A VTTORIO VENETO. ARTE, STORIA, MEMORIA
Vittorio Veneto nasce nel 1866 dalla fusione dei due centri distinti di
Cèneda e Serravalle. Per raggiungere l'assetto attuale la città
ha compiuto un grande sforzo di riorganizzazione urbana, conseguente all'unificazione
amministrativa dei due secolari Comuni, tanto che la nuova Vittorio Veneto
è un esempio singolare di applicazione su larga scala dell'urbanistica
ottocentesca, con i suoi canoni da manuale: il rettilineo, ombroso, viale
alberato (che fu dedicato prima alla Concordia, poi alla Vittoria), la
simmetria della piazza del nuovo Municipio posta in asse con i giardini
pubblici in aperta, dichiarata equidistanza dai due centri storici, la
tipologia residenziale della villa con parco, situata qui non in un quartiere
privilegiato, ma nel pieno, nuovo milieu cittadino.
Questo largo intervento di sutura, che compie un secolo di storia, non
ha però cancellato la individualità dei due centri antichi
che, sia pure dopo aver dovuto cedere alcune funzioni, ed una conseguente
redistribuzione degli abitanti, continuano ancor oggi ad essere in qualche
modo i nodi di riferimento anche rispetto alla nuova città.
Ceneda e Serravalle
Se l'inizio della vicenda urbana di Serravalle tende oggi
ad essere collocato nel corso del secolo XII, per Cèneda invece
le origini si debbono far risalire ad epoca rotostorica, stando alla consistenza
dei ritrovamenti
VITTORINO PIANCA. Direttore dei Musei Civici e della Biblioteca
Civica di Vittorio Veneto. Autore di numerose pubblicazioni sull'arte
e la cultura del vittoriese.
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archeologici, di preferenza monetali, che si possono ascrivere
all'età del Ferro (PaleoVeneti e Celti).
Dopo le prime invasioni barbariche che portarono qui i Franchi (secondo
Agathias il loro re Leutari muore di malattia nel suo castrum di Ceneda
nel 553) ed i Goti (di cui fa memoria la leggenda della martire serravallese
S. Augusta, figlia di Matrucco, condottiero al seguito di Alarico, odi
Manducco, padre di Totila), dal 568 i Longobardi stabiliscono qui la sede
di un Ducato che va dal Piave al Tagliamento. La traslazione del corpo
del patrono 5. Tiziano da Oderzo segna, nell'VIlI secolo, il contrastato
sorgere a Ceneda della nuova sede vescovile a capo di una vasta diocesi
erede del titolo e dell'ex agro opitergino (713).
A questo periodo, fra V e VII sec., si fanno dunque risalire il primitivo
castello di S .Martino e la costruzione, o la riedificazione, delle rocche
minori circostanti che saranno il feudo vescovile fino al 1768, quando
Venezia manderà a Ceneda il proprio primo rettore.
Serravalle, sul finire del medioevo coglie invece le nuove opportunità
di sviluppo legate ai transiti provenienti dal Cadore e dal bellunese
attraverso la Val Lapisina. Il suo Castrum arroccato su uno sperone roccioso,
diviene sede della potente famiglia Da Camino. A partire dal 1226 Gabriele
Il da Camino recinge di nuove mura il nucleo urbano sviluppatosi intorno
al Castello, riprendendo e ampliando quelle preesistenti (alla fine la
cittadina sarà contenuta da una triplice cerchia che chiude l'accesso
dalla pianura e sale sulle ali dei ripidi monti incombenti). Con l'estinguersi
della signoria dei Caminesi di Sopra, alla morte di Rizzardo VI Da Camino
(1335), Serravalle è già centro di interessi vitali e comunitari,
case, officine e mulini lungo il Meschio.
Una diversa concentrazione urbana caratterizzerà Ceneda in quello
stesso periodo. Devastata dagli Ungheri nel 903, si ricostituisce in un
suo nucleo principale ai piedi del castello di S. Martino, attorno alla
originaria chiesa dedicata a S. Maria Assunta e a S.Tiziano, ma sarà
nuovamente distrutta dai Trevigiani sul finire del XII sec.
Anche durante il periodo veneziano le vicende dei due centri divergono:
mentre Serravalle entra nel 1337 sotto la diretta dominazione veneziana,
Ceneda riaffermerà per secoli, nella continua diatriba con Venezia,
la propria autonomia sotto la giurisdizione del suo vescovo-conte.
Serravalle riceve da Venezia nuovo impulso, entrando nella politica mercantile
come uno dei punti nodali dei transiti a più ampio raggio: stazione
del dazio per i traffici con il Cadore, l'Alpago ed il Bellunese; luogo
di vendita del sale; sede di fondachi dei grani e delle biade. Contemporaneamente
ospita attività artigianali prestigiose: oltre ai mulini, la lavorazione
del ferro e delle armi bianche, della cui qualità si rende orgogliosa.
La nuova ricchezza si esprime così nel tessuto edilizio di Serravalle
che si consolida, tra il '400 e il '500, con case e palazzi che si addensano
lungo l'asse
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principale costituito dall'antica via Riva, attualmente via Roma. Il prestigio
della Serenissima si manifesta: nella ricostruzione della Loggia (1462-1476);
nella ristrutturazione della piazza principale, oggi piazza MarcAntonio
Flaminio.
La lavorazione dei panni di lana, portata anticamente nella zona dai monaci
cistercensi della vicina abbazia di Follina, diventa patrimonio tecnologico
diffuso.
L'insediamento nelle due cittadine di due rispettive fiorenti comunità
Ebraiche testimonia
anch'esso la consistenza di un' attività finanziaria legata a diverse
iniziative imprenditoriali e commerciali.
Anche i vescovi di Ceneda gareggiavano, in questo periodo, con la magnificenza
che la Serenissima esprimeva a Serravalle: non è casuale che proprio
due di essi, provenienti da nobili famiglie veneziane, ponessero mano
alla ricostruzione degli edifici più importanti di Ceneda: il vescovo
Antonio Correr restaura in forme quattrocentesche (1420-30) il millenario
castello di S.Martino; il vescovo Giovanni Grimani pare rivolgersi addirittura
al Sansovino per erigere la nuova Loggia Cenedese (15 36-38), mentre viene
attuata dal cardinale Della Torre la sistemazione della piazza arricchita
(dopo il 1565) da una monumentale fontana, a vasca monolitica, di pregevole
fattura. Anche a Ceneda l'arte metallurgica vede il sorgere, fin dal sec.
XIII, dell'arte campanaria con fonderie artistiche che fin da tempi remoti
assumono fama internazionale.
Ceneda tuttavia continua a svilupparsi secondo una maglia molto rada,
lungo l'asse stradale nord-sud che diviene la linea di concentrazione
delle sue attività commerciali (la via Manin) e degli affari. Vicino
all'antica crociera di strade, detta Biorca, il trivio tra le attuali
vie Manin, Da Ponte, Garibaldi, era la sede della comunità ebraica,
il "ghetto", la cui Sinagoga si può ancor oggi ammirare
nel Museo di Gerusalemme dove è stata trasportata e ricostruita
dopo l'ultima guerra. A sud della città sorge ancor oggi il piccolo
cimitero israelitico.
La permanenza in ambedue le cittadine di una ancora forte volontà
di autorappresentazione porta alla fine del '700 al rifacimento delle
due chiese maggiori, la Cattedrale di Ceneda e il Duomo di Serravalle,
mentre una non fittizia ripresa viene data dalla costruzione della strada
di Alemagna, realizzata sotto la dominazione austriaca tra il 1817 e il
1830. Si aprono allora a Serravalle, nel cuore della Calgranda, la nuova
Piazza dei grani con la sua Loggia e il Teatro Sociale (1842-79) e anche
Ceneda edifica un proprio Teatro Sociale (1825). Riprendono nuovo vigore
attività artigianali e industriali di largo respiro, come la bachicoltura
e la filatura della seta, i lanifici, le cartiere, la lavorazione della
calce idraulica.
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Itinerario artistico
La visita del centro storico di Serravalle, quasi tutta
raccolta all'interno di quella che un tempo era la sua cinta di mura più
ampia, può partire da via Casoni, ex contrada Tiera. Su questa
larga via si affacciano le ricche facciate di palazzi costruiti fra il
XV ed il XIX secolo, fra cui spicca, fregiata dello stemma gentilizio,
quella che fu l'abitazione di Marco Antonio Flaminio (Serravalle 1498
- Roma 1550), famoso poeta umanista del Cinquecento italiano, e del padre
Giovanni, chiamato da Imola ad insegnare grammatica a Serravalle.
Fra il fiume Meschio ed il monte Marcantone, con cui mette piede a terra
il massiccio del Cansiglio, sorgono il Duomo ed il campanile, quasi a
ridosso delle antiche mura che, risalendo il dirupo, accompagnano i primi
passi dell'Alta Via dei Silenzi n.6 di qui diretta, dipanandosi fra gli
splendidi panorami delle Prealpi ed Alpi venete, fino alle sorgenti del
Piave sul Monte Peralba.
Nudo e svettante, come una torre di vedetta, il campanile (1590) richiama
ancora qualche tratto delle sue antiche origini che risalgono agli inizi
del Trecento, come la precedente chiesa di cui era compagno, sopra le
fondamenta della quale è stato eretto, ancora nel Cinquecento,
un altro tempio (1576) e poi, tra il 1776 e il 1779, l'attuale Duomo progettato
da Domenico Schiavi di Angelo (Tolmezzo 1718-1795).
All'interno si conservano: sull'altar maggiore, la pala "Madonna
con il Bambino in gloria, i Santi Pietro e Andrea e la pesca miracolosa"
(1542-1547) di Tiziano Vecellio; nel presbiterio L'Annunciazione e ISanti
patroni, due tele di Francesco Pagani detto da Milano (1542), già
portelle del vecchio organo; un Altare dei Battuti scolpito da Francesco
Caprioli o Cavrioli (attivo 1645-1685); due Angeli adoranti (1845) dello
scultore neoclassico Marco Casagrande (1804-1880), originario di Campea
di Miane, ai lati dell'Altare del Santissimo, opera dell'architetto Giuseppe
Segusini (Feltre 180 1-1876); una tela attribuita a Cristoforo Roncalli
detto il Pomarancio (Pomarance 1552-Roma 1626), Incoronazione della Vergine
con S. Augusta e S. Elena imperatrice; una pala di Pietro Pajetta (Serravalle
1845 - Padova 1911), La Sacra Famiglia (1903).
Sull'altra sponda del Meschio si apre la piazza principale della cittadina,
piazza Marco Antonio Flaminio, suggestiva come un campiello veneziano,
realizzata nel Cinquecento allargando la più angusta piazzetta
medievale. La bella pavimentazione regolare in pietra, l'antenna e l'antica
colonna, una sontuosa corona di palazzi del quattro e cinquecento d'impronta
veneziana ne fanno uno dei luoghi più ricchi di fascino.
Un piccolo gioiello d'impronta neogotica è la Loggia della Comunità
di Serravalle, cioè l'antico municipio, ricostruito dal podestà
Gabriele Venier fra il 1462 e il 1476 e subito dopo affrescato dal pittore
vagante Dario da
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Treviso (not. 1440-1498). Sulla facciata dell'attigua Torre si ammirano
oggi due quadranti d'orologio. Quello inferiore, murato fin dal 1487 e
tornato alla luce soltanto nei recenti restauri, è senz'altro uno
dei più antichi quadranti d'orologio da torre d'Italia e, con la
sua numerazione in caratteri gotici e cifre arabe di ventiquattr'ore,
un'autentica, misteriosa rarità. Anche la mostra, in rame dorato,
e la macchina sembrano essere opera di artigianato locale Trecentesco
con riparazioni ed aggiunte successive. La loggia, già sede del
Maggiore e Minore Consiglio, ospita dal 2novembre 1938 il Museo del Cenedese,
cioè il museo destinato a conservare le memorie storiche, artistiche
ed archeologiche dell'antico territorio Cenedese adagiato tra Piave e
Livenza, dalla Val Belluna all'Adriatico, fin dall'VIII secolo coincidente
con la giurisdizione spirituale del Vescovo di Ceneda. Nel Museo sono
visitabili le raccolte archeologiche fra cui spiccano reperti Celtici,
PaleoVeneti e Romani. La piccola collezione artistica espone opere d'arte
pervenute dal territorio nel corso degli anni fra cui: tavole del XIV
e XV sec. di diversi autori fra cui Nicolò di Pietro (Venezia,
not.1394-1430) ed Antonio Zago (not. 1482-1 507);una Dormitio Virginis
dei Moranzone (sec. XV); una Madonna con Bambino (1540), splendida cartapesta
di Jacopo Sansovino già appartenuta a Pietro Aretino; tele di Pietro
Pajetta (Serravalle 1845 - Padova 1911); un Acquaiolo, originale in argento
di Vincenzo Gemito.
Proprio dietro la Loggia ha origine la via Piai, che attraversa l'antico
ghetto ebraico di Serravalle costeggiando parte della cinta muraria meridionale,
quasi in silenzioso abbraccio. Davanti alla stupenda facciata affrescata
della Loggia inizia a salire anche l'acciottolata via Roma, che entra
nella seconda cinta muraria e passa ai piedi del castrum Serravallese
sfilando davanti a quelle che furono le grandi magioni dei più
ricchi casati della città. Del castrum i resti che rimangono visibili
sono stati restaurati all'inizio del secolo dopo le demolizioni settecentesche.
Essi suggeriscono ancora l'imponente struttura del complesso fortificato
che ambiva a dominare ogni possibilità di transito. Oggi è
visitabile su diretta prenotazione.
Dall'ultima torre del castello prosegue verso nord il Borgo superiore,
oggi via Mazzini e via Caprera. Perse le tracce dell'antica vita industriale
animata dalle fucine lungo il Meschio, restano testimonianze della vita
artistica la chiesa di S. Giovanni Battista, eretta nel 1367 con i suoi
affreschi quattrocenteschi, in passato attribuiti a Jacobello del Fiore,
oggi riconosciuti di Antonio Zago (1480) e del Maestro della cappella
Galletti (1460-70).
Alla chiesetta, dalla facciata romanico-gotica su cui si apre il rosone
rinascimentale (1483), si affianca il monastero, con il chiostro affrescato
nel XVII secolo, dalle linee semplici e austere.
Alla fine del borgo, oltre Meschio, sorge la chiesa di S. Giustina, eretta
da Gabriele Da Camino nel 1226 (ma ricostruita a partire dalla fine del
XVII sec.). Essa ospita lo straordinario monumento funebre di Rizzardo
VI,
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l'ultimo dei Caminesi di Sopra, che la tradizione afferma essergli stato
dedicato dalla moglie Verde Della Scala, mentre la critica più
recente lo vede eretto dai parenti Caminesi di Sotto, fra il 1336 e il
1340, a celebrazione della gloria familiare. L'arca, decorata da rilievi
goticheggianti attribuiti un tempo ad Andriolo De' Santi, oggi a Marco
Romano, durante il suo soggiorno veneziano, è sorretta da quattro
guerrieri oranti di composita evidenza monumentale romanica. Sopra di
essa la statua del defunto, disteso, in veste comitale, è attorniata
da quattro figure oranti di vescovi e donne. L'epica del romanico, la
ieraticità del gotico e quel tanto di realismo che suggerisce la
successione storica dei secoli trascorsi lo ascrivono fra i più
bei monumenti funebri medievali d'Italia.
Da piazza Flaminio la porticata via Martiri della Libertà (anticamente
Calgranda) scende verso sud mettendo in mostra alcuni dei più bei
palazzi di Serravalle che con le loro facciate affrescate rendono il centro
storico un insieme di singolare fascino nella storia della civiltà
urbana europea. Queste quinte architettoniche accompagnano fino alla piazza
dei Grani (oggi Minuccio Minucci), ristrutturata nella metà del
secolo scorso, che si allarga ad ammirare la Loggia dei Grani, sullo sfondo
del Monte Cucco scalato dalle torri delle antiche mura, in faccia al sontuoso
Palazzo Minucci - De Carlo (fine XVI sec.). E' questa una cinquecentesca
dimora che curiosamente espone in facciata lo stemma dei Wittelsbach,
duchi di Baviera e Principi di Palatinato, sormontato dal berretto dei
Grandi Elettori di Germania, ivi voluto dal diplomatico della Santa Sede
Minuccio Minucci, arcivescovo di Zara, a ricordo dell'amicizia che lo
legava alla casata tedesca. Nel palazzo è offerta al visitatore
la possibilità di accedere agli ambienti, pervasi da un clima di
eclettico decadentismo novecentesco, che il mecenate Camillo De Carlo,
donandoli alla città, volle fossero conservati intatti a memoria
Sua e del gusto culturale della Sua epoca. La Casa Medioevale Sanfiori,
di origini romaniche ma attualmente con facciata affrescata Trecentesca,
il Palazzo Pancetta da Venezia, decorato a monocromo nello stile del Pordenone,
chiudono la schiera delle rinascimentali dimore fino alla porta di 5.
Lorenzo.
In piazza Tiziano Vecellio, sulla quale si affacciano Palazzo Sarcinelli,
dove abitò proprio la figlia di Tiziano, Lavinia, maritata al nobile
Cornelio, sorge l'Oratorio dei SS. Lorenzo e Marco dei Battuti (sec. XIV)
già sede della Confraternita dei Battuti di Serravalle, fondata
nel 1313, decorato all'interno da un ciclo di affreschi (1434-1454) con
Storie di S. Lorenzo e di S. Marco di grande interesse, attribuito in
passato a numerosi maestri del gotico internazionale, oggi assegnato ad
un Maestro dei Battuti la cui identità ancora si cela, ma dentro
la quale in realtà si riconoscono le mani di almeno quattro artisti
che vi operarono fra il 1430 ed il 1455.
Da qui si può tornare in piazza Flaminio passando lungo il Meschio
sul retro degli altri palazzi citati. Il percorso, che in alcune stagioni
è particolarmente suggestivo, consente di vedere le opere idrauliche
realizzate nel 1598
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per suddividere l'alveo del Meschio contro le alluvioni e per fini pratici
di utilizzo delle acque. Dietro l'abside del Duomo di Serravalle inizia
con una monumentale scalinata (1931) la salita all'antico Santuario di
S. Augusta (le cui origini si perdono nei tempi agiografici dell'età
barbarica, ma ricostruito nel 1450), una passeggiata panoramica tradizionale
per tutti i vittoriesi e le genti della zona. Nella Cappella della Santa
si possono ammirare affreschi quattrocenteschi recentemente attribuiti
a Giovanni Antonio da Meschio (not. 1450) e un dossale lapideo pure del
XV secolo; nella chiesa tele attribuite a Gasperino Sanfiori (XVI sec.),
allievo del Tiziano.
Sempre dall'abside del Duomo l'antica via Calcada porta il visitatore
verso oriente alla Pieve di 5. Andrea di Bigonzo, prima chiesa matrice
di Serravalle, risalente ai primi secoli cristiani ma ricostruita negli
ultimi anni del Duecento e consacrata nel 1303. Nel suo interno, che conserva
un'eco di medievali atmosfere, si possono ammirare un Crocefisso Trecentesco,
affreschi del XV e XVI sec. di diversi autori fra cui Antonello da Serravalle,
ed un ciborio ligneo ornato da piccole tele tizianesche.
Da porta 5. Lorenzo una lunga strada diritta porta verso Ceneda. Intorno
alla sua parte mediana, che oggi si intitola viale della Vittoria, s'apre
la spazialità ottocentesca del centro cittadino sorto dopo la riunificazione
delle due comunità nel 1866. dove i ricchi giardini pubblici si
affrontano alla geometria regolare di Piazza del Popolo ,progettata dall'arch.
Giuseppe De Min (Vittorio 1820-1901), contornata dal Municipio e da altri
edifici pubblici. Il viale della Vittoria prosegue nella via Manin, lungo
la quale si affiancano, inseguendosi, edifici ottocenteschi e costeggia
gli ultimi resti del vecchio ghetto ebraico di Ceneda dove nacque Lorenzo
Da Ponte (Ceneda 1749 - New York 1838), il librettista di Mozart e ambasciatore
della cultura italiana presso la giovane nazione americana.
Ceneda: l'antico centro, ad un tempo religioso e civile, del territorio
omonimo, dopo la distruzione medievale dell'antico agglomerato urbano
ha sviluppato un modello urbanistico distribuito entro le piccole valli
e le splendide colline che la circondano, proteso verso la pianura che
s'allarga a ventaglio. Piazza Giovanni Paolo I ne costituisce comunque
il nucleo di attrazione e irradiazione: uno spazio aperto, impreziosito
da una Fontana in pietra, sul quale si affacciano: la settecentesca Cattedrale,
l'ex Palazzo Municipale o Loggia Cenedese, il palazzo del Seminario Vescovile.
La Cattedrale è stata costruita a cura dell'arch. Ottavio Scotti
fra il 1740 e il 1773, nello stesso luogo dove altri precedenti edifici
di culto esistevano fin da tempi remoti. La facciata è opera di
Gaetano Moretti (1860-1938) e Domenico Rupolo (1861-1945) che la completarono
nel 1912. All'interno si ammirano notevoli opere pittoriche di Jacopo
Da Valenza (sec. XVI), Girolamo Denti (sec. XVI), Pietro Antonio Novelli
(1797) ed altri; una cattedra episcopale lignea a rilievo degli inizi
del quattrocento ed altre
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sculture e rilievi dal XVI al XX secolo. La Cattedrale è affiancata
dall'antica possente torre campanaria d'impronta romanica su cui campeggia
lo stemma del cardinale Marino Grimani (vescovo di Ceneda a diverse riprese
fra il 1508 e il 1547)..
La Loggia della Comunità di Ceneda, il cui progetto è attribuito
al Sansovino, per lo stile dell'edificio e per l'amicizia che legava l'artista
ai Grimani, è un elegante edificio rinascimentale, fatto costruire
negli anni 1534-1538 proprio dal vescovo Giovanni Grimani. Sulla facciata
campeggia il Leone di S. Marco e lo stemma della Comunità di Ceneda,
unico rimasto dopo che la Repubblica Veneta aveva fatto cancellare gli
altri tre: uno recante il Triregno con le chiavi papali, un altro con
lo stemma Grimani e la mitria episcopale, l'ultimo con lo stemma Grimani
e le insegne Cardinalizìe.
Nel palazzo ha sede dal 2 novembre 1938 il Museo della Battaglia di Vittorio
Veneto, destinato a raccogliere le memorie della Grande Guerra e della
sua conclusiva battaglia finale: una collezione notevole di armi d'epoca,
fotografie, cimeli e documenti. Sotto la Loggia Pomponio Amalteo (1505-1588)
dipinse ad affresco, su cartoni del Pordenone, suocero suo, tre esempi
di giustizia che vedono protagonisti Traiano, Salomone ed il profeta Daniele.
La grande Sala del maggior Consiglio invece è stata affrescata
con scene della storia patria di Ceneda da Giovanni De Min (1841-1844)
che volle rivaleggiare con le storie dell' Hayez nel Palazzo Reale di
Milano.
L'edificio del Seminario Vescovile, fondato nel 1586-87, è una
grande costruzione più volte ampliata e rimaneggiata nei secoli.
Attualmente ospita una Biblioteca ricca di oltre 40.000 volumi, con numerose
cinquecentine, incunaboli, un Messale (di artista toscano) ed un Breviario
(di scuola emiliana), donati alla Cattedrale dal card. Marino Grimani,
adorni di raffinate miniature cinquecentesche. Dal 1986 il Seminario ospita
anche il Museo Diocesano d'Arte Sacra "Albino Luciani", voluto
dal papa del sorriso (Giovanni Paolo I) negli 11 anni durante i quali
resse l'episcopato di Vittorio Veneto, e perciò a Lui dedicato.
Dalla piazza si può risalire al grande parco, aperto al pubblico,
di Villa Costantini-Morosini-Papadopoli, grande complesso residenziale
ottocentesco progettato dall' architetto vicentino Antonio Caregaro Negrin
(1821-1892). Si staglia in alto colle la mole leggendaria del Castello
di San Martino, di origini romano-barbariche, ricostruito fra il 1420
e il 1430, ancora oggi residenza dei Vescovi di Ceneda che accolgono gli
ospiti nella bella sala d'armi. Vi si accede per la via Brevia, solitaria
e panoramica, passando accanto a ruderi di fortezze e mura medievali,
sotto un arco cinquecentesco e ai piedi delle antiche rocche di S. Elia
(oggi S. Paolo al monte) e di S. Eliseo (oggi 5. Rocco).
All'abitato di Ceneda appartiene anche la chiesa di 5. Maria del Meschio,
di remote origini ma ricostruita nel 1573 e restaurata ancora successivamente.
Essa conserva la più bella pala della città, "L'annunciazione
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alla beata Vergine Maria", una tavola dipinta da Andrea
Previtali da Bergamo intorno al 1514, dove eleganza e grazia convivono
in stupenda sintesi artistica con scorci di un panorama che, sebbene frutto
di visione intellettuale, pur rappresenta splendidamente la poesia discreta
ed intensa del vittoriese.
I dintorni
Un percorso rapido nei dintorni di Vittorio Veneto conduce
il visitatore in ambienti naturali spesso profondamente diversi fra loro,
ma accomunati dall'incredibile fascino.
In pochi kilometri si accede al massiccio e all'altopiano del Cansiglio,
abbracciato da una delle foreste più belle d'Italia, dove un microclirna
particolare, di tipo atlantico, consente interessanti scoperte botaniche;
il carsismo profondo offre allo speleologo insieme a voragini profonde
come il Bus della Genziana, o impressionanti come il Bus de la Lun, anche
occasioni di osservazioni naturalistiche uniche.
Lungo la strada per giungervi, a Fregona si possono visitare: nella parrocchiale
una tela di Sebastiano Ricci; a Sonego le Grotte del Caglieron, suggestive
cavità attraversate da un ruscello, create dall'uomo che nei secoli
passati vi ricavava l'arenaria. la "piéra dolzha". per
costruire gradini, stipiti ed architravi delle case della zona.
Proseguendo verso oriente invece, lungo un balcone naturale da cui si
domina l'intera pianura veneta, si arriva attraverso Montaner e Val (nella
cui chiesetta si ammirano tele di Pomponio Amalteo e di Silvestro Arnosti
(Ceneda, not.1560-1625), alla quattrocentesca Pieve di Rugolo, sentinella
su un promontorio affacciato sul Friuli, e poi giù di nuovo fino
a Cordignano, vivace centro adagiato ai piedi della settecentesca villa
Mocenigo e dell'antico Castello.
A nord di Vittorio Veneto si sale verso Belluno attraversando la Val Lapisina,
costellata dai suoi verdi laghi, fino al Lago di 5. Croce, famosa stazione
per gli amanti della vela.
Viaggiando invece verso occidente si entra nella Vallata, impreziosita
dai Laghi gemelli di Santa Maria e di Lago di Revine (dove a Natale ed
a Pasqua si rappresentano rispettivamente il Presepio vivente e la Passione),
giungendo a Cison di Valmarino, dominata dal castello Brandolini, e poi
fino alla Abbazia di Follina, eretta fra il 1305 ed il 1335 per la generosità
di Sofia di Colfosco, accanto al chiostro edificato fra 1170 e 1268 dai
monaci cistercensi che bonificarono la zona denominandola quindi Sanavalle.
Un angolo di mondo dove il Veneto è più dolce, dove dietro
ogni collina, ad ogni curva della strada lo scenario cambia come quinte
di teatro di uno spettacolo che la natura e la millenaria opera dell'uomo
hanno costruito in funzione della serenità e della qualità
del vivere.
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