Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°11 - 1998 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

Lo scavo nel primo settore.
Lo scavo ha coperto un'area di 91 m2 all'interno di una zona molto disturbata, in quanto utilizzata sin dal tardo medioevo quando il Palughetto era un importante punto di transito per le genti che dall 'Alpago raggiungev ano l'altopiano. In tempi più recenti furono costruiti un ricovero in muratura, forse per l'alloggio di carbonai (secolo XIX, fig. 9) ed una teleferica rimasta attiva fino al 1964.
Il sito preistorico giace quindi su una morena del complesso glaciale del Piave, costituita da pietre di diverse litologie ed alterata da un antico suolo privo di carbonato di calcio, con terreno prevalentemente limoso di colore bruno-rossastro. Questo risulta coperto da un insieme di strati di età storica che comprende lenti di carboni, detriti, livelli organici con reperti di diverse età fino all'attuale (figg. 10 e 11).
I manufatti in selce si trovano dispersi all'interno del suolo sepolto. Essi documentano tutte le fasi della produzione litica, dalla preparazione dei blocchi grezzi al distacco di lame, lamelle e schegge, fino all'abbandono dei nuclei. La varietà di selci utilizzate suggerisce una diversificazione tra fonti di approvvigionamento locale, abbondanti ma di bassa qualità (selci della Scaglia Grigia del Cansiglio), e alloctone di qualità migliore. Tra i nuclei si registra infatti una prevalenza di selci della Scaglia Rossa, su quelle della Scaglia Grigia, del Biancone, del Rosso di Col Indes e del Fonzaso.
I nuclei sono per la maggior parte a lamelle, di forma prismatica con un
piano di percussione o con due piani opposti, oppure ortogonali. I nuclei a
schegge e a schegge laminari sono del tipo prismatico, discoide o
subpiramidale (fig. 12).
Tra gli strumenti(3) si annoverano: bulini su troncatura e bulini semplici; grattatoi frontali, con una maggioranza di forme corte, talvolta a ventaglio; grattatoi ogivali, a muso isolato e carenati; troncature profonde; lame ritoccate (fig. 13).
Le armature sono rappresentate da punte a dorso, da punte-troncatura, da lamelle a dorso, da lamelle a dorso e troncatura, sovente con due troncature simmetriche ad angolo ottuso; da triangoli scaleni e da segmenti (fig. 14). I microbulini sono numerosi, soprattutto quelli ordinari, come pure quelli a dorso. Alcune lamelle a dorso in corso di fabbricazione completano lo strumentario.
Ammettendo l'ipotesi che questi reperti appartengano ad un insieme


3) Per una sintetica spiegazione dei principali tipi di strumenti ed armature dell'età della pietra vedi C.Mondini e A.Villabruna, 1988.


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Fig. 9 - I ruderi di strutture murarie del sec. XIX portati alla luce durante lo scavo 1993 a Palughetto.


Fig. 10 - Una sezione dei depositi visibile durante lo scavo archeologico 1993 di Palu ghetto. I manufatti paleolitici provengono dal suolo indicato con il numero 1.

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Fig. 11 - Frammento di maiolica graffita rinascimentale rinvenuto durante lo scavo archeologico 1993 di Palu ghetto.


Fig. 12 - Palughetto. Scavi 1993-94. Nuclei pri smatici e subpiramidabi a lamelle e a schegge.

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Fig. 13 - Palu ghetto. Scavi 1993-94. Strumenti di se/ce. Da sinistra in alto: bulini, grattatoi; in basso. bame troncate, punte e una scheggia ritoccata.


Fig. 14 - Palu ghetto. Scavi 1993-94. Armature di selce. Da sinistra in alto: punte a dorso e a due dorsi, bamelle a dorso e troncatura; in basso: segmenti, triangoli.

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litico omogeneo, si può affermare sulla base della tipologia dei nuclei, degli strumenti e delle armature, che il sito di Palughetto presenta grandi affinità con altri giacimenti prealpini attribuiti alla fase terminale dell 'Epignavettiano recente. In effetti la dominanza di grattatoi corti tra gli strumenti, la tipologia delle punte a dorso e a due dorsi, nonché la presenza delle punte-troncatura, dei segmenti e dei triangoli, sembrano analoghe agli insiemi litici di altri siti montani come quelli di Piancavallo (Guerreschi, 1975), che si trovano a 8,6 km in linea d'aria da Palughetto, Andalo presso il Bacino di Trento (Guerreschi, 1984). Segnaliamo inoltre la presenza a Palughetto di un nucleo a lamelle con cortice inciso con motivi geometrici lineari (fig. 15), esempio di manifestazione stilistica ampiamente conosciuta in altri giacimenti epigravettiani della regione. Dal rapporto equilibrato (= 1,3) tra gli strumenti comuni, indicativi di attività legate alla sussistenza ed alla lavorazione dei materiali, e le armature, impiegate prevalentemente per le attività venatorie, si può affermare che Palughetto doveva essere un accampamento residenzia le. Lo scavo nel secondo settore. Lo scavo dell'unità T6 nella zona marginale della torbiena (fig. 16) ha dato abbondanti carboni e un centinaio di oggetti litici tra nuclei, schegge, strumenti ed armature, questi ultimi rappresentati da un bulino su ritocco, una troncatura marginale su lamella, tre punte a dorso su lamelle e un segmento frammentario (fig.17). La scoperta più importante è stata quella di una buca subcircolare (figg. 3 e 18), profonda 25 cm, che conteneva 6 blocchi di selce di dimensioni variabili tra 10 e 20 cm e peso variabile tra 50 e 200 grammi; essi mostrano le tracce di un test di scheggiatura oppure dell'inizio della deconticazione (fig. 19). Le selci sono di varietà e di provenienza diversa, in quanto appartengono alle formazioni del Biancone, della Scaglia Rossa e della Scaglia Grigia, che affiorano fino a circa 20 km dal sito nel Bacino dell'Alpago e nella Bassa Valle del Piave. Il contesto stratigrafico ditale struttura e il tipo di manufatti che essa contiene evocano una sua funzione come riserva di selci di buona qualità, destinate ad un futuro sfruttamento. Si possono trovare dei raffronti con analoghe riserve scoperte nel sito epigravettiano di Vai Lastari, sull'Altopiano dei Sette Comuni, oppure in Polonia. Anche se in numero ridotto, i manufatti di questo settore archeologico presentano le caratteristiche di un insieme omogeneo, senza elementi particolarmente caratteristici del Mesolitico. Per i loro aspetti tecnologici (scheggiatura nettamente lamellare) e tipologici (soprattutto la presenza delle punte a dorso e dei geometrici), essi possono essere attribuiti alla fase terminale dell'Epigravettiano recente, e si potrebbe tentativamente attribuirli al sito scavato nel primo settore a pochi metri di distanza.

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Fig. 15- Palu ghetto. Nucleo a lamelle con cortice graffito e lamella in connessione.

Fig. 16 - Lo scavo archeologico realizzato nel 1997 sul lato N della torbiera.

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Fig. 17 - Alcuni manufatti litici rinvenuti nell 'unità T6 durante il sondaggio 1995 e lo scavo 1997. Da sinistra in alto, punte a dorso eframmenti, punta-troncatuna; in basso, geometrici, microbulini.


Fig. 18 - Il ripostiglio di selci scoperto nell'unità T6 durante il sondaggio 1995 ai margini della torbiera. Si tratta di una buca subcircolane riempita con 6 blocchi che mostrano un test di idoneità alla scheggiatura. Le selci, raccolte nella conca dell 'A/pago e nella bassa valle del Piave, dovevano servire ad una futura produzione di lame e di schegge.

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Fig.19 - Le selci della riserva di Palughetto. le frecce indicano i punti dove era stato eseguito il test di qualità del blocco.

Gli insediamenti ai margini del Piano del Cansiglio

Ai margini del Piano del Cansiglio sono stati sinora individuati numerosi siti, alcuni bene conservati con insiemi litici consistenti, molti malamente conservati, con pochi manufatti dispersi nel suolo. La maggior parte di essi si distribuiscono sui settori inferiori del versante occidentale del Piano (fig. 20), in posizioni relativamente più elevate rispetto alle vallecole locali. I rilievi posti ad oriente del Piano ospitano invece un sito epigravettiano (Bus de La Lum).


Casera Lissandri I

Questo insediamento si trova a 1.060 mdi quota. Scoperto nel 1994, esso è stato indagato fino al 1996, su un'area di complessivi 42 mq. Trattandosi di un sito all'aperto (fig. 21), i dati archeologici risultano fortemente impoveriti di molti elementi e, pertanto, sono rappresentati esclusivamente da reperti litici dispersi nel suolo.
I manufatti documentano tutte le fasi della produzione di lamelle e schegge, suggerendo in tal modo che la preparazione dei blocchi di selce, il distacco dei supporti, il loro utilizzo oppure la loro trasformazione in strumenti, ed infine l'abbandono dei nuclei, siano avvenute direttamente sull'accampamento. Le selci impiegate sono sia locali che alloctone, queste ultime di qualità migliore. Tuttavia, in rapporto a Palughetto, la varietà litologica dei nuclei mostra una dominanza di selci della Scaglia Grigia locale (che affiora nei dintorni del sito) su quelle della Scaglia Rossa, del Biancone e del Rosso di Col Indes.
I nuclei a lamelle sono prevalentemente di tipo prismatico, ricavati da blocchetti o placchette di selce; la maggior parte hanno un piano di percussione, gli altri due piani opposti. I nuclei a schegge sono subconici, subdiscoidali, discoidi.
Gli strumenti comuni sono rappresentati da diversi gruppi tipologici: i grattatoi, prevalentemente del tipo frontale corto e molto corto, ma anche ogivale e a muso; le schegge ritoccate a ritocco erto trasversale e/o laterale, spesso parziale, i raschiatoi e i denticolati; i bulini, semplici laterali, su frattura e su ritocco; le troncature; le lame ritoccate; i becchi; i coltelli a dorso; le punte.
Le armature sono abbondanti. Si tratta di: punte a dorso, di cui una a dorso bipolare; punte a due dorsi allungate (cfr. Sauveterre); segmenti lunghi; trangoli isosceli e scaleni; punte-troncatura piccole e punte a dorso parziale (fig. 22). Tra i residui della lavorazione delle armature si trovano microbulini ordinari, soprattutto prossimali, triangoli in lavorazione, lamelle con incavo, lamelle a dorso in corso di fabbricazione.

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Fig.20 - Il versante occidentale Piano del Cansiglio con la posizione di alcuni siti: 1-siti di Casera Davià; 2- siti di Casera Lissandri; 3- siti di Villaggio dei Pich.


Fig.21 - Lo scavo del sito di Casera Lissandri 1.

Fig. 22 - Armature mesolitiche da Casera Lissandri I. Da sinistra in alto, punte a due dorsi, punte a dorso, punte-troncatura; in basso, segmenti, triangoli isosceli, triangoli scaleni.

Per le caratteristiche tecnologiche, oltre che per la tipologia e la tipometria degli strumenti e soprattutto di alcune armature, quali punte a due dorsi, triangoli, segmenti e punte-troncatura, l'associazione tipologica di questo insieme litico si inquadra nel Sauveterriano, e più precisamente nella sua fase media, analogamente alla maggior parte dei siti mesolitici alpini e prealpini, sia di fondovalle (Romagnano III; Riparo di Pradestel), sia di alta montagna, ubicati tra 1800 e 2300 metri di quota.
Nell'ipotesi di un insieme omogeneo, si può fare qualche osservazione sulla presunta funzione svolta dal sito grazie al calcolo del rapporto tra strumenti e armature, che risulta piuttosto equilibrato (0,72). A ciò si aggiunge l'alta frequenza di microbulini ed il rapporto microbulini/armature (=1,86). In base a questi dati possiamo supporre che Casera Lissandri era un accampamento non specializzato, nel quale l'attività di preparazione delle armi da caccia era consistente.


Gli altri insediamenti

Gli altri insediamenti all'aperto scoperti un po' più a monte di Casena Lissandri I, e a qualche centinaio di metri più a sud presso Casera Davià, sono

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caratterizzati dalla presenza di manufatti in selci sia locali che esogene, disperse all'interno dei suoli. Essi quindi si concentrano in una stretta fascia altitudinale compresa tra 1050 et 1100 m. In molti casi, dove l'ambiente prevalentemente erosivo ha causato la dispersione ed il relativo impoverimento del record archeologico, l'attribuzione cronologico-culturale è generica al paleo-mesolitico.
Più consistenti e meglio conservati sono alcuni insediamenti, dei quali solo Casera Davià Il è stato parzialmente indagato. L'insieme litico di quest'ultimo annovera, oltre a qualche nucleo a lamelle e a schegge, grattatoi frontali, becchi e punte a dorso e, tra le armature, lamelle a dorso e due troncature, punte a dorso e troncatura, triangoli isosceli. Per le caratteristiche tecnologiche dei nuclei e per la tipologia degli elementi ritoccati, l'insediamento può essere attribuito alla fase antica del Sauveterriano.

CONSIDERAZIONI E PROSPETTIVE DI RICERCA

Dalle scoperte fatte sinora emerge chiaramente come le potenzialità dell'altopiano del Cansiglio siano notevoli sia sul piano della ricostruzione paleoambientale, sia dei diversi aspetti relativi all'adattamento umano all'ambiente montano.
I dati geologici e paleobotanici ed in particolare quelli della torbiera del Palughetto risultano di estremo interesse per la ricostruzione dell'ambiente nel Pleistocene e nell'Olocene, non solo dell'altopiano stesso e dei suoi territori limitrofi, ma anche delle Prealpi Venete, dove si lamenta la scarsità di studi. La serie di Palughetto dimostra una notevole importanza scientifica per la presenza in torba diresti vegetali appartenenti agli intenstadi temperati dei Tardiglaciale wùrmiano; attualmente si conoscono infatti pochissime torbiere alpine con stratigrafie comparabili a questa. Essa può inoltre risultare di estremo interesse per gli studi sulle paleocomposizioni forestali del Cansiglio e sulle loro modificazioni nel corso del tempo, approfondendo altresì gli aspetti relativi al loro rapporto con il clima del passato.
Sul piano strettamente archeologico resta indiscutibile che le testimonianze, seppure fortemente impoverite dall'alterazione, risultano comunque significative non solo per la storia dei primi abitatori del Cansiglio ma, più in generale, per lo studio del modo di vita dei gruppi di cacciatori-raccoglitori della Preistoria antica. Il sito di Palughetto ad esempio, si inquadra bene nel modello insediamentale noto per l'Epigravettiano recente come campo residenziale di media montagna a carattere stagionale. La sua ubicazione geomorfologica è infatti simile a quella di altri siti, i quali si pongono in aree aperte, in fregio a depressioni vallive o a conche chiuse sedi di aree umide, a quote comprese tra 1050 m e 1600 m.
Per quanto riguarda invece il Mesolitico antico, il sistema insediativo

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attorno al Piano del Cansiglio rappresenta un'eccezione alla distribuzione topografica dei siti mesolitici montani, in ragione della sua posizione altitudinale anormale, che si differenzia da quella dei siti delle Dolomiti e di altre zone delle Prealpi (es. Altopiano dei Sette Comuni), la cui altitudine ècompresa tra 1900 e 2300 m. In quest'ottica, il ruolo giocato dall'altopiano come zona di diversificazione nello sfruttamento delle risorse alimentari per le comunità mesolitiche delle valli circostanti o della Pianura Venetofriulana, si potrà meglio comprendere alla luce dei futuri scavi e dello studio tecno-funzionale degli insiemi litici.
Il Cansiglio, come altri altopiani prealpini, rappresentavapresumibilmente un luogo ideale di caccia per i gruppi umani che abitavano i fondovalle o i rilievi subalpini e che con brevi spostamenti potevano agevolmente raggiungere le zone elevate per cacciare soprattutto cervi e stambecchi. Allo stato attuale della ricerca è lecito ritenere che durante il Paleolitico superiore e il Mesolitico l'Uomo aveva adottato un sistema logistico di siti dal fondovalle, abitato durante la stagione invernale, alla montagna, frequentata invece tra la primavera e l'inizio dell'autunno.
Inoltre, si può affermare che la mobilità territoriale dei cacciatori-raccoglitori e il loro grado di conoscenza dei territori prealpini erano notevoli. La riserva di selci scoperta a Palughetto ce lo dimostra, e ci indica che il trasporto di selci non lavorate in località dove tale materia prima scarseggiava offre uno spaccato preciso della modalità di approvvigionamento e di economia, oltre che di previsione nel breve termine, da parte dei preistorici.
L'importanza delle Prealpi Trevigiane per l'archeologia preistorica va a questo punto considerata. Questo territorio collinare occupa una posizione di cerniera tra i rilievi montani a nord, sedi di accampamenti stagionali come nel caso del Cansiglio, e l'alta Pianura Veneta a sud, ricca di corsi d'acqua e di nisorgive. Di conseguenza viene logico pensare che la sua connotazione morfologica aveva presumibilmente favorito lo sviluppo e la sopravvivenza di specie vegetali, grazie al particolare microclima, creando in tal modo le condizioni favorevoli ad. una occupazione da parte di gruppi di cacciatori-raccoglitori.
Nonostante la carenza di ricerche preistoriche, dovuta alla mancanza di grotte e di ripari sottoroccia, ed alla prevalenza di interessi locali verso un'archeologia più recente, si può pertanto ragionevolmente ipotizzare che le colline trevigiane erano abitate nella preistoria antica. A sostegno di questa convinzione vi sono i ritrovamenti nei dintorni di Quero, presso le sorgenti del Livenza e in Località San Giuseppe a Corbanese. In tali siti i reperti rinvenuti suggeriscono la presenza di accampamenti analoghi a quelli del Cansiglio o di poco più recenti, e possono essere testimonianza dei rapporti esistenti tra gli ambienti di montagna, frequentati tra la tarda estate e l'autunno, e quelli planiziali, abitati durante l'inverno e la primavera.

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RINGRAZIAMENTI

Le ricerche archeologiche in Cansiglio vengono realizzate grazie all'interesse e alla sensibilità di diversi enti, come la Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane, la Fondazione Giovanni Angelini (Belluno), l'Azienda Regionale delle Foreste del Veneto, la Fondazione Cassamaca, il Comune di Farra D'Alpago, la Provincia di Belluno, il Gruppo Terre Alte del C.A.I., il Circolo Culturale di Tambre, l'Associazione Cimbri del Cansiglio).
La ricerca scientifica coordinata dall' Università di Ferrara vede coinvolti diversi giovani ricercatori, esperti ad affrontare alcune problematiche. Il Dott. S.Bertola, geologo dell'Univ. di Ferrara, conduce nilevamenti geologici delle formazioni selcifere per l'individuazione delle potenziali aree di provenienza della selce; il Dott. G. Di Anastasio, geologo, studia la geomorfologia e la geopedologia dei depositi superficiali; il Dott. C.Ravazzi, Archeobotanico, in forza presso il Centro di studio per la Geodinamica alpina e quaternaia di Bergamo, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, si occupa dell'evoluzione dell'ambiente vegetale attraverso lo studio della serie di Palughetto; le Dottoresse C.Lemorini e P.Rossetti dell'Università di Roma "La Sapienza", conducono le analisi delle tracce d'uso sui manufatti litici; il Dott. A Maspero del Laboratorio di Archeobotanica del Museo Civico di Como, analizza i resti del combustibile legnoso utilizzato nei siti preistorici; il Prof. S .Improta del Laboratorio di Radiodatazioni del Dipartimento di Fisica dell 'Università di Roma "La Sapienza" realizza le datazioni assolute sui campioni vegetali della torbiera di Palughetto; lo Studio Tecnico A.Salvador (Vittorio Veneto) svolge il lavoro di cartografia e di rilevamento del micronilievo.
A questo gruppo di studio si associano i collaboratori S.Moretto, D.Vaccari
(Athena, Oderzo) A.Bressan, T.De Savorgnani, V.Tornielli e gli studenti
universitari M.De Biasi, F.De Cali, R.Lovat, LMasin, C.Padovan, E.Sartoni,
(Univ. di Padova), R.Gallotti, G.Di Palma (Univ. di Napoli "Federico Il"),
C.Fiocchi, A.Riva, A.Rosa, M.De Stefani, C.Tartarini (Univ. di Ferrara),
S.Agnoli, A.Cusinato, P.Fogliato, M.Miglioranzi, N.Vallotto (Univ. di
Venezia), A.Robinson (Univ. College Dublin, freland), A.Angelini, E.Ferrari
(Univ. di Bologna), L.Agostini, E.Scuffi (Univ. di Firenze), M.Dini, C.Massei
(Univ. di Pisa), C.Savorè (Museo Pigorini, Roma).


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