GUIDO SINOPOLI
IL RICORDO DELLO SCULTORE MARCO CASAGRANDE (1804-1880)
RIEMERGE NEGLI STUDI ITALO-UNGHERESI UN SECOLO DOPO LA MORTE
Marco Casagrande nacque a Campea di Miane,
come scriveva il parroco di Miane nel Registro dei nati del 1804, il 18
settembre: "18 settembre 1804 - Marco figlio di Antonio quondam Domenico
Casagrande e di Dominica quondam Santo Trivisol di Cison, jugali di Campea,
nato in questa mattina circa le ore 13, in oggi fu battezzato..." e lo
tenne a battesimo "Lorenzo quondam Giacomo Gusatto di Campea". Da ragazzo
fu avviato dal padre ad aiutarlo a far botti ed alla pastorizia. Quando
però la sua passione per il disegno e nel modellare statuette d'argilla
o in pietra tenera fu segnalata ai signori di Campea, Giovambattista,
Vettore e Bartolomeo Gera, questi lo avviarono subito, a loro spese, all'Accademia
di Belle Arti di Venezia. Allievo di Luigi Zandomeneghi, si affermò immediatamente
conquistando gli annuali premi accademici e, nel 1825, anche il 1° premio
dell'Accademia di Brera con l'opera "Angelica e Medoro". Mentre era allievo
ebbe commissionati dal suo mecenate Bartolomeo Gera un busto di Antonio
Canova e dal maresciallo di Francia Macdonald, duca di Taranto, una statua
di Paolina Bonaparte. Terminati con successo gli studi scolpì nel 1827,
a Conegliano, per il timpano della neopalladiana villa del suo mecenate
Gera, un importante altorilievo rappresentante "L'Architettura accoglie
le altre arti sorelle: Pittura, Scultura, Poesia, Musica" e, lo stesso
anno, modellò tre composizioni per una sala del palazzo Bortolan a Treviso
sui temi di tre grandi poeti: "Ettore e Andromaca", GUIDO SINOPOLI, nato
a San Vito sullo Jonio, ha seguito la carriera militare fino ai più alti
gradi. Ora vive a Conegliano, città nella quale è noto per la sua attività
di saggista ed animatore culturale. E' presidente dello "Studium" Coneglianese
cui si deve, fra l'altro, l'edizione di alcuni fra i documenti più interessanti
della cultura locale.
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"Paolo e Francesca" e "Olindo e Sofronia", opere attribuite al suo maestro,
lo Zandomeneghi, ma che sono del Casagrande. La fama della sua valenzia
corre e la sua opera è richiesta a Padova, ove esegue una statua: "La
Carità" ed un medaglione di Andrea Briosco, detto Riccio, ed a Venezia,
ove il patriarca Giovanni Ladislao Pyrker gli commissiona una statuina
di S. Giovanni Battista e poi si "accaparra" lo scultore per la decorazione
scultorea della cattedrale di Eger (Herlau secondo la dizione tedesca
e Angria secondo quella latina), quando lascerà Venezia e sarà nominato
arcivescovo di Eger, in Ungheria. Nell'attesa della chiamata in Ungheria
esegue vari lavori quali, ad esempio, il grande timpano di palazzo Camerini
a Ferrara, rappresentante "La Fortuna propizia l'Idraulica" e realizza
"L'Abbondanza", nonché il busto del conte Silvestro Camerini, quello di
Ludovico Ariosto ed anche statue funerarie. A Conegliano esegue, per conto
dei suoi mecenati, un busto di Papa Gregorio XVI, che sarà poi donato
al Seminario vescovile di Belluno e due altorilievi in gesso sulla Vita
di S. Romualdo che si trovano ora nell'Abbazia di Follina.
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A soli 26 anni l'Accademia di Belle Arti di Venezia nomina Marco Casagrande
suo socio onorario, titolo con il quale si presenterà nel 1833 ad Eger,
ove, terminata la cattedrale, lo chiama l'arcivescovo G. L. Pyrker, ed
avrà inizio la sua brillantissima avventura ungherese. Artista educato
principalmente a temi profani, deve completare, con decorazioni e temi
religiosi, gli ampi spazi che l'arcivescovo ha fatto riservare nella grande
cattedrale disegnata dall'architetto magiaro Giuseppe Hild. Nei locali
del Lyceum arcivescovile di Eger Casagrande istituisce un laboratorio-scuola,
facendovi affluire scalpellini trevisani ed ungheresi e dando così vita
alla prima scuola di scultura, affiancata a quella di pittura, costituita
in Ungheria da artisti italiani. Accanto alle opere della cattedrale,
che sviluppano antologicamante i maggiori temi sacri, lo scultore esegue
a Pest e nelle ville di magnati ungheresi moltissimi temi profani, in
cui dimostrerà la sua maestria accoppiata ad una vasta versatilità. Affermatosi
quale incontrastato scultore sarà chiamato dal primate a decorare la grande
Basilica di Esztergom, alternando lavori sacri e profani, che eseguirà
ad Esztergom, a Faj e ad Eger. Nel 1845 sposa Maria Kovacs, figlia del
sarto della curia arcivescovile di Eger, ed andrà a risiedere ad Esztergom.
Qui, nel 1848, lo scultore viene sollecitato dalla moglie a desegnare
il progetto di una Colonna della libertà, che doveva celebrare la rivoluzione
ungherese ed il disegno è pubblicato in una rivista di rivoltosi Nel 1848
muore il primate Giuseppe Kopacsy e vengono sospesi i lavori di Esztergom.
La precaria situazione ungherese e la speranza di tempi nuovi con l'annessione
del Veneto all'Italia, sospingono i due coniugi Casagrande a ritornare
in Patria, in attesa della ripresa dei lavori ad Esztergom, e ad Eger,
ove nel 1847 era morto l'arcivescovo G. L. Pyrker. Marco e Maria Casagrande
trovano in Italia la critica situazione degli anni 48-49, nonché il grande
vuoto determinato dalla morte del mecenate Bartolomeo Gera, avvenuta in
Venezia assediata il 17 luglio 1848. In attesa di tempi migliori, e sempre
sperando un richiamo in Ungheria, lo scultore è obbligato ad adattarsi
ai lavori occasionali nella sua terra natale, stabilendosi prima a Valmareno
e poi a Cison di Valmarino. Eseguirà lavori per la chiesa di Cison, per
il duomo di Conegliano, per il palazzo Berton di Feltre, per la chiesa
arcidiaconale di Agordo, per il duomo di Serravalle, per la chiesa di
Moriago e per quella di Lutrano, nonché vari busti di nobili e sacerdoti.
Nel 1854, chiarita con le autorità primaziali d'Ungheria la sua effettiva
posizione nei moti del 1848, è invitato ad Esztergom, nel 1856 solo per
assistere alla solenne cerimonia d'inaugurazione della basilica, ma constata
che nessun cenno è stato fatto alla sua opera decorativa nelle pubblicazioni
edite in tale occasione, come se un muro di silenzio
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dovesse farsi nei riguardi di un "sovvertitore"
come le autorità lo avevano considerato nel 1848, dopo la sua partenza
per il Veneto. Ebbe solo commissionati, dal capitolo di Eger, due Angeli
adoranti e Cherubini, ma nessuno lo invitò a ristabilirsi in Ungheria.
Comprese che il capitolo ungherese era chiuso e ciò per l'artista fu la
fine di una speranza cullata nei tristi otto anni dal '48 al '56 nell'attesa
d'esser richiamato in Ungheria. Tornato a Cison iniziò il suo graduale
tracollo. Riapparve il male che sin da giovane lo tormentava, da quando
aveva avuto il torace schiacciato dal blocco di una statua che il suo
maestro Luigi Zandomeneghi stava componendo con l'aiuto degli allievi.
Ebbe un barlume di entusiasmo quando intraprese, con l'aiuto della popolazione
cisonese, un elegante tempietto, nel quale sperava, come aveva fatto il
Canova, di raccogliere le sue opere: non poté realizzarlo perchè, come
leggiamo in una epigrafe, conservata nell'Archivio arcivescovile di Eger,
dettata dal giovane Felice Cesca:
"Alle 7 pomeridiane del giorno 5 febbraio 1880/cessava di vivere in Cison
di Valmarino/Marco Casagran del scultore d'arte nelle R. Accademie/di
Venezia e di Milano//Colla pace del giusto col sorriso degli Angeli/ che
vagheggiò nell'Artela quindici lustri di vita compiuti/spirò la virtuosa
anima sualnel bacio del Signore//Ai conoscenti agli amici/ la desolata
moglie/il triste annunzio porgendolper lui/domanda una prece"//.
La desolata moglie ungherese custodirà le opere del maestro, invierà ad
Eger i due Cherubini, terrà vivo il ricordo della vita e delle opere del
marito sino alla sua morte che sarà così descritta, con una punta polemica,
nel Registro dei morti: "Kovacs-Casagrande Maria figlia delli furono Francesco
ed Anna Zveck di Erlau moglie del fu Marco Casagrande scultore, dopo un
breve decubito per paralisi cessò di vivere il giorno 13 febbraio 1893
nell'età di anm* 70 e mesi nove circa. Munita dei conforti della Cattolica
Chiesa rese serenamente la sua bella anima a Dio. Era intelligente, colta,
pia e fervidissima per la Santa Causa del Papa tanto misconosciuta dai
libertini. Licenziato il suo cadavere dalle Autorità locali fu seppellito
da me, don Ottone Cordenonsi arciprete, nel Cimitero di S. Felice nella
medesima tomba in cui giace la salma di Marco Casagrande suo consorte
il giorno 15 dello stesso mese coi consueti cattolici riti funebri". Era
nata nel maggio del 1822, giunse nel Veneto in rivolta nel 1848, e dal
1893 Maria Kovacs riposa nel centro del cimitero di Cison di Valmarino
sotto la stele con il ritratto del marito, che lei pose nel 1880. Le sue
sembianze sono eternate in uno dei Cherubini della cattedrale di Eger,
i cui modelli Maria Kovacs donò alla chiesa arcipretale di
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Cison. Altro ritratto, unitamente a quello del marito, è scolpito a Cison
nel caminetto della loro casa: sono queste le uniche testimonianze che
restano del "ponte" .artistico e umano che lega la "Vallata" con l'Ungheria.
Abbiamo voluto sintetizzare la vita e le opere di un illustre figlio della
terra veneta prima di ricordare come, per merito di uno studioso ungherese,
da oltre dieci anni in qua si è rinnovato il ricordo dello scultore Marco
Casagrande, realizzandosi un "ponte culturale" italo-ungherese, che porterà
alla celebrazione del centenario della morte, avvenuta, come si è detto,
il 5 febbraio 1880. Il 28 novembre 1968 il dr. Tibor Tombor (1) parlava
all'Istituto Italiano di Cultura di Budapest dei risultati dei suoi studi
su Marco Casagrande. La notizia, pubblicata sulla rivista "Esteri", destava
un notevole interesse nella nostra zona e subito, anche da parte italiana
ci si metteva al lavoro per offrire al dr. Tombor tutta la collaborazione
possibile, attraverso il coordinamento dello "Studium" Coneglianese che
prontamente si metteva a disposizione. Nel 1973, mentre il dr. Tombor
continua le sue ricerche per una monografia sull'artista, l' Accademia
delle Scienze d'Ungheria pubblica in "Acta Historiae Artium" uno studio
di Ladislao Putzai intitolato "Marco Casagrande, dati per la storia della
scultura classicista ungherese", pubblicato anche in lingua italiana,
ma limitato nello studio alle sole opere presenti in Ungheria. Nel 1975
Tibor Tombor porta in Italia una prima bozza di una
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ponderosa monografia che viene presentata al pubblico in occasione dell'esposizione
di una prima "Mostra Fotografica sulla vita e le opere di M. Casagrande"
realizzata a Conegliano, Treviso e Cison di Valmarino. Da allora la monografia
e la mostra hanno continuato a crescere e ci si augura che siano pronte
per la stampa e l'esposizione definitiva per il prossimo anno, centenario
della morte dello scultore.
Guido Sinopoli
1) Tibor Tombor è nato a Fiume, allora appartenente all'Ungheria, nel 1909
da genitori ungheresi. A Fiume seguì gli studi classici sia presso la scuola
ungherese che presso il liceo classico italiano con profitto tale da meritare
una borsa di studio da parte del Comune per il proseguimento degli studi
presso l'Università di Bologna. Il giovane Tombor nel 1927 sentì il richiamo
della terra magiara e si iscrisse all'Università di Budapest nell'intento
di poter realizzare un legame fra i due popoli, valendosi della perfetta
conoscenza delle lingue italiana ed ungherese. A Budapest frequentò gli
studi di legge, scienze dello stato e nella facoltà di lettere e filosofia
anche i corsi d'arte, storia e filosofia, laureandosi con un'approfondita
tesi sulla origine e sviluppo dei diritti fondamenti dell'uomo. Ancor prima
di laurearsi iniziava la sua carriera al Ministero ungherese degli Affari
Esteri presso il Tribunale arbitrale misto italo-ungherese e con la funzione
di bibliotecario e documentarista. Autore di saggi e di poesie entrava nel
1939 nel principale giornale ungherese "Pesti Hirlap" dedicandosi così alla
sua congeniale attività di saggista e poi di corrispondente di guerra. Nel
1946, cessata la pubblicazione del suo giornale, è nominato bibliotecario
del Parlamento ed insegnante presso l'Accademia universitaria di Eger, che
verrà poi abolita. Destinato alla Biblioteca Nazionale di Budapest si dedica
a studi tecnici sull'organizzazione bibliotecaria ed a studi italo-ungheresi
(una biografia romanzata di Gabriele d'Annunzio ed uno studio sul generale
garibaldino Stefano Turr nonché studi e ricerche sul genio italiano in Ungheria).
Presidente della commissione per la costruzione delle biblioteche ungheresi
prese parte a diverse sessioni della Federazione internazionale delle Biblioteche,
nazionali dell'UNESCO e nel 1966 fu eletto all'Aja segretario della Commissione
per la costruzione delle biblioteche e come tale prese parte, a Firenze,
alla ricostruzione della Biblioteca Nazionale disgraziatamente alluvionata.
Collocato in pensione nel 1969 si dedica interamente a studi letterari ed
artistici, uno dei quali, di maggior respiro e destinato a far conoscere
agli italiani il mondo ungherese e agli ungheresi quello italiano, è il
lavoro su Marco Casagrande. Il programma delle manifestazioni è stato presentato
nel 1977 e qualora vada a buon fine il gran lavoro amorevolmente portato
a termine in stretta collaborazione fra le Autorità italo-ungheresi, si
potrà meglio far conoscere al mondo un illustre scultore molto sfortunato,
ma che ai suoi tempi l'arcivescovo G. L. Pyrker definì (nel 1836): "uno
fra i più valenti scultori d'Europa". Non a caso l'Accademia lo aveva scelto
come socio onorario a soli 26 anni, ma l'eccelenza tecnica forse gli fu
più di danno che d' aiuto se è vero come è vero che le sue opere spesso
vennero attribuite al Canova e a Luigi Zandomeneghi. La monografia del Tombor
ristabilirà molte verità e nuovi equilibri.
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