Lo scavo nel primo settore.
Lo scavo ha coperto un'area di 91 m2 all'interno di una zona molto disturbata,
in quanto utilizzata sin dal tardo medioevo quando il Palughetto era un
importante punto di transito per le genti che dall 'Alpago raggiungev
ano l'altopiano. In tempi più recenti furono costruiti un ricovero
in muratura, forse per l'alloggio di carbonai (secolo XIX, fig. 9) ed
una teleferica rimasta attiva fino al 1964.
Il sito preistorico giace quindi su una morena del complesso glaciale
del Piave, costituita da pietre di diverse litologie ed alterata da un
antico suolo privo di carbonato di calcio, con terreno prevalentemente
limoso di colore bruno-rossastro. Questo risulta coperto da un insieme
di strati di età storica che comprende lenti di carboni, detriti,
livelli organici con reperti di diverse età fino all'attuale (figg.
10 e 11).
I manufatti in selce si trovano dispersi all'interno del suolo sepolto.
Essi documentano tutte le fasi della produzione litica, dalla preparazione
dei blocchi grezzi al distacco di lame, lamelle e schegge, fino all'abbandono
dei nuclei. La varietà di selci utilizzate suggerisce una diversificazione
tra fonti di approvvigionamento locale, abbondanti ma di bassa qualità
(selci della Scaglia Grigia del Cansiglio), e alloctone di qualità
migliore. Tra i nuclei si registra infatti una prevalenza di selci della
Scaglia Rossa, su quelle della Scaglia Grigia, del Biancone, del Rosso
di Col Indes e del Fonzaso.
I nuclei sono per la maggior parte a lamelle, di forma prismatica con
un
piano di percussione o con due piani opposti, oppure ortogonali. I nuclei
a
schegge e a schegge laminari sono del tipo prismatico, discoide o
subpiramidale (fig. 12).
Tra gli strumenti(3) si annoverano: bulini su troncatura e bulini semplici;
grattatoi frontali, con una maggioranza di forme corte, talvolta a ventaglio;
grattatoi ogivali, a muso isolato e carenati; troncature profonde; lame
ritoccate (fig. 13).
Le armature sono rappresentate da punte a dorso, da punte-troncatura,
da lamelle a dorso, da lamelle a dorso e troncatura, sovente con due troncature
simmetriche ad angolo ottuso; da triangoli scaleni e da segmenti (fig.
14). I microbulini sono numerosi, soprattutto quelli ordinari, come pure
quelli a dorso. Alcune lamelle a dorso in corso di fabbricazione completano
lo strumentario.
Ammettendo l'ipotesi che questi reperti appartengano ad un insieme
3) Per una sintetica spiegazione dei principali tipi di strumenti ed armature
dell'età della pietra vedi C.Mondini e A.Villabruna, 1988.
18
Fig.
9 - I ruderi di strutture murarie del sec. XIX portati alla luce durante
lo scavo 1993 a Palughetto.
Fig. 10 - Una sezione dei
depositi visibile durante lo scavo archeologico 1993 di Palu ghetto. I
manufatti paleolitici provengono dal suolo indicato con il numero 1.
19
Fig.
11 - Frammento di maiolica graffita rinascimentale rinvenuto durante lo
scavo archeologico 1993 di Palu ghetto.
Fig. 12 - Palughetto. Scavi
1993-94. Nuclei pri smatici e subpiramidabi a lamelle e a schegge.
20
Fig.
13 - Palu ghetto. Scavi 1993-94. Strumenti di se/ce. Da sinistra in alto:
bulini, grattatoi; in basso. bame troncate, punte e una scheggia ritoccata.
Fig. 14 - Palu ghetto. Scavi
1993-94. Armature di selce. Da sinistra in alto: punte a dorso e a due
dorsi, bamelle a dorso e troncatura; in basso: segmenti, triangoli.
21
litico omogeneo, si può affermare sulla base della tipologia
dei nuclei, degli strumenti e delle armature, che il sito di Palughetto
presenta grandi affinità con altri giacimenti prealpini attribuiti alla
fase terminale dell 'Epignavettiano recente. In effetti la dominanza di
grattatoi corti tra gli strumenti, la tipologia delle punte a dorso e
a due dorsi, nonché la presenza delle punte-troncatura, dei segmenti e
dei triangoli, sembrano analoghe agli insiemi litici di altri siti montani
come quelli di Piancavallo (Guerreschi, 1975), che si trovano a 8,6 km
in linea d'aria da Palughetto, Andalo presso il Bacino di Trento (Guerreschi,
1984). Segnaliamo inoltre la presenza a Palughetto di un nucleo a lamelle
con cortice inciso con motivi geometrici lineari (fig. 15), esempio di
manifestazione stilistica ampiamente conosciuta in altri giacimenti epigravettiani
della regione. Dal rapporto equilibrato (= 1,3) tra gli strumenti comuni,
indicativi di attività legate alla sussistenza ed alla lavorazione dei
materiali, e le armature, impiegate prevalentemente per le attività venatorie,
si può affermare che Palughetto doveva essere un accampamento residenzia
le. Lo scavo nel secondo settore. Lo scavo dell'unità T6 nella zona marginale
della torbiena (fig. 16) ha dato abbondanti carboni e un centinaio di
oggetti litici tra nuclei, schegge, strumenti ed armature, questi ultimi
rappresentati da un bulino su ritocco, una troncatura marginale su lamella,
tre punte a dorso su lamelle e un segmento frammentario (fig.17). La scoperta
più importante è stata quella di una buca subcircolare (figg. 3 e 18),
profonda 25 cm, che conteneva 6 blocchi di selce di dimensioni variabili
tra 10 e 20 cm e peso variabile tra 50 e 200 grammi; essi mostrano le
tracce di un test di scheggiatura oppure dell'inizio della deconticazione
(fig. 19). Le selci sono di varietà e di provenienza diversa, in quanto
appartengono alle formazioni del Biancone, della Scaglia Rossa e della
Scaglia Grigia, che affiorano fino a circa 20 km dal sito nel Bacino dell'Alpago
e nella Bassa Valle del Piave. Il contesto stratigrafico ditale struttura
e il tipo di manufatti che essa contiene evocano una sua funzione come
riserva di selci di buona qualità, destinate ad un futuro sfruttamento.
Si possono trovare dei raffronti con analoghe riserve scoperte nel sito
epigravettiano di Vai Lastari, sull'Altopiano dei Sette Comuni, oppure
in Polonia. Anche se in numero ridotto, i manufatti di questo settore
archeologico presentano le caratteristiche di un insieme omogeneo, senza
elementi particolarmente caratteristici del Mesolitico. Per i loro aspetti
tecnologici (scheggiatura nettamente lamellare) e tipologici (soprattutto
la presenza delle punte a dorso e dei geometrici), essi possono essere
attribuiti alla fase terminale dell'Epigravettiano recente, e si potrebbe
tentativamente attribuirli al sito scavato nel primo settore a pochi metri
di distanza.
22
Fig.
15- Palu ghetto. Nucleo a lamelle con cortice graffito e lamella in connessione.
Fig. 16 - Lo scavo archeologico
realizzato nel 1997 sul lato N della torbiera.
23
Fig.
17 - Alcuni manufatti litici rinvenuti nell 'unità T6 durante il
sondaggio 1995 e lo scavo 1997. Da sinistra in alto, punte a dorso eframmenti,
punta-troncatuna; in basso, geometrici, microbulini.
Fig. 18 - Il
ripostiglio di selci scoperto nell'unità T6 durante il sondaggio
1995 ai margini della torbiera. Si tratta di una buca subcircolane riempita
con 6 blocchi che mostrano un test di idoneità alla scheggiatura.
Le selci, raccolte nella conca dell 'A/pago e nella bassa valle del Piave,
dovevano servire ad una futura produzione di lame e di schegge.
24
Fig.19 - Le selci della riserva di Palughetto. le frecce
indicano i punti dove era stato eseguito il test di qualità del
blocco.
Gli insediamenti ai margini del Piano del Cansiglio
Ai margini del Piano del Cansiglio sono stati sinora individuati
numerosi siti, alcuni bene conservati con insiemi litici consistenti,
molti malamente conservati, con pochi manufatti dispersi nel suolo. La
maggior parte di essi si distribuiscono sui settori inferiori del versante
occidentale del Piano (fig. 20), in posizioni relativamente più
elevate rispetto alle vallecole locali. I rilievi posti ad oriente del
Piano ospitano invece un sito epigravettiano (Bus de La Lum).
Casera Lissandri I
Questo insediamento si trova a 1.060 mdi quota. Scoperto
nel 1994, esso è stato indagato fino al 1996, su un'area di complessivi
42 mq. Trattandosi di un sito all'aperto (fig. 21), i dati archeologici
risultano fortemente impoveriti di molti elementi e, pertanto, sono rappresentati
esclusivamente da reperti litici dispersi nel suolo.
I manufatti documentano tutte le fasi della produzione di lamelle e schegge,
suggerendo in tal modo che la preparazione dei blocchi di selce, il distacco
dei supporti, il loro utilizzo oppure la loro trasformazione in strumenti,
ed infine l'abbandono dei nuclei, siano avvenute direttamente sull'accampamento.
Le selci impiegate sono sia locali che alloctone, queste ultime di qualità
migliore. Tuttavia, in rapporto a Palughetto, la varietà litologica
dei nuclei mostra una dominanza di selci della Scaglia Grigia locale (che
affiora nei dintorni del sito) su quelle della Scaglia Rossa, del Biancone
e del Rosso di Col Indes.
I nuclei a lamelle sono prevalentemente di tipo prismatico, ricavati da
blocchetti o placchette di selce; la maggior parte hanno un piano di percussione,
gli altri due piani opposti. I nuclei a schegge sono subconici, subdiscoidali,
discoidi.
Gli strumenti comuni sono rappresentati da diversi gruppi tipologici:
i grattatoi, prevalentemente del tipo frontale corto e molto corto, ma
anche ogivale e a muso; le schegge ritoccate a ritocco erto trasversale
e/o laterale, spesso parziale, i raschiatoi e i denticolati; i bulini,
semplici laterali, su frattura e su ritocco; le troncature; le lame ritoccate;
i becchi; i coltelli a dorso; le punte.
Le armature sono abbondanti. Si tratta di: punte a dorso, di cui una a
dorso bipolare; punte a due dorsi allungate (cfr. Sauveterre); segmenti
lunghi; trangoli isosceli e scaleni; punte-troncatura piccole e punte
a dorso parziale (fig. 22). Tra i residui della lavorazione delle armature
si trovano microbulini ordinari, soprattutto prossimali, triangoli in
lavorazione, lamelle con incavo, lamelle a dorso in corso di fabbricazione.
26
Fig.20 - Il versante occidentale Piano del Cansiglio con
la posizione di alcuni siti: 1-siti di Casera Davià; 2- siti di
Casera Lissandri; 3- siti di Villaggio dei Pich.
Fig.21 - Lo scavo del sito di Casera Lissandri 1.
Fig.
22 - Armature mesolitiche da Casera Lissandri I. Da sinistra in alto,
punte a due dorsi, punte a dorso, punte-troncatura; in basso, segmenti,
triangoli isosceli, triangoli scaleni.
Per le caratteristiche tecnologiche, oltre che per la tipologia
e la tipometria degli strumenti e soprattutto di alcune armature, quali
punte a due dorsi, triangoli, segmenti e punte-troncatura, l'associazione
tipologica di questo insieme litico si inquadra nel Sauveterriano, e più
precisamente nella sua fase media, analogamente alla maggior parte dei
siti mesolitici alpini e prealpini, sia di fondovalle (Romagnano III;
Riparo di Pradestel), sia di alta montagna, ubicati tra 1800 e 2300 metri
di quota.
Nell'ipotesi di un insieme omogeneo, si può fare qualche osservazione
sulla presunta funzione svolta dal sito grazie al calcolo del rapporto
tra strumenti e armature, che risulta piuttosto equilibrato (0,72). A
ciò si aggiunge l'alta frequenza di microbulini ed il rapporto
microbulini/armature (=1,86). In base a questi dati possiamo supporre
che Casera Lissandri era un accampamento non specializzato, nel quale
l'attività di preparazione delle armi da caccia era consistente.
Gli altri insediamenti
Gli altri insediamenti all'aperto scoperti un po' più
a monte di Casena Lissandri I, e a qualche centinaio di metri più
a sud presso Casera Davià, sono
28
caratterizzati dalla presenza di manufatti in selci sia
locali che esogene, disperse all'interno dei suoli. Essi quindi si concentrano
in una stretta fascia altitudinale compresa tra 1050 et 1100 m. In molti
casi, dove l'ambiente prevalentemente erosivo ha causato la dispersione
ed il relativo impoverimento del record archeologico, l'attribuzione cronologico-culturale
è generica al paleo-mesolitico.
Più consistenti e meglio conservati sono alcuni insediamenti, dei
quali solo Casera Davià Il è stato parzialmente indagato.
L'insieme litico di quest'ultimo annovera, oltre a qualche nucleo a lamelle
e a schegge, grattatoi frontali, becchi e punte a dorso e, tra le armature,
lamelle a dorso e due troncature, punte a dorso e troncatura, triangoli
isosceli. Per le caratteristiche tecnologiche dei nuclei e per la tipologia
degli elementi ritoccati, l'insediamento può essere attribuito
alla fase antica del Sauveterriano.
CONSIDERAZIONI E PROSPETTIVE DI RICERCA
Dalle scoperte fatte sinora emerge chiaramente come le
potenzialità dell'altopiano del Cansiglio siano notevoli sia sul
piano della ricostruzione paleoambientale, sia dei diversi aspetti relativi
all'adattamento umano all'ambiente montano.
I dati geologici e paleobotanici ed in particolare quelli della torbiera
del Palughetto risultano di estremo interesse per la ricostruzione dell'ambiente
nel Pleistocene e nell'Olocene, non solo dell'altopiano stesso e dei suoi
territori limitrofi, ma anche delle Prealpi Venete, dove si lamenta la
scarsità di studi. La serie di Palughetto dimostra una notevole
importanza scientifica per la presenza in torba diresti vegetali appartenenti
agli intenstadi temperati dei Tardiglaciale wùrmiano; attualmente
si conoscono infatti pochissime torbiere alpine con stratigrafie comparabili
a questa. Essa può inoltre risultare di estremo interesse per gli
studi sulle paleocomposizioni forestali del Cansiglio e sulle loro modificazioni
nel corso del tempo, approfondendo altresì gli aspetti relativi
al loro rapporto con il clima del passato.
Sul piano strettamente archeologico resta indiscutibile che le testimonianze,
seppure fortemente impoverite dall'alterazione, risultano comunque significative
non solo per la storia dei primi abitatori del Cansiglio ma, più
in generale, per lo studio del modo di vita dei gruppi di cacciatori-raccoglitori
della Preistoria antica. Il sito di Palughetto ad esempio, si inquadra
bene nel modello insediamentale noto per l'Epigravettiano recente come
campo residenziale di media montagna a carattere stagionale. La sua ubicazione
geomorfologica è infatti simile a quella di altri siti, i quali
si pongono in aree aperte, in fregio a depressioni vallive o a conche
chiuse sedi di aree umide, a quote comprese tra 1050 m e 1600 m.
Per quanto riguarda invece il Mesolitico antico, il sistema insediativo
29
attorno al Piano del Cansiglio rappresenta un'eccezione
alla distribuzione topografica dei siti mesolitici montani, in ragione
della sua posizione altitudinale anormale, che si differenzia da quella
dei siti delle Dolomiti e di altre zone delle Prealpi (es. Altopiano dei
Sette Comuni), la cui altitudine ècompresa tra 1900 e 2300 m. In
quest'ottica, il ruolo giocato dall'altopiano come zona di diversificazione
nello sfruttamento delle risorse alimentari per le comunità mesolitiche
delle valli circostanti o della Pianura Venetofriulana, si potrà
meglio comprendere alla luce dei futuri scavi e dello studio tecno-funzionale
degli insiemi litici.
Il Cansiglio, come altri altopiani prealpini, rappresentavapresumibilmente
un luogo ideale di caccia per i gruppi umani che abitavano i fondovalle
o i rilievi subalpini e che con brevi spostamenti potevano agevolmente
raggiungere le zone elevate per cacciare soprattutto cervi e stambecchi.
Allo stato attuale della ricerca è lecito ritenere che durante
il Paleolitico superiore e il Mesolitico l'Uomo aveva adottato un sistema
logistico di siti dal fondovalle, abitato durante la stagione invernale,
alla montagna, frequentata invece tra la primavera e l'inizio dell'autunno.
Inoltre, si può affermare che la mobilità territoriale dei
cacciatori-raccoglitori e il loro grado di conoscenza dei territori prealpini
erano notevoli. La riserva di selci scoperta a Palughetto ce lo dimostra,
e ci indica che il trasporto di selci non lavorate in località
dove tale materia prima scarseggiava offre uno spaccato preciso della
modalità di approvvigionamento e di economia, oltre che di previsione
nel breve termine, da parte dei preistorici.
L'importanza delle Prealpi Trevigiane per l'archeologia preistorica va
a questo punto considerata. Questo territorio collinare occupa una posizione
di cerniera tra i rilievi montani a nord, sedi di accampamenti stagionali
come nel caso del Cansiglio, e l'alta Pianura Veneta a sud, ricca di corsi
d'acqua e di nisorgive. Di conseguenza viene logico pensare che la sua
connotazione morfologica aveva presumibilmente favorito lo sviluppo e
la sopravvivenza di specie vegetali, grazie al particolare microclima,
creando in tal modo le condizioni favorevoli ad. una occupazione da parte
di gruppi di cacciatori-raccoglitori.
Nonostante la carenza di ricerche preistoriche, dovuta alla mancanza di
grotte e di ripari sottoroccia, ed alla prevalenza di interessi locali
verso un'archeologia più recente, si può pertanto ragionevolmente
ipotizzare che le colline trevigiane erano abitate nella preistoria antica.
A sostegno di questa convinzione vi sono i ritrovamenti nei dintorni di
Quero, presso le sorgenti del Livenza e in Località San Giuseppe
a Corbanese. In tali siti i reperti rinvenuti suggeriscono la presenza
di accampamenti analoghi a quelli del Cansiglio o di poco più recenti,
e possono essere testimonianza dei rapporti esistenti tra gli ambienti
di montagna, frequentati tra la tarda estate e l'autunno, e quelli planiziali,
abitati durante l'inverno e la primavera.
30
RINGRAZIAMENTI
Le ricerche archeologiche in Cansiglio vengono realizzate
grazie all'interesse e alla sensibilità di diversi enti, come la
Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane, la Fondazione Giovanni
Angelini (Belluno), l'Azienda Regionale delle Foreste del Veneto, la Fondazione
Cassamaca, il Comune di Farra D'Alpago, la Provincia di Belluno, il Gruppo
Terre Alte del C.A.I., il Circolo Culturale di Tambre, l'Associazione
Cimbri del Cansiglio).
La ricerca scientifica coordinata dall' Università di Ferrara vede
coinvolti diversi giovani ricercatori, esperti ad affrontare alcune problematiche.
Il Dott. S.Bertola, geologo dell'Univ. di Ferrara, conduce nilevamenti
geologici delle formazioni selcifere per l'individuazione delle potenziali
aree di provenienza della selce; il Dott. G. Di Anastasio, geologo, studia
la geomorfologia e la geopedologia dei depositi superficiali; il Dott.
C.Ravazzi, Archeobotanico, in forza presso il Centro di studio per la
Geodinamica alpina e quaternaia di Bergamo, del Consiglio Nazionale delle
Ricerche, si occupa dell'evoluzione dell'ambiente vegetale attraverso
lo studio della serie di Palughetto; le Dottoresse C.Lemorini e P.Rossetti
dell'Università di Roma "La Sapienza", conducono le analisi
delle tracce d'uso sui manufatti litici; il Dott. A Maspero del Laboratorio
di Archeobotanica del Museo Civico di Como, analizza i resti del combustibile
legnoso utilizzato nei siti preistorici; il Prof. S .Improta del Laboratorio
di Radiodatazioni del Dipartimento di Fisica dell 'Università di
Roma "La Sapienza" realizza le datazioni assolute sui campioni
vegetali della torbiera di Palughetto; lo Studio Tecnico A.Salvador (Vittorio
Veneto) svolge il lavoro di cartografia e di rilevamento del micronilievo.
A questo gruppo di studio si associano i collaboratori S.Moretto, D.Vaccari
(Athena, Oderzo) A.Bressan, T.De Savorgnani, V.Tornielli e gli studenti
universitari M.De Biasi, F.De Cali, R.Lovat, LMasin, C.Padovan, E.Sartoni,
(Univ. di Padova), R.Gallotti, G.Di Palma (Univ. di Napoli "Federico
Il"),
C.Fiocchi, A.Riva, A.Rosa, M.De Stefani, C.Tartarini (Univ. di Ferrara),
S.Agnoli, A.Cusinato, P.Fogliato, M.Miglioranzi, N.Vallotto (Univ. di
Venezia), A.Robinson (Univ. College Dublin, freland), A.Angelini, E.Ferrari
(Univ. di Bologna), L.Agostini, E.Scuffi (Univ. di Firenze), M.Dini, C.Massei
(Univ. di Pisa), C.Savorè (Museo Pigorini, Roma).
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Peresani M. (1996)- Reperti mesolitici dal Riparo sottoroccia "Coolon"
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Piave. Ei Campanòn, Anno XXIX, pp. 28-31.
Peresani M., Di Anastasio G. & Bertola S., in corso di stampa - Epigravettien
récent et
Mésoiithique ancien dans un contexte préalpin: les données
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(Italie du Nord). MESO '97, Table ronde épipaléolithique
et mésolìthique, Losanna, 2 1-23
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Seiwald A. (1980)- Beitràge zur Vegetationsgeschichte Tirols IV:
Natzer Plateau - Villanderer
Alm. Bern. nat. - med. Ver. Innsbruck, n. 67, pp. 3 1-72, Innsbruck.
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