ALDO TOFFOLI
Minima Flaminiana - 2
UNA LETTERA VOLGARE DI GIOVANNI ANTONIO FLAMINTO
Il testo che qui pubblichiamo è importante per due ragioni:
1- è una pagina autografa di Giannantonio Flaminio;
2 - è l'unica lettera in volgare che di lui, al momento, si conosca.
Ci consente qualche riflessione critica che ci aiuterà a conoscere
più e meglio il suo autore.
Si tratta, con ogni evidenza, di un mero pezzo di corrispondenza, scritto
dal Flaminio currenti calamo, e non certo destinato alla pubblicazione.
Il destinatario - un ecclesiastico - conosceva certo il latino, ma il
fatto che per scrivere a lui il Flaminio usi il volgare, significa che
questa era la lingua di cui egli si avvaleva normalmente, salvo usare
il latino quando si proponeva di pubblicare la lettera. Teneva quindi
due tipi di corrispondenza: di quella in volgare, non particolarmente
importante, probabilmente non conservava copia, e questa è la ragione
per cui è andata quasi completamente dispersa; di quella latina
invece teneva copia per sè, nell'intenzione, poi tradotta in realtà,
di riordinare e organizzare le lettere per una successiva pubblicazione.
Non ha potuto realizzare quest'ultimo proposito, ma l'edizione delle Epistolae,
curata dal Capponi più di duecento anni dopo la morte di Giannantonio(1),
riproduce esattamente l'impianto che alla raccolta delle lettere aveva
dato il suo autore.
1) Joannis Antonii Flaminii Forocorneliensis Epistolae Familiares nunc
primum editae... a Fr. Dominico Josepho Capponi, Bologna, 1744.
ALDO TOFFOLI. Scrittore di poesia, di letteratura e di storia, autore di
numerose pubblicazioni. Da sempre è impegnato nel mondo della politica
e della cultura locale.
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Colpisce, del testo di cui trattiamo, lo stile scomposto e goffo, pieno
di improprietà, anacoluti, sgrammaticature, ben al di là
di quanto pur ci si potrebbe attendere da un testo del primo Cinquecento,
di un tempo cioè in cui il volgare non era ancora considerato una
lingua ed era pertanto senza grammatica e senza regole.
Ma non dimentichiamo che la lingua del Flaminio scrittore, di elezione
e di fatto, era il latino. Ce ne dà egli stesso ragione in un brano
assai significativo di una sua lettera a Gaspare Fantuzzi, datata Serravalle,
30 giugno 1520: "... latinas ego litteras ad amicos non indoctos
multo libentius mittere soleo, nam et latino sermone, qui nobis apuerofactus
estfamiliaris, magis delector, et latinis vocibus, quicquid volo, efficacius
et concinnius explico" (Epistolae, VII, J)(2).
L'accenno agli amici "non indocti" è significativo: chissà
a quanti indocti il Flaminio avrà scritto lettere in volgare. E
quelli, coerenti col grado (basso) della loro cultura, non avranno nemmeno
conservato la lettera. Abbiamo quindi poche speranze che ne salti fuori
qualcun'altra. Quelle poche sono riposte in quei (pochissimi) amatori
che frugano dappertutto, si coprono di polvere negli archivi, tengono
rapporti con gli antiquari, drizzano le orecchie alla notizia di carte
che emergono qua e là dal buio dei secoli e... non se le fanno
scappare. Uno di questi è Ennio Tranchini, infaticabile segugio
alla ricerca delle vecchie nostre carte disperse per il mondo, che anni
fa è riuscito a... riscattare da un antiquario ravennate la lettera
di cui parliamo. L'ha trascritta per noi e ora la conserva (direbbe un
vittoriese) come "n òs d 'n santo". L'augurio, per lui
e per noi, è che non smetta di cercare.
Reverendo Signor mio(3) siamo arrivati sani et salvi a Bologna
cum la gratia de Iddio, il quale non manca mai alli speranti in lui. Ho
ritrovato il nostro charo figliolo Gioan Paulo sano etfatto gagliardo
cossì messer Francesco(4) nostro, che sia sempre rengratiata la
divina
2) "Agli amici provvisti di una certa cultura sono solito scrivere
molto più volentieri lettere in latino; infatti la lingua latina,
che mi è diventata familiare fin da quando ero bambino, mi piace
di più (di quella volgare), e riesco a spiegare con parole latine
qualsiasi argomento in modo più efficace ed elegante".
3)Il destinatario della lettera è ignoto, anche perché il
suo nome è stato abraso dall'indirizzo sul lembo di chiusura. Due
sono le ipotesi: osi tratta di un prete al servizio di Antonio Puccio
(o Pucci), vescovo di Pistoia, o del vescovo stesso.
4) Gioan Paolo e Francesco sono i nomi di due discepoli "contubernali"
di Giannantonio a Bologna. È probabile che il primo dei due sia
quel rampollo della famiglia Pucci, nipote di L. Pucci, Cardinale dei
Quattro Santi Coronati, e cugino del vescovo Antonio, di cui Giannantonio
parla nella sua lettera al vescovo, dedicatoria del Dialogo "De educatione
liberorum ac educatione" (Bologna, Gerolamo De Benedictis, 1524).
Il giovane Puccio era stato inviato alla scuola del Flaminio proprio dal
vescovo.
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bontade. Vengono a Vostra Signoria Rev.ma lieti, ma non mi dolo che Gioan
Paulo per il longo impedimento dal studio suo per la infirmitade non possa
fare qualche grata prova ancora lui dil suo profitto, bisogna haver compassione,
et riguardo sin tanto che lo remettiamo a cavallo, che ritornato in breve
cum li altri al suo studio presto lo faremo cum il divino aiuto. Dice
Ovidio dil buon cavallo Tempore qui longo steterit, male currit et inter
carceribus missos ultimus ibit equus(5) Presto daremo principio alla vindemia,
in questo maggio. V.S. vignirà a noi aspettata cum grande desiderio.
Di poi io andarò al nostro priorato(6) per quella fabrica, sopra
dil che ho ritrovato al mio giongere a Bologna letere di Mattheo mio fratello,
che sta in Cotignold(7), et che ha cura di ogni cosa di detto priorato,
il quale mi avisa per dette lettere del di XX de lo instante di haverproveduto
di una buona quantita di calcina gia amorzata, etpreparata, sabbia, et
altre provisione, che subito ari vato io la faro dar principio alla santa
fabrica cum lo aiuto di Iddio, etfavore del glorioso Santo Prospero, che
spero faremo opera grata alla divina maiestade, et alli huomini.
V. S. se dignara procurare cum il Rev. mo Car. le(8) che sia espedita
quella promessa lettera di Cambio, et lifazza dare quella poca di gionta
de li ducati XII accio sia piu honorata paga(9), et convenendo
5) Da Ovidio, Tristia, V, 12, vv. 25-26. "Un cavallo
che sia stato fermo per lungo tempo correrà male, e tra quelli
lasciati andare dalle gabbie, partirà (e arriverà) ultimo".
I due versi piacevano particolarmente al Flaminio, tant'è vero
che li aveva già citati nel De educatione liberorum, ac institutione,
Bologna, 1524, Girolamo De Benedetti, p. 29v.
6) È il Priorato di San Prospero, il cui beneficio venne concesso
a Giannantonio dopo che quest'ultimo ebbe presi gli ordini minori, proprio
tra il 1524 e il 1525.11 terminus post quem è il 14 giugno 1524,
data documentata alla quale il possesso del Priorato è ancora del
Vescovo Antonio Pucci (Francesco Lanzoni in Rerum Italicarum Scriptores,
tomo XX VIII, parte III, vol. I, p. 297); il terminus ante quem è
la data della lettera che pubblichiamo. Il medesimo Priorato passa poi
a Marcantonio, figlio di Giannantonio, e alla morte di questi a suo cugino
Cesare Flaminio (v. lettera di Girolamo Pontano a Giulio Zarabbino, in
MarciAntonii Joannis Antonii et Gabrielis Flaminiorum... Carmina, Padova,
Giuseppe Comino, 1743, p. 343).
7)11 fatto che il fratello Matteo stia a Cotignola, indica un interessante
radicamento dei Flaminii in quella città, che non è escluso
sia stata la città natale di Giannantonio.
8) È il cardinale L. Puccio, titolare dei Quattro Santi Coronati,
zio del vescovo Antonio, amico e protettore del Flaminio. Questi sarà
creato Cardinale, succedendo allo zio nel frattempo defunto nel titolo
dei Quattro Santi Coronati, da papa Clemente VII il 22 settembre 1531.
9) Può trattarsi del compenso a lui dovuto per il "contubemium"
di Gioan Paulo oppure, più probabilmente, di una pensione accreditata
al Priorato dal cardinale L. Puccio.
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a uno tanto Car.le che di tal honore io me ne piglio non poca consolatione
piu per honore di sua S.R.ma et Vostra, che per il mio, dil quale pero
fazzo non poco conto. Alla quale V. 5. se dignara col suo solito modo
ricommandarmi, la quale Iddio propitio cum Sua S.Rev.ma conservi in cotersto
gaudio, etfelice stato, et sotto sua ombra copra, come fa, et mantenga
il suo Flaminio. Da Bologna Alli XX VIII di Agosto MDXX V(10)
Il suo deditissimo Gioanant.o Flaminio.
Ei speditore che mi e stato grata compagnia, et amorevolmente
ha meco allogiatoi se ricommanda a V.S. et quella priega la ricommandi
al Rev.mo patron suo, certo e persona di grande bontade.
10) La data della lettera - che è l'ultimo pezzo di corrispondenza
di Giannantonio che possediamo - è anche terminus post quem della
conclusione della carriera professionale del Flaminio.
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