FRANCESCO ALBRIZIO
ACQUA, ECOLOGIA E PEDEMONTANA
Quest'anno la legge Merli compie 20 anni. Cosa resta di
valido a tutt'oggi di quella riforma? L'analisi è piuttosto complessa
e, naturalmente, non si può limitare all'ambito locale. La storia
della legge Merli èla storia dell'ecologia italiana e va spiegata,
per quanto è consentito in questa sede, precisando fatti, scelte
politiche ed atteggiamento dei vari soggetti coinvolti. Volendo individuare
alcuni capisaldi occorre ricordare che nel 1976 la parola "ecologia"
era di fatto riservata a pochi uomini in camice bianco. Tra questi troviamo
molti autori, italiani e stranieri, che fin dagli anni 60 avevano intuito
ciò che lo scrittore di fantascienza Welis soleva dire con un'affermazione
ad effetto:
".. il futuro sarà una gara tra l'educazione e la catastrofe.
.".
Di fatto la legge 319/76(0 legge "Merli") ha contribuito ad
"ex ducere" cioè trarre fuori (dall'ignoranza) una buona
parte del popolo italiano su questo tema vitale. E' da allora che 1 'ecologia
si è trasformata, anche in Italia quindi, oltre che un importante
campo di ricerca, anche argomento di rivendicazione ed etichetta politica.
Ma cosa è rimasto dell'entusiasmo di allora e dell'entusiasmo crescente
che ci ha accompagnato negli anni ottanta?
Qualcuno dovrebbe ricordare alcuni fatti, rimasti famosi. Venti anni fa
erano solo sparute minoranze a manifestare l'esigenza di una miglior qualità
ambientale. Ma erano minoranze con obbiettivi di prestigio: i pacifisti,
i gruppi cattolici di base, i movimenti giovanili nelle due Germanie,
i movimenti dei medici contro il nucleare, gli attivisti di Greenpeace,
eccetera.
FRANCESCO ALBRIZIO. Chimico, libero professionista. Opera
nel campo delle consulenze ambientali per Comuni, Autorità Giudiziaria,
privati. È autore di numerosi interventi in tema di inquinamento
ed ecologia su vari organi di stampa.
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Queste minoranze hanno lavorato continuamente osteggiate dai silenzi del
potere politico ed anche - è un mio parere - ignorate o poco considerate
dalla stessa maggioranza della popolazione. Ricordo ancora un episodio
forse irrilevante nel contesto generale, ma significativo: quando un cattedratico
dell'Università di Venezia disse nel corso di una riunione in Comune
a Conegliano Veneto nel 1982 che ".. l'inquinamento è un costo
sociale di cui non possono farsi carico solo le aziende..." (e nessuno
ebbe nulla da ridire!).
Ma il processo di sensibilizzazione è continuato interessando ambiti
sempre più vasti ed anche quel "sociale" prima nominato
- quel "sociale" però delle categorie più basse,
quelle, per intenderci, che vivono drammaticamente lo sviluppo urbano
così come voluto dagli energumeni del cemento
- è stato coinvolto in questo processo educativo scatenato dai
gruppi minori sopra richiamati e dalle leggi ambientali che lo stato produceva.
Leggi assolutamente non amate dagli stessi politici che le promulgavano
(si badi bene!) ma, che, indipendentemente da ciò, esercitavano
i loro effetti seppur "a macchia di leopardo" su vaste aree
del nostro territorio.
Nel frattempo, però, esplosioni silenziose si sono succedute in
quel periodo e proseguono anche tutt'oggi. Nel 1982 - notizie CEE - la
popolazione africana ha superato in numero quella europea ambedue sulla
soglia dei 500 milioni di abitanti. Nel 2000 gli europei saranno 520 milioni,
mentre gli africani, col loro ritmo di crescita, supereranno gli 800 milioni.
A questo punto qualcuno ha cominciato ad intuire che la storia dell'ecologia
avrebbe potuto forse non avere il lieto fine che oramai molti si aspettavano.
Ed alla luce di ciò è allora molto probabile, se non certo,
che gran parte di quell'entusiasmo sia già alle nostre spalle o
sia scemato grandemente.
Schematizzando con un'immagine si può affermare che noi, abitanti
nei paesi che hanno corso, abbiamo cominciato ad accorgerci che molte
popolazioni stavano accelerando per raggiungere con tutte le loro forze
il nostro stesso benessere. Noi, abitanti dei paesi che hanno corso, ci
siamo accorti che il concetto di globalità che è alla base
dell'ecologia presenta aspetti non sempre accettabili, per il nostro modo
di vedere.
Così, mentre fra circa 5 anni Città del Messico conterà
27 milioni di abitanti, Shanghai 26 milioni, Pechino 23, una sorta di
inquietudine ci assale. Evidentemente capiamo che non basterà più
cercare conforto dietro la porta blindata della propria casa, obnubilando
la mente in uno stadio da sfruttare per 90 minuti, estraniandosi in un
cinema a luce rossa o dicendo semplicemente "not in my backyard,
please".
Cosa accadrà, in termini di sfruttamento, delle risorse terrestri?
Nascerà un quarto o quinto mondo da brutalizzare, violentare, assassinare,
sporcare, avvelenare, o ci sarà il tracollo per tutti?
D'altro canto, siamo anche tutti consapevoli che l'insorgenza di questioni
così ampie e globali con le implicazioni sopra nominate, pone problemi
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molto seri sulla possibilità che le nostre ideologie politiche,
in .primis, riescano ad affrontarle.
Problemi ancora più seri sorgono poi sui requisiti di qualità
che le nostre istituzioni ed i nostri governanti dovrebbero avere.
Eppure l'educazione potrebbe ancora salvare il salvabile. Ad esempio,
che effetto fa al lettore riflettere seriamente su una banale osservazione
e cioè che l'acqua presente sul nostro pianeta è sempre
la stessa da milioni o miliardi di anni con la sola modesta aggiunta di
quella prodotta dai processi di combustione del petrolio, dei suoi derivati
o del legno? Certo ciò è un fatto assolutamente ovvio, ma
può essere utile pensare che l'acqua bevuta fino ad un attimo prima,
anche come componente di altri alimenti, nel vino, in una bibita, è
già stata bevuta e reimmessa nell'ambiente un gran numero di volte.
Alcune fra le molecole d'acqua poco prima ingerite erano state già
bevute da qualche dinosauro o avevano partecipato al diluvio universale
oppure allo sbarco in Normandia oppure ancora erano state "reimmesse
nell'ambiente" da Giulio Cesare passando il Rubicone.
Allora anche i più refrattari si renderebbero conto del semplice
concetto che lega l'utilità e la scarsità di un bene.
Il problema dell'acqua
Soffermiamoci ancora sulla questione dell'acqua. L'acqua
è uno degli elementi che maggiormente colpiscono l'immaginazione
collettiva, sia quando manca, sia quando la natura la rende ostile come
in maremoti o uragani. Non credo sia solo perché, storicamente,
dalle grotte alle palafitte, dall'inizio e dal successivo sviluppo dell'agricoltura,
dalla nascita delle città, dei primi acquedotti, delle prime reti
di fognatura, persino nella misura del tempo, l'acqua ha sempre giocato
un ruolo di assoluto predominio. Per millenni è stata ritenuta
un elemento chimico. Poi si scoprì che in realtà era un
composto, un composto formato addirittura dalla reazione fra due gas.
Cavendish, nel 1781, ottenne per la prima volta acqua bruciando idrogeno
con aria. Dalton, chimico inglese, provò a fabbricare la molecola
dell'acqua. Dato che nella molecola il rapporto fra l'idrogeno e l'ossigeno
è di 2:1 (H20, appunto) fece reagire due litri di idrogeno con
un litro di ossigeno convinto di ottenere un litro di vapor acqueo. Invece,
con sorpresa, ne ottenne due! Avogadro, chimico vercellese, dedusse che
le molecole dei gas idrogeno ed ossigeno dovevano essere formate da almeno
due atomi ciascuna. Così la reazione doveva avvenire in due momenti
diversi. Prima avveniva la separazione dei vari atomi di idrogeno e di
ossigeno fra loro (cioè da una molecola H2 ed una molecola 02 si
ottenevano 2 atomi H e 2 atomi 0), poi questi reagivano e davano origine
a 2 molecole di H20 secondo la reazione:
2H2+02 > 2H20
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Un'intuizione felice (da Nobel, se allora ci fosse stato).
Qualche migliaio di miliardi di anni prima, come si legge nel libro della
Genesi, nel secondo giorno, Dio creò il firmamento e separò
le acque sotto il firmamento da quelle che sono sopra ed il firmamento
fu chiamato cielo. Si trattò di una separazione traumatica: da
allora la natura ha sempre tentato di ricucire quello strappo. Da quel
giorno della Genesi l'acqua acquisì una capacità praticamente
illimitata di caricarsi di metafore o significati particolari. Il naufrago
muore di sete circondato da un oceano di acqua imbevibile, un volto si
riempie di lacrime che possono essere di disperazione o di gioia, nel
mare risulta indistinguibile il confine tra l'acqua ed il cielo, la fede
di alcune tribù di indios tra il Venezuela ed il Brasile afferma
che dopo un ciclo di 21 anni le persone morte ritornano sulla terra sotto
forma di rugiada.
Meno del 3% di tutta l'acqua del nostro pianeta è classificata
come acqua dolce. Oltre i 2/3 di quest'acqua è poi intrappolata
come ghiaccio nei poli. L'acqua che resta sarebbe comunque più
che sufficiente, ma la natura (per vendicarsi?) l'ha distribuita male.
Ogni giorno un abitante di Milano consuma almeno 300 litri di acqua mentre
un abitante dell'Alto Volta non vede 300 litri d'acqua tutti assieme nel
corso della sua intera esistenza.
In ambiti più particolari si osservano altri dati sconcertanti.
A Città del Messico il 60% dell'acqua potabile è distribuita
al 3% delle famiglie. Oltre il 50% delle famiglie si deve arrangiare con
meno del 5% dell'acqua totale. Si può vivere con soli 5/6 litri
di acqua al giorno quando solo lo sciacquone di un water ne utilizza almeno
10/15 alla volta?
Chi ama le sfide potrebbe provarci per una quindicina di giorni (senza
barare, s'intende!). Costui scoprirebbe che questa penuria d'acqua renderebbe
persino diverso il semplice vivere nella propria casa e l'abitare la propria
casa anche se, in realtà, i significati dei verbi "vivere"
ed "abitare" sono da sempre sinonimi in tutte le lingue. E'
certo che otterrebbe comunque il diritto di iscrizione in un'altra classe
sociale rispetto alla sua attuale: la classe di coloro che hanno un odore
particolare, riconoscibile ed in grado di costituire per lui, ma a sua
insaputa, un nuovo attributo d'identità (un attributo curioso:
quasi mai quelli che puzzano sanno di puzzare).
L'ambiente locale
Nell'ambito locale la posizione da assumere dev 'essere
quella di un cauto allarmismo. Acqua ve n'è parecchia ed anche
di ottima qualità, ma la situazione non è sempre sotto controllo.
E poi non dobbiamo dimenticare la caduta di interesse sui problemi ambientali
che è reale anche da noi.
A proposito, come hanno reagito le amministrazioni locali all' avvento
della legge Merli? E' noto che i Comuni della Pedemontana non dispongono
di corsi d'acqua di elevata e costante portata (Meschio escluso). I vari
corsi
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d'acqua, ancorché minori, da sempre hanno costituito il luogo di
recapito di scarichi civili anche ad elevato potere inquinante. La relativa
abbondanza di acqua rendeva i fenomeni di degrado forse meno manifesti
che in altre parti della Provincia. Il Meschio, sotto questo aspetto,
costituisce un esempio tra i più noti. Esso raccoglieva e raccoglie
scarichi civili ed industriali che per anni sono avvenuti senza depurazione
alcuna. Però il Meschio è sempre stato sostanzialmente un
fiume pulito, ma il merito va solo alla sua abbondanza di acqua più
che alla sensibilità ambientale dei rivieraschi.
L'applicazione della legge 319/76 è avvenuta con grande lentezza.
Sotto questo aspetto "nihil sub sole novi": è stato così
in altri ambiti, è stato così anche da noi. Però
molte amministrazioni, pur con i mezzi limitati di uffici tecnici assolutamente
inidonei a gestire una normativa così complessa, hanno capito abbastanza
presto l'importanza del problema. Sono state queste amministrazioni a
far nascere la nuova figura professionale del "consulente ambientale".
Sono state queste amministrazioni ad indire concorsi per "perito
ecologo" o "vigile ecologico", figure completamente sconosciute
a pochi anni fa.
In questi Comuni, agli inizi degli anni ottanta, il consulente ambientale
aveva quasi "carta bianca". Egli curava le istruttorie delle
domande di autorizzazione, predisponeva diffide, ordinanze, provvedimenti
che poi i Sindaci firmavano. Tutto ciò ha avuto risvolti molto
positivi: se non altro anche gli irriducibili (fra gli inquinatori) si
sentivano un po' sorvegliati e valutavano i rischi del loro comportamento.
L'aumentata sensibilità ambientale ha comportato anche un costante
aumento di lettere di privati cittadini che segnalavano casi più
o meno gravi di inquinamento riferiti all'ambiente in genere o nei loro
confronti. L'analisi di alcuni di questi scritti, scelti a caso e cronologicamente,
può costituire un approccio fra i tanti possibili per riflettere
sull'evoluzione della sensibilità ambientale di noi tutti.
Così nel marzo 1982 alcuni cittadini segnalarono al Comune di Colle
Umberto lo stato di inquinamento del torrente Luminaria, in via 5. Sebastiano,
causata (!) da un lavatoio pubblico utilizzato da alcune donne per il
lavaggio dei panni. Il Sindaco, se non ricordo male, emise un'ordinanza
in cui vietò l'uso del lavatoio. A giudizio di chi scrive, ed inquinamento
a parte, era forse meglio iscrivere d'ufficio quelle donne al WWF come
"specie in via d'estinzione".
Qualche anno dopo, nel 1986, un accorato appello del Rotary Club di Conegliano
- Vittorio Veneto e del WWF mise in evidenza le pessime condizioni in
cui versava il torrente Lierza, splendido fiumiciattolo che dai boschi
di Arfanta scende verso il Molineuo della Croda fino al Soligo. La sensibilità
ambientale si era già delineata ed aveva coinvolto quei "vasti
strati della popolazione" prima nominati.
Alla fine degli anni ottanta e verso il 1990/91 gli "accorati appelli"
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divennero protesta formale e gridata contro la costruenda discarica del
Campardo, il caso Ecofive a Vittorio Veneto, la piattaforma ecologica
di Orsago ed altro.
Un bel passo avanti rispetto al lavatoio di Colle.
Ora, nel 1996, gli scarichi che dilavano la sede stradale e che dai viadotti
autostradali collocati sul tratto Vittorio Veneto Nord - Fadalto iniettano
direttamente sulle fonti di approvvigionamento idrico del Comune di Vittorio
Veneto e di molti altri Comuni del Consorzio Sinistra Piave acqua inquinata
o potenzialmente inquinata anche a causa di possibili incidenti non sembrano
interessare nessuno. Se nel giugno 1995 il Sindaco avesse vietato (o avesse
potuto vietare) l'apertura dell'autostrada per questi motivi, vi sarebbe
stata una sollevazione popolare contro tale decisione.
Questa caduta di sensibilità, quasi autolesionistica, sulla questione
ambientale è oltretutto curiosa. Nei paesi poveri è diffusa
la sensazione che solo nei paesi ricchi ci si possa permettere di essere
ambientalisti. Quest'ultimo esempio non sembra dimostrarlo affatto: o
il costo pari a qualche decina di milioni della canalizzazione di queste
acque su un manufatto costato oltre 30 miliardi al chilometro è
eccessivo anche per noi "ricchi" (!), o forse noi tutti non
abbiamo ancora acquisito una cultura ambientale profonda. Siamo solo degli
eruditi in materia. E, come sosteneva il mio insegnante di lettere di
terza e quarta liceo, fra un colto ed un erudito c'è la stessa
differenza che passa tra un libro ed il suo indice.
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