ALDO TOFFOLI
IL RITORNO DI LORENZO DA PONTE A CENEDA NEL 1798 (1)
Riferendosi al brano della parte terza
delle Memorie in cui Da Ponte racconta del suo ritomo a Ceneda - per poco
più di un giorno - nell'ottobre del 1798, Alphonse de Lamartine, nel suo
Cours familier de Littérature (2) dice: "Nous ne pouvons résister au désir
de traduire ce delicieux retour de Lorenzo d'Aponte dans sa petite ville
de l'Etat de Venise" (3). Più oltre il giudizio di Lamartine è perentorio:
"Dans le Confidences de Saint Augustin, si tendre et si pieux pour sa
mère, il n'y a pas beaucoup de pages en littérature intime superieures
a ce retour d'un fils aventurier dans la maison paternelle". (4) Lamartine
è senza alcun dubbio troppo generoso nei riguardi di Da Ponte, e il confronto
con le Confessioni di Sant'Agostino appare per lo meno temerario: ma è
pur vero che la pagina di cui si tratta è una delle più brillanti e vivaci
delle Memorie dapontiane, una delle poche invero in cui l'autore manifesti
sincerità di impressioni e di sentimenti. Non dispace, tutto sommato,
per una rilettura "vittoriese", che ciò sia dovuto al ritorno - seppur
momentaneo - a casa, ritomo che gli consente di vivere l'aria pulita degli
affetti domestici e delle amicizie disinteressate, sullo sfondo di una
Ceneda rappresentata con evidente simpatia. Il momento dell'arrivo, quando
tocca tremante la terra ove "ebbe la cuna" e da cui era lontano da circa
ventiquattro anni, l'accoglienza festosa di familiari e amici, il risveglio
nella casa patema, la mattina dopo, al centro "d'un cerchio d'angeli":
sono particolari del racconto pervasi di commozione autentica, descritti
con mano maestra.
ALDO TOFFOLI, ordinario di lettere nei
Licei, insegna da parecchi anni al Liceo "M. Flaminio" di Vittorio Veneto.
E' autore di varie pubblicazioni sulla storia e l'arte locali. Sindaco
per un decennio della Città, attualmente è Assessore alla P.I. della Provincia
di Treviso.
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Particolare rilievo ha la figura del padre, personaggio ricco di umori
e di sortite, rappresentato con rispetto e affetto sinceri. Tra le sorelle,
"tutte belle anzi che no", spicca per bellezza, vivacità e simpatia la
Faustina, che accompagnerà per pochi giorni il Da Ponte a Treviso e avrà
lì modo di confrontare la propria bellezza con quella della moglie del
fratello, Nanci, riconoscendosi con sincerità battuta ("E' vero, è vero:
è più bella di me") (5). La Faustina è la involontaria protagonista del
curioso e divertente episodio con cui il Da Ponte conclude la descrizione
del suo ultimo soggiorno a Ceneda. Che sia veramente accaduto, non c'è
ragione di dubitare, anche se probabilmente non nelle proporzioni... grandiose
descritte dal Da Ponte. Si è trattato evidentemente di cosa scherzosa
e gioiosa che, tutto sommato, depone sempre a favore della Faustina, che,
come si capisce, doveva avere altre doti oltre a quella della bellezza:
e i cenedesi evidentemente non volevano lasciarsela scappare. (6) Una
pagina briosa e scintillante, insomma, che si rilegge volentieri, soprattutto
- dicevo - dall'angolatura "vittoriese", per quella comice di Ceneda fine
settecento che Da Ponte ha saputo felicemente suggerire, intorno al quadretto
di cui egli è l'incontrastato personaggio centrale. La rilettura, tra
l'altro, offre due ulteriori motivi di interesse - dirò così - locale.
Il primo riguarda il dialogo che il padre del Da Ponte avrebbe avuto con
Napoleone mentre questi prendeva "dei rinfreschi" seduto al caffè, nella
piazza maggiore di Ceneda. Il secondo ha per soggetto l'ubicazione della
casa paterna del nostro che, secondo quanto egli testualmente dice, sarebbe
stata "situata nel centro della gran piazza, e contigua del tutto al caffè
da' cittadini più frequentato". Il caffè, appunto, dove Napoleone si sarebbe
fermato per ristorarsi con i suoi ufficiali.
NAPOLEONE ..... A CENEDA
Sul fatto che Napoleone sia stato a Ceneda e che proprio con lui il padre
del Da Ponte abbia avuto un gustoso scambio di battute, le Memorie sembrano
abbastanza precise. Che Da Ponte intenda parlare proprio del grande còrso,
non c'è dubbio: la frase: "Accadendo di parlare di Bonaparte, mio padre
narrandomi una storiella, che veramente m'intenerì e che m'obbliga a venerare
sovranamente la memoria di quel grand'uomo" (7) è, in materia, risolutiva.
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Sennonché Napoleone, a Ceneda, non c'è mai stato. Il Pagnini (8) correttamente
annota che "Napoleone non fu mai a Ceneda, bensì a Conegliano il 13 e
il 14 marzo 1797", citando in proposito il Gugitz (9). Il Marchesan non
rileva la cosa. Il Nicolini invece tira giù un duro fendente: "La battaglia
del Tagliamento e ... della Piave è quella, famosa, del Tagliamento del
16 marzo 1797: per altro, l'aneddoto su Napoleone, che il Da Ponte degrada
a "generale di divisione" ha tutta l'apparenza di una storiella". (10)
Una puntualizzazione a questo punto appare necessaria, perché di una storiella,
tutto sommato, potrebbe anche non trattarsi. Sul fatto che Napoleone a
Ceneda non ci sia mai stato, è vero, non ci sono dubbi. Non è nemmeno
dubbio, però, che un "generale di divisione" francese a Ceneda, nel tempo
di cui parla Da Ponte, ci fu: e fu quel generale Andrea Massena che, vittorioso
nella battaglia di Polpet sul generale austriaco Lusignano, fece sosta
per qualche giorno -nella sua marcia dal Bellunese verso il Friuli - a
Serravalle e a Ceneda. E quivi, non essendoci a disposizione tende o baracche
per l'alloggiamento della truppa, requisì case private, edifici pubblici,
persino il Seminario Vescovile (11). Fu un fatto memorabile e tremendo.
Le truppe francesi erano tristemente note per le prepotenze e i vandalismi
che compievano nei paesi che attraversavano: e peggio ancora succedeva
laddove decidevano di sostare. In particolare, poi, le truppe di Massena
potevano contare sulla singolare permissività del loro generale, al quale
gli storici in genere hanno riconosciuto grandi doti militari ma anche
il difetto di essere troppo avido e di lasciare troppo spesso le sue truppe
angariare e depredare le popolazioni inermi e innocenti per i cui territori
passavano. Lo stesso accadde anche a Serravalle e a Ceneda. Basti ricordare,
a prova di ciò, l'oratorio di S. Lorenzo dei Battuti, bello del più insegne
ciclo di affreschi delle Chiese vittoriesi, adibito a cucina e danneggiato
in molte sue parti irreparabilmente. E valga la testimonianza di Pietro
Carnielutti: "Quella Divisione (di Massena) la più indisciplinata, il
ricetto di tutti gli assassini, di ogni sorta di banditi, volle saziare
la propria ingordigia non solo, ma di quanti ancora ne chiamava a parte
per insinuargli le proprie massime, ed in ogni genere ella volle saziarsi,
ed essere contenta. Tante famiglie furono quasi distrutte per ogni passo;
..." (12) II racconto del Da Ponte è invero presentato con una punta di
allegria, e ciò certamente per il momento e per il tono con cui il padre
lo deve aver fatto al figlio, ma non escluderei anche che la cosa sia
dovuta all'influsso del Perrucchini che, forse anche presente alla rievocazione,
non può aver presentato al Da Ponte i francesi nelle forme brigantesche
con cui li dipinge il Carnielutti, stanti le sue note simpatie politiche.
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L'aneddoto è definito dallo stesso Da Ponte "storiella" (13), ma è in
larga parte verosimile, anche per quel che concerne la triste (e non eccezionale!)
vicenda delle donne cenedesi incapaci di resistere al fascino delle divise,
ma alla fine pentite e perdonate. La stessa vittoria dell'armata francese
che il Da Ponte non ricorda se avvenuta "alle sponde del Tagliamento o
a quelle del Piave" (14) può ben essere non quella del Tagliamento, come
mostra di credere il Nicolini, ma quella di Polpet ("alle sponde" appunto
"del Piave") opera del Massena. In conclusione, tutti i particolari del
racconto risultano fondati (il "generale di divisione", la requisizione
delle case, l'indisciplina dei soldati francesi, la vittoria "della Piave"),
ad eccezione del nome del generale, che per il Da Ponte è Bonaparte, mentre
per la storia è il Massena. Lo scambio dei nomi può essere dovuto a varie
cause: o lo ha fatto il padre del Dal Ponte raccontando la storia (per
un autentico errore di persona da parte sua, o per "insaporire" il racconto
al figlio, con la muta complicità dei presenti); o lo fa il Da Ponte per
difetto di memoria, legittimo trattandosi di un fatto avvenuto venticinque
anni prima, o il Da Ponte impasticcia volutamente i fatti e i nomi, pensando
con ciò di attribuire interesse a un fatto altrimenti insignificante.
Delle tre ipotesi propendo per la prima, ma non mi sento di escludere
nessuna delle altre.
LA CASA DEL DA PONTE
Circa l'ubicazione della casa del padre del Da Ponte, l'indicazione contenuta
nel passo di cui trattiamo è molto precisa: "Questa casa - dice il Da
Ponte - è situata nel centro della gran piazza, e contigua del tutto al
caffè da' cittadini più frequentato." (15). Di che casa si tratta? Ed
esiste ancora? Sono domande alle quali è molto difficile rispondere. Di
qualche aiuto ci può essere la nota incisione di Marco Sebastiano Giampiccoli
(26) riproducente la Piazza di Ceneda (vedi a 35). Tale incisione è databile
tra gli anni '50 e '60 del XVIII Secolo e quindi riproduce la Piazza suppergiù
quale doveva essere ai tempi dell'episodio di cui si tratta. Inesatta
e approssimativa in più di un particolare, appare però accurata nella
riproduzione del lato nord della piazza: il che accredita anche il disegno
del lato sud. Qui, come si vede, gli edifici sono
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disposti su una linea inequivocabilmente retta, che va - grosso modo -
dall'angolo attuale tra via Cosmo e via S Tiziano, all'angolo a sud-ovest
della Piazza (La costruzione dell'ala nord del Seminario avrebbe successivamente
fatto avanzare l'edificio di una decina di metri "dentro" la Piazza).
Le case sul lato sud della Piazza come appaiono nell'incisione di Giampiccoli
sono di varia dimensione e niente vieta di pensare che il pianterreno
di qualcuna di esse fosse adibito a "Caffè". L'espressione "centro della
gran piazza" è solo apparentemente precisa perché, con l'allineamento
di allora, la piazza poteva essere intesa estendersi anche fino all'altezza
del Campanile. Di qui le varie ipotesi: la prima è che il caffè di cui
parla il Da Ponte si trovasse negli edifici lungo il lato sud attuale
della piazza: e in questo caso caffè e casa Da Ponte sarebbero scomparsi
per fare spazio al Seminario. La seconda ipotesi è che il Da Ponte considerasse
"piazza" anche lo spazio a sud della Cattedrale: nel qual caso il "centro"
potrebbe benissimo corrispondere all'angolo attuale tra via Cosmo e il
Largo del Seminario. Tale ipotesi ne porta con sé un'altra, favorita dalla
struttura dell'edificio di cui si tratta, che cioè il "caffè" di cui parla
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il Da Ponte avesse posto proprio nel luogo in cui ancor oggi è gestito
un pubblico esercizio che ab immemorabili è adibito a tale destinazione.
In tale caso la dimora del padre del Da Ponte potrebbe essere stata indifferentemente
nei due piccoli fabbricati a ovest e a est del "caffè". Propenderei, tenuto
conto della struttura degli edifici, per quello a est. Un'altra osservazione:
nell'incisione del Giampiccoli è indicato, all'altezza della torre campanaria
del Duomo, sempre sul lato sud, un piccolo "liston", corrispondente con
ogni probabilità a un pubblico ritrovo. Il luogo appare quello attualmente
occupato dalla pensilina di un negozio di tessuti; ma quest'ultima è di
epoca recente. Più vecchio certamente è il liston dell'attuale bar d'angolo,
ma anch'esso non può essere fatto risalire alla fine del '700. In ogni
caso l'eventuale esercizio pubblico davanti al campanile non può essere
quello citato dal Da Ponte. Che si tratti dell'attuale bar d'angolo è
mera ipotesi, con ridotti margini di probabilità. Un'ultima osservazione:
la casa di cui parla Da Ponte è quella abitata dalla sua famiglia al tempo
del suo ritomo e nella quale anch'egli probabilmente aveva abitato prima
di andarsene da Ceneda (non si spiegherebbe altrimenti la disinvolta sicurezza
con cui la raggiunge, anche dopo molti anni di assenza, e di notte!).
E' da escludere comunque che possa essere stata la casa natale, apparendo
inverosimile, per quei tempi, che degli ebrei potessero abitare accanto
al Duomo e di fronte al Seminario. Con ogni probabilità il Da Ponte è
quindi nato nel "ghetto" cenedese: purtroppo non c'è traccia alcuna che
possa indicarci il luogo preciso.
Aldo Toffoli
NOTE
1) Il brano di cui si tratta nell'articolo da parte delle "Memorie" di Lorenzo
Da Ponte (Ceneda 1749 - New York 1838) ed è riportato in calce con alcune
note nostre. Il testo è tratto dall'edizione a cura di G. Gambarin e F.
Nicolini, Bari 1918, alla quale si rinvia per tutte le citazioni, con la
sigla M.G.N., l'indicazione del volume e quella della pagina.
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2) Tomo V. pp. 407-408 - ed. Paris, 1858.
3) "Non possiamo resistere al desiderio di tradurre questo delizioso ritorno
di Lorenzo Da Ponte nella sua piccola città dello Stato di Venezia". Si
noti l'errata grafia del cognome, riscontrabile anche in altri luoghi.
4) "Nelle Confessioni di Sant'Agostino, così tenero e pio nei confronti
di sua madre, non ci sono molte pagine di letteratura interiore superiori
a questo ritorno di un figlio avventuriero nella casa paterna".
5) MGN, I, 215.
6) Tra l'altro, va ricordato che i cenedesi riuscirono a ... trattenere
la Faustina, se è vero che essa sposò poi un Marson, cenedese, e a Ceneda
rimase tutta la vita. Si veda, a tale proposito, A. Marchesan, Della vita
e delle opere di Lorenzo Da Ponte, Treviso 1900, a 466. Sempre secondo tale
fonte, il prof. Luigi Marson, di cui si tratta a 60 del presente numero
della Rivista, fu nipote di Faustina.
7) MGN, I, 213. 8) L.D.P., Memorie a cura di Cesare Pagnini, Milano 1960,
p. 398. 9) Denkwurdigkeiten des Venetianers Lorenzo Da Ponte, herusgegeben
von Gustav Gugitz, Dresden. 1924. Per la precisione va ricordato che la
fonte preziosa di tale notizia è l'accuratissimo diario che G. B. Graziani
tenne a Conegliano negli anni 1796-1801 (G. B. Graziani, Diario del Passaggio
di truppe per Conegliano dal 1796 al 21 giugno 1801 - Ms. Archivio Comunale
di Conegliano), da cui si ricava che Napoleone passò per Conegliano due
volte. Una prima volta arrivò il 13 marzo 1797, sul mezzogiorno, prese alloggio
all'Albergo alla Posta (ora Casa Marchetti-Zava), vi pernottò e riparti
la mattina successiva. Una seconda volta vi fece una brevissima sosta, per
il cambio dei cavalli e senza nemmeno scendere dalla carrozza, nella notte
tra il 26 e il 27 agosto 1797, mentre era in viaggio per il Friuli.
10) MGN, II, 302.
11) Significativo a questo proposito - e di gustosa lettura, per il contenuto
e soprattutto per il tono con cui è scritto - il manifesto che riproduciamo
a 33 (Archivio Curia Vescovile, Busta 63, Fasc. VIII).
12) Cfr. "Riflessi storico-critici su alcune vicende dell'anno 1797, S.l.
e S.d.", pagg. 18 e 19. Il libretto uscito anonimo ma attribuibile con certezza
al Serravallese Pietro Carnielutti, racconta con lingua avvelenata quanto
accaduto a Ceneda e Serravalle nel 1797 dalla fine della Repubblica Veneta
all'avvento dell'Austria dopo Campoformido. Il Carnielutti, pieno di risentimento
nei confronti dei Municipalisti francofili in genere e in particolare dei
Municipalisti Cenedesi, scaglia i suoi strali soprattutto contro Girolamo
Perrucchini, colpevole ai suoi occhi di aver creduto alla possibilità di
realizzare nel Veneto - e quindi anche a Ceneda - gli istituti della Repubblica
Francese. Le sue affermazioni a riguardo delle truppe di Massena sono forse
un po' esagerate, ma sostanzialmente risultano attendibili.
13) MGN, I, 213.
14) MGN, I, 213-214.
15) MGN, i, 214.
16) M.S.G.P., incisore bellunese (1706-1782).
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BIBLIOGRAFIA
L.D.P. -Memorie -A cura diGiuseppe Armani. Milano, 1976.
L.D.P. o Memorie - A cura di Giovanni Gambarini e Fausto Nicolini. Bari,
1918.
L.D.P. - Memorie o A cura di Serafino Poggi. Istituto Editoriale Italiano.
Milano, s.d.
L.D.P. - Memorie - A cura di Cesare Pagnini. Milano, 1960.
P. ZANGIACOMI - Storia del Seminario di Vittorio Veneto. Vittorio Veneto,
1954
J. BERNARDI La Civica aula cenedese con li suoi dipinti, gli storici monumenti
e la serie illustrata dei Vescovi. Forni Editore, Bologna, 1976 (ristampa
dall'edizione di Ceneda 1845) C. FASSETTA - Storia di Ceneda. Vittorio,
1917.
A.MARCHESAN - Della vita e delle opere di Lorenzo Da Ponte. Treviso, 1900
L. MARSON - Cenni Storici, Artistici e Letterari di Vittorio e suo Distretto.
Vittorio, 1889
La chiesa di S. Lorenzo a Serravalle e i suoi affreschi, (a.c. di Michelangelo
Muraro). Vittorio Veneto, 1975.
Riflesssi storico-critici su alcune vicende dell'anno 1797. Per servire
a conoscer l'uomo. Tempus loquendi. Eccls. III. 7. Senza luogo e senza data
di pubblicazione: ma certamente il luogo è Serravalle e la data può essere
compresa tra gli anni 1798 e 1800. II volume si trova presso l'Archivio
della Biblioteca Civica.
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