LOREDANA IMPERIO
IL CASTELLO DEI BRANDOLINI A CISON DI VALMARINO
Lo sguardo di quanti percorrono la Valmareno, comunemente
detta la Vallata, é attratto, quasi inconsciamente, dalla mole
del castello Brandolini che, maestoso e dominante, si erge a testimone
di passate glorie.
Ma la storia del maniero é la storia della Valmareno.
Dai reperti archeologici trovati nella zona, sappiamo che il sito fu abitato
in epoche antichissime.
Vi risiedettero paleoveneti, romani o forse indigeni romanizzati e ostrogoti,
documentati dal ritrovamento di monete di Teodato (536) e Vitige (542).
Che queste popolazioni prediligessero i luoghi d'altura, le cosiddette
coste, per i loro insediamenti non deve meravigliarci e si spiega, con
maggior chiarezza, esaminando il toponimo che indica la valle.
Il termine Mareno deriva dalla radice indoeuropea che ha dato origine
al sassone mersc, al franco marés (da cui il francese marais),
al veneto mara, al longobardo mar e tutti questi vocaboli significano:
palude, stagno, acquitrino.
Quindi, i primi insediamenti umani, nei luoghi ove oggi sorge il castello
Brandolini, furono dettati dalla necessità di evitare una zona
resa acquitrinosa dal dilagare dei corsi d'acqua.
E probabile che l'importanza strategica del sito sia stata valorizzata
dai romani se, come ritenuto da alcuni storici, la strada che sale al
Praderadego sarebbe stata un tratto orientale della Claudia Augusta Altinate.
LOREDANA IMPERIO. Storica medievalista, la sua attività di ricerca
é rivolta, in special modo, all'ordine monastico cavalleresco dei
Templari. Autrice di numerosi saggi, pubblicazioni, interventi anche relativi
alla storia locale. É presidente del Circolo Vittoriese di Ricerche
Storiche.
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Delle dominazioni franche e longobarde sopravvive il ricordo
nel culto dei santi guerrieri e nei numerosi toponimi. Precisiamo, a questo
proposito, che la chiesa sita nel castello Brandolini é sempre
stata intitolata a uno di questi Santi militari: San Martino.
Durante l'alto Medioevo sorsero numerose fortificazioni nei punti nevralgici
per la difesa della Valmareno e la principale di esse dovette essere il
fortilizio di Costa, sostituito in seguito dal castello Caminese, sulle
cui residue fondamenta sorse l'attuale castello.
É probabile che prima dell'antico maniero, detto Castello di Costa,
vi sia stata eretta una torre, all 'epoca delle invasioni degli Ungari
nella prima metà del X secolo, poiché per sfuggire alle
rapde scorrerie e ai saccheggi di queste popolazioni che non conoscevano
le tecniche di assedio, l'unico sistema di difesa era l'incastellamento.
Per contrastare il dominio acquisito da alcune famiglie di origine franca
e longobarda che si arrogarono privilegi di natura feudale, praticando
la
quasi ereditarietà del feudo, l'imperatore Ottone I il Grande,
prese a favorire
i vescovi conti ed a concedere loro, sempre più, le prerogative
feudali; fu così
che con il diploma del 6 agosto 962 egli concesse al vescovo di Ceneda
Sicardo tutto il territorio della Valmareno.
Sembra che verso il Mille i presuli cenedesi abbiano infeudato la Valmareno
ai conti di Porcia, loro avogadori, quindi ai conti di Colfosco, ma tali
ipotesi non sono suffragate da documenti.
Il primo dato certo é che Sofia di Colfosco, all'atto del suo matrimonio
con Guecello da Camino nel 1154, gli portò in dote e, in seguito,
in eredità il feudo di Colfosco, la Valmareno e la contea di Zumelle.
Quindi il fatto che Sofia portasse in dote la Valmareno significa che
l'ipotesi di una infeudazione della Valmareno ai Colfoso non é
poi così priva di fondamento.
L'arrivo dei monaci Cistercensi, nel 1146, e l'erezione del loro cenobio
al centro della valle, con la conseguente bonifica delle paludi circostanti
e l'inizio della lavorazione della lana, crearono le condizioni favorevoli
per un maggiore popolamento della zona. Favorito dai da Camino, il cenobio
si sviluppò e tra il 1260 e il 1268 l'abate Tarino vi eresse una
chiesa dedicata a santa Maria, della quale possiamo ammirare ancora lo
splendido chiostro. L'attuale basilica fu iniziata nel 1305 dall'abate
Gualtiero da Lodi e portata a termine, nel 1330, dall'abate Nordio da
Treviso.
Non sappiamo in quale anno i da Camino costruirono, su un contrafforte
del col dei Moi, a 370 metri d'altezza, il castello di Cison, detto allora
"Castrum Costae".
Certamente esso fu edificato verso la metà del XII secolo, essendo
documentato già nel 1198.
Gabriele da Camino, nel suo testamento del 1224, lasciava al monastero
di Follina il "castrum de Costa" con tutte le sue pertinenze
ed il suo castello di Soligo con i poderi. Ma la dipendenza del fortilizio
di Cison dall'abbazia
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cistercense era solo una misura cautelativa e temporanea, atta a garantire
l'esecuzione dei legati "pro anima" da parte degli eredi del
caminese (G. B. Verci: Storia della Marca Trivigiana e Veronese, I - XX,
Venezia 1786 1791, vol. I, p. 65, doc. LI).
Della struttura medievale del complesso caminese fortificato rimangono
ora solo le imponenti opere murarie e i segni delle fondazioni sulla roccia,
riutilizzate durante le sistemazioni cinquecentesche. E dubbio se l'arco
di finestra recante la data 1240 appartenga alla costruzione caminese
o sia un elemento di riporto da altra struttura esistente nel circondano.
Da alcuni dipinti di epoche successive possiamo dedurre l'aspetto primitivo
del castello arroccato sulla sporgenza montuosa, con torre e chiesa castrense.
Per circa due secoli e mezzo i da Camino dominarono la Valmareno pur tra
lotte politiche ed episodi di belligeranza.
Negli ultimi anni del XII secolo i Trevigiani invasero la Vallata e trent'anni
dopo essa veniva occupata dai fratelli da Romano. In tale frangente, nel
1236, i Caminesi posero i loro castelli, tra cui anche quello di Cison,
sotto la protezione dell'imperatore Federico Il giurando fedeltà
al suo vicario Ezzelino da Romano.
Dopo l'estinzione degli Ezzelini e durante la signoria dei Caminesi sulla
città di Treviso, la Valmareno godette di alcuni anni di pace e
prosperità. Sebbene nel 1312 Guecellone, figlio di Gherardo da
Camino, fosse stato cacciato da Treviso e il Comune in questione rivendicasse
la sua sovranità sulla Valmareno, questa rimase nelle mani dei
Caminesi.
Tra il 1313 e il 1316, per scongiurare il pericolo che Cangrande della
Scala, dopo aver conquistato Feltre e Belluno si impossessasse anche di
Ceneda e Serravalle, Rizzardo Novello fu obbligato, dal padre, a sposare
Verde, nipote di Cangrande.
Nel 1319 i trevigiani si allearono al conte di Gorizia contro i Caminesi
e occuparono la Valmareno, mentre Guecellone, figlio di Gherardo, si ritirava
a Feltre. In seguito, avendo chiesto perdono al vescovo di Ceneda, Manfredo
di Collalto, egli ebbe il rinnovo delle investiture della Valmareno, di
Serravalle e di Zumelle.
Nel 1320 fu eletto, quale presule cenedese, Francesco Ramponi che si stabilì
a Serravalle, essendo Ceneda occupata dalle truppe del conte di Gorizia,
rinnovando a Rizzardo da Camino l'infeudazione della Valmareno.
Dopo alterne vicende militari contro il Patriarca di Aquileia, Rizzardo
Novello mori a Serravalle il 3 settembre 1335, lasciando due figlie minorenni
e la moglie Verde della Scala, in attesa di un terzo figlio. La vedova,
appoggiata dal fratello Mastino Il, che nel 1336 fece occupare la Valmareno
e Serravalle, assunse la reggenza a nome delle figlie e del futuro erede,
ma la nascita di una terza femmina rinfocolò le pretese di quanti
rivendicavano la successione al feudo: i Caminesi del ramo di sotto e
il Patriarcato del Friuli.
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Il vescovo di Ceneda dichiarò il feudo libero per mancanza di eredi
maschi e il 20 ottobre 1337 ne concesse l'investitura ai Procuratori di
San Marco, Marco Morosini, Marco Giustiniani e Giustiniano Giustiniani.
In seguito il Ramponi infeudò la Valmareno a Rizzardo e Gherardo
da Camino del ramo di Sotto. Il Rizzardo in questione, oberato di debiti,
vendette il castello di Costa e la curia della Valmareno al patrizio veneto
Marin Falier.
Dopo la decapitazione per tradimento del doge Falier, il vescovo di Ceneda
e Tolberto dei Caminesi di Sotto, chiesero di essere reintegrati nel possesso
della Valmareno, ma Venezia ignorò tali richieste ed inviò
un proprio podestà a governarla.
Dal 1355 al 1413 la Valmareno e il castello di Cison furono contesi dalle
armate in lotta nella zona: ungheresi, carraresi, patriarchini, truppe
della Serenissima se ne impadronirono a seconda delle alterne fortune
della guerra.
Nel 1411 Carraresi, Scaligeri, caminesi e ungheresi comandati da Filippo
Spano (Filippo Scolari) la saccheggiarono ed Ercole da Camino se ne impossessò,
quindi si sottomise a Venezia, ne riconobbe la sovranità e la nominò
sua erede universale. Così 4 anni dopo, alla morte del caminese,
Venezia riprese il pieno dominio della Valmareno.
Nei primi anni del XIV secolo la Serenissima aveva iniziato la sua espansione
in Terraferma, potenziata sotto il dogado di Francesco Foscani. Essenziale
per questa espansione era il controllo delle vie di comunicazione e dei
passi, principalmente della via d'Alemagna che collegava l'Oltralpe con
Venezia e l'Adriatico attraverso la stretta di Serravalle e i due passi
del S. Boldo e del Praderadego che univano la valle al Cadore.
Il castello di Cison e la contea della Valmareno erano, quindi, di rilevante
importanza strategica per la Serenissima, la quale essendo, nel 1436,
a corto di fondi per pagare due suoi fedelissimi condottieri, Erasmo da
Narni detto il Gattamelata, e Conte Brandolini, li ricompenserà
concedendo loro il feudo della Valmareno.
Il 5 dicembre 1439 il Gattamelata vendette la sua metà del feudo
al Brandolini per la somma di 3000 ducati d'oro.
Conte Brandolini, non meravigli il suo nome abbastanza comune nel '400
e '500 come il femminile Contessina, divenne quindi unico signore della
contea della Valmareno e della gastaldia di Solighetto. E pur vero che
i Brandolini non erano nuovi a infeudazioni in terra veneta, poiché
lo zio del primo signore della Valmareno era stato, a suo tempo, conte
di Zumelle. Il personaggio in questione, Brandolino III Brandolini, fu
capitano valoroso al servizio di Galeazzo Visconti il quale, per il suo
valore nella guerra contro gli scaligeri, gli concesse il castello di
Montorio Veronese e successivamente, per le sue imprese nelle campagne
militari contro i da Carrara nel 1388, la contea di Zumelle. Egli mori
a Treviso 1'8 ottobre 1396 e fu sepolto nella
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chiesa di San Francesco. Che l'investitura di questo Brandolino a conte
di Zumelle corrisponda a realtà storica é dimostrato dalla
scritta presente sulla lastra tombale ove é detto "comes gemellarum",
nonché da una frase contenuta in una "informazione per i Provveditori
sopra Feudi" del 23 dicembre 1671, redatta dal conte Guido VIII nella
quale si afferma che"... la Brandolina famiglia ... si rese gloriosa
con le armi e meritevole di molti feudi e giurisdizioni, tanto appresso
l 'Imperatore stesso, quanto appresso la Francia, Sede Apostolica, Milanesi
ed altri Potentati. Certezza di ciò è lasciata ai posteri
dalle istorie, nelle quali si leggono i dominii di Novara, d'Alessandria,
d'Arquato, Benevento, Zumelle ed altri luoghi goduti dai miei ascendenti
. . .
Si ribadisce che la citata informazione era un atto ufficiale diretto
ai Provveditori Veneziani e quanto in esso affermato era niscontrabile
mediante l'esame dei documenti custoditi negli stessi archivi della Serenissima.
Il conte Guido, anch'esso condottiero al servizio di Venezia, nel 1686,
non potendo partecipare alla guerra contro i turchi perché infermo,
nè inviare i figli ancora troppo giovani, offrì alla Repubblica
ben 100.000 ducati, dei quali 60.000 in dono e 40.000 in prestito al tasso
del 4%.
Per tanta generosità il Senato e il Maggior Consiglio concessero
a lui e ai suoi discendenti, in perpetuo, il patriziato veneto.
La fedeltà a Venezia fu una costante della famiglia Brandolini
e altrettanti duraturi rapporti mantenne con molte delle famiglie ad essa
soggette e che, in epoche recenti, vantavano le loro dipendenza dai conti
da ben 500 anni. Ricorderemo a Cison i Cecchinel, i Possamai Buso, i Frozza,
i Marian e, a Solighetto, i Mazzero.
La famiglia de Brandoli, divenuta Brandolini in terra veneta, proveniva
da Bagnacavallo (RA) e i suoi componenti erano, da sempre, dediti al mestiere
delle armi, in qualità di capitani di ventura e condottieri.
Conte Brandolini, che da Signore della Valmareno si farà chiamare
Brandolino IV Brandolini, ebbe tre figli maschi:
Tiberto VIII avuto da Giovanna dei signori della Tela;
Cecco (o Francesco come risulta dai documenti veneziani) avuto dalla seconda
moglie Filippa degli Alidosi;
e l'illegittimo Ettore.
Tiberto, rimasto orfano di madre in tenera età, crebbe tra i soldati
e fu, come suo padre, capitano della Serenissima. Era genero del Gattamelata
avendone sposato la figlia Romagnola. Passato al servizio di Francesco
Sforza, come condottiero, ricevette dal duca la signoria di Castellarquato.
Per la sua defezione dalla fedeltà alla Serenissima, il padre lo
privò del diritto di successione alla signoria della Valmareno
(1456) che destinò al secondogenito Cecco, essendo già morto
l'altro figlio Ettore.
Il Brandolini, tuttavia, lasciò al figlio Tiberto tutti i suoi
beni in Bagnacavallo e in Forlì. Pertanto dopo la morte di Conte
Brandolini la casata
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continuò dividendosi in due rami: quello di Tiberto
VIII a Bagnacavallo e quello di Cecco Il a Cison di Valmanino. All'estinguersi,
nel 1783, del ramo romagnolo, per antico e mutuo accordo, i loro possessi
confluirono nel ramo veneto della famiglia.
Le due branche della casata furono sempre unite e i Brandolini veneti
arruolarono costantemente, come soldati nella loro formazione militare
detta banda Brandolina, uomini di Bagnacavallo. Questa compagine militare
fu operante, come i suoi condottieri i conti Brandolini di Cison, sino
al 1700.
Il complesso fortificato di epoca caminese fu trasformato dai conti Brandolini
nella prima metà del Cinquecento, con l'aggiunta dell'ala rinascimentale
e l'innalzamento delle mura e dei bastioni esterni.
Fu il conte Antonio Maria Brandolini (+ 1530) che volle la caratteristica
facciata da elegante dimora di patrizio veneto, scandita da bifore e tnifore
a doppio ordine e la sistemazione del bel parco con fontana, negli spalti
antistanti, all'interno dei bastioni. La raffinatezza regnante alla corte
di Antonio Maria ci appare evidente anche dalle balaustre, finemente lavorate,
dei balconi, dall'elegante statua del satiro della fontana e, all'interno,
dai grandi camini del salone principale con le iniziali del committente
AMB e il grande stemma della famiglia sormontato dalla corona regale dei
Lusignano, per privilegio di Caterina Cornaro (1454 - 1510) regina di
Cipro.
Purtroppo gli stemmi affrescati sulla facciata dell'ala cinquecentesca,
a causa del degrado stanno scomparendo e, in mancanza di un sollecito
restauro, diverranno sempre meno leggibili. Sembrano tuttavia corrispondere
ai blasoni del ramo della famiglia proseguito a Bagnacavallo che ornavano
il loro palazzo in quella città e attualmente sono custoditi presso
il Municipio di Bagnacavallo.
Sebbene sia da scartare l'ipotesi che il progetto dell'ala cinquecentesca
del castello di Cison sia opera di Jacopo Sansovino, che all'epoca della
costruzione (ca. 1510 - 1525) non era ancora giunto a Venezia, tuttavia
l'armonia e l'eleganza della fronte cinquecentesca ci parlano di un progettista
di notevole livello.
I conti, al di qua del ponte e ai piedi del castello, avevano strutturato
il borgo. Quest'ultimo era la sede dei servizi civili, sociali e religiosi;
attorno alla piazza si trovano la chiesa, la loggia del tribunale, il
palazzo di rappresentanza, i magazzini e le scuderie.
La loggia, ora adibita a teatro e centro sociale, fu voluta da Brandolino
VIII al suo rientro dalla guerra di Candia (1643), allo scopo di suscitare,
nell'animo dei suoi sudditi, la passione per le leggi, poco rispettate
a quei tempi; da tale luogo il Cavalier di Corte leggeva i proclami del
suo signore al popolo.
É bene ricordare che i Brandolini furono, come buona parte dei
condottieri e capitani di ventura, amanti della cultura e dell'arte, quindi
mecenati e committenti di pittori, scultori e architetti.
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Le case, i palazzetti, la chiesa di Cison di Valmarino conservano tuttora
un che di aulico, ma improntato ad una sobria eleganza; c'é il
rococò, ma non é mai sovrabbondante o indisponente.
Le lastre tombali che si trovano all'esterno e all'interno della cappella
di San Martino nel castello, sono di notevole pregio artistico.
Il bassorilievo di Brandolino III Brandolini, conte di Zumelle é
uno dei più ragguardevoli monumenti sepolcrali del Trecento, espressione
del gotico fiorito veneziano, ma di autore ignoto. Splendidi i particolari
dell'armatura e finemente cesellati lo stemma e il vestiario.
Interessante anche la lastra tombale della seconda moglie di Conte Brandolini,
Filippa degli Alidosi, con incisi il blasone della defunta e del marito.
Il castello subì una nuova e significativa ristrutturazione con
l'aggiunta dell'ala barocca edificata nel XVIII secolo. Un primo progetto
fu redatto da Gerolamo Fnigimelica ripreso, verso il 1710, dal conte Ottavio
Scotti, architetto trevigiano. Lo Scotti, esponente di rilievo della cosiddetta
"scuola di Treviso" operò in maniera rilevante nella
sinistra Piave, e di lui ricorderemo anche il progetto per la cattedrale
di Ceneda e la loggia Comunale di Conegliano.
L'architetto Scotti rispettò le strutture preesistenti nella parte
alta del castello, utilizzò i vari dislivelli e concepì
un corpo a "C" posto a Sud dell'ala rinascimentale e strutturato
in modo da delimitare il cortile d'onore. Di particolare effetto il monumentale
scalone d'onore. La cappella comitale, di chiaro influsso francese, é
stata preda di successive spoliazioni che vi hanno lasciato solo gli affreschi
di Egidio Dall'Oglio.
Nel castello si possono ammirare stucchi e decorazioni di epoca barocca
e neoclassica. Nel salone principale e nel corridoio dell'ala settecentesca
si trovano dipinti, olio su tela, stemmi bipartiti che ricordano i matrimoni
della casata e, sebbene le date non siano sempre esatte, il loro interesse
dal punto di vista araldico é indiscutibile.
Il primo di questi blasoni che riporta, nel cartiglio, la data errata
1435 mentre dovrebbe essere 1432, ricorda le nozze di Tiberto Brandolini
con Romagnola Gattamelata, figli dei primi conti della Valmareno: Conte
Brandolini ed Erasmo da Narni detto il Gattamelata.
Lo stemma, bipartito, reca alla destra le tre cavezze o trecce del Gattamelata
e sulla sinistra lo stemma del Brandolini:
di rosso con tre bande d'argento caricate di scorpioni, al capo del secondo
di tre trecce di rosso ordinate in fascia.
Ricorderemo che lo stemma dei Brandolini, prima della fratellanza d'armi
di Conte Brandolini con il Gattamelata, era solo "di rosso con tre
bande d'argento caricate di scorpioni". L'unico dei molti Brandolini
che userà l'antico stemma del ramo di Bagnacavallo, senza le trecce
del Gattamelata, sarà il Vescovo di Ceneda Sigismondo Brandolini
Rota (1823
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- 1908) che ne farà apporre un esemplare sopra il
portone d'ingresso del seminario di Vittorio Veneto. in piazza della Cattedrale
a Ceneda.
Tra i grandi artisti che, ospiti del castello di Cison vi lasciarono le
loro opere, ricorderemo il pittore fiammingo Anton van Dyck (1599 - 1641)
che stabilitosi a Genova, dal 1623 al 1627, viaggiò per le corti
italiche toccando i vari centri accademici del paese sino a Palermo.
Poiché i critici sono concordi nel ritenere Tiziano il grande ispiratore
del ritrattista delle Fiandre, é plausibile ritenere che il ritratto
del condottiero Brandolini da lui dipinto sia stato eseguito a Venezia
o nel castello di Cison, in occasione di un soggiorno dell'artista nella
città lagunare.
Purtroppo oggi non é possibile ammirare tale capolavoro poiché,
misteriosamente, é finito in una collezione privata americana.
L'altro grande artista che dipinse, nel 1585, una pala d'altare per la
cappella di famiglia del castello, fu Jacopo Ponte detto il Bassano.
La tela ad olio rappresentai il notissimo episodio di San Martino, cui,
come già detto, é intitolata la chiesetta comitale, che
dona il suo mantello al mendicante. Il dipinto ha una singolare valenza
iconografica, poiché sembra che nel Santo a cavallo e nel guerriero
inginocchiato a destra, siano ravvisabili Francesco Maria Brandolini e
suo padre Brandolino V, che alcuni storici definiscono VII.
La complessità dell'albero genealogico di questa famiglia e la
mancanza di dati certi su taluni suoi membri prima del 1400, rendono difficile
stabilire una successione esatta. Inoltre, i pochi storici che ne hanno
scritto sono spesso in contrasto nel numerare i componenti della casata
aventi lo stesso nome.
Un altro pittore che, dai libri operai, risulta agli stipendi di casa
Brandolini é l'austriaco Mathias Gremsel di Graz, del quale ricordiamo
il quadro raffigurante "San Giorgio che uccide il drago, la Sacra
Famiglia e i ritratti di Guido VIII (o IX) e Brandolina", dipinto
forse nel 1686.
Brandolino VII Brandolini (1687 - 1765) fu il mecenate di Egidio Dall'Oglio,
l'artista di Cison formatosi alla scuola del Piazzetta, assieme a Tiepolo
e Maggiotto, che decorò in stile rococò l'arcipretale di
Cison, la chiesetta di San Martino nel castello, il palazzo dei Zuliani
a Ceneda, ora sede della Curia Vescovile e la cattedrale di Belluno.
Altro artista che eseguì committenze artistiche per i Brandolini,
fu Marco Casagrande (1804- 1893) che scolpì, in stile neoclassico,
statue, busti e bassorilievi raffiguranti membri della casata.
Ricorderemo inoltre lo stupendo mausoleo di Guido VIII Brandolini eseguito
dallo scultore Pietro Baratta che si può ancora ammirare nell'arcipretale
di Cison di Valmarino.
Il castello subì danni notevoli nell'incendio divampato nell'ala
cinquecentesca, il 5 luglio 1872, che ne lasciò in piedi solo le
mura. In quell'incendio bruciò anche il teatro barocco fatto costruire,
nel 1683, dal conte Guido
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VIII e del quale Egidio Dall'Oglio aveva decorato il sipario e la scena.
Negli anni 1868 - 1869 subirono trasformazioni il cortile centrale, il
giardino e la collina della quale si provvide al rimboschimento.
All'epoca dell'invasione austriaca nel 1917 il castello fu adibito ad
ospedale militare per gli Austriaci.
Durante il ventennio l'edificio fu spogliato degli arredi, delle opere
d'arte e della biblioteca ed adibito a colonia elioterapica. In seguito
i conti Brandolini vendettero il castello che ora é proprietà
dei Reverendi padri Salesiani.
Per quanti desiderassero approfondire l'argomento Brandolini, si rinvia
al volume degli Atti, pubblicato dal Circolo Vittoriese di Ricerche Storiche
in occasione del Convegno "I Brandolini, da capitani di Ventura a
nobili feudatari", e dal quale sono tratte le notizie del presente
articolo.
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