Tratto dalla Rivista quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°1- 1979 - Edita dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane

ALDO TOFFOLI
IL RITORNO DI LORENZO DA PONTE A CENEDA NEL 1798 (1)

Riferendosi al brano della parte terza delle Memorie in cui Da Ponte racconta del suo ritomo a Ceneda - per poco più di un giorno - nell'ottobre del 1798, Alphonse de Lamartine, nel suo Cours familier de Littérature (2) dice: "Nous ne pouvons résister au désir de traduire ce delicieux retour de Lorenzo d'Aponte dans sa petite ville de l'Etat de Venise" (3). Più oltre il giudizio di Lamartine è perentorio: "Dans le Confidences de Saint Augustin, si tendre et si pieux pour sa mère, il n'y a pas beaucoup de pages en littérature intime superieures a ce retour d'un fils aventurier dans la maison paternelle". (4) Lamartine è senza alcun dubbio troppo generoso nei riguardi di Da Ponte, e il confronto con le Confessioni di Sant'Agostino appare per lo meno temerario: ma è pur vero che la pagina di cui si tratta è una delle più brillanti e vivaci delle Memorie dapontiane, una delle poche invero in cui l'autore manifesti sincerità di impressioni e di sentimenti. Non dispace, tutto sommato, per una rilettura "vittoriese", che ciò sia dovuto al ritorno - seppur momentaneo - a casa, ritomo che gli consente di vivere l'aria pulita degli affetti domestici e delle amicizie disinteressate, sullo sfondo di una Ceneda rappresentata con evidente simpatia. Il momento dell'arrivo, quando tocca tremante la terra ove "ebbe la cuna" e da cui era lontano da circa ventiquattro anni, l'accoglienza festosa di familiari e amici, il risveglio nella casa patema, la mattina dopo, al centro "d'un cerchio d'angeli": sono particolari del racconto pervasi di commozione autentica, descritti con mano maestra.


ALDO TOFFOLI, ordinario di lettere nei Licei, insegna da parecchi anni al Liceo "M. Flaminio" di Vittorio Veneto. E' autore di varie pubblicazioni sulla storia e l'arte locali. Sindaco per un decennio della Città, attualmente è Assessore alla P.I. della Provincia di Treviso.

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Particolare rilievo ha la figura del padre, personaggio ricco di umori e di sortite, rappresentato con rispetto e affetto sinceri. Tra le sorelle, "tutte belle anzi che no", spicca per bellezza, vivacità e simpatia la Faustina, che accompagnerà per pochi giorni il Da Ponte a Treviso e avrà lì modo di confrontare la propria bellezza con quella della moglie del fratello, Nanci, riconoscendosi con sincerità battuta ("E' vero, è vero: è più bella di me") (5). La Faustina è la involontaria protagonista del curioso e divertente episodio con cui il Da Ponte conclude la descrizione del suo ultimo soggiorno a Ceneda. Che sia veramente accaduto, non c'è ragione di dubitare, anche se probabilmente non nelle proporzioni... grandiose descritte dal Da Ponte. Si è trattato evidentemente di cosa scherzosa e gioiosa che, tutto sommato, depone sempre a favore della Faustina, che, come si capisce, doveva avere altre doti oltre a quella della bellezza: e i cenedesi evidentemente non volevano lasciarsela scappare. (6) Una pagina briosa e scintillante, insomma, che si rilegge volentieri, soprattutto - dicevo - dall'angolatura "vittoriese", per quella comice di Ceneda fine settecento che Da Ponte ha saputo felicemente suggerire, intorno al quadretto di cui egli è l'incontrastato personaggio centrale. La rilettura, tra l'altro, offre due ulteriori motivi di interesse - dirò così - locale. Il primo riguarda il dialogo che il padre del Da Ponte avrebbe avuto con Napoleone mentre questi prendeva "dei rinfreschi" seduto al caffè, nella piazza maggiore di Ceneda. Il secondo ha per soggetto l'ubicazione della casa paterna del nostro che, secondo quanto egli testualmente dice, sarebbe stata "situata nel centro della gran piazza, e contigua del tutto al caffè da' cittadini più frequentato". Il caffè, appunto, dove Napoleone si sarebbe fermato per ristorarsi con i suoi ufficiali.

NAPOLEONE ..... A CENEDA

Sul fatto che Napoleone sia stato a Ceneda e che proprio con lui il padre del Da Ponte abbia avuto un gustoso scambio di battute, le Memorie sembrano abbastanza precise. Che Da Ponte intenda parlare proprio del grande còrso, non c'è dubbio: la frase: "Accadendo di parlare di Bonaparte, mio padre narrandomi una storiella, che veramente m'intenerì e che m'obbliga a venerare sovranamente la memoria di quel grand'uomo" (7) è, in materia, risolutiva.

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Sennonché Napoleone, a Ceneda, non c'è mai stato. Il Pagnini (8) correttamente annota che "Napoleone non fu mai a Ceneda, bensì a Conegliano il 13 e il 14 marzo 1797", citando in proposito il Gugitz (9). Il Marchesan non rileva la cosa. Il Nicolini invece tira giù un duro fendente: "La battaglia del Tagliamento e ... della Piave è quella, famosa, del Tagliamento del 16 marzo 1797: per altro, l'aneddoto su Napoleone, che il Da Ponte degrada a "generale di divisione" ha tutta l'apparenza di una storiella". (10) Una puntualizzazione a questo punto appare necessaria, perché di una storiella, tutto sommato, potrebbe anche non trattarsi. Sul fatto che Napoleone a Ceneda non ci sia mai stato, è vero, non ci sono dubbi. Non è nemmeno dubbio, però, che un "generale di divisione" francese a Ceneda, nel tempo di cui parla Da Ponte, ci fu: e fu quel generale Andrea Massena che, vittorioso nella battaglia di Polpet sul generale austriaco Lusignano, fece sosta per qualche giorno -nella sua marcia dal Bellunese verso il Friuli - a Serravalle e a Ceneda. E quivi, non essendoci a disposizione tende o baracche per l'alloggiamento della truppa, requisì case private, edifici pubblici, persino il Seminario Vescovile (11). Fu un fatto memorabile e tremendo. Le truppe francesi erano tristemente note per le prepotenze e i vandalismi che compievano nei paesi che attraversavano: e peggio ancora succedeva laddove decidevano di sostare. In particolare, poi, le truppe di Massena potevano contare sulla singolare permissività del loro generale, al quale gli storici in genere hanno riconosciuto grandi doti militari ma anche il difetto di essere troppo avido e di lasciare troppo spesso le sue truppe angariare e depredare le popolazioni inermi e innocenti per i cui territori passavano. Lo stesso accadde anche a Serravalle e a Ceneda. Basti ricordare, a prova di ciò, l'oratorio di S. Lorenzo dei Battuti, bello del più insegne ciclo di affreschi delle Chiese vittoriesi, adibito a cucina e danneggiato in molte sue parti irreparabilmente. E valga la testimonianza di Pietro Carnielutti: "Quella Divisione (di Massena) la più indisciplinata, il ricetto di tutti gli assassini, di ogni sorta di banditi, volle saziare la propria ingordigia non solo, ma di quanti ancora ne chiamava a parte per insinuargli le proprie massime, ed in ogni genere ella volle saziarsi, ed essere contenta. Tante famiglie furono quasi distrutte per ogni passo; ..." (12) II racconto del Da Ponte è invero presentato con una punta di allegria, e ciò certamente per il momento e per il tono con cui il padre lo deve aver fatto al figlio, ma non escluderei anche che la cosa sia dovuta all'influsso del Perrucchini che, forse anche presente alla rievocazione, non può aver presentato al Da Ponte i francesi nelle forme brigantesche con cui li dipinge il Carnielutti, stanti le sue note simpatie politiche.

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L'aneddoto è definito dallo stesso Da Ponte "storiella" (13), ma è in larga parte verosimile, anche per quel che concerne la triste (e non eccezionale!) vicenda delle donne cenedesi incapaci di resistere al fascino delle divise, ma alla fine pentite e perdonate. La stessa vittoria dell'armata francese che il Da Ponte non ricorda se avvenuta "alle sponde del Tagliamento o a quelle del Piave" (14) può ben essere non quella del Tagliamento, come mostra di credere il Nicolini, ma quella di Polpet ("alle sponde" appunto "del Piave") opera del Massena. In conclusione, tutti i particolari del racconto risultano fondati (il "generale di divisione", la requisizione delle case, l'indisciplina dei soldati francesi, la vittoria "della Piave"), ad eccezione del nome del generale, che per il Da Ponte è Bonaparte, mentre per la storia è il Massena. Lo scambio dei nomi può essere dovuto a varie cause: o lo ha fatto il padre del Dal Ponte raccontando la storia (per un autentico errore di persona da parte sua, o per "insaporire" il racconto al figlio, con la muta complicità dei presenti); o lo fa il Da Ponte per difetto di memoria, legittimo trattandosi di un fatto avvenuto venticinque anni prima, o il Da Ponte impasticcia volutamente i fatti e i nomi, pensando con ciò di attribuire interesse a un fatto altrimenti insignificante. Delle tre ipotesi propendo per la prima, ma non mi sento di escludere nessuna delle altre.

LA CASA DEL DA PONTE


Circa l'ubicazione della casa del padre del Da Ponte, l'indicazione contenuta nel passo di cui trattiamo è molto precisa: "Questa casa - dice il Da Ponte - è situata nel centro della gran piazza, e contigua del tutto al caffè da' cittadini più frequentato." (15). Di che casa si tratta? Ed esiste ancora? Sono domande alle quali è molto difficile rispondere. Di qualche aiuto ci può essere la nota incisione di Marco Sebastiano Giampiccoli (26) riproducente la Piazza di Ceneda (vedi a 35). Tale incisione è databile tra gli anni '50 e '60 del XVIII Secolo e quindi riproduce la Piazza suppergiù quale doveva essere ai tempi dell'episodio di cui si tratta. Inesatta e approssimativa in più di un particolare, appare però accurata nella riproduzione del lato nord della piazza: il che accredita anche il disegno del lato sud. Qui, come si vede, gli edifici sono

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disposti su una linea inequivocabilmente retta, che va - grosso modo - dall'angolo attuale tra via Cosmo e via S Tiziano, all'angolo a sud-ovest della Piazza (La costruzione dell'ala nord del Seminario avrebbe successivamente fatto avanzare l'edificio di una decina di metri "dentro" la Piazza). Le case sul lato sud della Piazza come appaiono nell'incisione di Giampiccoli sono di varia dimensione e niente vieta di pensare che il pianterreno di qualcuna di esse fosse adibito a "Caffè". L'espressione "centro della gran piazza" è solo apparentemente precisa perché, con l'allineamento di allora, la piazza poteva essere intesa estendersi anche fino all'altezza del Campanile. Di qui le varie ipotesi: la prima è che il caffè di cui parla il Da Ponte si trovasse negli edifici lungo il lato sud attuale della piazza: e in questo caso caffè e casa Da Ponte sarebbero scomparsi per fare spazio al Seminario. La seconda ipotesi è che il Da Ponte considerasse "piazza" anche lo spazio a sud della Cattedrale: nel qual caso il "centro" potrebbe benissimo corrispondere all'angolo attuale tra via Cosmo e il Largo del Seminario. Tale ipotesi ne porta con sé un'altra, favorita dalla struttura dell'edificio di cui si tratta, che cioè il "caffè" di cui parla

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il Da Ponte avesse posto proprio nel luogo in cui ancor oggi è gestito un pubblico esercizio che ab immemorabili è adibito a tale destinazione. In tale caso la dimora del padre del Da Ponte potrebbe essere stata indifferentemente nei due piccoli fabbricati a ovest e a est del "caffè". Propenderei, tenuto conto della struttura degli edifici, per quello a est. Un'altra osservazione: nell'incisione del Giampiccoli è indicato, all'altezza della torre campanaria del Duomo, sempre sul lato sud, un piccolo "liston", corrispondente con ogni probabilità a un pubblico ritrovo. Il luogo appare quello attualmente occupato dalla pensilina di un negozio di tessuti; ma quest'ultima è di epoca recente. Più vecchio certamente è il liston dell'attuale bar d'angolo, ma anch'esso non può essere fatto risalire alla fine del '700. In ogni caso l'eventuale esercizio pubblico davanti al campanile non può essere quello citato dal Da Ponte. Che si tratti dell'attuale bar d'angolo è mera ipotesi, con ridotti margini di probabilità. Un'ultima osservazione: la casa di cui parla Da Ponte è quella abitata dalla sua famiglia al tempo del suo ritomo e nella quale anch'egli probabilmente aveva abitato prima di andarsene da Ceneda (non si spiegherebbe altrimenti la disinvolta sicurezza con cui la raggiunge, anche dopo molti anni di assenza, e di notte!). E' da escludere comunque che possa essere stata la casa natale, apparendo inverosimile, per quei tempi, che degli ebrei potessero abitare accanto al Duomo e di fronte al Seminario. Con ogni probabilità il Da Ponte è quindi nato nel "ghetto" cenedese: purtroppo non c'è traccia alcuna che possa indicarci il luogo preciso.

Aldo Toffoli


NOTE

1) Il brano di cui si tratta nell'articolo da parte delle "Memorie" di Lorenzo Da Ponte (Ceneda 1749 - New York 1838) ed è riportato in calce con alcune note nostre. Il testo è tratto dall'edizione a cura di G. Gambarin e F. Nicolini, Bari 1918, alla quale si rinvia per tutte le citazioni, con la sigla M.G.N., l'indicazione del volume e quella della pagina.

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2) Tomo V. pp. 407-408 - ed. Paris, 1858.
3) "Non possiamo resistere al desiderio di tradurre questo delizioso ritorno di Lorenzo Da Ponte nella sua piccola città dello Stato di Venezia". Si noti l'errata grafia del cognome, riscontrabile anche in altri luoghi.
4) "Nelle Confessioni di Sant'Agostino, così tenero e pio nei confronti di sua madre, non ci sono molte pagine di letteratura interiore superiori a questo ritorno di un figlio avventuriero nella casa paterna".
5) MGN, I, 215.
6) Tra l'altro, va ricordato che i cenedesi riuscirono a ... trattenere la Faustina, se è vero che essa sposò poi un Marson, cenedese, e a Ceneda rimase tutta la vita. Si veda, a tale proposito, A. Marchesan, Della vita e delle opere di Lorenzo Da Ponte, Treviso 1900, a 466. Sempre secondo tale fonte, il prof. Luigi Marson, di cui si tratta a 60 del presente numero della Rivista, fu nipote di Faustina.
7) MGN, I, 213. 8) L.D.P., Memorie a cura di Cesare Pagnini, Milano 1960, p. 398. 9) Denkwurdigkeiten des Venetianers Lorenzo Da Ponte, herusgegeben von Gustav Gugitz, Dresden. 1924. Per la precisione va ricordato che la fonte preziosa di tale notizia è l'accuratissimo diario che G. B. Graziani tenne a Conegliano negli anni 1796-1801 (G. B. Graziani, Diario del Passaggio di truppe per Conegliano dal 1796 al 21 giugno 1801 - Ms. Archivio Comunale di Conegliano), da cui si ricava che Napoleone passò per Conegliano due volte. Una prima volta arrivò il 13 marzo 1797, sul mezzogiorno, prese alloggio all'Albergo alla Posta (ora Casa Marchetti-Zava), vi pernottò e riparti la mattina successiva. Una seconda volta vi fece una brevissima sosta, per il cambio dei cavalli e senza nemmeno scendere dalla carrozza, nella notte tra il 26 e il 27 agosto 1797, mentre era in viaggio per il Friuli.
10) MGN, II, 302.
11) Significativo a questo proposito - e di gustosa lettura, per il contenuto e soprattutto per il tono con cui è scritto - il manifesto che riproduciamo a 33 (Archivio Curia Vescovile, Busta 63, Fasc. VIII).
12) Cfr. "Riflessi storico-critici su alcune vicende dell'anno 1797, S.l. e S.d.", pagg. 18 e 19. Il libretto uscito anonimo ma attribuibile con certezza al Serravallese Pietro Carnielutti, racconta con lingua avvelenata quanto accaduto a Ceneda e Serravalle nel 1797 dalla fine della Repubblica Veneta all'avvento dell'Austria dopo Campoformido. Il Carnielutti, pieno di risentimento nei confronti dei Municipalisti francofili in genere e in particolare dei Municipalisti Cenedesi, scaglia i suoi strali soprattutto contro Girolamo Perrucchini, colpevole ai suoi occhi di aver creduto alla possibilità di realizzare nel Veneto - e quindi anche a Ceneda - gli istituti della Repubblica Francese. Le sue affermazioni a riguardo delle truppe di Massena sono forse un po' esagerate, ma sostanzialmente risultano attendibili.
13) MGN, I, 213.
14) MGN, I, 213-214.
15) MGN, i, 214.
16) M.S.G.P., incisore bellunese (1706-1782).

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BIBLIOGRAFIA

L.D.P. -Memorie -A cura diGiuseppe Armani. Milano, 1976.
L.D.P. o Memorie - A cura di Giovanni Gambarini e Fausto Nicolini. Bari, 1918.
L.D.P. - Memorie o A cura di Serafino Poggi. Istituto Editoriale Italiano. Milano, s.d.
L.D.P. - Memorie - A cura di Cesare Pagnini. Milano, 1960.
P. ZANGIACOMI - Storia del Seminario di Vittorio Veneto. Vittorio Veneto, 1954
J. BERNARDI La Civica aula cenedese con li suoi dipinti, gli storici monumenti e la serie illustrata dei Vescovi. Forni Editore, Bologna, 1976 (ristampa dall'edizione di Ceneda 1845) C. FASSETTA - Storia di Ceneda. Vittorio, 1917.
A.MARCHESAN - Della vita e delle opere di Lorenzo Da Ponte. Treviso, 1900
L. MARSON - Cenni Storici, Artistici e Letterari di Vittorio e suo Distretto. Vittorio, 1889

La chiesa di S. Lorenzo a Serravalle e i suoi affreschi, (a.c. di Michelangelo Muraro). Vittorio Veneto, 1975.

Riflesssi storico-critici su alcune vicende dell'anno 1797. Per servire a conoscer l'uomo. Tempus loquendi. Eccls. III. 7. Senza luogo e senza data di pubblicazione: ma certamente il luogo è Serravalle e la data può essere compresa tra gli anni 1798 e 1800. II volume si trova presso l'Archivio della Biblioteca Civica.

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