evoluti laddove vi siano ambienti freschi e con buon apporto
di energia termica, associato con carpino nero (Ostrya carpinifolia),
orniello (Fraxinus ornus) e quercia (Quercus sp.). In pianura il Carpino
è uno dei componenti principali della foresta planiziale, un
tempo diffusa su tutta l'area ed oggi ridotta a pochi lembi di ridottissima
estensione.
Riportiamo di seguito un grafico con evidenziate le piante maggiormente
utilizzate come capitello verde (in totale sono state rinvenute 28 specie
arboree ed arbustive diverse):
In alcuni casi l'attaccamento alla tradizione (devozione) ha portato
alla sostituzione delle piante morte con pali di legno o con specie
che un tempo non facevano parte della tipica flora arborea trevigiana.
È il caso delle numerose Robinie (17), del Cedro(1), dellaThuja
(1), del Glicine (2)o della Catalpa (1); si tratta di essenze ornamentali
introdotte nella nostra regione in tempi più o meno recenti e
che hanno trovato grande diffusione in parchi e giardini. Con il passare
degli anni si è sempre più ridotta la perizia nel modellare
le giovani chiome e potare quelle adulte ed è venuta meno anche
quella sensibilità "ecologico - agreste" che ha permesso
in passato di scegliere con profonda oculatezza le piante da adibire
a capitello. Fanno parte della tradizione anche specie quali l'Acero
campestre, le Querce e il Gelso in grado, come il Carpino bianco, di
formare con i propri rami nicchie protettive. In alcune situazioni è
la natura stessa a determinare la scelta della pianta migliore: è
il caso del salice o del pioppo nella bassa pianura, dove condizioni
di elevata umidità pedologica non consentono alternative valide,
o in montagna, dove specie quali il faggio o il frassino sostituiscono
l'onnipresente Carpino.
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Foto n. 2: Capitello verde di Carpino bianco (Carpinus betulus L.) sapientemente
potato a forma globosa a San Giacomo di Bigolino (Valdobbiadene). Qui
ogni anno i fedeli si radunano in occasione della "Festa del Capitel".
Conclusioni
Le immagini sacre custodite nei capitelli verdi erano prevalentemente
collocate, come abbiamo visto, nei crocicchi campestri o in prossimità
dei luoghi in cui si svolgevano le attività agricole e forestali.
Il mutamento dell'economia, della cultura e dei costumi ha lentamente
cancellato quella religiosità che affidava al sacro tutti i momenti
della vita individuale e collettiva. Parimenti è diminuito il significato
delle immagini sacre distribuite capillarmente sul territorio e molte
sono scomparse. Alcuni capitelli verdi sono però rimasti grazie
alla cura di fedeli che riconoscono in questi particolari luoghi sacri
gli avvenimenti che hanno segnato e segnano il percorso di una vita; costituiscono
attualmente punto di ritrovo dove recitare qualche preghiera, il Santo
Rosario durante il mese di maggio, o luogo di festa come a San Giacomo
di Bigolino (Valdobbiadene) e a Vidor. A metà aprile, infatti,
tra i vigneti di Prosecco in località Zecchei, nei pressi di un
singolare Carpino bianco potato a forma globosa e ospitante una statuina
della Madonna (foto n. 2), si organizza la "Festa del Capitel";
a Vidor, invece, in estate il Borgo "Alnè Sotto" festeggia
il patrono 5. Giovanni Bosco nel piazzale antistante l'Acero campestre
dove è collocata l'immagine del Santo.
Uno degli obiettivi primari del censimento e del recupero dei capitelli
verdi è quello della promozione del territorio della Marca trevigiana
ricco di peculiarità e di emergenze. Nel Valdobbiadenese ed in
particolare a San Pietro di Barbozza è già iniziato un programma
di recupero dei vecchi alberi sacri intervenendo con potature di risanamento
e ricalibratura della chioma. In questi soggetti arborei, la prossima
primavera, verranno collocate delle statuette lignee raffiguranti la Madonna
o S. Antonio da Padova.
Pur consapevoli che il lavoro effettuato ha delle lacune e per questo
può essere migliorato si auspica, in tempi brevi, la realizzazione
di una pubblicazione che "fotografi" la situazione attuale e
proponga all'attenzione collettiva i Capitelli Verdi rimasti nel territorio
della Marca trevigiana. Per questo chiediamo a tutti coloro che si imbattessero
in un capitello verde nascosto tra le colline o nei borghi più
sperduti, di segnalarlo alla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane
(Via Vittorio Emanuele Il, 67 - Vittorio Veneto) o all 'Associazione Provinciale
Dottori in Agraria e Dottori Forestali (via Castellana, 17- Treviso),
in modo che ulteriori tasselli possano completare il lavoro iniziato.
Nell'anno del Giubileo è doveroso rintracciare questi alberi, testimoni
del patrimonio rurale ma soprattutto espressione del profondo senso religioso
della nostra gente. Una proposta concreta è quella di realizzare
un "itinerario giubilare provinciale" che unisca tutti i capitelli:
percorrerlo significherà conoscere meglio l'ambiente ma soprattutto
riappropriarsi di una identità culturale che porta a trovare nuove
e più forti motivazioni per amare e rispettare il territorio in
cui siamo nati ed in cui viviamo.
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