GIANCARLO FOLLADOR
CONTADINI, VAGABONDI E LADRI DI GALLINE. STORIE
VALDOBBIADENESI ALLA FINE DELL'OTTOCENTO
Una prima indagine nel Comune di San Pietro di Barbozza
Ha scritto Piero Brunello nel suo libro "Ribelli, Questuanti
e Banditi, Proteste contadine in Veneto e in Friuli 1814-66, Venezia 1991,
p. 1: "Al senso comune prima ancora che agli storici, il Veneto rurale
sembra una realtà dove il controllo sociale è attuato con
pochi costi: una regione al riparo da tensioni e da discontinuità
e che sa assorbire traumi e rotture grazie all'abile regìa di una
classe dominante accorta e manovriera e grazie alla passività rassegnata
delle classi subalterne".
Tutto vero e sono vere anche le tensioni e sono vere le microconflittualità
che si consumano all'interno dei Comuni di retaggio austriaco. Non grandi
cose, ma rotture della quotidianità che fanno pensare e meditare
sulla povertà della classe agricola nell'area valdobbiadenese di
fine Ottocento.
Polenta e polenta, fagioli e vino piccolo, tanti figli, donne invecchiate
a quarant'anni, uomini distrutti a cinquanta, tanti vagabondi per le strade,
padroni e padroni, preti raccoglitori di questue e quartesi: questa è
la realtà.
In questo mondo è inevitabile che si inserisca una microcriminalità
dilagante e priva di soluzioni immediate: furti, batoste, remore fra vicini
per qualche usurpo.
Tramiti di tutto questo processo sociale diventano il sindaco ed i carabinieri
reali. Il primo accoglie la denuncia, i secondi cercano di indagare. Raramente
si riesce a risolvere il caso.
GIANCARLO FOLLADOR. Laureato in lettere, giornalista pubblicista, insegnante,
autore di numerose pubblicazioni su temi storici interessanti prevalentemente
il trevigiano, curatore e coordinatore di importanti testi di storia locale
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Questo variegato panorama della società valdobbiadenese scaturisce
dagli atti conservati nella sezione Commissariato Distrettuale di Valdobbiadene,
presso l'Archivio di Stato di Treviso.
Per avere una idea di questa storia si sono presi in considerazione alcuni
documenti stilati a distanza di pochi anni: 1873 e 1879.
Ne esce una storia sconosciuta di quei cosiddetti minimi che non hanno
mai avuto storia, ma che hanno fatto, allora la loro storia, attraverso
episodi poveramente curiosi, rimasti scritti sulla carta.
E il 24novembre 1873, il sindaco del Comune di San Pietro di Barbozza
scrive al Regio Commissario Distrettuale che il sabato appena trascorso,
alle ore tre pomeridiane, il mansionario di Guia, don Ermagora dottor
Geronazzo, si era recato nella località Val, nella casa di Giosuè
Colletto per acquistare della carne di vitello. Mentre stava per pagare,
fu colto da un capogiro e venne sorretto da Liberale Guizzo fu Vincenzo,
il quale lo condusse a casa. Fatti alcuni passi in strada venne incontro
Bortolo Grotto di Cristoforo che si offerse di portarlo alla canonica.
Ma appena ebbe varcato la soglia, il sacerdote si accorse di non avere
più nella tonaca il "portabiglietti B.B.". Preoccupato,
ordinava alle due donne Giustina Geronazzo e Giacoma Cozza di recarsi
alla casa del Colletto per vedere se lo aveva posato sul ceppo dove era
stato tagliato il vitello o sul muretto accanto.
Le due donne tornarono con le mani vuote. Il portafoglio conteneva un
B.B.N. di lire 25, due da lire 10 e diversi da cinque. Questi biglietti
erano avvolti in una carta straccia. Separatamente vi erano altre 25 lire,
più altre dieci. Insomma, il prete aveva in tasca 147lire. Quando
don Ermagora venne colto "dall'accidente", oltre il Colletto
si trovavano Regina Spada di Domenico, il figlio del Colletto di nome
Giovanni di anni 15, "ragazzo astuto, vivace, taciturno, bracciante".
Vive "coi proventi di suo padre lavoratore di un piccolo podere di
sua proprietà".
Ed il sindaco non fa altro che confessare che questo Domenico "tiene
una condotta poco lodevole ed è dedito a piccoli furti campestri,
per i quali, qualche volta è stato richiamato dall'autorità
giudiziaria". Il sindaco crede che sia il colpevole del furto. Inoltre
Domenico ha relazioni con Eugenio-Luigi, figlio di Degnamerita Rasera,
vedova di Bortolin Giovanni detto Desasi, di anni 16, ma sul quale "non
vi sono lagni di sorta".
Il sindaco inoltre dichiara che è venuto a sapere che Giovanni,
in compagnia di Pietro Bortolin di Domenico, di anni 15, si è recato
dalle quattordici alle quindici in Col San Martino, passando nel negozio
di pizzicagnolo di Sante De Nardi, per bere una tazza di grappa e mangiare
pane. Di più, Giovanni acquistò quattro sigari "Sella",
pagando il tutto con un biglietto di una lira e questo stante la povertà
attestata da tutti. Poi si recò, sempre con il compagno, dal tabaccaio
Ambrogio Carniello per acquistare tabacco ed una pipa, spendendo 75 centesimi.
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Questi i fatti ed i sospetti(1).
12 dicembre 1873. Sempre il sindaco Biasiotto scrive al Commissario Distrettuale
in relazione ad un altro furto subìto il giorno prima da Marco
Buso di Guia, di professione nonzolo. Dalla sua abitazione veniva asportato
un portafoglio contenente 27 lire e che si trovava in un cassetto della
credenza.
Il Buso, veniva poi a scoprire che l'autore del furto era stato Giovanni
Baiocco di Giovanni, di anni 15.
Fortunatamente era riuscito a farsi restituire la somma. Ma, in quella
occasione, il sindaco informa che il Commissario è venuto a conoscenza
che il 26 agosto fu rubato a Vincenzo Biasiotto fu Luigi di Guia "una
piana di legno oliva con ferro da pulire, nuova, portante le iniziali
G.o - G.o-B.o. Poi uno scalpello ad Abramo Marchi. Il sospetto cade su
Giovanni Biasiotto. Vale la pena fare una perquisizione nella sua abitazione.
"Il Baiocco Giovanni è individuo di una condotta sufficientemente
buona, carattere mite, piuttosto vivace, non è recidivo, nè
dedito ai furti, è viziosetto ed alquanto vagabondo. Sa leggere
e scrivere"(2).
Il giorno dopo arriva al primo cittadino di San Pietro di Barbozza la
risposta. C'è stata una perquisizione in casa del Baiocco "che
già si rese confuso". Per questo si trova nelle carceri di
Valdobbiadene. In merito ai sospetti dei due furti di agosto, le indagini
non hanno portato a soluzioni immediat(3).
E questo andazzo imperversa. Bortolo Marsura il 7 gennaio 1874, di anni
58, sempre di Guia, va a denunciare che dalla cucina della sua abitazione,
il
5, sono scomparsi un paio di scarpe "da contadino" del valore
di 10 lire ed
"una ombrella di cotone turchina grande" del valore di 5 lire.
Il sospetto è che sia stato un mendicante venuto a chiedere l'elemosina.
"Si diceva proveniente dall 'Austria dove si era recato per rintracciare
lavoro, era tutto vestito assai poveramente, rattoppato e lacero, avea
un paio di ghettini in piedi tutti rotti. Era di statura media, occhi
grossi castagni, barba castagna, viso lungo sorridente, bocca larga, denti
lunghi, coperto da un cappello bianco rotto e basso". Sembrava veneto
di provenienza padovana. Ma in paese, dopo il furto, nessuno l'ha più
visto(4).
I) ARCHIVIO STATO DI TREVISO, COMMISSARIATO DISTRETTUALE
DI
VALDOBBIADENE,b. 35, 24.11.1873.
Relazione del sindaco di san Pietro di Barbozza al Regio Commissario Distrettuale
di
Valdobbiadene, f. sparso.
2) Ibidem, 12.12.1873. Relazione del sindaco di s.P.di B. al Commissario
Distrettuale, f.
sparso.
3) Ibid., 13.12.1873. Risposta del Commissario Distrettuale al s.P. di
B., f. sparso.
4) Ibid., 8.1.1874. Denuncia di furto di Marsura Bortolo, f. sparso.
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Il primo febbraio, si presenta al sindaco Giovanni Bortolin di Giovanni
Battista, di anni 30, villico di Guia, per querelare Giovanni Colletto
di Giosuè, di anni 16, sempre del suo paese, il quale era da lui
stato sorpreso a rubare della legna in un fondo che aveva in affitto da
Antonio Vettoretti detto Asolo. La legna era stata già caricata
su di una "mussa". Niente di male, perchè era riuscito
a recuperare il tutto; ma veniva informato da Luigi Spagnol fu Giovanni,
che il Colletto, alcuni giorni prima, aveva ripetuto il gesto(5).
Dimezzo c'è anche un incendio. A relazionare in merito al Commissario
Distrettuale è il sindaco.
Ha provocato non poco spavento nel bosco della Calchera il focolaio prodotto
da Pietro Baiocco fu Massimo, il quale "accendeva alcuna legna secca
ad oggetto di ripararsi contro il rigido freddo di quel giorno. "Siamo
in febbraio". Le accuse di danno piovono immediatamente sul malcapitato.
Ma il sindaco spiega: "Il Baiocco accendeva il fuoco in luogo appartato,
su fondo di sua ragione, non lo abbandonava punto, ma anzi accortosi che
questo si dilatava, procurò con ogni maniera di cura di vincerlo
e tanto fece che non andò esente da bruciature e danni personali.
La sua disperazione per l'avvenuto, gli sforzi fatti per domarlo ed i
gridi emessi di accorrer uomo, fanno lucidissimo sperare come il giovine
non possa incolparsi di volontario incendio, e la posizione in cui accendeva
il fuoco per riscaldarsi esclude ogni previsione che quello si avesse
potuto apprendere alle piante vicine". Dunque, il sindaco, nonostante
le accuse che muovono la gente è propenso a credere che il Baiocco
sia totalmente innocente. Almeno in un paese così tormentato(6).
E fra tante denuncie e relazioni, rimaste sulla carta, il 22 aprile, il
pretore di Valdobbiadene Sandi emana una sentenza contro il quindicenne
già noto Giovanni Colletto di Guia. L'imputazione é quella
di oziosità, vagabondaggio e furti in genere. E così il
Pretore "Osservato risultare dalle informazioni date dall'autorità
municipale che il Colletto è amante dell'ozio e dei vizi, non dedito
a stabile professione, avido dell'altrui, sospetto di furti, di carattere
vivace ed astuto, che gode fama di poco onesto e proclive ai furti, visto
che l'autorità politica distrettuale lo designa di condotta biasimevole...
e di relazioni non del tutto oneste", decide di ammonirlo e lo diffida
"a darsi ad uno stabile lavoro" entro dieci giorni e di "tenere
in seguito una condotta più regolare e scevra da eccezioni".
5) Ibid., 1.2.1874. Denuncia di furto di
Bortolin Giovanni, f. sparso.
6) Ibid., 24.2.1874. Relazione del sindaco di s. P. di B. al Commissario
Distrettuale, f. sparso.
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La sentenza è letta dal cancelliere alla presenza dell'imputato,
il quale "dichiarò di averla compresa"(7).
E continua l'opera incendiaria sempre in Guia. 115 maggio in Municipio
di San Pietro di Barbozza compare, alle ore 7 e 30 antimeridiane Zilli
Gottardo fu Giovanni e denuncia: "Domenica prossima passata, alle
ore 8 pomeridiane, venne abbruciata una siepe lunga 8 metri, di vivo,
sul mio fondo in Pian di Sas in Guia, arrecandomi un danno di lire20".
Non è in grado di fornire presunti colpevoli, ma è convinto
che l'opera sia di certi ragazzi i quali "con ispirito di vendetta",
hanno voluto fargli un dispetto"(8).
Questa volta sono i Carabinieri Reali a mandare una relazione al Commissario
Distrettuale circa alcuni fatti accaduti in montagna. È il 21 maggio.
Così scrive il Comandante della Stazione: "Certo Cozza Giovanni
di Raimondo, d'anni 38, guardiano del Comune di San Pietro di Barbozza,
si accorse nel giorno 18 corrente, mentre trovavasi nella montagna Marlech,
di detto Comune, che ladri ignoti mediante rottura di una pietra praticata
con qualche strumento, aprirono i balconi di una finestra alta un metro
circa e s'introdussero in una casupola disabitata dalla quale derubarono
al primo piano una caldaia di rame della capacità di circa 70 litri
del valore di lire 50, in danno del signor Sani Dall'Armi fu Giovanni
Battista d'anni 49, esatore di Valdobbiadene, non chè una piccola
caldaia del valore di lire 1, sei piatti di terra e due bicchieri del
valore di lire 1 e questi ultimi oggetti in danno dell'Ospedale di Valdobbiadene".
Non ci sono sospetti circa gli autori(9).
Ed i furti continuano ad imperversare. 1113 giugno, il sindaco Biasiotto
riceve la denuncia di Guizzo Luigi di Giuseppe detto Pio, e sempre di
Guia. Il sindaco inoltra il tutto al Commissario Distrettuale e fra l'altro
scrive: il Guizzo, da qualche tempo, due mesi circa, "si accorgeva
che di quando a quando venivagli mancata della farina e del formaggio,
senza che fosse in grado di scoprire il malfattore".
Un giovedì, alle 22 e trenta, mentre era in cucina, sentì
dei rumori strani nella stanza di sopra. Messo in allarme il cognato,
un certo Buso, figlio di Antonio, di anni 17, si fece coraggio per salire
al piano superiore: "vidi una scala a pioli appoggiata al muro sotto
la finestra della camera suddetta e levatala domandò: Chi va là?
Rispose una voce: Sono io, Luigi e chiese gli si appoggiasse nuovamente
la scala. Ma avendondogli rifiutato il Guizzo di far questo, quell'individuo
balzò di là". Riuscì a prenderlo e portarlo
al
7) Ibid., 22.4.1874. Sentenza a carico di
Giovanni Colletto di Guia, f. sparso.
8) Ibid., 5.5.1874. Denuncia di incendio di Gottardo Zilli, f. sparso.
9) Ibid., 21.5.1874. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene
al Commissario
Distrettuale, f. sparso.
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sindaco. Si tratta di Luigi Saccol fu Pietro, di anni 25, villico di Guia,
reo confesso dei furti.
Il Saccol "non è recidivo, sa leggere e scrivere, è
miserabile, di condizione contadino. E da temersi molto che egli sia stato
complice dei furti avvenuti in Guia a danno del sacerdote Geronazzo dottor
Ermagora Fortunato e di altri diversi, in quantochè lavorava poco
e vestiva bene, non avendo proventi di sorta. E di carattere mite, non
diede precedentemente motivi di lagno ed aveva fama di onesto".
Ma il Saccol si è dato alla fuga, dopo aver ottenuto il perdono
dal Guizzo. In paese dicono sia partito per l'Austria(10)
E torna in scena ancora il 26giugno, Gottardo Zilli di Guia per denunciare
che un mercoledì, alle ore 11 pomeridiane, è stato derubato
nella casera di proprietà di Stefano Guizzo, sita nel luogo denominato
Costraposa, "di quattro forme di cacio" del valore di lire 10.
Non ci fu, stranamente, nessun scasso. Ma anche nella casera di Maria
Guizzo di Vito, lo stesso giorno venne a mancare una "formella di
formaggio ed una ricotta del prezzo di lire 2,50". Stranamente nella
casera del Guizzo, quella notte, dormivano sua figlia Anna Maria di anni
19 e Domenica Guizzo fu Alberto di anni 23, villica, le quali non si accorsero
di nessun movimento strano.
Il Gottardo continua a denunciare che è stato derubato di due chilogrammi
di burro e poi dichiara: "Trovai mangiato il fior di latte ed uno
pane, di più vennero manomessi la farina, il caffè, e lo
zuccaro".
Ha dei sospetti. Sia sua figlia che Domenica, sono state informate da
Zaccaria Guizzo che, in occasione dei fatti, si è visto girovagare
Luigi Saccol, già noto. Ma il Saccol è diventato uccello
di bosco(11).
Ed il paese di Guia diventa veramente il protagonista di questa storia.
All'interno del Comune di San Pietro di Barbozza, è posto ai margini
del territorio e confina con Combai e Col San Martino: due vie di uscita,
una attraverso la montagna e l'altra alla pianura. Chi corre dietro ai
ladri? Nessuno. E tanto meno il sindaco che scarica il giorno dopo la
denuncia al Commissario Distrettuale e questo ai carabinieri della Stazione
di Valdobbiadene, sempre lenti a muoversi.
Ed arriva al sindaco, alle 8 del mattino del 28 giugno, un certo Nicodemo
Meneghello fu Pietro di Combai, il quale possiede in Guia, in località
Val de
10) Ibid., 13.6.1874 . Relazione del sindaco
di s. P. di B. al Commissario Distrettuale. f.
sparso.
11) Ibid., 26.6.1874. Denuncia di furto di Gottardo Zilli, f. sparso.
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Vina, un appezzamento di terra coltivata a vigneto ed ad alberi da frutta.
Scopre di esser stato derubato delle ciliegie per un peso approssimativo
di 15 chilogrammi. Ma per il Meneghello non è una novità.
Puntualmente, da parecchi anni, al momento della maturazione, le ciliegie
vengono sottratte. Ha il sospetto chiaro che l'autore del danno sia Fortunato
Pasqualetto, figlio di Benedetto, di anni 19, di Guia, villico, perchè
l'anno precedente venne visto a rubare da Vincenzo Bortolin e da Leone
Bortolin, nonchè da Isacco De Pieri, di anni 16, da Combai(12).
Il tutto cade nel dimenticatoio.
Il 30 giugno è la volta di Abramo Marchi fu Arcangelo, d'anni 49,
falegname. Arriva dal sindaco arrabbiato perchè la mattina precedente,
alle ore 8, ha trovato nel fondo di sua proprietà tre vacche al
libero pascolo ed appartenenti a Gioacchino Cesco di Guia. Le vacche gli
hanno arrecato un danno di 60 chilogrammi di fieno. Era stato avvisato
precedentemente, ma, per ripicca, il Cesco ha continuato nel suo intento.
Sono testimoni al fatto Sperandio Spagnol fu Giovanni, di anni 28 e Giuseppe
Cozza fu Giovanni di anni 65, entrambi di Guia(13).
Ed una querela arriva al sindaco il 12luglio da parte di Benedetto Bortolin
fu Gregorio, di anni 47, sempre di Guia. Confessa al primo cittadino:
"Venerdì 10 corrente mese, alle ore 5 pomeridiane circa, in
un
mio fondo situato in Guia, alla località detta Mazzolir, certo
Adami Francesco di Dionisio detto Fiorin, d'anni 32 circa, pure di Guia,
saliva su un ciliegio e si calcola che le frutta mancanti ammontino dai
nove ai dieci chilogrammi, il cui prezzo corrisponderebbe circa ad italiane
lire due".
Testimonio del fatto era stato Sebastiano Buso fu Amadio(14).
In questo clima non tanto salutare di piccola delinquenza è facile
arrivare anche allo scontro fisico.
Il 20 luglio, davanti al sindaco di San Pietro di Barbozza si presentano
Fortunato Pasqualetto di Benedetto, di anni 19, villico, Pietro Buso fu
Bortolo di anni 50 e anche a nome di Fortunato Frare fu Matteo di anni
25, tutti di Guia.
Così relaziona il primo cittadino: "Ieri sera alle ore 10
e trenta, Fortunato
12) Ibid., 28.6.1874. Denuncia di furto di
Nicodemo Meneghello, f.sparso.
13) Ibid., 30.6.1874. Denuncia di abuso di Abramo Marchi, f. sparso.
14) Ibid., 12.7.1874. Denuncia di furto di Benedetto Bortolin, f. sparso.
Il sindaco Reghini con
la denuncia scrive al Commissario Distrettuale il giorno dopo: , ibid.,
"Si accompagna la
presente denuncia per danno campestre di cui viene accusato Adami Francesco
di Guia,
miserabile, illeterato, non recidivo, di condotta e carattere buona e
non avente tendenze per
quanto consta a commettere azioni delittuose, nè appropriarsi altrui
roba".
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Pasqualetto, Frare Fortunato, Guizzo Luigi di Giuseppe d'anni 40, villico,
Biasiorto Martino di Giuseppe d'anni trenta, agricoltore e Grotto Bortolo
di Cristoforo d'anni 35, villico, tutti di Guia, si trovarono davanti
l'osteria di Basso Alessandro. I due primi nominati vennero circondati
dagli altri e tosto senz'altro provocarono Frare Fortunato colle parole:
vieni qui se vuoi! Pronuncianti in modo beffardo. E dopo questo lo assalirono,
lo gettarono a terra, di guisa che riportò contusioni che lo obbligarono
a guardare il letto.
Ed il Pasqualetto venne pure aggredito e frugato nelle saccoccie da Biasiotto
Martino, quindi da questi atterrato. Alzatosi vide Buso Domenico fu Amadeo,
d'anni 23, villico pure di Guia, il quale raggiuntolo, lo prese per un
braccio e con piglio severo dicendogli: che fai qui a quest'ora? Lo fece
correre a calci e sassate". Testimone ditali violenze c'era Veronica
Buso di Carlo d'anni
Il giorno successivo alla querela scattano le indagini dei Carabinieri
Reali di stanza a Valdobbiadene.
Ad occuparsi della faccenda sono il brigadiere Andrea Leoni ed il semplice
Sante Magris.
La rissa scoppiò quella notte, perchè davanti all'osteria
chiusa di Basso Francesco, in località Fontane, vennero i tre denuncianti
aggrediti verbalmente da Bortolo Grotto, lattaio, il quale avrebbe detto
ai passeggianti che egli, come sergente della Guardia Nazionale, intendeva
"mantenere l'ordine in paese", soggiungendo che era tempo che
il Frare ed il suo compagno Pasqualetto predetti, si ritirassero alla
propria casa, che questi rispondevagli di non aver punto paura di loro
che erano tanti disperati ed affamati e che avrebbero in casa una buona
arma. Quindi ne nacque che il precitato Guizzo prese senz'altro traverso
la vita il più volte detto Frare ed altrettanto fece il Biasiotto
col Pasqualetto". Ed il Frare poi si accorse, a contesa terminata,
che dalla sua giacca mancavano ben 200lire. Ma non è stato in grado
di accusare nessuno del furto, essendo ubriaco. I carabinieri non hanno
altro da dichiarare. Deciderà in merito il Pretore(16).
E si ritorna ad un nuovo caso di furto il 3 agosto. Giuseppe Biasiotto
delegato dal sindaco di San Pietro di Barbozza, scrive al Commissario
Distrettuale: "La notte scorsa venne derubata Soldati Degnamerita,
vedova Bortolin, di Guia di un biglietto della Banca Nazionale da lire
2 e di una bottiglia di liquore per l'approssimativo valore di lire 2,
in casa di sua abitazione, trovandosi la proprietaria e la famiglia assenti".
Il ladro era
15) Ibid., 20.7.1874. Querela di Fortunato
Pasqualetto e Buso Pietro, f. sparso.
16) Ibid., 21.7.1874. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
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entrato da una finestra posta a mezzogiorno, utilizzando una scala rubata
ad Antonio Baiocco. Il denaro era conservato nella "cassella del
tavolo esistente in cucina e la bottiglia sopra il medesimo". E certa
che l'autore del furto sia Pellegrino Guizzo fu Stefano, di anni 45 o
il figlio Francesco di anni 14. Questi sono illeterati, tengono una condotta
equivoca, sono dediti al bracconaggio con armi da fuoco, oziosi, individui
minacciosi, insolenti, girano di notte con discutibili intenzioni. Il
sospetto è certo perchè il figlio di Degnamerita, di nome
Eugenio, di anni 16, ebbe a vedere Francesco Guizzo, una notte, alle ore
23, in prossimità della sua casa. Padre e figlio furono poi denunciati
più volte per furto e poi corre voce in Guia che sono individui
pericolosi, essendo sempre "armati e fieri"(17).
Il giorno dopo i due carabinieri Guido Caldano e Liborio Oriola sono in
Guia per interrogare i due sospettati del furto alla vedova Bortolin.
In casa Guizzo scoprono la scala del Biasiotto, ma per il resto niente
da fare. E così si conclude l'inchiesta(18).
E sempre Guia è la frazione protagonista di un malessere sociale
che non trova soluzione. Torna di scena Gottardo Zilli, personaggio già
noto per aver subìto dei furti. 1110 agosto, davanti al sindaco
si presenta Pellegrino Guizzo fu Stefano per querelarlo. Questo è
il fatto: "Addì 31luglio prossimo passato, Nardi Giovanni,
d'anni 30 circa, villico di Col San Martino, mi riferiva che trovandosi
egli in Guia, in un discorso tenuto quel giorno con Zilli Gottardo fu
Giovanni, questi gli esternava l'idea, anzi la vera convinzione che io
sia stato nientemeno che l'autore di certi furti perpetrati a suo danno
giorni avanti e consistenti in formaggio, burro, farina ed altri oggetti.
Giovedì della settimana decorsa, Guizzo Gioacchino fu Giovanni
mi confermava d'avere udito anche lui per bocca del Zilli le stesse espressioni"(19).
E una vera e propria guerra fra poveri, miserandi, vagabondi, ladri patentati,
cacciatori di frodo. E stranamente anche i carabinieri non perdono troppo
tempo in Guia per portare avanti le indagini.
Finalmente la scena si sposta, una volta tanto, a San Pietro di Barbozza.
1116 agosto alle ore 8 antimeridiane si presenta al sindaco Mosè
Sartori di Giovanni, d'anni 29, di professione tessitore a denunciare
il padre per violenza. Tragico è il racconto di Mosè: "Mercoledì
prossimo passato alle ore 5 antimeridiane, Sartori Giovanni d'Ignoti,
d'anni 62, tessitore di San Pietro (mio padre), mentre io stava per avviarmi
al lavoro quotidiano in
17) Ibid., 3.8.1874. Relazione del vice sindaco
di s. P. di B. al Commissario Distrettuale, f.
sparso.
18) Ibid., 4.8.1874. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
19) lbid., 10.8.1874. Querela di Pellegrino Guizzo, f. sparso.
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Valdobbiadene, scese dal letto e non appena vestitosi andò incontro
di mia moglie Geronazzo Teresa di Giovanni, imprecando e bestemmiando.
La confinò ad una parete della cucina minacciandola, graffiandole
un braccio e mordendole un dito. Siccome però il giorno precedente
mia moglie era stata minacciata severamente dal detto mio padre e per
paura di maltrattamenti si era rifugiata fuori di casa, così stetti
aspettando nel cortile e sentendo gridare da lei al soccorso accorsi in
sua difesa. Afferrai per la camicia mio padre, lo trassi fuori di casa
e nel parapiglia cadde egli supino atena. Sollevatosi però tosto
ed imbrandito un bastone, me lo lasciò andare tra braccio e collo.
Allontanatosi quindi e dalla strada ci calunniò trattandoci da
ladri e lanciandoci invettive d'ogni sorte, non smettendo questo di gettare
sassate. Immediata conseguenza di ciò fu la perdita del latte per
due giorni di mia moglie, avendo un bambino lattante". Di questo
scontro familiare sono stati te stimoni Margherita Mora, maritata Rebuli
ed Enrico Rebuli. Questo è il tenore della denuncia. Il giorno
dopo il sindaco chiama i tre per concordare una pace, visto che non vale
la pena continuare in famiglia con questa tensione. Le giustificazioni
portate dagli interessati sono diverse, ma non si arriva ad un accordo.
C'è bisogno del giudice conciliatore, ma neppure il giudice conciliatore
riesce a mettere in accordo padre, figlio, nuora: c'è assoluto
bisogno del Pretore(20).
Ed il 22 agosto, in piena calura estiva, con i fieni da tagliare, con
la monticazione in atto, con le viti da irrorare, arriva dal sindaco del
citato Comune Giovanni Favero di Gaetano di San Pietro, di anni 36, agricoltore,
illetterato, per sporgere denuncia di quanto è accaduto nella sua
abitazione. "Questa notte, afferma, mia madre Miotto Favero Irene
trovavasi sola a dormire in casa. Sul far del giorno, alzatasi dal letto,
s'avvide d'un certo scompiglio accaduto in cortile la notte stessa. Trovò
una zucca spaccata a mezzo, piena d'immondizie ed entro a queste la chiave
della porta di casa, che la sera avanti avea quivi abbandonata. Vide la
scala del fienile trasportata alla cima di un gelso e per non dire d'altro.
Constatò che l'ignota persona introdottasi, nello scavalcare il
muro di cinta avea rotolato a terra una grossa pietra. In sulle prime
credette che la cosa non andasse più in là d'una semplice
bravata, senonchè più tardi, salita in una stanza del primo
piano, s'accorse dello smarrimento d'una calza di filo turchino. In questo
frattempo sopraggiunto a casa anch'io, proveniente dalle malghe e portatomi
nella mia stanza da letto, verificai che si era involato un paio di scarpe
del valore di circa lire 8 e con queste un portafoglio contenente due
viglietti della Banca Nazionale da 10 e 2 lire, più 8 palanche".
20) Ibid., 16.8.1874. Querela di Mosè Sartori, f.
sparso.
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Del ladro o dei ladri nessuna traccia. Come sarà ritornato alla
malga, in montagna, il Favero: bestemmiando(21).
E due giorni dopo al sindaco arriva un'altra querela da parte di Carolina
Perinzin, moglie di Gaspare Agostinetto di San Pietro di Barbozza. Suo
figlio Ferdinando, di anni 16, trovandosi da circa un anno a servizio
di Bortolo Bion a San Giovanni di Bigolino, fece ritorno in famiglia disperato
perchè in tutto il tempo che aveva lavorato non aveva ricevuto
un centesimo di compenso.
Per caso, un altro figlio di nome Nicodemo, passando per la frazione venne
ad incontrare il Bion il quale, scambiandolo per il fratello Ferdinando,
lo aggredì con violente minacce.
Venerdì 14 agosto Carolina volle far visita a Bortolo, ma l'accoglienza
del Bion fu "brusca" e ricevette due colpi sulla schiena con
una scopa da stalla e venne cacciata in cortile. Da quella casa se ne
ritornò in paese in lacrime. Disperatamente, davanti al sindaco
firma la sua querela piangendo e con la solita croce da illetterata. Il
sindaco, ancora una volta ha allargato le braccia. Trasmetterà
il tutto al Commissario Distrettuale di Va1dobbiadene(22).
Come allargano le braccia i carabinieri della locale stazione di fronte
alle inchieste aperte dei continui furti. Il 29 agosto il brigadiere Guido
Caldano ed il semplice Santo Magris così relazionano al Commissario
Distrettuale:
"Certo Comarella Giovanni di Giovanni Battista d'anni 28, agricoltore
del Comune di San Pietro di Barbozza, mentre dalle ore 5 alle 7 del giorno
24 andante, si trovava a falciare fieno in un suo fondo posto nella località
di San Biagio di detto Comune, ove tiene una casetta che la lascia la
porta aperta, ignoti ladri lo derubarono della medesima di un paio di
pantaloni di filo turchino con righe rosse, del valore di circa lire 6,
più un paio di scarpe usate del valore di lire 8".
Ma i carabinieri nonostante l'arduo sforzo di portare avanti le indagini
e la mancanza di sospetti, sono costretti a desistere(23).
E dai furti non si salvano neppure i vigneti.
119 ottobre Gaetano Tormena fu Giuseppe di Santo Stefano, villico,tutto
concitato si presenta al primo cittadino del Comune, perchè ha
avuto la fortuna di pescare con le mani nel sacco i due fratelli Vincenzo
e Giuseppe Da Riva, con un amico, entrambi di Valdobbiadene, intenti a
vendemmiare tranquillamente fra i suoi filari. Ma quando il Tormena li
ha invitati a lasciare l'uva rubata, ha ricevuto la risposta che non solo
l'avrebbero mangiata, ma avrebbero continuato a vendemmiare.
21) Ibid., 22.8.1874. Denuncia di furto
di Giovanni Favero, foglio sparso.
22) Ibid., 24.8.1874. Querela di Carolina Perenzin, f. sparso.
23) Ibid., 29.8.1874. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
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E prosegue: "Io protestai contro sifatto procedere e presi i cesti,
li gettai via. Ma invano, perchè detti individui scasciatisi contro
a me mi percossero con pugni e mi gettarono sopra una siepe. Sollevatomi,
corsi nuovamente a loro, invitandoli a non toccare ciò che solo
a me appartiene altrimenti sarei venuto a ricorrere contro di loro. In
risposta mi sputarono in faccia e continuarono a mangiare e vendemmiare
l'uva nera, tenendo in non cale le mie parole"(24).
Almeno questa volta il Commissario Distrettuale conosce il nome di due
dei tre ladri spavaldi.
Ed invece il 14ottobre Giacomo Din di Antonio, di 26 anni, villico di
San Pietro di Barbozza, va a querelare Benvenuto Agostinetto di Vettore,
sempre dell'età di 26 anni di Saccol, perchè il giorno precedente,
presso il capitello di San Pellegrino in Bigolino, lo fermò proferendo
queste testuali parole:
"Sei qui can di un moro". E prosegue: "strettomi fra le
sue braccia mentre tenevo per mano un mulo, mi percosse sul capo talchè,
se non vi era Brunoro Giovanni di Lorenzo, d'anni 24, villico di San Pietro
che accorreva in mio aiuto, avrei finito assai male inquantochè
anche suo fratello detto il Moro si scagliarono contro di me a pugni.
Dei quali ne ricevette una parte anche il detto Brunoro. Accorvi per caso
Bortolo Nano detto Bottignolo di Funer, villico, per cui potei, finalmente
sottrarmi ai maltrattamenti dei suddetti individui".
Come sarà terminata la storia non si sa(25).
E disperato arriva dal sindaco il 18 ottobre Raffaele Miotto, agricoltore,
di anni 35, a denunciare che alle sette di quella mattina entrando nella
sua stalla posta in Santo Stefano, non ha più visto la sua pecora
dal "mantello bianco". Ed afferma: "Dagli indizi rilevati
potei arguire che mi fu derubata". Ma non ha sospetti(26).
Lo stesso giorno, alle ore nove del mattino, arriva all'ufficio municipale
anche un prete. E don Ermagora Fortunato Geronazzo del fu Nicolò,
mansionario di Guia, di anni 74. Ha tutte le intenzioni di querelare un
certo Giuseppe Frare fu Antonio, di anni 64, villico del suo paese. Depone:
"con prepotenza mi chiese una botte di mia proprietà, dicendo
che era di sua ragione e che la vuole ad ogni costo". Prosegue: "Io
non accondiscesi alla sua dimanda e questo bastò per coprirmi di
ingiurie, bestemmiando ed imprecando minacciandomi col dirmi che si ricorderassi
di me".
24) Ibid., 9.10.1874. Denuncia di furto
di Gaetano Tormena, f. sparso.
25) Ibid., 14.10.1874. Querela di Giacomo Din, f. sparso.
26) Ibid., 18.10.1874. Denuncia di furto di Raffaele Miotto, f. sparso.
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La questione non è facile da risolvere. Don Ermagora occupa la Mansioneria
Frare, una istituzione eretta alla fine del Settecento. Il Giuseppe è
uno degli eredi del testatore il quale, a distanza di anni, si sente padrone
di quanto ha lasciato il proprio avo. Le affermazioni sono perentorie. Dichiara
il mansionario: "Aggiunge che della Mansioneria era lui il padrone
e che nessun altro può vantare diritti sulla medesima". Gli
antichi dissapori non si sono sopiti a distanza di cento anni.
Erano presenti all'aggressione verbale Lorenzo Men fu Alessio, altro villico
di Guia di anni 60 e Luigi Rebuli fu Giuseppe di anni 34 di San Pietro di
Barbozza. Il prete ha paura e si sente perseguitato, anche perchè
non èquesto il primo caso(27).
11 20 ottobre arriva un'altra querela da parte di Desiderio Guizzo di Antonio,
di anni 32, agricoltore, e sempre di Guia. Gaetano Guizzo di Giuseppe, di
Guia, ha sparlato sul suo conto accusandolo di aver rubato le tegole della
sua casa per ricoprire quella che tiene in affitto.
Si sente offeso, perché sta passando agli occhi di tutti per ladro.
Firma la sua deposizione con la solita croce di illetterato(28).
E le parole scattano come molle e provocano disgusti, mettono in agitazione,
creano diatribe insanabili fra amici, paesani, famiglie.
Nell'ufficio del sindaco il 25 ottobre, alle ore 17, da Guia, arriva a piedi
il villico Aberto Gaetano di Giuseppe, di anni 23. Veste le dalmede, ha
il cappello in testa consunto, i pantaloni sono quelli della festa. Puzza
da stalla lontano un miglio. All'osteria vicina c'è l'amico che lo
attende. E la prima volta che va dal "sior sindaco" a dire la
sua.
Ed il sindaco scrive, dopo la sua deposizione: "Dopo mezzodì,
alle ore 9 circa pomeridiane, Guizzo Desiderio fu Antonio, d'anni 30 circa
e Basso Nicolò fu Piero, d'anni 25, villici di Guia, pronunciarono
ingiurie e calunnie a mio carico con minaccie a voler ammazzarmi, talchè,
essendo a casa soltanto Caterina maritata Guizzo del fu Girolamo Bortolin,
mia madre, si spaventò in modo che ora si trova a letto con la febbre.
Era presente mia sorella Guizzo Domenica del fu Giuseppe d'anni 32, villica
e Baron Antonio del fu Giovanni, d'anni 36 di Guia". La causa, presume
il Guizzo, è di aver proferito a suo carico delle accuse di essere
un ladro(29).
Ed il sindaco non ha un momento di respiro nemmeno il 26 ottobre quando
si presentano Nicolò Basso fu Pietro, d'anni 26 e Vincenzo Buso di
27) Ibid., 18.10.1874. Querela di don Ermagora Fortunato
Geronazzo, f. sparso.
28) Ibid., 20.10.1874. Querela di Desiderio Guizzo, f. sparso.
29) Ibid., 25.10.1874. Querela di Alberto Guizzo, f. sparso.
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Domenico d'anni 23, tutti villici di Guia. Furono calunniati da Gaetano
Guizzo di Giuseppe di 23 anni, pubblicamente, che furono i responsabili
di aver derubato l'uva di suo padre due anni prima. Neppure il tempo cancella
i sospetti(30)
E tanto meno respira il primo cittadino quando il 6 novembre Benedetto
Bortolin del fu Gregorio, di anni 47, contadino leva la sua protesta nei
confronti di un certo Ellenio Ruggeri fu Pietro, possidente da Santo Stefano,
il quale ha avuto il coraggio di "sputtanarlo" nella piazza
del mercato di Valdobbiadene, alla presenza di Giuseppe Pederiva di essere
"un porco e ladro"(31).
E le querele rimangono sulla carta, come quella del 30novembre da parte
di Gottardo Zilli di Guia, di anni 57. Racconta: "Addì 21
novembre, volgente alle ore 6,30 pomeridiane, sul leto del Raboso, in
Guia, mentre ritornava dal mercato di Pieve di Soligo fu raggiunto da
Gaetano Guizzo del vivente Giuseppe, detto Manto, di anni 22, villico
di Guia, mi chiese se ero contento di acconsentire che sposi la mia figlia
Giovanna, di anni 23 circa ed io gli risposi negativamente. Allora presomi
per un braccio mi voleva forzare a seguirlo all'osteria, ma io mi svincolai
dicendogli che non ne voglio sapere, mi afferrò e confinò
ad un muro e poi mi gettò a terra in modo che caddi sopra mia figlia
Anna Maria, la quale si trovava meco, di anni 21 circa. Mi percosse la
testa sui macigni in modo che rimasi pesto e malconcio.
Tali busse mi avea minacciato sin da otto giorni in casa mia, in presenza
di Zilli Desiderio del fu Serafino e degli altri di mia famiglia. Inoltre
dovetti ricevere dei maltrattamenti da lui sin da due anni fa. Questa
volta, se non acconeva certo Gioachino Bortolin di Giacomo, d'anni 30,
villico di Guia, di lui cognato, temo che l'avrei finita molto male"(32).
E l'anno 1874, termina con un'altra querela da parte di Pietro Guizzo,
di anni 28, villico sempre di quella ormai "famigerata" frazione
di Guia che èin grado di mettere in subbuglio mansionari, parroci,
sindaco, carabinieri, il Commissario Distrettuale ed il Pretore, il quale,
alla fine ammonisce e perdona.
Il Pretore è a conoscenza della miseria imperante, sa benissimo
che una parte della Giustizia non è possibile farla applicare attraverso
le leggi, sa benissimo che il quieto vivere è la miglior formula
per tener calma quella "orda" di villici alle prese con la sopravvivenza.
30) Ibid., 26.10.1874. Querela di Nicolò Basso e
Vincenzo Buso, f. sparso.
31) Ibid., 6.11.1874. Querela di Benedetto Bortolin, f. sparso.
32) Ibid., 30.11.1874. Querela di Gottardo Zilli, f. sparso.
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Il 29 dicembre è la volta di Pietro Guizzo, sempre villico di Guia,
di anni
28. Dichiara, ma attraverso il dialetto convertibile in modo "forbito":
"Questa mane, alle ore 10 antimeridiane, mio zio Guizzo Pellegrino
fu Stefano, d'anni 40 circa, villico di Guia, altercò meco in causa
dell'acquisto d'una caretta fatto pure da me da Angelo Bortolin e per
altri interessi privati e tanto infierì contro di me che, afferratomi,
mi ferì con un coltello alla parte superiore della guancia destra
ed al naso. ... Devo aggiungere che era andato a prendere l'archibugio
e lo avea spianato contro di me per ammazzarmi e di questo è testimonio
Bortolin Antonio du Giovanni, contadino di Guia"(33).
Cinque anni dopo
Cinque anni dopo questa indagine, la situazione non è
minimamente cambiata, anzi peggiorata.
Il popolo dei villici continua nella immutabile sequenza degli atti legali
ed illegali. L'economia chiusa, anzi impoverita, porta allo spasimo dei
tanti che non hanno reddito, che non hanno un pezzo di terra da coltivare,
che sono stretti dai debiti, che sono spesso spinti a rubare. C'era una
volta, qualche anno prima, la legislazione austriaca: vigile, attenta,
inviolabile tramite i suoi funzionari. Con l'annessione tutto sembra andar
a rotoli. La sensazione, leggendo le carte, è che le Comunità
siano lasciate allo sbaraglio e che il potere centrale manchi e non sia
in grado di dare e fornire quella svolta necessaria per cambiare il paese.
L'affossamento delle istituzioni locali continua a ritmo vertiginoso.
E le soluzioni alle tensioni all'interno delle Comunità non si
trovano, anzi si soprassiede. Il Commissario Distrettuale, giorno dopo
giorno, sta perdendo anche il suo potere decisionale.
Detto questo, 1'8 gennaio 1879, il Comandante della stazione dei Carabinieri
Reali di Valdobbiadene scrive al Commissario Distrettuale: "Pregiomi
rendere e dotta la S .V. che nelle ore pomeridiane di ieri, nella frazione
di Guia, Comune di San Pietro di Barbozza, l'Arma di questa Brigata arrestò
Guizzo Bortolo di Basilio, d'anni 17, villico, nato e residente in Guia,
perchè imputato di furto di formaggio ell'approssimativo valore
di lire 8, commesso la notte del 6 e 7 antimeridiane in Guia stessa in
danno di certo Canello Luigi fu Martino d'anni 75, possidente ...nonchè
di furti di pomi pell'approssimativo valore di lire 9, avvenuto pure in
Guia in varie epoche". La fame gioca brutti scherzi, sopratutto per
un ragazzo diciasettenne. Sono in troppi in questo
33) Ibid., 29.12.1874. Querela di Pietro
Guizzo, f. sparso.
34) Ibid., b. 53, 8.1.1879. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
94
paese ad avere simili problemi. L'attacco ai campi, alle stalle, alle
case, èspietato, non conosce ritmi. Sono coinvolti ragazzi, genitori,
mendicanti, adulti(34).
Spesso è il Commissario Distrettuale a chiedere informazioni al
sindaco in merito al comportamento dei rispettivi cittadini. 1121 gennaio
il Menegazzi risponde che un certo Ferdinando Spagnol "è un
uomo un poco accattabrighe ed insolente, che non ha relazioni cattive,
che è povero, non proclive ai furti od altri reati per cupidizia
di lucro e che si mostrò talvolta violento e proclive ad esercitare
arbitrariamente le proprie ragioni".
E certo che fra lo Spagnole Renato Frare non corre buon sangue per causa
di un debito non saldato a causa di una vendita di una porzione di casa
dello Spagnol al Frare. Per rientrare nel dovuto il Frare ha accusato
lo Spagnol di aver rubato in casa sua degli oggetti di valore. Ma non
sembra che la denuncia risponda ai fatti. Altro insabbiamento e ricarica
di sospetto(35).
E di altro furto si parla nella relazione del sindaco di San Pietro di
Barbozza al Commissario Distrettuale il 25 gennaio 1879. Danneggiato è
Geronazzo Pietro Antonio.Così il sindaco descrive i fatti: "Zanella
detto Pasquoz di cui ignorasi il nome, di professione canepino, dimorante
alla Riva di Valdobbiadene, genero di Dalla Costa Angelo, da circa un
mese, ad oggetto di pettinare della canapa, unitamente a Brunoro Antonio
fu Lorenzo, si recò in casa del Geronazzo suddetto ed in quella
circostanza s'insinuò presso le donne della famiglia e le interpellò
in qual modo e per quali fori od ingressi s'introdussero gli individui
che correva voce spaventassero le ragazze in quella casa di notte tempo.
Le donne, dietro le spiegazioni richieste, raccontarono i fatti loro avvenuti.
Ciò stante il sottoscritto e il proprietario prefato opinano che
il Zanella, già diffamato per altri furti commessi, cercasse d'indagare
le più minute circostanze, onde poter facilitare la sua introduzione
clandestina in quella casa, tanto più in quantochè, nella
medesima giornata essendosi ucciso il porcello e confezionata la roba
porcina alla sua presenza, vide anche dove deponevasi detta roba ed altresì
il formaggio che venne fabbricato pure in quel giorno". Dunque razzia
di salami e forme di formaggio: una grave perdita per una povera famiglia
di contadini(36).
Ed il 3 febbraio il villico di Guia Domenico Spagnol fu Giovanni Battista,
di anni 59, va a denunciare che dal suo casolare nella montagna della
Mogliana gli furono rubati i seguenti oggetti: una catena da fuoco di
ferro del
35) Ibid., 21.1.1879. Relazione del sindaco di s. P. di B. al Commissario
Distrettuale di
Valdobbiadene, f. sparso.
36) Ibid., 25.1.1879. Relazione del sindaco di s. P. di B. al Commissario
Distrettuale di
Valdobbiadene, f. sparso.
95
meso di 3 chilogrammi, un zappone da roccia, una forca di ferro, una punta
di ferro per temperare la falce, un coltellaccio con cintura, più
un cesto di fagioli con la buccia del peso di circa 6 chilogrammi. Il
ladro per entrare ruppe la serratura della porta. Purtroppo non ha nessun
sospetto(37).
E finalmente almeno un caso di furto viene risolto il 5 febbraio con la
denuncia di Domenico Bortolin di Guia, il quale va a dichiarare al sindaco
Menegazzi che la "baccinella nuova di rame del valore di italiane
lire 3, 50" in possesso di Vincenzo Bellini di Valdobbiadene è
la sua e quella che Eugenio Bortolin fu Giovanni gli ha sottratto alcuni
mesi prima dalla sua casa posta in Biorca(38).
Ed infatti dalle indagini portate a termine dai Carabinieri Reali l'8
febbraio risulta ben chiaramente che il citato Bortolin ha fama di essere
un ladro. Così recita parte del verbale del Comandante: "Trovandosi
ieri per servizio in Guia ... l'Arma di questa Brigata venne a cognizione
perfetta come certo Bortolin Eugenio fu Giovanni d'anni 22, villico, ivi
domiciliato, nel termine del mese d'aprile o nei primi di maggio 1878,
presso la porta della casa e di nottetempo avesse involato a Bortolin
Domenico fu Tommaso d'anni 53, contadino di Guia un bacile di rame nuovo
del valore di lire 3,30 ed a certo Basso Alessandro di Francesco d'anni
45, pizzicagnolo, pure di Guia, gli abbia involati tre piatti di stagno
che trovavansi appoggiati alla parete interna della di lui cucina, tal
furto sarebbe avvenuto 4 o 5 mesi a questa parte.
Più a certo Guizzo Giovanni fu Gabriele d'anni 30, pure villico
di Guia, avesse involato una caldaia di rame vecchia del valore di lire
4, che esisteva nella di lui casa d'abitazione, quale poi gli sarebbe
stata involata nel mese di gennaio ultimo scorso".
Ed il verbale continua: "Essendo la predetta Arma a cognizione come
il Bortolin tenesse parte degli oggetti involati nella di lui abitazione,
si portò tosto alla medesima, ove, in assenza del Bortolin, passò
alla perquisizione in presenza del cursore Spada Giosafat, nella quale
rinvenne le orecchie ed il manico della caldaia involata al precitato
Guizzo, che furono dal medesimo osservate e riconosciute come tali...
Venuta quindi a conoscenza che il Bortolin Eugenio aveva venduto a certo
Bellini Vincenzo di Gregorio di Valdobbiadene, fabbro, il bacile di rame,
i tre piatti ed il rimanente della caldaia".
E visto che il Bellini non diede ai militi spiegazioni attendibili fu
37) Ibid., 3.2.1879. Denuncia di furto di Domenico Spagnol,
f. sparso.
38) Ibid., 5.2.1879. Denuncia di furto di Domenico Bortolin, f. sparso.
96
rinchiuso nelle carceri in attesa del Pretore e della compagnia del Bortolin(39).
Ed il 10marzo arriva al cursore comunale Giosafat Spada, tutto trafelato,
l'illetterato Maurizio Guizzo di Paolo, di anni 47, villico di Guia. Nella
notte fral'8 ed il 9, ignoti gli rubarono 4 galline: addio uova ed addio
buon brodo. Non ha sentito rumori di sorta nel pollaio, nonostante questo
sia collocato nelle adiacenze della sua casa(40). Ed i poveri Carabinieri
subito iniziarono le indagini. Ma poterono solo appurare che la porta
del pollaio era aperta e delle galline non seppero dire in quale pentola
fossero finite(41).
Ma la storia delle galline non finisce qui. Mentre i Carabinieri compiono
indagini in Guia, lo stesso giorno, davanti sempre allo Spada, si presenta
anche Zaccaria Guizzo fu Liberale, illetterato, villico di Guia a denunciare
che fra il 7 e 1' 8, cinque galline presero il volo dal suo pollaio e
dichiara: "Non ho sospetto a carico di alcuno, non venne praticata
alcuna rottura". Il pranzo o la cena dunque poteva considerarsi assai
fornito(42), anche perchè la vicenda continua con Guizzo Ermenegildo
fu Vito, di anni 69, villico, il quale, sempre il 10 marzo, va in Municipio
a denunciare che dalla sua casa sono scomparsi due prosciutti, 30 chilogrammi
di formaggio di vacca stagionato, un paio di scarpe, un paio di zoccoli
nuovi, un coltellaccio, 8 ricotte. Non venne praticata nessuna rottura
di porte e finestre(43).
Dunque una vera e propria scorribanda in perfetta regola, tanto che nessuno
ha sentito nulla e visto nulla.
E passata la digestione di galline e prosciutti, si continua a rubare
in montagna nelle cosiddette casere. 1131 marzo i Carabinieri sono ad
indagare in Rivalonga, sotto San Pietro di Barbozza.
"Ladri fin qui sconosciuti, afferma il Comandante la Stazione, mediante
sforzatura alla piccola persiana, che era puntellata con semplice e debole
pezzo di legno della parte interna della finestra, alta circa un metro
dal suolo del casello disabitato di proprietà di Reboli Fortunato
di Angelo, di anni 31, agricoltore da San Pietro di Barbozza, la fecero
aprire e vi penetrarono da dove involarono uno schioppo ad una canna con
cassa di noce e fornimenti d'ottone avente un piccolo buco all'estremità
della canna al posto del mirino, del dichiarato valore di lire25; una
canovaccia di canape usata ed un'ampolla di vetro rotonda". L"Arma
fece accurate investigazioni", ma "ogni pratica riuscì
infruttuosa"(44).
39) Ibid., 8.2 1879. Relazione dei Carabinieri Reali di
Valdobbiadene, f. sparso.
40) Ibid.,10.3.1879. Denuncia di furto di Maurizio Guizzo, f. sparso.
41) Ibid., 10.3.1879. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
42) Ibid., 10.3.1879. Denuncia di furto di Zaccaria Guizzo, f. sparso.
43) Ibid., 10.3.1879. Denuncia di furto di Ermenegildo Guizzo, f. sparso.
44) Ibid., 3 1.3.1879. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
97
Ed i Carabinieri sono ancora al lavoro il 19 aprile. Oggetto dell'indagine
uno sconsiderato gesto fatto nei confronti di Angelo Vettoretti, d'anni
49, villico di San Giovanni di Bigolino. Ignoti "tagliarono i tralci
già piegati ad uva a circa 100 viti", recando un danno di
lire 100. L 'Armadi Valdobbiadene ha indagato, ma del folle autore dell'impresa
nessuna traccia. Non era nuova la risoluzione di contese familiari con
il ricorso al taglio delle viti. Era considerato un sistema per dire:
"tu mi hai fregato oggi, io ti frego domani". Operazione di
giustizia personale che, nella Pedemontana, sta continuando ancora oggi(45).
E finalmente un arresto dopo tanto arrancare nel vuoto assoluto. L'8 maggio
i Carabinieri Reali comunicano al Regio Commissario Distrettuale di aver
tratto in arresto, in Combai, un certo Pasquale Ceciliano fu Giuseppe,
d'anni 40, di professione tessitore, nato a Corbanese ed ivi domiciliato.
Così scrive il Comandante: "L'Arma di questa Brigata passò
una minuta perquisizione della casa domiciliare del Ciciliano, nell'intento
di rinvenire oggetti di furtiva provenienza, come di fatti si rinvenne
uno schioppo che fattolo vedere a certo Rebuli Fortunato di Angelo d'anni
31, villico e possidente da San Pietro di Barbozza, questi lo riconobbe
per quello a lui involato la notte del 29 al 30marzo ultimo trascorso...
La moglie e la suocera del Ciciliano, presenti alla perquisizione, non
seppero indicare la vera provenienza del fucile in parola, solo dissero
che da due mesi in addietro e di nottetempo lo avesse portato in casa
il Ciciliano"(46).
Ed in mezzo a tanti trambusti, merita di segnalare anche l'indagine fatta
dai Carabinieri su di un certo Antonio Sacol fu Giovanni, detto Cesol,
da Santo Stefano. Viene spesso accusato di turbare la quiete pubblica.
Così recita parte della comunicazione inviata dal Comandante Domenico
Cecon al Commissario Distrettuale il 10 maggio: "mi consta che il
Sacol abbia fin qui tenuta buona condotta in genere, gode fama di buono,
non sia proclive ai reati contro le persone, tranne che essendo egli un
poco scemo di cervello,
45) Ibid.,19.4.1879. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,f.
sparso. Ma l'insistenza del Vettoretti nei confronti del sindaco deve
essere stata pressante, se il primo cittadino di San Pietro di Barbozza
il 30aprile scrive al Commissario Distrettuale: "Attivate le ricerche
opportune per scoprire gli autori dei danni fatti a Vettoretti Angelo
di San Giovanni Bigolino, col taglio di tralci nella località San
Biagio di proprietà di Pievetta Antonio ed in affitto al predetto,
non ebbesi il vantaggio di ottenere alcun felice risultato. Deplora il
sottoscritto tali vandalici atti ed è dispiacente di non essere
riuscito a rinvenire alcuna traccia sugli autori
Il sindaco Menegazzi", ibid., 30.4.1879. Relazione del sindaco di
s. P. di B. al Commissario Distrettuale di Valdobbiadene, f. sparso.
46) Ibid., 8.5.1879. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
98
da molte persone viene burlato col titolo di Sinda, a questo titolo egli
si arrabbia e passa ad ingiuriare quegli che gli danno tal titolo, ma
che però in caso contrario non sarebbe capace d'ingiuriare nessuno"(47).
E dopo i Carabinieri, interviene anche il guardia boschi
a denunciare i misfatti che accadono troppo di frequente in questa parte
della Pedemontana:
"Il giorno trenta del mese di aprile... e precisamente nella località
detta Pian de Brondo. . .verso le ore quattro pomeridiane io sottoscritto
Adami Emilio, trovandomi per ragion de mio ufficio nella sopraddetta località
ho rinvenuto certo Miol Michele fu Antonio, d'anni 36, contadino, nato
e domiciliato in San Pietro di Barbozza. Il suddetto lo trovai con due
fasci di legna di provenienza furtiva. Un fascio venea verificato che
li fu derubato al signor Tormena Domenico fu Francesco da Santo Stefano
e l'altro fascio s'ignora la provenienza". E continua: "La qualità
di detta legna in sorte e in parte dal medesimo venne tagliata al di lui
contravventore poi gli venne eseguito il sequestro di un pezzo di legno
dolce di metri uno e mezzo di altezza e di centrimetri 10 di grossezza.
Questo venne depositato presso il casino del detto Tormena e custodito
dal suo domestico, certo Buogo Giovanni di Pietro, di anni 26 da Combai.
Il stesso ha dichiarato di aver lui stesso la legna la sera prima e da
lui presa fu riconosciuta. Con di più al suddetto contravventore
li venne sequestrate due corde vecchie e le dette verranno depositate
presso l'Ufficio Comunale come corpo del reato"(48).
1113 giugno tornano in scena nuovamente i villici di Guia. Davanti al
cursore Giosafat Spada compare il settantaseienne Angelo Marsura fu Francesco,
di professione muratore. E denuncia: "Ieri, mia figlia Celeste Marsura,
d'anni 29, di Guia, si accorse d'esser stata derubata d'un paio d'orecchini
d'oro del valore di lire 20 circa. Essi erano custoditi in una scatola
di legno, avvolti nel bombace. La scatola era stata deposta in una cassa
di biancheria appartenente a mia moglie Angela Baiocco fu Gottardo, d'anni
69... nel giorno primo corrente. La cassa esiste nella camera da letto.
Temesi che non fosse chiusa a chiave"(49). Ma questo furto, per il
Commissario Distrettuale lascia alcuni dubbi. Ed infatti, lo stesso giorno
scrive al sindaco che "importa rilevare se e quale fondamento abbia
la voce raccoltasi che si tratti di sottrazione domestica". C'è
il sospetto che qualcuno di famiglia abbia agito, accusando poi la sparizione
degli orecchini il solito
47) Ibid., 10.5.1879. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
48) Ibid.,16.5.l879.Relazione della guardia boschiva al sindaco di s.
P. di B., f. sparso.
49) Ibid., 13.6.1879. Denuncia di furto di Angelo Marsura, f. sparso.
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ladro. Non si è a conoscenza del risultato delle indagini(50).
Ed il sindaco Menegazzi riceve il 29 luglio la visita dell'ennesimo contadino
di Guia. Si tratta di Antonio Rebuli fu Pietro, il quale andando nella
sua vigna dove aveva una stalla a Fos de Marai, il fieno fresco di annata
se n'era nottetempo involato: circa un carro e mezzo. Aveva cercato di
seguire le tracce, ma poi queste erano improvvisamente scomparse. Chi
accusare? Non lo sa(51).
E tornano nella quotidiana scena i Carabinieri. Questa volta protagonista
è Eugenio Frare di Pietro, d'anni 26, "fannullone, nato e
residente in Guia", già ammonito dal Pretore, ma personaggio
resosi noto per fregarsene completamente dei buoni consigli. Ed il Comandante
Domenico Cecon scrive al Commissario circa il Frare per poter avere ordini
perentori, visto il comportamento ormai usuale: "1° per non essersi
dato a stabile lavoro, come gli veniva fatto obbligo dall'ammonizione,
ma invece essersi mantenuto ozioso, praticando, quasi sempre esercizi
pubblici e persone diffamate, dandosi ai gozzovigli ed ai passatempi,
spendendo somme superiori ai mezzi che possede.
2° per avere, col suo agire, dati maggiori sospetti su di sè,
per tal modo che dalla opinione pubblica, non solo è ritenuto autore
della maggior parte dei furti avvenuta in Guia da qualche tempo in addietro...
ma ancora del furto della roba porcina"... Da quanto mi viene indicato
dalla pubblica voce, egli si aggirerebbe in territorio di Col San Martino
e più particolarmente in quello di Refrontolo-Pieve di Soligo,
ove avrebbe una relazione amorosa"(52).
E di ladri di galline si parla ancora nella relazione inviata al Commissario
Distrettuale dal Comandante la stazione di Valdobbiadene.
E il 6agosto. Scrive il Comandante: "Verso le ore 2 antimeridiane
... nella frazione di Guia, ignoti, dal pollaio aperto di proprietà
di Guizzo Luigi fu Giuseppe, d'anni38, villico di colà ed a 15
metri circa discosto della di lui casa d'abitazione, involarono tre galline..,
il quale all'ora predetta intese lo stridore fatto dalle galline. Si alzò
dal letto e corse al pollaio ove, oltre alle predette tre galline mancanti,
ne rinvenne una quarta appena morta sul suolo vicino al pollaio stesso.
Ancora una volta le galline involate non tornarono al padrone. I carabinieri,
eseguita l'ispezione, come sempre fecero ritorno in caserma(53).
50) Ibid., 13.3.1879. Relazione del Commissario
Distrettuale di Valdobbiadene al sindaco di
s. P. di B., f. sparso.
51)Ibid., 29.7.1879. Denuncia di furto di Antonio Rebuli, f. sparso.
52) Ibid., 30.7.1879. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
53) Ibid., 6.8.1879. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
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Lo stesso giorno in Municipio compare Angela Follador, vedova Bortolin
di Santo Stefano. E l'ennesimo furto di fieno. Racconta la povera vedova:
"Sabato 2 corrente, i miei figli si occuparono della sfalciatura
del fieno sul nostro fondo, situato al luogo detto Piovine, sopra Fontanazza,
in Guia. E, venuta la sera abbandonarono sul terreno una parte di fieno
sfalciato, che non avevano potuto trasportarselo a casa. Lunedì
mattina ritornarono sul fondo e si avvidero che il fieno stesso era intieramente
scomparso per mano di ignoti ladri". Il sindaco di San Pietro di
Barbozza non fa altro che rinviare il tutto al Commissario Distrettuale,
il quale di tutte queste faccende ne ha fin sopra i capelli(54).
E si ritorna al rincalzo il giorno dopo con un ennesimo furto di fieno.
Luca Cesco di Gioacchino, di anni 27, agricoltore di Guia, denuncia che
nella località Vai sono scomparsi due quintali di erba secca, più
un rastrello di legno. Menando la testa, il cursore comunale sottoscrive
la sua denuncia. Si vedrà(55).
Ed il 27 agosto dall 'Arma dei Carabinieri viene arrestato sul ponte di
Guia "il noto Frezza Ambrosio detto Baldasare fu Baldasare d'anni
54, giardiniere di Moriago, perchè il medesimo asserì d'essere
stato nel Comune di San Pietro di Barbozza a questuare e per meglio convalidare
il reato, lo rinvenne ritentore, dalla perquisizione personale che passò,
di un sacchetto contenente circa i chilo farina gialla, frutto della questua,
una roncola a serramanico, non insidiosa ed un certificato del signor
sindaco di Moriago sul quale autorizzava il Frezza a questuare ma nel
Comune di sua dimora".
Per questo fatto venne tradotto nelle carceri di Valdobbiadene a disposizione
del Pretore(56).
Ed i carabinieri, diventati improvvisamente efficienti, il 28 agosto traggono
in arresto Maria Sguario di Rinaldo, di anni 20, moglie di Pietro Din
e residente nella frazione di Martignago. Il Comandante Ceccon così
scrive al Commissario Distrettuale: "Ieri, verso le 2 pomeridiane,
nella frazione di Barbozza, Comune di San Pietro, ignoti, trovate le porte
aperte, penetrarono in casa e poscia nella camera da letto di certa Dalla
Libera Regina di Gesuè, d'anni 20, moglie a Varaschin Giovanni
Battista... nel mentre questa trovavasi assente, da dove, poi, da una
cassetta aperta, involarono un cordone d'oro ed un anello pure d'oro"
per un valore complessivo di lire sessanta. I sospetti immediatamente
caddero sulla Sguario, tanto che alcune ore dopo, "presa alle strette
e dietro ben direttegli interpellazioni, non solo confessò
54) Ibid.,6.8.1879. Denuncia di furto di
Angela Bortolin, f. sparso.
55) Ibid., 7.8.1879. Denuncia di furto di Luca Cesco, f. sparso.
56) Ibid., 27.8.1879. Relazione dei Carabinieri Reali di Valdobbiadene,
f. sparso.
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d'essere stata l'autrice del furto in parola, ma nello stesso tempo estrasse
di tasca e consegnò tutti gli oggetti in oro"(57).
E sono sempre i Carabinieri a parlare della scomparsa di un cordone d'oro,
il 28 agosto, dalla camera da letto di Luigi Peruzzato fu Domenico, d'anni
30, mugnaio. Stranamente i sospetti caddero sulla citata Maria Sguario.
In effetti, dopo aver rubato, si era premurata di vendere il tutto a Celestino
Geronazzo fu Giacomo, di anni 49, orefice, il quale esibì il corpo
del reato e la Sguario, sotto pressione, confessò di averlo prelevato
dalla camera del Peruzzato(58).
Da agosto i documenti tacciono, forse sono stati dispersi fra i meandri
degli incartamenti. Ma il panorama non sarebbe certamente cambiato.
Le storie dei "piccoli" villici sono queste e si possono contare
a migliaia. Sono povere, ma almeno i protagonisti, a distanza di un centinaio
di anni, hanno avuto un nome, per ricordarli non nella colpa, ma nella
miseria.
57) Ibid., 28.8.1879. Relazione dei Carabinieri Reali di
Valdobbiadene, f. sparso.
58) Ibid., 28.8.1879. Relazione dei Carabinieri di Valdobbiadene, f. sparso.
Ringrazio vivamente per l'apporto dato Giuseppe Girotto dell'Archivio
di Stato di Treviso.
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